In assenza di error in iudicando ... la censura va rigettata

In sede di legittimità, se la censura congeniata come vizio di motivazione, recante però la ricostruzione del fatto controverso in modo difforme da quanto compiuto dal giudice del riesame, con argomentazioni logiche e riscontri documentali, non conduce ad alcuna evidenza dell’ error in iudicando , la censura stessa deve essere dichiarata inammissibile.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 23619/12, depositata il 20 dicembre. Il caso lo sfratto per morosità. Una società in accomandita semplice, locatrice di un immobile ad uso commerciale, intimava sfratto per morosità nei riguardi del conduttore titolare di una ditta individuale per la mancata corresponsione dei canoni dal novembre 2004 al luglio 2007, in relazione ad un contratto di locazione stipulato nel gennaio 2004. L’intimato si costituiva in giudizio e proponeva domanda di risarcimento danni, chiamando in causa un terzo soggetto per la manleva quest’ultimo, costituitosi in giudizio, sosteneva le ragioni del chiamante. In primo grado il Tribunale dichiarava risolto il contratto per colpa del conduttore e condannava quest’ultimo al pagamento dei canoni scaduti in relazione alla morosità accertata, però non dal novembre 2004, ma dal novembre 2005 al 31 dicembre 2006 il terzo chiamato veniva condannato alla manleva. Avverso la sentenza il conduttore proponeva appello domandando la riforma della decisione ed il risarcimento dei danni la società resisteva e proponeva appello incidentale. La Corte territoriale, in parziale riforma della sentenza impugnata, rigettava tutte le domande proposte dalla locatrice, con condanna della stessa ad una parte delle spese processuali. La società ricorreva in Cassazione ed il titolare della ditta individuale resisteva con controricorso. Se il fatto controverso è ricostruito in modo difforme da quanto compiuto dal giudice Prima di esaminare le doglianze sollevate dalla ricorrente, occorre effettuare delle precisazioni in merito allo svolgimento dei fatti. Nell’ottobre 2004 tra le parti era intercorso un accordo secondo cui la società locatrice, attraverso la cessione del proprio credito nei confronti della ditta locataria, avrebbe compensato il proprio debito nei confronti del terzo chiamato in giudizio dal conduttore. Ebbene, la società ricorrente in sede di legittimità si duole del fatto che la Corte territoriale avrebbe interpretato illegittimamente ed erroneamente tale patto, ritenendo che le parti, anche dopo il novembre 2005, periodo non coperto dalle scritture, vigesse ancora il suddetto accordo, in quanto lo stesso era privo di termine finale. A riprova della circostanza che il patto non aveva più efficacia tra le parti, a dire della ricorrente, vi era la scrittura datata dicembre 2006, che prevedeva l’autorizzazione del terzo chiamato a percepire i canoni di diversi immobili, tra cui quello locato all’appellato. Secondo la società locatrice, dunque, i giudice territoriali avrebbero omesso di indagare sugli accordi intercorsi tra le parti, volti ad attuare quelle operazioni di compensazione del credito societario verso il conduttore con il debito della società verso il socio nonché terzo chiamato in causa , attraverso la cessione del credito locatizio al socio medesimo, nell’ambito di una complessa operazione di ripartizione degli utili tra soci. Inoltre la società ricorrente contestava la sentenza impugnata nella parte in cui aveva escluso la morosità per il periodo ottobre 2004 - novembre 2005. Si denunciava infatti, l’errata applicazione delle norme di cui agli artt. 1241 ss. c.c., in quanto nessuna prova della cessione del credito era stata offerta, mentre il giudice di primo grado aveva considerato tale cessione a titolo di compensazione volontaria. e non conduce ad alcuna evidenza dell’error in iudicando La Cassazione, effettuate delle opportune precisazioni in diritto, ritiene che le doglianze sollevate dalla ricorrente tendano a proporre un ampliamento del thema decidendum , che invece la Corte ha compiuto avendo per base l’accordo previsto nella scrittura del 1° ottobre 2004, senza la previsione di un termine finale e quindi dispiegante i suoi effetti sino alla successiva scrittura del dicembre 2006. La Corte del riesame non solo ha considerato la chiara lettera del patto dell’ottobre 2004, ma deduce come non provata la contestata morosità sulla base di una serie di elementi di valutazione. allora, il motivo va dichiarato inammissibile. Pertanto, la ratio decidendi pone in evidenza la infondatezza delle pretese poste in essere dalla società nei confronti del conduttore convenuto. Non sussiste, dunque, né l’ error in iudicando , né vizio della motivazione, la quale appare congrua e completa. Anche la doglianza relativa all’asserita erronea esclusione della morosità per il periodo ottobre 2004 - novembre 2005 non è meritevole di accoglimento, anzi per la Suprema Corte non è altro che un tentativo strumentale di ottenere una terza valutazione del merito ampliando il thema decidendum con supposte cessioni o compensazioni. In via conclusiva la Corte di Cassazione rigetta il ricorso proposto dalla società locatrice, con condanna della stessa alle spese del giudizio.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 18 ottobre – 20 dicembre 2012, n. 23619 Presidente Trifone – Relatore Petti Svolgimento del processo 1. La società Fratelli Fresco s.a.s. nella veste di locatrice intimava sfratto per morosità con citazione per la convalida, dinanzi al tribunale di Pinerolo, al conduttore F.F. , ditta individuale, per una morosità protrattasi dal novembre 2004 al luglio 2007 per la mancata corresponsione di canoni di un immobile sito in XXXXXXX, per un importo di Euro 62370,00 oltre interessi legali e spese. Resisteva l'intimato e proponeva domanda di risarcimento danni, chiamando in lite Fl Fr. per la manleva il chiamato si costituiva e sosteneva le ragioni del chiamante. 2.11 Tribunale di Pinerolo con sentenza del 28 novembre 2008 dichiarava risolto per colpa del conduttore il contratto di locazione stipulato il 1 gennaio 2004 e lo condannava al pagamento dei canoni scaduti in relazione alla morosità accertata dal 1 novembre 2005 al 31 dicembre 2006 oltre interessi legali condannava il terzo chiamato alla manleva, condannava il convenuto ed il suo garante alle spese del grado e le compensava tra F.F. e Fl. . 3.Contro la decisione proponeva appello F.F. ditta individuale, chiedendo la riforma della decisione e la condanna della società al risarcimento dei danni resisteva la società e proponeva appello incidentale in punto di determinazione di maggiori somme, Fl Fr. si costituiva a sostegno delle ragioni dello appellante e proponendo appello incidentale tardivo. La Corte di appello di Torino,con sentenza del 25 maggio 2010, in parziale riforma della sentenza impugnata rigettava tutte le domande proposte dalla società Fratelli Fresco e la condannava a rifondere a F.F. e Fl. due terzi delle spese dei due gradi di giudizio, con compensazione per il terzo residuo. 4.Contro la decisione ricorre la società deducendo tre motivi di ricorso, resiste con controricorso il solo F.F. . In data 21 settembre 2012 è pervenuta in cancelleria della Corte dichiarazione di rinuncia al mandato difensivo per la sas Fratelli Fresco da parte dell'avv. Patrizia Polliotto. Motivi della decisione 5. Il ricorso non merita accoglimento. Per chiarezza espositiva se ne offre una sintesi dei motivi ed a seguire la confutazione in diritto. 5.1.SINTESI DEI MOTIVI. Nel primo motivo si deduce il vizio di erronea interpretazione, per violazione dei canoni legali di ermeneutica, della proposta di accordo del 1 ottobre 2004, sul rilievo che detto accordo contemporaneo alla decorrenza del contratto di locazione, non prevedeva alcun termine finale. Si assume che correttamente il giudice di primo grado aveva escluso la morosità di F.F. in relazione al periodo decorrente dal 1 ottobre 2004 al 31 ottobre 2005, non certo sulla base del patto del 1 ottobre 2004, ma sulla base della documentazione della ditta produttrice e proveniente dalla Fratelli Fresco s.a.s La corte di appello, attraverso la illegittima interpretazione del patto dell'ottobre 2004 ha ritenuto che le parti anche dopo il novembre 2005, e quindi nel periodo intermedio, non coperto dalle scritture, vigesse l'accordo secondo cui la società locatrice, attraverso la cessione del proprio credito nei confronti della ditta locataria, avrebbe compensato il proprio debito nei confronti del terzo Fr.Fl. . Tale ricostruzione risulta infine contraddetta dalla scrittura datata 12 dicembre 2006 che prevede la autorizzazione a Fl Fr. di percepire i canoni di locazione dei quattro locali centrali, tra cui quello locato a F F. , a partire dal 1 gennaio 2007. Nel secondo motivo si deduce omessa motivazione su punto decisivo della controversia e violazione e falsa applicazione degli artt. 1241, 1242, 1252 c.c La tesi è che la Corte di appello avrebbe omesso di indagare sull'accordo o incontro delle volontà della s.a.s. Fratelli Fresco e di Fr.Fl. di attuare quelle operazioni di compensazione del credito societario verso il conduttore F.F. con il debito della società verso il socio Fl Fr. , attraverso la cessione del credito locatizio al socio medesimo nell'ambito di una vasta operazione di ripartizione degli utili tra i soci, implicante operazioni di cessione e compensazione che il conduttore ha eccepito al fine di contestare la propria morosità. Un ulteriore motivo deduce il vizio della motivazione su punto decisivo della controversia in relazione al rigetto dello appello incidentale proposto dalla s.a.s. Fratelli Fresco per la riforma della sentenza di primo grado, nel punto in cui il tribunale di Pinerolo ha escluso la morosità per il periodo ottobre 2004 novembre 2005. Si assume che la Corte di appello avrebbe omesso di considerare le doglianze dell'appellante incidentale circa la errata applicazione delle norme di cui agli articoli 1241 e seguenti del codice civile. Si aggiunge che nessuna prova della cessione del credito è stata offerta,mentre il giudice di primo grado aveva considerato tale cessione a titoli di compensazione volontaria. Si ripropone quindi la decisività di tre circostanze 1 che la stipulazione del 1 febbraio 2004 di un contratto di locazione ad uso commerciale tra la sas Fratelli fresco e la FA e By F F. , di anni sei di durata, era con canone di locazione anno concordato in Euro 18.900,00 oltre Iva 2. che l'omesso pagamento dei canoni di locazione da parte del conduttore dal mese dell'ottobre 2004 ad oggi, con esclusione del solo mese del novembre 2004 3. la inesistenza di alcun credito della FA E by di F F. nei confronti della società Fratelli Fresco s.a.s 6.CONFUTAZIONE IN DIRITTO. Il ricorso, ratione temporis, si sottrae al regime dei quesiti, ma non ai generali principi della specificità, autonomia e coerenza delle censure, con la indicazione di tutti gli elementi, probatori e di interpretazione logica degli accordi intervenuti tra le parti. I primi due motivi vengono pertanto in unitaria considerazione, poiché tendono a proporre un ampliamento del tema decidendi, che invece la Corte ha compiuto avendo per base l'accordo previsto nella scrittura del 1 ottobre 2004, senza la previsione di un termine finale e quindi dispiegante i suoi effetti sino alla successiva scrittura del 12 dicembre 2006. La corte del riesame peraltro non considera soltanto la chiara lettera del patto, ma deduce come non provata la contestata morosità sulla base di una serie di elementi di valutazione, chiaramente indicati ai ff 6 e 7 della motivazione. Quindi la ratio decidendi pone in evidenza la infondatezza delle pretese poste in essere dalla società nei confronti del conduttore convenuto. In relazione a tale accertamento logico e coerente, anche se diverso e critico verso le argomentazioni del primo giudice, le censure mosse nel primo motivo risultano prive di specificità e non sussiste né l'error in iudicando in relazione ad una quaestio voluntatis, né il vizio della motivazione che appare congrua e completa senza pretermissioni ed omissioni determinanti. Inammissibile risulta il secondo motivo dove la sequela degli errores in iudicando non contiene alcuna utile specificazione, mentre appare evidente il tentativo strumentale di una terza valutazione del merito ampliando il tema del decidere con supposte cessioni o compensazioni. Infine appare inammissibile, ancor prima che infondato, il terzo motivo in relazione al rigetto dello appello incidentale della società, sul rilievo che le censure mosse non colpiscono la chiara ratio decidendi espressa dalla Corte a ff 8 e 9 della motivazione, che indica espressamente i documenti dai cui trarre la prova della insussistenza della morosità di F.F. , titolare della ditta individuale F.A. e By F.F. , valorizzando in particolare l'accordo del 1 ottobre 2004 e gli altri documenti prodotti dal conduttore e contrassegnati dai nn 5, 6 e 7. La censura congegnata come vizio di motivazione omessa o insufficiente, reca tuttavia la ricostruzione del fatto controverso in modo difforme da quanto compiuto dai giudici del riesame, con argomentazioni logiche e riscontri documentali, e non conduce ad alcuna evidenza dell'error in iudicando sulla cessione o sulla compensazione intercorsa tra le parti. Si vuoi dire che la ratio decidendi verso la quale si prospetta il vizio del ragionamento motivazionale non è decisiva né specifica, mentre non viene specificata e resta pertanto non rilevante una eventuale dissonanza giuridica nella ricostruzione dei patti intervenuti tra le parti, e da cui le stesse hanno tratto contrastanti pretese. Al rigetto del ricorso segue la condanna della società ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione in favore di F.F. , liquidate come in dispositivo. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna la ricorrente Fratelli Fresco s.a.s. a rifondere a F.F. le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2700.00 di cui Euro 200 per spese oltre accessori.