Attenzione a quantificare il danno: una pretesa eccessiva può giustificare la compensazione delle spese processuali

In caso di accoglimento della domanda di risarcimento del danno, la liquidazione di una somma sensibilmente inferiore rispetto a quella richiesta dall’attore, pur non integrando gli estremi della soccombenza reciproca, può ugualmente giustificare la compensazione delle spese del giudizio.

In questi termini si è espressa la Corte di Cassazione nella pronuncia n. 22388, depositata il 10 dicembre 2012, resa in un giudizio avente ad oggetto una richiesta risarcitoria formulata da un pedone e dai suoi familiari per i danni subiti a seguito del sinistro stradale nel quale il primo veniva coinvolto. Nello specifico il soggetto in parola veniva investito mentre attraversava la strada in prossimità di un passaggio pedonale. Giusti motivi di compensazione delle spese del giudizio . Nella pronuncia in commento la Suprema Corte ha ritenuto congrua ed esaustiva la motivazione con cui i giudici di secondo grado avevano dichiarato la compensazione parziale delle spese processuali sul presupposto dell’accoglimento solo parziale delle richieste risarcitorie formulate dagli attori. In particolare, la Corte di Cassazione ha condiviso la considerazione per cui l’eccessività delle pretese attoree, comprovata dal riconoscimento di una somma a titolo di risarcimento nettamente inferiore rispetto a quella richiesta, aveva reso inevitabile l’instaurazione del giudizio. Pertanto, secondo quanto statuito dai giudici di legittimità, la circostanza che la parte attrice risulti vittoriosa in misura significativamente inferiore rispetto all’entità del bene che intende conseguire può giustificare la compensazione totale o parziale delle spese giudiziali. Solo la parte totalmente vittoriosa non deve sopportare le spese di causa. Del resto, i giudici di legittimità hanno altresì chiarito che, in materia di spese giudiziali, il sindacato di legittimità trova ingresso nella sola ipotesi in cui il giudice di merito abbia violato il principio della soccombenza ponendo le spese a carico della parte risultata totalmente vittoriosa cfr. ex multis Cass. n. 14023/02 10052/06 13660/04 , intendendosi per tale solo la parte nei cui confronti la domanda avversaria sia stata totalmente respinta giacché solo quest’ultima non può e non deve sopportare le spese di causa. Di contro, negli altri casi, non si configura alcuna violazione del precetto di cui all’art. 92 c.p.c. in quanto la ripartizione delle spese processuali rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito che, se sorretti da congrua motivazione come nel caso di specie , non sono sindacabili in Cassazione. Niente più tagli alla nota spese senza adeguata motivazione . Sempre in tema di spese processuali – o meglio di liquidazione dei compensi degli avvocati – la Corte di Cassazione ha ribadito un principio già noto nella giurisprudenza di legittimità. Si fa riferimento al principio secondo cui il giudice, nella liquidazione delle spese, in presenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non può limitarsi ad una determinazione globale dei diritti e degli onorari da avvocato ma, ove intenda eliminare e/o ridurre alcune delle voci indicate nella nota, deve fornire un’adeguata motivazione in modo tale da consentire, attraverso il sindacato di legittimità, l’accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed alle tariffe, in relazione all’inderogabilità dei relativi minimi cfr. Cass. n. 4404/2009 n. 2748/2007 n. 11483/2002 . In virtù di tale regola la Suprema Corte ha dunque cassato la pronuncia di secondo grado, la quale conteneva una liquidazione dei diritti e degli onorari di entrambi i giudizi di merito in misura inferiore a quella richiesta con le note, pur dettagliate, senza fornire la benché minima motivazione. Il giudizio è stato quindi rinviato al giudice di merito in quanto la determinazione dei compensi fra il minimo ed il massimo, implicando l’esercizio di un potere discrezionale, è sottratto alla cognizione dei giudici di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 7 novembre - 10 dicembre 2012, numero 22388 Presidente Trifone – Relatore Carleo Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato in data 6 e 7/3/2007 S.A. , S.L. , S.M. evocavano in giudizio davanti al Tribunale di Cuneo F.G. e RAS Assicurazioni s.p.a., chiedendone la solidale condanna al risarcimento dei danni subiti a seguito del sinistro stradale avvenuto in omissis , in data omissis , attorno alle ore 15,30. Era infatti avvenuto che la F. , alla guida della propria automobile, assicurata per la responsabilità civile presso RAS, avesse investito il pedone S.A. , che stava attraversando la strada in prossimità del passaggio pedonale, causandogli gravi lesioni di qui i danni, patrimoniali e non, subiti dall'investito, nonché il danno non patrimoniale, ovvero morale soggettivo nonché esistenziale, subito dai figli L. e M. , per aver visto il padre prima in pericolo di vita, quindi gravemente menomato. Lamentavano gli attori di aver ricevuto dalla Compagnia convenuta esclusivamente l'importo di Euro 15.000,00 assolutamente non satisfattivo. Si costituivano in giudizio i convenuti contestando sia la ricostruzione di fatti esposta dagli attori, in quanto sostenevano che il S. aveva attraversato la sede stradale con movimento repentino ed anche lontano dalle strisce pedonali, sia il quantum del risarcimento richiesto, in quanto assumevano di aver nel frattempo versato agli attori ulteriore somma di Euro 200.000,00, che assumevano sufficiente a coprire ogni avverso pregiudizio. La causa veniva istruita mediante escussione dei testi ammessi, ed espletamento di CTU medico legale sulla persona del S.A. all'esito, il Tribunale rigettava le domande attoree, condannando gli attori a rimborsare ai convenuti i due terzi delle spese processuali dagli stessi sostenute, con compensazione del residuo fra le parti. Derivava tale decisione dalla considerazione della totale responsabilità della F. per il sinistro dalla operata liquidazione del danno subito dal S.A. , in misura tale che ne risultava la sufficienza, ed anzi il supero, di quanto già versato dalla Compagnia dalla esclusione di qualsivoglia danno risarcibile in capo ai figli del S. dalla circostanza, quanto alle spese, che il versamento dell'importo di Euro 200.000 era avvenuto dopo l'introduzione del giudizio, sia pure di un solo giorno. Avverso la sentenza proponevano appello i S. padre e figli, censurando sia la decisione in punto spese, sia la liquidazione del danno in capo all'infortunato, sia il mancato riconoscimento del risarcimento a favore dei figli. In esito al giudizio di appello, in cui si costituivano gli appellati, eccependo la inammissibilità e comunque l'infondatezza del gravame avversario, la Corte di Appello di Torino con sentenza depositata in data 5.2.2010, condannava gli appellati in solido a corrispondere agli appellanti le seguenti somme in favore di S.A. Euro 1.406,00 in favore di S.M. Euro 16.680,00 in favore di S.L. Euro 16.680,00 per tutti, oltre interessi legali dalla sentenza al saldo quindi con successiva ordinanza di correzione di errore materiale, condannava gli appellati alla corresponsione anche in favore di Sa.Al. della somma di Euro 16.680,00 oltre interessi legali dalla data della sentenza al saldo. Avverso la detta sentenza i S. hanno quindi proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi. Resiste con controricorso l'Allianz assicurazioni Spa, illustrato da memoria a norma dell'articolo 378 cpc. Motivi della decisione Con la prima doglianza, deducendo l'omessa motivazione e pronuncia, nonché la violazione e la falsa applicazione degli articolo 1282 cc, 91,100,112, 132, 329, 336 cpc, 24 e 111 della Costituzione, i ricorrenti, premesso di aver corrisposto agli appellati la complessiva somma di Euro 17.406,13 a titolo di spese legali in virtù dell'efficacia esecutiva della sentenza di primo grado e di avere con la memoria di precisazione delle conclusioni definitive richiesto la condanna degli stessi appellati alla restituzione della detta somma, oltre interessi legali, hanno lamentato che la Corte di Appello in sentenza aveva omesso di pronunziarsi su tale domanda deducendo, nella successiva ordinanza pronunziata a seguito di istanza ex articolo 288 cpc avanzata dai S. , che a riguardo non era riscontrabile un'ipotesi di errore materiale e che tale petitum potesse essere oggetto di apposita impugnazione. Fatto sta che, nelle more della procedura ex articolo 288 cpc, la compagnia Allianz Spa ha spontaneamente restituito ad S.A. il predetto importo di Euro 17.406,13 oltre ai due terzi delle spese di ctp su cui il giudice di appello pure aveva omesso la pronuncia, senza però versare gli interessi legali a far data dal pagamento delle spese legali, ovvero dal 27.4.09, con la conseguenza che di tale somma essi ricorrenti vengono ora a chiedere la restituzione. Il rilievo, per cui a norma dell'articolo 389 cpc le domande di restituzione o riduzione in pristino e ogni altra conseguente alla sentenza di cassazione si propongono al giudice di rinvio e, in caso di cassazione senza rinvio, al giudice che ha pronunziato la sentenza cassata, comporta inevitabilmente l'esigenza di posporre l'esame del motivo de quo alla trattazione delle successive doglianze. Passando quindi al secondo motivo di impugnazione, articolato sotto il profilo della contraddittorietà ed illogicità della motivazione, nonché sotto il profilo della violazione e falsa applicazione degli articolo 91,92,112, 132, 189, 277 cpc, 118 disp. att.cpc, va premesso che la censura si fonda sulla considerazione che il pedone S.A. , investito sulle strisce pedonali, senza il minimo concorso di colpa, non deve comunque assistere inerte all'ingiustificata decurtazione di 1/3 delle spese legali ripetibili oltre al danno anche la beffa! . Del resto, la Corte di merito avrebbe trascurato -cosi continuano i ricorrenti - che essi, in occasione delle conclusioni definitive,contenute nella memoria 2.11.2009, avevano chiesto l'accoglimento delle pretese nei limiti del liquidabile secondo equità rinunciando alle richieste analitiche precedentemente avanzate. Pertanto, la Corte avrebbe sbagliato quando ha motivato la compensazione di un terzo delle spese di entrambi i giudizi di merito sulla base dell'accoglimento solo parziale delle richieste risarcitorie avanzate dai S. . La censura è infondata. Ed invero, deve richiamarsi l'attenzione su un duplice rilievo 1 nel giudizio di primo grado, i S. avevano richiesto il risarcimento dei danni subiti quantificandoli complessivamente in Euro 517.683,73 2 nell'atto di appello, i S. richiedevano la liquidazione dei danni subiti in complessivi Euro 801.035,08 rispettivamente Euro 351.035,08 a favore di S.A. , Euro 170.000,00 a favore di Sa.Al. , Euro 140.000,00 a favore di S.M. ed Euro 140.000,00 a favore di S.L. . Ciò posto, ne deriva che la motivazione addotta in ordine al governo delle spese dalla Corte di merito, racchiusa nella proposizione considerati l'esito complessivo della causa ed il raffronto fra di esso e le richieste degli appellanti, formulate in termini assai più ampi di quanto riconosciuto, appare equo riformare la sentenza sul punto, condannando in solido fra loro gli appellati a rifondere i due terzi delle spese sostenute dagli attori/appellanti nei due gradi di giudizio, con compensazione del residuo fra le parti così, scrivono i giudici di seconde cure - non si basa affatto su una formula generica e di stile, tale da non consentire il controllo sulla congruità delle ragioni poste a base della decisione, ma ad onta della sua sobrietà deve essere ritenuta sufficientemente esaustiva consentendo di desumere chiaramente le ragioni giustificatrici della parziale compensazione. E ciò, alla luce del raffronto tra quanto richiesto dagli attori/appellanti, dapprima con l'atto introduttivo di primo grado, successivamente con l'atto di appello, e quanto loro liquidato dal giudice in esito ai due gradi di merito. Ed invero, la differenza tra i due importi - questa è l’implicita conclusione della Corte di secondo grado era di tale misura da giustificare evidentemente l'indisponibilità di parte convenuta ad accedere alle richieste degli attori prima dell'inizio della lite, inducendola a resistere in via giudiziaria alle esose pretese avanzate. Con la conseguenza che l’introduzione dei due gradi del giudizio, come è agevole arguire dalla motivazione della Corte, probabilmente, era riconducibile, sia pure in parte, anche all'eccessività delle pretese degli attori, onde l’irrilevanza, ai fini della liquidazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio, di un atteggiamento più conciliante adottato dagli attori/appellanti solo nella parte finale del giudizio di secondo grado, vale a dire nella memoria conclusionale, memoria avente peraltro solo una funzione meramente illustrativa delle richieste formulate con l'atto di appello. A riguardo, vale la pena di sottolineare che, secondo l'orientamento di questa Corte, la riduzione anche sensibile della somma richiesta con la domanda, pur non integrando gli estremi della soccombenza reciproca, ugualmente può giustificare la compensazione totale o parziale delle spese Cass. numero 16526/05 e che, parimenti, giustifica la compensazione delle spese la circostanza che parte attrice sia rimasta vittoriosa in misura più o meno significativamente inferiore rispetto all'entità del bene che voleva conseguire Cass. numero 4690/04 . Del resto, è appena il caso di sottolineare che, in materia di spese giudiziali, il sindacato di legittimità trova ingresso nella sola ipotesi in cui il giudice di merito abbia violato il principio della soccombenza ponendo le spese a carico della parte risultata totalmente vittoriosa Cass. numero 14023/02, numero 10052/06, numero 13660/04, numero 5386/03, numero 1428/93, numero 12963/07, numero 17351/2010 tra le tante , intendendosi per tale, cioè totalmente vittoriosa, la parte nei cui confronti la domanda avversaria sia stata totalmente respinta, giacché solo la parte totalmente vittoriosa, neppure in parte, può e deve sopportare le spese di causa. In tutti gli altri casi, non si configura la violazione del precetto di cui all'articolo 91 cod. proc. civ. in quanto la materia del governo delle spese processuali rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito e, pertanto, esula dal sindacato di legittimità, salva la possibilità di censurarne la motivazione basata su ragioni illogiche o contraddittorie profilo nella specie insussistente, alla luce delle pregresse considerazioni . Ne deriva l'infondatezza anche della doglianza in esame. Resta da esaminare l'ultima censura, svolta dai ricorrenti, articolata sotto il profilo della omessa motivazione nonché della violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 91 cpc, 75 delle disposizioni per l'attuazione del cpc e disposizioni transitorie, 112 cpc, 2233 cc, 111 cost, della tariffa professionale adottata con delibera del consiglio nazionale forense 20.9.2002, approvata con d.m. 8.4.2004 numero 127, del principio di inderogabilità degli onorari minimi di avvocato, la quale si fonda sulla ritenuta applicabilità della tariffa professionale forense di cui al D.M. numero 127/2004 e sulla considerazione che la Corte di Appello si sarebbe limitata ad una liquidazione globale dei diritti ed onorari di avvocato senza alcuna spiegazione del ragionamento seguito per la compiuta riduzione e/o esclusione di taluni dei diritti di avvocato e degli onorari, così come indicato nelle due note spese 8.1.2009, di primo grado, e 16.12.2009 di secondo grado, omettendo totalmente di motivare a riguardo. Tale doglianza è fondata. Invero, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in tema di liquidazione di spese processuali, il giudice, in presenza d'una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non può limitarsi ad una globale determinazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, in misura inferiore a quelli esposti, ma ha l'onere di dare adeguata motivazione dell'eliminazione e della riduzione di voci da lui operata, allo scopo di consentire, attraverso il sindacato di legittimità, l'accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed alle tariffe, in relazione all'inderogabilità dei relativi minimi, a norma dell'articolo 24 della legge 13 giugno 1942, numero 794. Cass.numero 4404/2009, numero 2748/2007, numero 6816/1999, numero 3040/2000, numero 11483/2002 . Nella specie, deve evidenziarsi che, come risulta dall'esame delle note specifiche presentate nei due gradi di giudizio, opportunamente trascritte da parte ricorrente in osservanza del principio di autosufficienza dei ricorsi per cassazione, la corte di merito ha liquidato sia per il primo che per il secondo grado del giudizio i diritti e gli onorari in misura inferiore a quella richiesta con le note, pur dettagliate, senza fornire la benché minima motivazione. Pertanto, la sentenza impugnata va cassata in relazione al punto che concerne la liquidazione dei diritti e degli onorari di spese del giudizio di primo e di secondo grado. Implicando la determinazione dei compensi fra il minimo ed il massimo l'esercizio di un potere discrezionale spettante in via esclusiva al giudice di merito Cass. 23.5.2002, numero 7527 , non è possibile decidere nel merito e la causa va rinviata ad altra sezione della corte di appello di Torino per nuovo esame sulla base dei principi di cui sopra. In detta sede nel rispetto del principio dell'economia dei mezzi processuali e della durata ragionevole del processo, previsto dall'articolo 111 Cost., comma 2 - che secondo la giurisprudenza di legittimità Cass. Sez. unumero 26373/2008 impone al giudice,anche nell'interpretazione dei rimedi processuali, di evitare comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, traducendosi, per converso, in un inutile dispendio di attività processuali potrà e dovrà essere necessariamente esaminata la domanda di restituzione di cui al primo motivo nei limiti del riconoscimento, ai ricorrenti, del diritto alla restituzione dei due terzi delle spese di primo grado, da calcolare in base alla definitiva statuizione adottanda dal giudice del rinvio secondo tariffa. In definitiva, alla stregua di tutte le pregresse considerazioni, va accolto il terzo motivo di impugnazione, assorbito il primo va invece rigettato il secondo motivo. Occorrendo un rinnovato esame da condursi nell'osservanza del principio richiamato, la causa va rinviata alla Corte di Appello di Torino, in diversa composizione, che provvedere anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, assorbito il primo, e rigetta il secondo cassa la sentenza impugnata in relazione rinvia alla Corte d'Appello di Torino, anche per le spese del giudizio di legittimità.