Eccezione di annullabilità o domanda di annullamento del contratto? I termini sono diversi

L’annullabilità di un contratto può essere fatta valere attraverso la proposizione di apposita domanda giudiziale, ma può essere dedotta anche in via di eccezione mentre nel primo caso non può prescindersi dal termine quinquennale di prescrizione, l’annullabilità può essere opposta anche se è prescritta l’azione per farla valere.

La sentenza n. 18223 della Terza sezione Civile, depositata il 29 luglio 2013, ha delineato i margini dell’azione di annullamento di un contratto, nell’ambito dell’opposizione all’esecuzione, chiarendo come si applichino termini di prescrizione diversi laddove si tratti di vera e propria domanda di annullamento, piuttosto che di mera eccezione. Il caso. La vicenda in fatto risale al 2002, quando veniva proposto ricorso innanzi al Tribunale di Modena da una donna, in opposizione all’esecuzione intrapresa da un istituto di credito emiliano. La ricorrente, esponendo di essere la figlia della debitrice originaria, deduceva a che la madre aveva acquistato un immobile nel 1980 b che nonostante l’anziana fosse stata, all’epoca, ripetutamente ricoverata per problemi psichiatrici, aveva nelle more stipulato il contratto di mutuo bancario per cui era causa, di importo pari a £. 30 milioni, con concessione di garanzia ipotecaria sul già indicato immobile c che la banca aveva intimato alla de cuius il pagamento del residuo importo di £. 11.094.141 con precetto del 1998, ma che la richiesta non era stata evasa dalla madre, tanto che ne era scaturito il presente pignoramento immobiliare. Aggiungeva, ancora, che la madre era deceduta nell’anno 2000 e che, in qualità di sua unica erede, dopo aver proposto istanza di conversione del pignoramento, intendeva far accertare, giudizialmente, lo stato di incapacità di intendere e di volere della de cuius, all’epoca della sottoscrizione dell’atto pubblico, con conseguente annullabilità, ex art. 428 e 1425 c.c., di detto contratto. All’esito della costituzione della banca opposta, il Tribunale di Modena rigettava l’opposizione ad esecuzione immobiliare, ritenendo non provato lo status di incapacità della firmataria e la conoscenza della medesima condizione da parte dell’istituto di credito. Anche l’appello successivamente proposto dall’erede, innanzi alla Corte bolognese, veniva rigettato, tanto che è stata adita la Suprema Corte per la risoluzione definitiva della vicenda. La prescrizione tra eccezione di annullabilità o domanda di annullamento. Il ricorso dell’erede risulta affidato a due motivi di diritto con il primo è stata lamentata la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c. per asserita, erronea, valutazione del contenuto sostanziale della pretesa fatta valere dalla ricorrente. Con il secondo motivo è stata denunciata la contraddittoria e perplessa motivazione con la quale la Corte avrebbe negato la qualificazione giuridica attribuita al rapporto controverso. I motivi, in quanto connessi, sono stati analizzati congiuntamente dalla Suprema corte che, tuttavia, ha rigettato il gravame, ritenendo corretta ed esente da vizi logici la pronuncia del Collegio bolognese. Invero, gli Ermellini hanno chiarito che l’annullabilità di un contratto può essere fatta valere attraverso la proposizione di apposita domanda giudiziale, ma può essere dedotta anche in via di eccezione tuttavia, se introdotta in via di azione è sottoposta a precisi limiti temporali, tendendo all’eliminazione dell’atto che si assume viziato. Laddove, però, ricorra l’esistenza di un vizio comportante l’annullamento e la relativa azione non venga proposta, l’ordinamento consente al convenuto per l’esecuzione di far valere detto vizio anche al solo fine di paralizzare la pretesa della controparte all’adempimento. In tal caso, l’eccezione potrà essere sollevata in ogni tempo, essendo limitata a denunziare il vizio, per frustrare la pretesa dell’attore. Prendendo le mosse da tali premesse, la Corte è poi giunta all’esame del caso concreto ed ha evidenziato che l’erede non si era limitata ad eccepire il vizio dell’atto al solo fine di paralizzare la pretesa della banca, ma aveva formulato – sin dall’opposizione - una vera e propria domanda di annullamento del contratto, per asserita incapacità della sottoscrittrice. Tuttavia, trattandosi di un contratto stipulato nel 1992, risultava ampiamente decorso il termine di prescrizione di cinque anni previsto dall’ordinamento che, anzi, era spirato ben prima del decesso della de cuius 2000 . La sentenza, pertanto, non ha potuto non confermare gli assunti dei giudici di merito, con rigetto del gravame e condanna della ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 3 aprile - 29 luglio 2013, n. 18223 Presidente Petti – Relatore Scrima Svolgimento del processo Con ricorso depositato in data 25 febbraio 2002, B.D. proponeva, al Tribunale di Modena, opposizione all'esecuzione promossa dalla Banca Popolare dell'Emilia-Romagna soc. coop. a r.l. esponendo che S.F. nel 1980 aveva acquistato dall'istituto autonomo per le case popolari della provincia di Modena una porzione immobiliare ubicata a , costituita da un appartamento e cantina la S. era stata ricoverata più volte per problemi psichiatrici e, in costanza di incapacità di intendere e volere , aveva stipulato con la Banca Popolare dell'Emilia-Romagna soc. coop. a r.l., mediante rogito notarile del 25 giugno 1982, un contratto di mutuo per l'importo di L. 30.000.000 con concessione di garanzia ipotecaria sul già indicato immobile la predetta banca, in data 8 gennaio 1998, aveva notificato atto di precetto, intimando alla mutuataria il pagamento del residuo importo mutuato e non soddisfatto, pari a L. 11.094.141, oltre accessori e spese rimasta senza esito tale intimazione, il medesimo istituto di credito aveva proceduto a pignoramento immobiliare sul detto bene gravato da prelazione ipotecaria la S. era deceduta il omissis , lasciando erede la ricorrente che intendeva far giudizialmente accertare e dichiarare lo stato di incapacità di intendere e di volere di S.F. al momento della sottoscrizione dell'atto del 25.06.1992 e conseguentemente l'annullabilità, ex artt. 428, 1 comma, e 1425, II comma, del codice civile, di detto contratto con ogni conseguente effetto di legge . Nel giudizio di merito si costituiva la banca opposta chiedendo il rigetto dell'opposizione ed eccependo la prescrizione dell'azione. Nelle more il GÈ accoglieva l'istanza di conversione del pignoramento immobiliare con la somma di Euro 17.802,24 presentata da B.D. , la quale provvedeva al versamento di tale importo che veniva assegnato alla banca. Il Tribunale di Modena, con sentenza del 15 marzo 2004, rigettava l'opposizione ad esecuzione immobiliare proposta dalla B. . Riteneva il primo Giudice che non era stata adeguatamente acquisita la prova della dedotta incapacità di intendere e di volere della S. al momento della stipulazione dell'atto notarile ricordato, non era stato dimostrato il grave pregiudizio conseguito alla predetta dalla stipulazione del medesimo contratto e neppure risultavano provate la conoscenza dell'asserito stato di incapacità naturale e la mala fede in capo alla banca mutuante riteneva, altresì, ormai prescritta l'azione di annullamento del contratto in parola. Avverso tale decisione B.D. proponeva impugnazione, cui resisteva l'appellata. La Corte di appello di Bologna, con sentenza del 15 novembre 2005, rigettava il gravame. Avverso la sentenza della Corte di merito B.D. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi. Ha resistito con controricorso la Banca Popolare dell'Emilia Romagna soc. coop. a r.l Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c Motivi della decisione 1. Al ricorso in esame non si applica il disposto di cui all'art. 366 bis c.p.c. - inserito nel codice di rito dall'art. 6 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed abrogato dall'art. 47, comma 1, lett. d della legge 18 giugno 2009, n. 69 - in considerazione della data di pubblicazione della sentenza impugnata 15 novembre 2005 pertanto, va disattesa l'eccezione di inammissibilità del ricorso in parola ex art. 366 bis c.p.c. sollevata dalla controricorrente e a cui ha pure fatto riferimento il P.M. in udienza nelle conclusioni formulate in via principale. 2. Con il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. in relazione all'art. 360, n. 4, c.p.c. error in procedendo , la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che costei [B.D. ] - avendo in giudizio spiegato vera e propria azione intesa ad ottenere pronuncia giudiziale di annullamento del contratto di mutuo ipotecario de quo per l'asserita incapacità naturale della de cuius e sua dante causa a titolo successorio ereditario S.F. , senza limitarsi a formulare in proposito una mera eccezione — non possa prescindere dal rispetto del termine quinquennale di prescrizione di cui all'art. 1442 c.c.0 Ad avviso della B. la Corte di merito sarebbe incorsa in error procedendo, contravvenendo al potere-dovere di accertare e valutare il contenuto sostanziale della pretesa da lei fatta valere ed omettendo di attribuire alla domanda/eccezione da lei spiegata l'efficacia, quantomeno, di eccezione di annullabilità del contratto de quo ed omettendo di invalidare e paralizzare l'iniziativa in executivis assunta dalla Banca Popolare dell'Emilia-Romagna soc. coop. a r.l. . 3. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta contraddittoria e perplessa motivazione art. 360 n. 5 c.p.c. , assumendo che la Corte di merito, pur aderendo nella prima parte della motivazione della sentenza impugnata alla tesi difensiva della B. , negherebbe poi la qualificazione giuridica attribuita al rapporto controverso e giungerebbe ] ad una diversa, controversa e perplessa motivazione . 4. I motivi, che per la loro connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono entrambi infondati. 4.1. L'annullabilità di un contratto può essere fatta valere attraverso la proposizione di apposita domanda giudiziale, ma può essere dedotta anche in via di eccezione, quando il convenuto tenda con le sue difese all'esclusivo fine della reiezione, totale o parziale, della domanda dell'attore, opponendo al diritto da questi fatto valere una situazione giuridica idonea a paralizzarlo cfr. Cass. 30 marzo 1989 n. 1556 . L'annullabilità di un contratto, ove fatta valere in via di azione, è sottoposta a precisi limiti temporali e tende alla eliminazione dell'atto che si assume viziato. Ma, quando ricorra l'esistenza di un vizio comportante l'annullamento del contratto, anche ove la apposita azione non sia stata esperita, l'ordinamento art. 1442, ultimo comma, c.c. consente a chi sia convenuto per l'esecuzione e tale deve intendersi anche il debitore che resista alla pretesa esecutiva con l'opposizione, v. Cass. 2 marzo 1971, n. 522 , di fare valere detto vizio, per pervenire non già all'annullamento dell'atto, ma all'unico fine di paralizzare la pretesa della controparte all'adempimento. La parte convenuta per l'adempimento ha dunque la facoltà, di chiedere l'annullamento del contratto, ove non sia decorso il termine prescrizionale, ovvero di sollevare eccezione di annullamento, che può peraltro essere avanzata in ogni tempo, limitandosi a denunciare il vizio, allo scopo di frustrare la pretesa dell'attore. 4.2. Nella specie, non sussiste la lamentata violazione dell'art. 112 c.p.c., avendo la Corte di merito, nel rigettare l'appello proposto avverso la sentenza di primo grado, correttamente ritenuto che la B. non si è limitata ad una pretesa diretta ad invalidare e paralizzare l'iniziativa in executivis assunta dalla Banca Popolare dell'Emilia-Romagna, id est a sollevare l'eccezione di annullamento al solo scopo di paralizzare la pretesa della controparte all'inadempimento, ed ha altrettanto correttamente qualificato l'istanza formulata dall'attuale ricorrente quale, invece, domanda di annullamento dell'atto del 25 giugno 1992 per essere al momento della stipula di tale atto la S.F. incapace di intendere e di volere, istanza peraltro da ritenersi - diversamente da quanto indicato dalla Corte distrettuale - già sostanzialmente desumibile dall'atto di opposizione, avendo in esso v. p. 5 la B. premesso che intendeva] far giudizialmente accertare e dichiarare lo stato di incapacità di intendere e di volere di S.F. al momento della sottoscrizione dell'atto del 25.06.1992 e conseguentemente l'annullabilità, ex artt. 428, I comma, e 1425, II comma, del codice civile, di detto contratto con ogni conseguente effetto di legge domanda, questa, poi precisata nelle note ex art. 183, quinto comma, c.p.c. v. p. 10 e 11 delle note in parola . 4.3. Correttamente qualificata quella proposta dall'opponente all'esecuzione come domanda di annullamento e non come mera eccezione, altrettanto correttamente la Corte di merito ha ritenuto fondata l'eccezione di prescrizione dell'azione di annullamento sollevata dall'istituto di credito, essendo trascorso il termine di cinque anni decorrente dalla conclusione del contratto 25 giugno 1992 già prima del decesso di S.F. , avvenuto il OMISSIS , e, quindi, ben prima della proposizione della domanda in questione. 4.4. Neppure sussiste il lamentato vizio motivazionale, avendo la Corte territoriale motivato la sua decisione in modo adeguato e congnio, privo di vizi logici e da errori giuridici, senza cadere nella contraddizione di cui si duole la ricorrente. A tale ultimo riguardo i giudici di secondo grado, lungi dall'aderire alla tesi difensiva della B. come da questa, invece sostenuto, a p. 9 e 10 della sentenza, dopo aver sottolineato che, ai sensi dell'art. 1442 c.c., in ossequio alla principio quae temporalia ad agendum perpetua ad exiplendum , la parte convenuta per l'esecuzione del contratto può opporre l'annullabilità anche se è prescritta l'azione per farla valere, hanno poi evidenziato che tali considerazioni non giovano all'attuale ricorrente che non si é limitata a formulare una mera eccezione di annullabilità ma ha spiegato una vera e propria domanda volta ad ottenere la pronuncia giudiziale di annullamento del contratto di mutuo ipotecario in questione, per asserita incapacità naturale della de cuius , sicché non può prescindersi dal rispetto del termine quinquennale di prescrizione cui si é già fatto riferimento. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della banca controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 1.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.