Il giudice ha deciso su una causa petendi diversa? Dall’esame degli atti non risulta

La Corte d’appello ha provveduto a valutare la fondatezza della prospettazione attorea alla stregua degli elementi di prova in atti, rimanendo senza dubbio nell’ambito proprio del fatto costitutivo della domanda avanzata dalla parte attrice.

A queste conclusioni è pervenuta la Cassazione nella sentenza n. 23434/12, depositata il 19 dicembre, relativa alla contestata vendita di un’automobile. Il caso. La curatela di un fallimento chiede la restituzione del prezzo versato per l’acquisto di un’autovettura, in quanto la vendita non si è mai perfezionata. La domanda della parte attrice è accolta dai giudici di primo grado e la pronuncia viene confermata in appello pur rilevando che gli atti non si prestano ad interpretazione univoca, la Corte territoriale ritiene infatti non provato il contratto di compravendita. La circostanza della disponibilità dell’automobile da parte della società, infatti, non dimostra affatto che la vendita sia avvenuta, specie tenendo conto della presenza di elementi di prova in senso contrario, come la perdurante titolarità del bene in capo al promissario venditore risultante dal pubblico registro. Avverso tale pronuncia il soccombente propone ricorso per cassazione. E’ mutata la causa petendi? Il ricorrente lamenta anzitutto il fatto che il Fallimento abbia posto a fondamento della domanda restitutoria la mancata consegna della vettura alla società e su questo presupposto il Tribunale adito aveva accolto la domanda al contrario, i giudici di appello avrebbero invece accolto la domanda sul diverso fatto che non era stata data esecuzione all’obbligo di stipulare il contratto definitivo di compravendita, con totale mutamento della causa petendi . La Corte non è fuoriuscita dall’ambito della domanda. Secondo gli Ermellini non pare sussistere l’error in procedendo asserito dal ricorrente dall’esame diretto degli atti risulta che i fatti giuridicamente rilevanti dedotti in primo grado dalla curatela sono la corresponsione della somma quale anticipazione del prezzo che la società avrebbe dovuto pagare alla conclusione dell’affare e la mancata conclusione dello stesso in relazione a questi elementi la consegna del bene costituisce fatto secondario e non principale. A giudizio della S.C., pertanto, la Corte d’appello ha provveduto a valutare la fondatezza della prospettazione attorea alla stregua degli elementi di prova in atti per poi concludere per la mancata conclusione dell’accordo definitivo con questa decisione il giudice di merito è senz’altro rimasto nell’ambito proprio del fatto costitutivo della domanda avanzata dal Fallimento. La consegna del mezzo non è rilevante. Con un secondo motivo di ricorso, la parte soccombente lamenta che la consegna della vettura alla società costituirebbe attuazione del contratto anche questo motivo, tuttavia, non merita accoglimento in quanto, come detto, la Corte territoriale ha affermato che non è stata provata la conclusione del contratto definitivo, pur essendo pacifica la consegna del bene. Responsabile il promittente venditore. Parimenti infondata è la terza censura, volta a contestare il fatto che non sarebbe stata precisata la parte inadempiente relativamente alla mancata stipula del contratto definitivo la Corte d’appello ha ritenuto implicita nella domanda di restituzione dell’acconto la richiesta di risoluzione del preliminare e, come motivato chiaramente, ha inteso addebitare al promittente venditore la mancata conclusione dell’affare. Per questi motivi la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 16 novembre – 19 dicembre 2012, numero 23434 Presidente Plenteda – Relatore Di Virgilio Svolgimento del processo La Curatela del Fallimento DSL Trade s.r.l. evocava in giudizio D.S.A. , esponendo che la società aveva versato in data 30 novembre 1998 al D.S. l'importo di lire 12 milioni, a saldo della fattura numero 14/98, come anticipo per l'acquisto di una vettura Mercedes oggetto di promessa di vendita fra le parti, che non si era mai perfezionata né era stata eseguita. Tanto premesso, la Curatela chiedeva la condanna del convenuto alla restituzione del prezzo versato. Il convenuto si costituiva ed eccepiva che la vettura era stata venduta e consegnata alla DSL Trade S.r.l. in subordine, ove il credito azionato fosse stato ritenuto sussistente, doveva ritenersi lo stesso compensato con altro credito vantato dal D.S. nei confronti della società. Con sentenza numero 834 del 2003, il Tribunale di Udine accoglieva la domanda della Curatela. Avverso detta pronuncia proponeva appello il D.S. si costituiva la Curatela e contestava la fondatezza del gravame. La Corte d'appello di Trieste, con sentenza in data 13 gennaio - 22 febbraio 2006, ha respinto l'appello e per l'effetto ha confermato la sentenza impugnata, regolando 1 tra le parti le spese del grado. Nello specifico, e per quanto interessa ai fini del presente giudizio di legittimità, la Corte del merito, premesso che i documenti agli atti non si prestavano ad interpretazione coerente ed univoca, ha ritenuto che la fattura numero 14 del 1998 provava solo il pagamento di un acconto di 12 milioni e non l'avvenuta vendita, così anche la circostanza, provata, della disponibilità della vettura da parte della società non dimostrava affatto che la vendita fosse avvenuta, potendo l'avvenuta traditio nella fattispecie concreta costituire un sintomo dell'avvenuto contratto, ma anche un sintomo di una mera anticipazione di tale effetto, in ragione di un contratto preliminare. Alla luce degli altri elementi probatori documentali, la Corte ha ritenuto che non era stato provato il contratto di compravendita e che anzi vi erano elementi di prova in senso contrario, come la perdurante titolarità formale del bene in capo al D.S. nel pubblico registro e le due dichiarazioni dello stesso alle pubbliche autorità di natura confessoria, così come il comportamento di detta parte sia in sede preprocessuale che in sede processuale nessuna rilevanza poteva attribuirsi alla lettera in data 8 settembre 1998, con la quale la Vanaka Trade aveva chiesto alla DSL Trade di consegnarle la vettura come da accordi intercorsi per il prezzo di 24 milioni, trattandosi di accordi preliminari, ai quali non risultava essere stato dato seguito. La Corte ha altresì osservato, per mera completezza di esame della fattispecie, che nella domanda per la restituzione dell'acconto doveva ritenersi implicita la domanda di risoluzione del contratto preliminare di compravendita e che tale prospettazione era stata fatta propria del primo Giudice, come era desumibile dalle espressioni adoperate in sentenza, per cui doveva ritenersi incidentalmente accertata la sussistenza di un preliminare di vendita accompagnato dal pagamento dell'acconto, al quale non era poi seguita la vendita definitiva. Bene aveva fatto il primo Giudice a non ammettere la prova testimoniale sulla conclusione del contratto di compravendita ai sensi dell'articolo 2721 c.c., non esistendo le invocate ragioni di cui al 2 comma, ed anzi sussistendo ragioni in contrario. Avverso detta pronuncia ricorre il D.S. , con ricorso affidato a tre motivi. Si difende il Fallimento con controricorso. Motivi della decisione 1.1.- Con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell'articolo 360 numero 4 c.p.c., atteso che il Fallimento aveva posto a fondamento della domanda restitutoria la mancata consegna dell'autovettura alla società, e su questo presupposto il giudice di prime cure aveva accolto la domanda la Corte d'appello ha invece accolto la domanda sul diverso fatto che non era stata data esecuzione all'obbligo di stipulare il contratto definitivo di compravendita, con totale mutamento della causa petendi. 1.2.- Col secondo motivo, dedotto in subordine, il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 1470-1476 c.c Non v'è dubbio che il D.S. ha dato attuazione al contratto, preliminare o definitivo che fosse, consegnando la vettura alla società ha dunque errato la Corte distrettuale, non individuando nella consegna della vettura l'esecuzione dell'accordo. Il ricorrente, in subordine, ove ritenuta la consegna una quaestio facti, rileva che vi sarebbe comunque il vizio di insufficienza ed illogicità della motivazione. La motivazione della Corte d'appello è palesemente illogica e contraria al diritto, per avere sostenuto che il preliminare di vendita di cosa mobile non era stato eseguito, pur essendo il bene venduto e/o promesso consegnato al venditore. 1.3.- Col terzo mezzo, il ricorrente denuncia la violazione dell'articolo 1453 c.c., perché la Corte d'appello ha ritenuto che il contratto preliminare si fosse risolto in quanto non si era stipulato il contratto definitivo, non precisando tuttavia quale fosse la parte inadempiente, né ha affermato che la mancata stipulazione del contratto fosse imputabile al D.S. . In subordine, il ricorrente denuncia l'omesso esame di un punto decisivo della controversia, ovvero l'indagine sulla imputabilità della mancata stipulazione del definitivo a ritenere infine che il giudice abbia implicitamente indicato nel D.S. la parte inadempiente, il ricorrente denuncia che nessun inadempimento può essere imputato allo stesso poiché egli, com'è pacifico in causa, ha eseguito l'unico obbligo posto dal contratto, e cioè la consegna della vettura. 2.1.- Il primo motivo è infondato. È jus receptum che, in caso di denuncia come nel caso, di error in procedendo da parte del Giudice del merito, per avere deciso su di una domanda basata su di una causa petendi diversa da quella fatta valere dalla parte, questa Corte, in quanto Giudice del fatto, ha il potere-dovere di procedere all'esame diretto degli atti, al fine di acquisire gli elementi di giudizio necessari ai fini della pronuncia richiesta sul principio, tra le ultime, le pronunce Cass. 12664/2012, 6617/2012 20373/2008 . Dall'esame dell'atto di citazione in I grado,si evince che il Fallimento ha posto a base della domanda di restituzione di lire 12 milioni il pagamento di detta somma, che costituiva un'anticipazione del prezzo che la società avrebbe dovuto pagare alla conclusione dell'affare, e che la vendita non è mai stata perfezionata né eseguita . I fatti giuridicamente rilevanti dedotti dal Fallimento sono pertanto la corresponsione della somma e la mancata conclusione dell'accordo di vendita, in relazione ai quali la consegna del bene assurge a fatto secondario e non principale. È chiaro, alla stregua della motivazione, che la Corte d'appello ha provveduto a valutare la fondatezza della prospettazione attorea, alla stregua degli elementi di prova in atti, ritenendo anche provato il fatto della consegna, che ha interpretato secondo diritto, per poi concludere per la mancata conclusione dell'accordo definitivo, con ciò rimanendo nell'ambito proprio del fatto costitutivo della domanda avanzata dal Fallimento. In altre parole, la Corte del merito ha dato veste giuridica agli elementi probatori fatti valere dalle parti in via di azione e di eccezione, li ha interpretati ed ha poi concluso per la fondatezza del fatto costitutivo principale fatto valere dal Fallimento a base della domanda. Dalla reiezione del motivo,, rimane assorbita ogni diversa questione prospettata dalla Curatela. 2.2.- Il secondo motivo è inammissibile, sotto il profilo del vizio ex articolo 360 numero 3 c.p.c., ed infondato, quale censura ex articolo 360 numero 5 c.p.c Quanto al vizio di violazione di legge, si deve rilevare che lo stesso non è configurabile, trattandosi di ricostruzione dei fatti quanto al vizio di motivazione, lo stesso non sussiste, avendo la Corte spiegato perché non ha ritenuto concluso l'accordo, pur ritenendo assolto alla traditio. Er di piana evidenza come la censura sia stata argomentata dal ricorrente sul presupposto che la Corte d'appello avrebbe erroneamente concluso per la mancata esecuzione dell'accordo, pur essendo stato consegnato il bene al compratore di contro a detta impostazione, è agevole rilevare che la Corte d'appello ha invece concluso, motivando del tutto congruamente, nel senso che non è stata provata la conclusione del contratto definitivo, pur provata la consegna del bene. Rimane così assorbita ogni questione sul punto fatta valere dal Fallimento. 2.3.- Il terzo motivo è infondato. A riguardo, va rilevato che la Corte d'appello ha ritenuto implicita nella domanda di restituzione dell'acconto la richiesta di risoluzione del preliminare, come giurisprudenza consolidata vedi, tra le ultime, la pronuncia Cass. 21230/2009 , e, per come reso palese dal complesso della motivazione, ha inteso addebitare al D.S. la mancata conclusione del contratto, che, come sopra già evidenziato, non si sostanzia nel mero fatto materiale della consegna si veda anche il riferimento a pag. 6 della sentenza, alla radiazione della vettura dal Pra, richiesta da questi il 2/11/98, da cui evidentemente l'impossibilità del veicolo ad assolvere all'uso proprio . 3.1.- Il ricorso va pertanto respinto. Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo,seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle competenze, liquidate in Euro 1000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.