Cosa succede se l’appello, erroneamente redatto secondo i vecchi criteri, rispetta parzialmente quelli nuovi?

Il filtro in appello ex art. 342 c.p.c., novellato dalla L. n. 134/12, impone all’appellante di indicare i vizi e le parti della sentenza impugnata, con le relative richieste di modifica, con precisione quasi chirurgica, pena l’inammissibilità. Risolti i dubbi ermeneutici sul secondo criterio del nuovo requisito di specificità e sulla forma della emettenda sentenza qualora, nella successione delle leggi, questi nuovi criteri siano rispettati solo per alcuni capi d’impugnazione.

Sono questi i punti salienti della sentenza n. 66968 emessa dal Tribunale di Verona sez. III civile il 28 maggio 2013. Il caso . Un funzionario di un’assicurazione, per la quale svolgeva anche un ruolo di tutor per la ricerca e formazione del personale, era vittima di un tamponamento. IL GDP di Verona con la sentenza n. 538/12, respingeva le richieste di indennizzo patrimoniale avanzate nei confronti dell’assicurazione della ditta che forniva le auto aziendali alla sua datrice. La gravava, formulando due motivi generici, anziché dettagliati nel rispetto del nuovo testo dell’art. 342 c.p.c Il G.I. ha rigettato il primo per inammissibilità, l’altro per infondatezza nel merito. Il filtro in appello. La L. 134/12 ha introdotto questo istituto novellando l’art. 342 ed inserendo gli artt. 348 bis e ter c.p.c Si applica a tutti gli appelli depositati o di cui è stata richiesta la notifica se introdotti con ricorso o con citazione dall’8/9/12. L’appellante, per non incorrere nell’inammissibilità, deve indicare, oltre a quanto prescritto dall’art. 163 c.p.c., le parti del provvedimento che si intende appellare, le modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado e le circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata . Dubbi interpretativi ed inopponibilità dell’interpretazione nomofilattica della Cassazione. Queste disposizioni hanno fatto sorgere perplessità sulla loro corretta esegesi sul primo requisito nulla questio , essendo sufficiente quanto esplicato dalla CDA SA 10/2/13 le ragioni devono essere esposte con estrema precisione, così da consentire al giudice dell’appello una opera alquanto simile a un preciso e mirato intervento di ritaglio” delle parti di sentenza di cui si imponga l’emendamento, con conseguente innesto, che appare quasi automatico, giusta l’impostazione dell’atto di appello, delle parti modificate, con operazione di correzione quasichirurgica del testo della sentenza di primo grado” . Il secondo, invece, è stato oggetto di aspre critiche di una parte della dottrina Galletto, Doppio filtro” in appello, doppia conforme” e danni collaterali che evidenzia il carattere ambiguo del lemma circostanza, da cui deriva la violazione della legge” . È dovuta alla sua scorretta applicazione e, quindi, all’errata attività cognitiva del G.I. per cause oscure od ignote negligenza, ignoranza, impreparazione, errore di percezione etc . In altri termini il legislatore con la disposizione in esame ha inteso agevolare, da un lato, l’immediata percezione da parte del giudice di appello, già ad una prima lettura dell’atto di impugnazione, delle conseguenze che l’accoglimento delle doglianze dell’appellante può avere sulla tenuta della decisione impugnata e, dall’altro, la stesura della sentenza di riforma, nel caso l’appello venisse ritenuto fondato in tutto o in parte, consentendo il ricorso ad una motivazione mediante richiamo alle deduzioni dello stesso appellante . In breve è stato abrogato il vecchio requisito di specificità sostituito da queste nuove regole, venendo così meno anche l’esegesi sinora fornita dalla giurisprudenza di legittimità conforme Cass. 11781, 27727/05, SS.UU. 1502/82, 8181/93 e 23299/11 . Conservazione dell’atto. Essendo stato redatto secondo la previgente normativa, per il principio di conservazione, il G.I. ha dovuto vagliare la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 342 riformato rispetto a ciascuna delle doglianze che l’appellante muova alla decisione impugnata, a fortiori nel caso, come quello di specie, in cui esse siano state formulate sotto forma di motivi di appello, sul modello dell’atto di appello di cui all’art. 342 c.p.c. previgente. E’ quindi possibile pervenire a conclusioni diverse rispetto ad esse, con una pronuncia di inammissibilità per alcune e di fondatezza o infondatezza nel merito per altre . Quale sentenza se questi parametri sono parzialmente rispettati? Il G.I., in questi casi, ha due possibilità dichiarare l’inammissibilità dell’appello con sentenza, soggetta alle impugnazioni ordinarie o, ritenendo che l’appello inammissibile non abbia una ragionevole probabilità ” di accoglimento, possa provvedere, ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., con ordinanza succintamente motivata, non soggetta a gravame . Entrambe, però, sono inaccettabili, perciò l’impasse è stata risolta applicando il modello decisorio previsto dall’art. 281 sexies c.p.c. al quale, dopo la modifica dell’art. 351, comma 4, c.p.c. ad opera dell’art. 27, comma 1, lett. c , n. 2 della Legge 12 novembre 2011 n. 183, è possibile ricorrere, ad avviso di questo giudice, in tutti i casi in cui la causa sia di pronta decisione e non solo in quelli in cui sia stata fissata udienza ai sensi dell’art. 283 c.p.c. .

Tribunale di Verona, sez. III Civile, sentenza 28 maggio 2013, numero 66968 Giudice Massimo Vaccari Rilevato che V. M. ha convenuto in giudizio davanti a questo Tribunale la F. S. Assicurazioni S.p.A. d’ora innanzi per brevità solo F. S. proponendo appello avverso la sentenza del Giudice di Pace di Verona numero 538/2012, pubblicata l’8 febbraio 2012, che aveva rigettato la sua domanda di condanna della F. S., società assicuratrice dell’autovettura P. concessagli in dotazione dalla sua datrice di lavoro, al risarcimento deò danno patrimoniale che aveva assunto di aver patito a seguito del sinistro stradale occorsogli in data 26 novembre 2008 alle ore 16.15, allorquando era stato tamponato dall’autovettura Fiat P. tg. - L’attore, per meglio dar conto delle ragioni della predetta domanda, aveva dedotto di - essere dipendente di A. T. Ass.ni S.p.A. dal 1 giugno 1990 e di essere stato inquadrato come funzionario di primo grado dal gennaio 2008 con la qualifica di vice ispettore generale - tale incarico contemplava varie attività, tra le quali la ricerca di nuovi collaboratori, l’assegnazione ad essi dei compiti e il controllo sul loro operato e la formazione della forza vendita, e richiedeva spostamenti continui sul territorio, frequenti riunioni, pranzi e cene di lavoro - il proprio compenso era costituito da una parte fissa e da una parte variabile ricorrente a titolo di provvigioni ed una parte variabile a titolo di rappel e premi, legate al conseguimento di obiettivi di produzione mensili e annuali - le lesioni che aveva riportato nel succitato sinistro avevano comportato la sua assenza dal lavoro in un periodo dell’anno molto intenso dal punto di vista lavorativo novembre-dicembre 2008 e la perdita di una serie di compensi variabili che sarebbero maturati in quel periodo. A sostegno dell’appello l’attore ha dedotto due motivi di impugnazione. Con il primo di essi il M. ha lamentato la insufficienza, la contraddittorietà e l’illogicità della motivazione della sentenza di primo grado in relazione a punti decisivi della controversia. Secondo il M. il giudice di pace era caduto in contraddizione poiché, pur dando atto del suo ruolo di tutor sulla struttura di lavoro a lui sottoposta, non aveva ritenuto lo stesso credibile e, a sostegno ditale doglianza, ha illustrato nuovamente in questa sede le caratteristiche della propria attività e le modalità con le quali veniva determinata la componente variabile del proprio compenso correlata ad essa. Con il secondo motivo di impugnazione l’attore ha sostenuto l’erroneità della sentenza impugnata poiché il giudice di prime cure, in violazione degli artt. 61 e 116 c.p.c., aveva disatteso le risultanze della ctu medico legale che aveva disposto sebbene la stessa avesse ravvisato un nesso causale tra le lesioni riscontrate sulla sua persona e la diminuizione di guadagno che egli aveva lamentato. La F. S. si è costituita in giudizio e, in via preliminare, ha eccepito l’inammissibilità dell’appello sia ai sensi dell’art. 342 c.p.c. come novellato dal d.l. 22 giugno 2012 numero 83, convertito dalla L. 7 agosto 2012 numero 134, sia ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c. Con riguardo al merito la convenuta ha sostenuto la infondatezza della domanda di controparte chiedendo il rigetto della stessa. Ciò detto con riguardo alle prospettazioni delle parti occorre esaminare, in via preliminare, il rilievo di inammissibilità dell’appello che è stato mosso dalla appellata. Esso invero è fondato con riguardo al primo dei motivi di appello che sono stati dedotti dal M E’ indubbio, innanzitutto, che il presente giudizio ricada nell’ambito di applicazione della modifica dell’art. 342 c.p.c introdotta con il d.l. 22 giugno 2012 numero 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012 numero 134, pubblicata l’11 agosto ed entrata in vigore il giorno successivo. L’art. 54 comma 2 del precitato decreto legge ha infatti previsto che la nuova disciplina si applichi ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto e, nel caso di specie, l’atto di citazione in appello è stato inviato per la notifica a mezzo posta proprio il primo giorno di vigenza della predetta modifica. Tale norma stabilisce che la motivazione dell’appello debba contenere, oltre alle indicazioni prescritte dall’art. 163 c.p.c., a pena di inammissibilità - l’indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado - l’indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata. Con riguardo al secondo dei predetti requisiti può condividersi la critica di una parte della dottrina secondo cui esso risulta ambiguo ed oscuro, non essendo chiaro, quali possano essere le circostanze, evidentemente di fatto, da cui deriva la violazione della legge ”. E’ stato infatti, giustamente, fatto notare che la violazione della legge è tendenzialmente frutto di una errata interpretazione delle norme da parte del giudice, e quindi dell’attività cognitiva, rispetto alla quale le circostanze che la hanno originata ignoranza, impreparazione, negligenza, errore percettivo del significato della norma sono indifferenti, oltrechè ignote. Il primo requisito è invece più facilmente individuabile poiché la norma obbliga l’appellante ad indicare, in primo luogo, le parti della sentenza delle quali chiede la riforma, nonché le modifiche richieste, così da consentire al giudice dell’appello una opera alquanto simile a un preciso e mirato intervento di ritaglio” delle parti di sentenza di cui si imponga l’emendamento, con conseguente innesto, che appare quasi automatico, giusta l’impostazione dell’atto di appello, delle parti modificate, con operazione di correzione quasichirurgica del testo della sentenza di primo grado ” così Corte di Appello Salerno 1 febbraio2013 . In altri termini il legislatore con la disposizione in esame ha inteso agevolare, da un lato, l’immediata percezione da parte del giudice di appello, già ad una prima lettura dell’atto di impugnazione, delle conseguenze che l’accoglimento delle doglianze dell’appellante può avere sulla tenuta della decisione impugnata e, dall’altro, la stesura della sentenza di riforma, nel caso l’appello venisse ritenuto fondato in tutto o in parte, consentendo il ricorso ad una motivazione mediante richiamo alle deduzioni dello stesso appellante. Può pertanto escludersi che il legislatore, con la modifica normativa in esame, abbia voluto meramente confermare il consolidato orientamento giurisprudenziale formatosi con riferimento al testo previgente dell’art. 342 c.p.c. a proposito del requisito della specificità dei motivi di appello cfr. tra le più recenti, cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza numero 27727 del 16/12/2005 Cass., SS. UU, Sentenza numero 23299 del 09/11/2011 , perché se questa fosse stata la sua intenzione non vi sarebbe stata alcuna ragione di procedere all’intervento di riforma con decretazione d’urgenza, per di più eliminando l’espresso riferimento proprio a detta specificità. Il requisito della specificità dei motivi di cui all’art. 342, primo comma c.p.c., ante riforma anzi è stato ora sostituito da quello contemplato dalla nuova norma. Tutto ciò chiarito sotto il profilo teorico, è evidente come nel caso di specie l’appello sia stato redatto secondo i criteri previgenti e occorre pertanto stabilire, in una prospettiva conservativa, se i due motivi addotti a sostegno di esso soddisfino i requisiti di cui al nuovo art. 342 c.p.c. Orbene risulta macroscopica la mancanza del requisito di cui all’art. 342, primo comma, numero 1 c.p.c. in quello che è stato presentato come primo motivo di appello poiché con esso l’appellante ha censurato non già una o più parti della motivazione della sentenza impugnata ma il complesso di essa, sulla base del rilievo, invero onnicomprensivo, di insufficienza, contraddittorietà ed illogicità. A ben vedere, con riguardo a quest’ultimo profilo, il motivo in esame difetta anche di specificità poiché i difetti che, a detta del M., viziano il ragionamento del giudice di primo grado sono stati prospettati come tra loro perfettamente alternativi mentre, alla luce del nuovo art. 342 c.p.c., era necessario precisare in quali punti la decisione si presentasse illogica, in quali contraddittoria e in quali insufficiente. D’altro canto il presupposto di ammissibilità richiesto dalla norma non può nemmeno ritenersi realizzato per il fatto che l’appellante si sia doluto del passaggio della decisione impugnata nel quale il giudice di primo grado ha ricondotto la diminuizione di guadagno lamentata dal M. alle condizioni di mercato di quel periodo in contrasto con quelle che, a giudizio dell’attore, erano state le evidenze documentali del giudizio di primo grado. Infatti, a prescindere dalla considerazione che la pretesa erroneità di tale valutazione non si traduce in nessuno dei vizi prospettati dall’attore, la censura è inserita in una argomentazione asS. più articolata, cosicché non è dato comprendere l’incidenza che l’accoglimento di essa avrebbe avuto sulla decisone di primo grado. E’ evidente poi come, in virtù della impostazione seguita per la redazione dell’atto di impugnazione, l’appellante non abbia nemmeno individuato le singole modifiche da apportare, in sede di riforma, alla ricostruzione in fatto contenuta nella decisione impugnata ma abbia riproposto, pressoché interamente le deduzioni che aveva svolto in primo grado a sostegno della propria domanda sulle caratteristiche della propria attività, sui criteri con i quali veniva determinata la componente variabile del proprio compenso e sulla incidenza che su di essa ha avuto l’assenza fisica dal lavoro per il periodo indicato a ben vedere il testo dell’appello corrisponde quasi esattamente a quello delle note conclusionali del giudizio di primo grado . Discostandosi dalle modalità di redazione imposte dall’art. 342, primo comma numero 1, c.p.c. l’attore ha invitato il giudice del gravame ad una riconsiderazione della intera struttura della sentenza impugnata, in rapporto alla propria complessiva rappresentazione in punto di fatto, in palese contrasto non solo con il testo ma anche con la ratio della norma, come sopra individuata. Ad avviso di questo Giudice la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 342 riformato può essere valutata rispetto a ciascuna delle doglianze che l’appellante muova alla decisione impugnata, a fortiori nel caso, come quello di specie, in cui esse siano state formulate sotto forma di motivi di appello, sul modello dell’atto di appello di cui all’art. 342 c.p.c previgente. E’ quindi possibile pervenire a conclusioni diverse rispetto ad esse, con una pronuncia di inammissibilità per alcune e di fondatezza o infondatezza nel merito per altre. Nel caso di specie il secondo motivo di impugnazione che il M. ha fatto valere risulta redatto in conformità alle indicazioni della nuova versione dell’art. 342, primo comma, numero 1 c.p.c. poiché l’appellante ha censurato quella parte della motivazione della decisione di primo grado che ha disatteso le risultanze della ctu medico – legale, pur avendo dato atto che esse erano state favorevoli all’attore. Questa doglianza è però infondata nel merito. L’appellante, infatti, non ha considerato che il ctu, dopo aver stimato che le lesioni riscontrate sulla persona del M. erano state idonee ad impedirgli di prestare attività lavorativa per una decina di giorni, ha proposto un criterio per determinare il pregiudizio patrimoniale che lo stesso poteva aver subito. La valutazione di quest’ultimo aspetto competeva però, in via esclusiva, al giudice che ha stabilito, in modo del tutto condivisile, che l’appellante non avesse fornito prova di aver subito una riduzione dei compensi variabili nel predetto periodo, precisando che tale prova avrebbe dovuto essere documentale. A bene vedere il M. aveva formulato capitoli di prova orale diretti a dimostrare solo quali erano le componenti variabili della propria retribuzione ma non anche che il loro ammontare si era ridotto successivamente al sinistro nel quale aveva riportato le predette lesioni. Si tratta ora di stabilire quale sia il modello di decisione da adottare a seguito della rilevata inammissibilità della prima doglianza dell’attore, atteso che la norma tace sul punto. In proposito sono state prospettate due soluzioni la prima che il giudice dichiari l’inammissibilità dell’appello con sentenza, soggetta alle impugnazioni ordinarie la seconda che il giudice, ritenendo che l’appello inammissibile non abbia una ragionevole probabilità ” di accoglimento, possa provvedere, ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., con ordinanza succintamente motivata, non soggetta a gravame. Si ritiene preferibile, unitamente alla migliore dottrina, la prima ditali soluzioni giacchè essa non priva la parte del diritto di far valere la violazione di legge in sede di legittimità, con riferimento ad una pronuncia che riguarda i requisiti di forma-contenuto della impugnazione in appello ed impedisce, in limine, qualsiasi prognosi sulla fondatezza o meno, nel merito, dell’appello. A conforto di tale interpretazione vale la pena evidenziare che non risulta nemmeno concretamente esperibile il percorso disegnato dal legislatore per l’ipotesi di declaratoria di inammissibilità ex art. 348-bis c.p.c. perché nell’ipotesi di inammissibilità ex art. 342 nuovo testo è proprio il contenuto dell’atto di appello a costituire oggetto di esame, indipendentemente dalla fondatezza o meno di esso nel merito. Ai fini ditale pronuncia poi ben può essere utilizzato il modello decisorio previsto dall’art. 281 sexies c.p.c. al quale, dopo la modifica dell’art. 351, comma 4, c.p.c. ad opera dell’art. 27, comma 1, lett. c , numero 2 della Legge 12 novembre 2011 numero 183, è possibile ricorrere, ad avviso di questo giudice, in tutti i casi in cui la causa sia di pronta decisione e non solo in quelli in cui sia stata fissata udienza ai sensi dell’art. 283 c.p.c. Venendo alla regolamentazione delle spese di questo grado esse vanno poste a carico dell’appellante, in applicazione del criterio della soccombenza, e si liquidano come in dispositivo, facendo riferimento ai valori medi di liquidazione previsti dal d.m. 140/2012 per le fasi di studio, introduttiva e decisoria per le controversie di valore fino ad euro 25.000,00, aumentati del 50 %. Nessun compenso può riconoscersi per la fase istruttoria, in assenza della stessa. P.Q.M. Il Giudice unico del Tribunale di Verona, definitivamente pronunciando, ogni diversa ragione ed eccezione disattesa e respinta, dichiara inammissibile ai sensi dell’art. 342, comma 1, numero 1 c.p.c. l’appello, relativamente alla prima doglianza, e lo rigetta, con riguardo alla seconda, e per l’effetto conferma la sentenza impugnata e condanna l’appellante a rifondere all’appellata le spese di questo grado del giudizio che liquida nella somma di euro 2.275,00, oltre Cpa.