Il fondo patrimoniale a beneficio della figlia non è efficace nei confronti della banca creditrice

Gli atti dispositivi del fideiussore successivi all’apertura di credito e alla prestazione della fideiussione, se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono soggetti ad azione revocatoria in base al solo requisito soggettivo della consapevolezza di arrecare danno al creditore e al fattore oggettivo dell’avvenuto accreditamento.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 22878/12, depositata il 12 dicembre. Il caso. Una banca creditrice chiede che venga dichiarata l’inefficacia nei suoi confronti del fondo patrimoniale costituito dai due coniugi convenuti successivamente intervengono nella causa anche altri istituti di credito. La domanda viene rigettata in primo grado, ma la decisione è ribaltata dai giudici di appello la questione è sottoposta allora al vaglio della S.C Necessaria la dolosa preordinazione? La ricorrente critica l’assunto secondo il quale, prestata fideiussione in relazione alle future obbligazioni del debitore connesse ad un’apertura di credito, l’atto dispositivo del fondo patrimoniale sarebbe oggetto di revocatoria ex art. 2901, n. 1, c.c. in base al solo requisito soggettivo della consapevolezza di arrecare danno al creditore, mentre avrebbe dovuto essere verificata la sussistenza della dolosa preordinazione. La Corte territoriale, inoltre, non avrebbe considerato che il fondo era stato costituito a beneficio della figlia gravemente malata e che il patrimonio dei coniugi era comunque notevole. No basta la scientia damni. A giudizio degli Ermellini, però, è pacifico che la costituzione di un fondo patrimoniale costituisce negozio a titolo gratuito che può essere dichiarato inefficace nei confronti del creditore ai sensi del richiamato art. 2901 c.c Una volta che sia stata prestata fideiussione, gli atti dispositivi del fideiussore successivi all’apertura di credito e alla prestazione della fideiussione, se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono soggetti all’azione revocatoria in base al solo requisito soggettivo della consapevolezza di arrecare danno al creditore c.d. scientia damni e al fattore oggettivo dell’avvenuto accreditamento. Nel caso di specie è stato puntualmente rilevato che i crediti azionati dalle appellanti traevano origine da precedenti fideiussioni prestate dai coniugi il ricorso appare dunque manifestamente infondato e per questo motivo la Cassazione lo rigetta.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 14 novembre – 12 dicembre 2012, n. 22878 Presidente Finocchiaro – Relatore Amendola Svolgimento del processo e motivi della decisione È stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti, Il relatore, cons. Adelaide Amendola esaminati gli atti, osserva 1. Con citazione notificata il 3 marzo 1993 Banca Intesa s.p.a. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Vicenza I.B. , O S. e M.G I. e, premesso di essere creditrice, nei confronti dei primi, della somma di lire 609.451.140, oltre accessori, in forza di decreto ingiuntivo del 28 giugno 1990, chiese, per quanto qui interessa, che venisse dichiarato inefficace nei suoi confronti, l'atto in data 23 maggio 1990, con il quale i coniugi B I. e S.O. avevano costituito in fondo patrimoniale un immobile sito in Nella causa così instaurata, intervennero Banca Popolare di Vicenza, Banca Antoniana Ambrosiana Veneta, Unicredit Banca d'Impresa e Capitalia s.p.a., anch'esse agendo in revocatoria. I convenuti, costituitisi in giudizio, contestarono le avverse pretese. Con sentenza del 25 ottobre 2006 il giudice adito rigettò la domanda. Proposto gravame da Intesa San Paolo s.p.a. già Banca Intesa s.p.a. , da Banca Popolare di Vicenza e da Castello Finance s.r.l., cessionaria del credito controverso, la Corte d'appello di Venezia, in data 14 aprile 2011, in riforma della decisione impugnata, ha dichiarato inefficace, nei confronti delle impugnanti l'atto in data 23 maggio 1990, di costituzione del fondo patrimoniale. 2. Avverso detta pronuncia ricorre per cassazione S.O. , formulando due motivi e notificando l'atto a Banca di Vicenza s.c.a.r.l., a Castello Finance s.r.l., a Intesa San Paolo s.p.a, a Banca Antonvencta, a Capitalia s.p.a., a Unicredit Banca d'Impresa s.p.a Resistono con due distinti controricorsi Banca Popolare di Vicenza s.c.a.r.L e Castello Finance s.r.l 3. Il ricorso è soggetto, in ragione della data della sentenza impugnata, successiva al 4 luglio 2009, alla disciplina dettata dall'art. 360 bis, inserito dall'art. 47, comma 1, lett. a della legge 18 giugno 2009, n. 69. Esso può pertanto essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ. per esservi rigettato. 4. Nei due motivi di ricorso, denunciando vizi motivazionali in ordine alla questione della soggezione a revocatoria ordinaria dell'atto di costituzione del fondo patrimoniale successivo all'apertura di credito e alla prestazione di garanzia, nonché violazione dell'art. 2901 cod. civ., ex art. 360, nn. 3 e 5 cod. proc. civ., la ricorrente critica l'assunto del giudice di merito secondo cui, prestata la fideiussione in relazione alle future obbligazioni del debitore connesse a un'apertura di credito, l'atto dispositivo di costituzione del fondo patrimoniale posto successivamente in essere sarebbe soggetto a revocatoria ex art. 2901, n. 1, cod. civ., in base al solo requisito soggettivo della consapevolezza di arrecare danno al creditore. Sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, avrebbe dovuto essere verificata la sussistenza del requisite] della dolosa preordinazione in danno del creditore. Aggiunge che il giudice di merito avrebbe fatto malgoverno del materiale probatorio acquisito, non avendo considerato né l'esigenza che aveva indotto i disponenti alla costituzione del fondo la necessità di salvaguardare la figlia I.C. , gravemente disabile - né la consistenza, per vero notevole, del loro patrimonio. 5. Le censure non hanno pregio per le ragioni che seguono. E pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che l'atto di costituzione del fondo patrimoniale, anche quando é posto in essere dagli stessi coniugi, costituisce negozio a titolo gratuito che può essere dichiarato inefficace nei confronti del creditore, qualora ricorrano le condizioni di cui all'art. 2901, n. 1, cod. civ. confr. Cass. civ. 18 ottobre 2011, n. 21492 Cass. civ. 7 ottobre 2008, n. 24757 . A ciò aggiungasi che l'azione revocatoria ordinaria presuppone, per la sua esperibilità, la sola esistenza di un debito, e non anche la concreta esigibilità dello stesso. In tale prospettiva è stato quindi affermato che, prestata fideiussione in relazione alle future obbligazioni del debitore principale connesse a un'apertura di credito, gli atti dispositivi del fideiussore successivi all'apertura di credito e alla prestazione della fideiussione, se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono soggetti alla predetta azione, ai sensi dell'art. 2901, n. 1, prima parte, cod. civ., in base al solo requisito soggettivo della consapevolezza di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore c.d. scientia damni e al fattore oggettivo dell'avvenuto accreditamento. Ciò in quanto l'insorgenza del credito va apprezzata con riferimento al momento dell'accreditamento e non a quello, eventualmente successivo, dell'effettivo prelievo da parte del debitore principale della somma messa a sua disposizione confr. Cass. civ. 15 febbraio 2011, n. 3676 Cass. civ. 29 gennaio 2010, n. 2066 Cass. civ. 9 aprile 2009, n. 8680 . 6. Venendo al caso di specie, il giudice di merito ha accertato che i crediti azionati dalle appellanti traevano origine da fideiussioni prestate dai coniugi I. , il 14 novembre 1986, in favore di Big Big s.r.l., e il 15 marzo 1990, in favore di ISP che già il 15 giugno dello stesso anno era intervenuta la revoca degli affidamenti che medio tempore, erano maturati debiti per quasi quattro miliardi di lire ed erano stati chiesti ed emessi svariati decreti ingiuntivi. In tale contesto non par dubbio che l'anteriorità del credito vantato dalle appellanti, rispetto all'atto di costituzione del fondo patrimoniale, intervenuto in data 23 maggio 1990, è stata correttamente affermata dalla Corte territoriale. 7. Infine le argomentazioni volte a contestare il positivo apprezzamento, da parte del decidente, dei requisiti propri dell'azione revocatoria, attraverso la surrettizia evocazione di violazioni di legge e di vizi motivazionali, in realtà inesistenti, mirano a sollecitare una rivalutazione dei fatti e delle prove preclusa alla Corte Regolatrice. Valga al riguardo considerare che sia l’eventus damni, che la conoscenza del pregiudizio che l'atto arreca alle ragioni del creditore sono oggetto di un giudizio devoluto al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità ove, come nella fattispecie, congruamente motivato confr. Cass. civ. 17 agosto 2011, n. 17327 Cass. civ. 7 ottobre 2008, n. 24757 . 8. La manifesta infondatezza del ricorso esime dall'ordine di integrazione del contraddittorio nei confronti di I.B. , litisconsorte necessario confr. Cass. civ. 27 gennaio 2012, n. 1242 . K invero, il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice ai sensi degli artt. 175 e 127 cod. proc. civ. di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, comportamenti tra i quali rientrano certamente quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio e delle garanzie difensive dei soggetti nella cui sfera giuridica l'atto finale è destinato a esplicare i suoi effetti. In tale prospettiva è stato quindi affermato che, in caso di ricorso per cassazione prima facie infondato, appare superflua, pur potendone sussistere i presupposti, la fissazione del termine ex art. 331 cod. proc. civ. per l'integrazione del contraddittorio, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell'effettività dei diritti processuali delle parti confr. Cass. civ. 18 ottobre 2011, n. 21494 Cass. civ. 8 febbraio 2010, n. 2723 . Ritiene il collegio di dovere fare proprio il contenuto della sopra trascritta relazione, alla quale la ricorrente non ha del resto neppure replicato. Il ricorso va pertanto rigettato. Segue la condanna dell'impugnante al pagamento delle spese di giudizio. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 12.200 di cui Euro 200 per esborsi , oltre IVA e CPA, come per legge, in favore della Banca Popolare di Vicenza, e in Euro 7.200 di cui 200 per esborsi , oltre IVA e CPA, come per legge, in favore di Castello Finance s.r.l