Se la società compie atti idonei ad individuarne l'incapacità patrimoniale, questa si presume conosciuta dai creditori

La responsabilità penale di amministratori e sindaci è personale e non scaturisce automaticamente dalla semplice partecipazione agli organi di gestione e controllo.

Il temine quinquennale utile ad esercitare l'azione sociale di responsabilità o l'azione di responsabilità dei creditori sociali, decorre dal momento in cui si verificano circostanze capaci di manifestare oggettivamente l'insufficienza patrimoniale della società es. mancato deposito dei bilanci, deposito di bilanci che indicano l'incapienza, delibera di messa in liquidazione per perdite etc. . Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 8426 del 5 aprile 2013. Il caso . Una società di intermediazione mobiliale SIM veniva posta in liquidazione coatta amministrativa. Il commissario liquidatore conveniva in giudizio, in solido tra loro, le persone fisiche che avevano composto l'organismo di gestione, l'organismo di controllo nonché il direttore generale, affinché rispondessero della gestione fallimentare sia nei confronti dei soci che nei confronti dei creditori sociali. Il fondamento giuridico della richiamata azione veniva individuato negli artt. 2393 e 2394 c.c., ante riforma 2006. I convenuti si difendevano eccependo la prescrizione del diritto per decorso del termine quinquennale previsto dalle due norme appena menzionate. Tribunale e Corte d'Appello aderivano all'eccezione formulata da parte convenuta e dichiaravano prescritto il diritto al risarcimento. La SIM proponeva ricorso per cassazione. Decorrenza del termine di prescrizione. L'art. 2394 c.c., nella formulazione applicabile ratione temporis , afferma genericamente che l'azione di responsabilità può essere esercitata entro cinque anni decorrenti dal momento in cui i creditori apprendono che il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti. La norma parla di generica conoscenza di insufficienza del patrimonio sociale, omettendo l'individuazione di circostanze specifiche da cui far decorrere il termine quinquennale. Detto vuoto viene colmato dalla giurisprudenza. La prova della conoscenza dell'insufficienza patrimoniale due orientamenti giurisprudenziali. Secondo un orientamento giurisprudenziale datato e minoritario, il termine quinquennale decorre dal momento in cui i creditori sociali abbiano infruttuosamente escusso il patrimonio sociale detta circostanza è considerata come il momento in cui tutti i creditori hanno avuto effettiva conoscenza dell'insufficienza patrimoniale Cass. n. 5241/1981 . L'attuale, prevalente e consolidato orientamento, invece, ritiene che il decorso del termine quinquennale coincide con il verificarsi di elementi oggettivi che portano a conoscenza del ceto creditorio lo stato di insufficienza patrimoniale che, quindi, può palesarsi in atti e circostanze diversi dalla perentoria sentenza dichiarativa di fallimento. Nel caso di specie, la Cassazione ha confermato la decisione della corte territoriale che aveva individuato gli elementi oggettivi nel deposito del bilancio accompagnato da una relazione che illustrava le criticità patrimoniali della SIM e, a tutto voler concedere, nella successiva delibera assembleare di messa in liquidazione per perdite. La particolare natura dei creditori di una SIM. La S.C. ha respinto la tesi difensiva della società ricorrente a tenore della quale il termine quinquennale non poteva decorrere dalla pubblicazione del bilancio perché quest'ultimo documento contabile risultava essere portatore di un messaggio non comprensibile dal consumatore medio quale è il creditore di una SIM. Sotto questo profilo, la Cassazione ha chiarito che i creditori di una SIM spesso coincidenti con la figura dei soci non possono essere considerati alla stregua di sprovveduti consumatori essendo soggetti che hanno consapevolmente deciso di investire in strumenti finanziari, quindi, certamente capaci di comprendere i contenuti di documenti contabili quali il bilancio e relative relazioni illustrative. Il giudice di legittimità ha anche sottolineato la particolare accuratezza delle motivazioni portate dalla Corte d'Appello, chiarendo che l'espresso rifiuto di certificare il bilancio sociale - opposto dalla società di revisione, non costituiva prova automatica della mala gestio ma, al contrario, incrementava la capacità del bilancio di comunicare ai creditori l'insufficienza patrimoniale della SIM. Se il fatto è considerato dalla legge come reato e per il reato è prevista una prescrizione più lunga, questa si applica anche all'azione civile. Parte ricorrente, sosteneva che il giudice di merito avesse omesso di valutare e qualificare i fatti contestati alla parte convenuta omessa vigilanza, negligenza professionale, conflitto di interessi come fattispecie di reato penalmente perseguibili e, conseguentemente, non considerato il termine di prescrizione lungo. La S.C. ha rigettato anche questo motivo di ricorso chiarendo che l'imputazione della responsabilità penale è personale e presuppone l'individuazione del soggetto responsabile nonché della condotta illecita e del dolo del soggetto agente. Pertanto, ai soggetti costituenti un organo di gestione o di controllo, non può essere attribuita la responsabilità penale per il solo fatto di essere soggetti facenti parte di un organo cui viene - dal punto di vista soggettivo - attribuita una generica ed illecita condotta essendo invece necessaria la specifica individuazione di atti e fatti ritenuti illeciti nonché dei soggetti autori. Detta specifica individuazione, osserva la corte, è assente tanto nell'atto introduttivo del giudizio di primo grado, quanto nel ricorso per cassazione, dunque, oltre ad essere correttamente motivata la decisione del giudice di merito, il motivo, così come proposto, è anche inammissibile. Per tutte queste ragioni, la Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso condannando parte attrice al pagamento delle spese di lite.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 19 dicembre 2012 5 aprile 2013, n. 8426 Presidente Plenteda – Relatore Cristiano Svolgimento del processo ECU SIM s.p.a., dopo che il Ministero del Tesoro, con decreto del 18.4.96, aveva disposto lo scioglimento dei suoi organi amministrativi e l'aveva sottoposta a commissariamento, fu dichiarata fallita dal Tribunale di Milano il 18.7.96 a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 415/96, il fallimento fu poi convertito in liquidazione coatta amministrativa. Con citazione notificata il 2.7.01, la LCA di ECU SIM convenne in giudizio, ai sensi degli artt. 57 comma 3 d.lgs. n. 58/98, 84 comma 5 T.U. n. 385/93, 2393,2394 c.c., alcuni dei soggetti che, fra il gennaio del '93 ed il 18.7.96, erano stati componenti dell'organo di gestione o dell'organo di controllo della società, e precisamente il Presidente del C.d.A. An.Gi.Ba Fa. , l'A.D. A P. , i consiglieri An Mo. , A.C. , R M. , S S. e g c. , i sindaci Se Ca. , E F. , A D.N. , A.R B. e L Z. e, infine, il direttore generale V C. , per sentirli condannare, in via fra loro solidale, al risarcimento dei danni subiti dalla società e dai creditori sociali in dipendenza delle illecite condotte da essi tenute in violazione degli obblighi loro imposti dalla legge e dall'atto costitutivo. Tutti i convenuti si costituirono in giudizio, sollevarono eccezione di prescrizione del diritto azionato dall'attrice e conclusero per il rigetto della domanda. Ca. e D.N. chiamarono in garanzia le rispettive compagnie di assicurazione per la r.c., Lloyd's di Londra ed Unipol s.p.a., le quali si costituirono eccependo l'inoperativita delle polizze ed aderendo, in subordine, alle difese dei propri assicurati. Il Tribunale adito, con sentenza del 23.4.2004, ritenuta fondata l'eccezione di prescrizione con riguardo tanto all'azione di responsabilità spettante alla società quanto a quella spettante ai creditori sociali, respinse la domanda risarcitoria. L'appello proposto da ECU SIM in LCA contro la decisione, per ottenere la riforma della sola pronuncia di prescrizione dell'azione dei creditori sociali, è stato respinto dalla Corte d'Appello di Milano con sentenza dell'8.6.06. La Corte territoriale richiamata integralmente, e fatta propria, l'ampia motivazione posta dal primo giudice a sostegno della contestata pronuncia ha in primo luogo escluso che, ai fini del decorso del termine di prescrizione dell'azione di cui all'art. 2394 c.c., sia necessaria la prova che tutti i creditori abbiano inutilmente escusso il patrimonio sociale ed ha affermato che il termine in questione decorre, piuttosto, dal momento in cui l'insufficienza di tale patrimonio è divenuta oggettivamente conoscibile da tutto il ceto creditorio ha quindi rilevato che, nel caso, l'incapienza patrimoniale di ECU SIM era emersa sin dal momento della pubblicazione del bilancio dell'esercizio '95, che, pur presentando ancora un patrimonio netto positivo, non era stato certificato dalla società incaricata della revisione ed era stato accompagnato da una relazione del Commissario estremamente pessimista, che dimostrava come quel minimo sopravanzo pari a un decimo del capitale sociale fosse meramente fittizio ha poi concluso che, anche a voler seguire la linea difensiva dell'appellante, l'eventuale situazione d'incertezza determinata dalla pubblicazione del bilancio era stata definitivamente eliminata dalla delibera assembleare del 5.6.96, di scioglimento e messa in liquidazione per perdite, che, evidenziando che la società non sarebbe stata ricapitalizzata, aveva travolto ogni residua speranza di continuità aziendale, e dalla relazione del Commissario, depositata il 14.6.96, che segnalava al Tribunale lo stato di insolvenza e rendeva nota l'esistenza di passività ulteriori, tali da decretare un'eclatante sbilancio patrimoniale. Il giudice del merito ha inoltre osservato che l'accertata, oggettiva conoscibilità, da parte di ciascun creditore appena diligente, dell'insufficienza patrimoniale di ECU SIM al più tardi dalla metà del giugno del '96 assorbiva ogni questione in tema di sospensione della prescrizione ex art. 2941 n. 8 c.c. ha infine escluso che all'azione potesse essere applicato il più lungo termine di prescrizione di cui all'art. 2947 comma 3 c.c., posto che i fatti costitutivi dei reati di bancarotta fraudolenta allegati nella memoria depositata ai sensi dell'art. 183 comma 5 c.p.c. nella formulazione all'epoca vigente non solo erano stati prospettati in maniera indistinta, senza attribuirli all'uno od all'altro dei convenuti, nonostante la diversità degli incarichi da costoro espletati, oltretutto in diversi periodi di tempo, ma introducevano, inammissibilmente, nuovi temi d'indagine, non dedotti nell'atto di citazione, nella cui narrativa le condotte illecite addebitate ad amministratori e sindaci non risultavano in alcun modo riconducibili ad ipotesi distrattive od a falsificazioni contabili. ECU SIM in LCA ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a sette motivi ed illustrato da memoria. Hanno resistito, con separati controricorsi, Fa.Gi.Ba. , che ha pure proposto ricorso incidentale, F.E. , An Mo. , A.R B. , R M. , V C. , A P. , Lloyd's of London ed Unipol s.p.a., nonché, con un unico controricorso, c.g. e C A. , così come Se Ca. , D.N.A. e L Z. . Tutte le parti hanno depositato memoria. Non hanno svolto attività difensiva gli eredi di S.S. , deceduto nel corso di giudizio. Motivi della decisione Il ricorso principale e quello incidentale, proposti contro la medesima sentenza, vanno riuniti ai sensi dell'art. 335 c.p.c 1 Con il primo motivo di ricorso, la LCA, denunciando violazione degli artt. 2394 e 2697 c.c., oltre che vizio di motivazione, afferma che la Corte di merito ha errato nel ritenere che gli elementi documentali considerati bilancio dell'esercizio '95 e relazioni ad esso allegate, delibera si scioglimento della società, segnalazione del Commissario , dai quali erano desumibili generici segnali di squilibrio, costituissero parametro certo di manifestazione dell'incapienza patrimoniale di ECU SIM, anziché del mero stato di insolvenza della società. 2 Col secondo motivo, denunciando violazione degli artt. 2394, 2697 e 2935 c.c., la ricorrente deduce che, in materia di decorrenza del termine di prescrizione dell'azione di responsabilità spettante ai creditori sociali, nella giurisprudenza di merito e di legittimità si contrappongono due diversi orientamenti, l'uno fatto proprio dalla Corte territoriale secondo cui il dies a quo va individuato nella data in cui la situazione di insufficienza patrimoniale è divenuta oggettivamente conoscibile da tutti i creditori, e l'altro che ritiene, invece, che, per superare la presunzione di coincidenza fra la data di dichiarazione del fallimento e quella di emersione dell'incapienza, occorre provare che tutti i creditori hanno infruttuosamente escusso il patrimonio sociale in data antecedente all'emissione della sentenza dichiarativa e chiede che venga fatta applicazione di questo secondo indirizzo. 3 Con il terzo motivo, denunciando ulteriore violazione degli artt. 2394, 2697 e 2935 c.c., nonché vizio di motivazione, la ricorrente lamenta che il giudice del merito abbia individuato la data dell'oggettiva conoscibilità della situazione di insufficienza patrimoniale di ECU SIM, da parte dell'intero ceto creditorio e non dei soli creditori soci, in quella di approvazione della delibera di scioglimento, anziché in quella di pubblicazione di tale delibera mediante deposito presso il Registro delle Imprese. Analoga critica svolge con riguardo alla relazione del Commissario depositata in Tribunale il 14.6.96, del cui contenuto i creditori possono aver avuto contezza solo dopo la pubblicazione della sentenza dichiarativa del fallimento. 4 Con il quarto motivo la LCA torna a criticare la valutazione degli elementi documentali compiuta dalla Corte di merito e contesta che da tali elementi potesse trarsi la prova della conoscibilità dello stato di incapienza patrimoniale di ECU SIM da parte di tutti i creditori. Ribadisce, in primo luogo, che la relazione depositata in Tribunale dal commissario governativo costituiva un documento non pubblico, che dunque non avrebbe mai potuto servire ai creditori per interpretare i dati del bilancio osserva, poi, che il bilancio dell'esercizio '95 della società indicava un patrimonio netto positivo di oltre un miliardo di lire e che solo specifiche conoscenze tecniche, di cui non sono certamente forniti i clienti investitori, avrebbero consentito di analizzare e disaggregarne le poste contabili in modo da desumerne l'emersione dell'insufficienza patrimoniale della SIM rileva, altresì, che la relazione sull'andamento della gestione successivo al 31.12.95 si limitava a segnalare passività potenziali, largamente assolvigli tramite l'indicato margine positivo e che, nel corso dell'assemblea tenutasi il 5.6.96, il commissario, sulla base dei dati posti a sua disposizione dal C.d.A., informò gli azionisti che le disponibilità proprie della SIM, liquide o agevolmente liquidabili, erano idonee ad esaurire le esposizioni debitorie correnti contesta, ancora, che i creditori possano trarre nozioni definitive dalla mancata certificazione del bilancio, evento che spesso si verifica a causa delle inaudite cautele assunte dalle società di revisione per non incorrere in responsabilità, qualora una situazione si presenti rischiosa o soggetta a possibili complicazioni deduce, infine, che neppure la delibera di scioglimento assunta il 5.6.96 il cui verbale fu comunque depositato solo il 5.7.96 poteva assumere significato inequivoco, posto che lo scioglimento fu volontario e non determinato dalla perdita integrale del capitale. I motivi, che sono fra loro connessi e che possono essere congiuntamente esaminati, devono essere respinti. 5 Va in primo luogo rilevato che le risalenti pronunce citate dalla ricorrente Cass. S.U. n. 5241/81, Cass. n. 4415/79, neppure massimate sulla specifica questione a sostegno della tesi secondo cui la prova della conoscenza da parte dei creditori dello stato di insufficienza patrimoniale della società può ritenersi raggiunta soltanto quando tutti costoro abbiano infruttuosamente escusso il patrimonio sociale, sono espressione di un orientamento minoritario, che non ha trovato conferma nella successiva elaborazione giurisprudenziale di questa Corte. Deve infatti ritenersi principio ormai consolidato, cui il collegio intende dare continuità, che il decorso del termine di prescrizione dell'azione di cui all'art. 2934 c.c. può farsi risalire ad una data anteriore a quella della dichiarazione di fallimento nel caso di preesistenza di elementi oggettivi, conoscibili dal ceto creditorio, dai quali emerga il deficit patrimoniale fra le più recenti, Cass. nn. 19051/2011, 8516/09, 2047/08, 6719/08, 20637/04 . Tale interpretazione del II comma dell'art. 2394 c.c. risulta maggiormente coerente con la lettera della norma, la quale prevede che l'azione può essere esercitata dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti e quindi non specificando da quali fatti l'insufficienza debba risultare non ne subordina l'esercizio ad un onere di preventiva, infruttuosa escussione dei beni sociali. D'altro canto, poiché il termine di prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui il diritto può essere fatto valere e poiché chi eccepisce la prescrizione ha, per l'appunto, l'onere di allegare e provare il fatto che, permettendo l'esercizio del diritto, segna tale momento, non può sostenersi, così come fa la ricorrente, che il creditore può agire senza necessità di escutere preventivamente il patrimonio sociale, e perciò anche quando accadimenti estranei alla sua sfera personale ad es., il deposito di un bilancio d'esercizio nel quale le poste passive superino di gran lunga quelle attive ne rendano palese l'incapienza, ma che, al contempo, il debitore non é ammesso a provare che la prescrizione é iniziata a decorrere dal momento del verificarsi di quegli accadimenti. Né i termini della questione sono destinati a mutare allorché l'azione sia promossa dal curatore o, come nella specie, dal commissario liquidatore in rappresentanza del ceto creditorio, posto che questi esercita un diritto che non nasce dal fallimento o dalla messa in LCA , e che è pertanto soggetto a prescrizione a partire dalla stessa data in cui i creditori avrebbero potuto farlo valere. 6 Ciò premesso, non v'è dubbio che la verifica della ricorrenza di elementi oggettivi, conoscibili dai creditori, dai quali risulti l'insufficienza del patrimonio sociale, sia questione di fatto, tipicamente rimessa all'accertamento del giudice del merito. Nel caso di specie la Corte territoriale ha tratto il proprio convincimento da un'unitaria valutazione di tutte le circostanze acquisite, in via documentale, agli atti del giudizio, la quale non richiede la discussione di ogni singolo elemento o la confutazione di tutte le contrarie argomentazioni difensive Cass. n. 5235/01 , ed ha ritenuto che l'insufficienza patrimoniale di ECU SIM fosse conoscibile dall'intero ceto creditorio quantomeno a partire dalla seconda metà del giugno del 1996, in base ad un percorso logico complessivo in cui non sono riscontrabili contraddittorietà o deficienze aventi rilevanza causale decisiva sulle conclusioni raggiunte. Ebbene, attraverso le censure, la ricorrente, pur lamentando la violazione di norme di diritto e pur prospettando vizi di motivazione su punti decisivi della controversia, mira in realtà, inammissibilmente, a contrapporre a tale valutazione la propria personale interpretazione delle medesime circostanze, che, anziché considerare globalmente, esamina singolarmente, cercando di enucleare da ciascuna di esse quegli elementi che avrebbero potuto condurre ad un loro diverso apprezzamento. Basti, fra tutti, richiamare gli argomenti di mero stile con i quali la LCA contesta la rilevanza probatoria della mancata certificazione del bilancio da parte di A A. , società incaricata della revisione, dimenticando che le conclusioni assunte nella relazione del revisore discendevano dalla non creduta realizzabilità del presupposto della continuità aziendale sul quale il bilancio, con il suo lieve sopravanzo, si fondava e derivavano dall'esame di dati certi, quali la sospensione dell'attività sociale ed il venir meno di una parte significativa della clientela e dei promotori finanziari, nonché dalla rilevata sottovalutazione degli accantonamenti per fondo rischi. Non può, d'altro canto, fondatamente sostenersi che la Corte territoriale abbia errato nel ritenere che anche alla luce degli ulteriori segnali, provenienti dalla relazione pessimistica del Commissario e da quella del collegio sindacale la delibera assembleare di scioglimento anticipato per perdite e conseguente messa in liquidazione della società, che smentiva in via definitiva le indicate prospettive di continuità aziendale, fosse idonea a rendere oggettivamente conoscibile il dissesto patrimoniale di ECU SIM da parte di ciascun creditore appena diligente e pur privo di specifiche competenze tecniche e ciò, va aggiunto, tanto più ove si tenga conto che la platea dei clienti di una SIM non è certo composta, quantomeno per la sua maggioranza, da soggetti sprovveduti in materia economica, ignari dei rischi cui vanno incontro acquistando strumenti finanziari e perciò incapaci di o non motivati a seguire le sorti dei loro investimenti e che, nella specie, la relazione del Commissario già segnalava l'esistenza di richieste risarcitorie provenienti da singoli clienti di portata non quantificabile e dunque neppure oggetto di apprezzamento, a fronte di disponibilità finanziarie riscontrate che non consentivano di rispettare gli impegni già assunti oltre il mese di maggio , a dimostrazione dell'attenzione con la quale costoro seguivano le vicende societarie. 7 Parimenti inammissibile, infine, è la censura con la quale la ricorrente rimprovera alla Corte territoriale di non aver tenuto conto che le delibere di scioglimento e di approvazione del bilancio non potevano essere divenute conoscibili dall'intero ceto creditorio prima del loro deposito presso il R.I., asseritamente avvenuto solo il 5.7.96, che si fonda su di una circostanza di fatto che risulta dedotta per la prima volta nella presente sede, senza neppure l'indicazione del documento dal quale dovrebbe essere tratta. 8 Con il quinto motivo la LCA lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto inapplicabile il disposto dell'art. 2947 comma 3 c.c. sul rilievo della tardiva allegazione dei fatti costitutivi dei reati di bancarotta astrattamente ascrivibili ai convenuti sostiene, in contrario, che la memoria depositata ai sensi dell'art. 183 comma 5 c.p.c. non conteneva alcuna modificazione della causa petendi, in quanto i fatti in essa dedotti erano già stati contestati nell'atto di citazione ed erano stati già qualificati come illeciti e che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale, per ciascuna delle condotte delittuose allegate erano state indicate le date che le ricollegavano all'operato, alla nomina ed alla durata in carica dei responsabili. Il motivo va dichiarato inammissibile. 9 L'assunto della LCA, secondo cui la memoria ex art. 183 c.p.c. da essa depositata non conteneva alcun mutamento dei fatti costituitivi della responsabilità dei convenuti, già qualificati come illeciti, si scontra con l'accertamento compiuto dalla Corte territoriale che, sulla scorta di un esame approfondito degli atti difensivi dell'allora appellante, ha rilevato che la mala gestio ascritta a costoro nell'atto di citazione si compendiava interamente nell'allegazione di violazioni di norme regolamentari, di omessa vigilanza ed intervento, di negligenza professionale e di conflitto di interessi, ma non lasciava intendere nessuna condotta distrattiva o di falsificazione contabile di amministratori e sindaci, tale da configurare i reati di bancarotta dedotti in maniera neppure lineare per la prima volta nella predetta memoria, né illustrava i profili del dolo generico o specifico dei reati. Più avanti, il giudice a quo ha aggiunto che l'appellante non aveva mai provveduto a specificare la attribuzione dei delitti in capo ai convenuti con riferimento alle diverse mansioni svolte, ai diversi periodi degli incarichi ed in relazione a precise condotte od omissioni, limitandosi ad un'attribuzione cumulativa, indistinta ed indeterminata. 10 Tale secondo rilievo, che costituisce autonoma ragione di rigetto sulla quale si fonda il capo della pronuncia impugnato, non può ritenersi superato dalla mera indicazione, sin dall'atto di citazione, dei periodi in cui ciascun convenuto ha rivestito la carica sociale e delle date cui risalgono i fatti dedotti a sostegno della domanda risarcitoria la commissione di un reato, che richiede che alla condotta illecita ad esso corrispondente si accompagni il dolo del soggetto agente, non può infatti configurarsi quale mera conseguenza della partecipazione di quel soggetto ad un organo collettivo, di gestione o di controllo, senza che sia minimamente allegato il comportamento dallo stesso concretamente tenuto in relazione a ciascuna fattispecie delittuosa astrattamente configurata. Tanto basterebbe al rigetto del motivo, posto che, una volta rivelatesi infondate le doglianze mosse alla predetta, autonoma ragione di rigetto, l'eventuale fondatezza dell'ulteriore profilo di censura illustrato non sarebbe sufficiente a determinare la cassazione della sentenza sul punto. 11 Va comunque ulteriormente rilevato che, a fronte del puntuale riscontro degli atti processuali compiuto dal giudice a quo, il rispetto del requisito di ammissibilità del ricorso di cui all'art. 360 n. 4 c.p.c. imponeva alla ricorrente, oltre che di chiarire quali, fra gli innumerevoli fatti enumerati, potessero giuridicamente qualificarsi come reati, anche di richiamare con precisione le specifiche parti del ponderoso atto di tu citazione nelle quali quei reati erano stati compiutamente allegati il generico rinvio all'intero contenuto della citazione, accompagnato dalla mera affermazione dell'errore interpretativo compiuto dal giudice del merito, si risolve, infatti, nella inammissibile richiesta, rivolta a questa Corte, di effettuare un'indagine esplorativa in ordine alla verifica della tempestiva contestazione delle condotte penalmente rilevanti. 11 Con il sesto motivo, la ricorrente deduce violazione dell'art. 2941 n 8 c.c. Rileva che solo dopo il 3.7.96, ovvero dopo l'emergere dei fatti delittuosi, alcuni dei clienti investitori appresero di essere creditori di ECU SIM e lamenta che la Corte territoriale non abbia tenuto conto che, quantomeno rispetto ad essi, pur sempre rappresentati dal Commissario nell'azione di responsabilità, operava la causa di sospensione del termine di prescrizione di cui alla norma che assume essere stata violata. La censura non merita accoglimento. In primo luogo, in punto di fatto, essa appare fondata sulla pretesa commissione di illeciti penali consistenti nella falsificazione delle rendicontazioni, attuata dai promotori e non dagli amministratori di ECU SIM, e sull'affermata qualità di creditori concorsuali di alcuni investitori che non risulta essere stata allegata, né, tantomeno, documentata nei precedenti gradi di merito. Sotto altro profilo, la ricorrente omette di considerare che, dopo la messa in liquidazione di ECU SIM, i clienti investitori erano comunque creditori della società, tenuta a restituire loro le somme od i titoli che figuravano annotate i sui conti correnti ad essi personalmente intestati che costituivano il c.d. patrimonio separato che sino ad allora era stato gestito in loro nome e per loro conto non si vede, pertanto, in qual modo la trasformazione del debito restitutorio in un debito risarcitorio abbia potuto incidere sul decorso del termine prescrizionale. Non risulta, da ultimo, condivisibile la prospettiva in diritto dalla quale muove la ricorrente nel formulare la censura, dovendosi escludere che la nozione di massa dei creditori postuli l'individuazione della posizione, all'interno di essa, di ogni singolo creditore, così che l'azione possa ritenersi prescritta per alcuni degli appartenenti alla massa e non prescritta per altri. 12 Inammissibile, infine, è il settimo motivo di ricorso, con il quale la ricorrente lamenta per un verso la mancata ammissione degli interrogatori formali dei convenuti senza però riportare i capitoli della prova orale in questione, senza indicare l'atto difensivo nel quale li aveva articolati e senza neppure curarsi di specificare quali fossero le circostanze che ne formavano oggetto, e, per l'altro, la mancata concessione di un termine per il deposito di una memoria contenente l'indicazione di nuovi mezzi istruttori che, atteso il diniego del Tribunale, essa avrebbe dovuto dedurre al più tardi nell'atto di citazione in appello. 13 Con l'unico motivo di ricorso incidentale, Fa.Gi.Ba. , denunciando violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., si duole della pronuncia di compensazione delle spese del doppio grado del giudizio. Il motivo è infondato, in quanto la Corte territoriale ha fornito una congrua, benché succinta, motivazione delle ragioni che giustificavano detta pronuncia individuate nella peculiarità e complessità della vicenda di fatto e nei rapporti intercorsi fra le parti che sfugge al sindacato di legittimità. Le spese del presente grado seguono invece la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte riunisce il ricorso principale e quello incidentale e li rigetta condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese processuali, che liquida in favore di ciascuna della parti che hanno presentato separato controricorso in Euro 30.200, di cui Euro 200 per esborsi in favore di Se Ca. , D.N.A. e L Z. , in via fra loro solidale, in Euro 36.240, di cui Euro 240 per esborsi in favore di C A. e c.g. , in via fra loro solidale, in Euro 36.240, di cui Euro 240 per esborsi.