Limite dei due mandati consecutivi: vale anche se non portati a termine?

La ratio di tale limite è di favorire il ricambio dei vertici dell’amministrazione locale. Le norme in materia devono essere interpretate in maniera restrittiva, per non invadere la sfera discrezionale del legislatore.

Con la sentenza n. 21685, depositata il 4 dicembre, la Corte di Cassazione ha dovuto decidere il caso di un sindaco eletto per la quarta volta consecutiva. Un piccolo comune, tante elezioni. Gli abitanti sono 3mila, gli elettori ancora meno. E’ vero, la scelta non sarà stata molto ampia, ma è comunque singolare che qualcuno venga eletto per quattro volte consecutive. Ma gli anni di mandato non sono 20. Eletto nel 2001 decade dopo 14mesi, per ineleggibilità, in quanto magistrato onorario. Nel 2004, dopo 13 mesi cessa dalla carica per dimissioni della maggioranza dei consiglieri. Nel 2006 riesce finalmente a portare a termine i 5anni. Nel 2011 viene nuovamente rieletto. Quattro mandati sono troppi. Il prefetto, alcuni consiglieri ed alcuni elettori impugnano la deliberazione di convalida dell’elezione assunta dal consiglio comunale. La Corte di Appello accoglie i ricorsi, che erano stati rigettati dal Tribunale, e dichiara il sindaco decaduto per ineleggibilità. Questi ricorre però in Cassazione. Il testo unico sugli enti locali. L’art. 51, d.lgs. n. 267/2000, sancisce, al secondo comma, che un sindaco che ha ricoperto due mandati consecutivi non possa essere immediatamente rieletto nelle elezioni successive. Al terzo comma, che il terzo mandato consecutivo è consentito se uno dei due mandati precedenti è durato meno della metà e non è terminato per dimissioni volontarie. Il mandato, per essere considerato tale, dovrebbe protrarsi nel tempo? Unico il motivo del ricorso. Il termine mandato dovrebbe essere inteso come incarico che si protrae nel tempo. Secondo il sindaco ricorrente, la norma va intesa nel senso che se nessuno dei mandati precedenti ha superato, come somma, un mandato più due metà mandati, non sussiste nemmeno il limite del terzo mandato. Cioè 30 mesi più 5 anni. Nel suo caso, con i primi due mandati non raggiunge tale soglia, arrivando a 27 mesi, più gli altri 5 anni. La Cassazione boccia tale interpretazione. La ratio della norma è di favorire il ricambio dei vertici dell’amministrazione locale. Per non ledere il potere discrezionale del legislatore, l’interpretazione della norma deve essere fatta in senso stretto. Ha sottolineato che tra secondo e terzo comma dell’art. 51, d.lgs. 267/2000, vige un rapporto di regola ed eccezione. Già il terzo mandato rappresenta un’eccezione. Non c’è nessuna indicazione della possibilità di calcolare il limite di 7 anni e 6 mesi mediante una mera sommatoria aritmetica che prescinda dal numero di mandati consecutivi, che infatti non può superare il limite di due più uno .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 14 novembre – 4 dicembre 2012, n. 21685 Presidente Carnevale – Relatore Lamorgese Svolgimento del processo G D.L. è stato eletto sindaco del Comune di OMISSIS alle elezioni del 2001, rimanendo in carica dal 14 maggio 2001 al 4 luglio 2002, quando fu dichiarato ineleggibile dalla Corte d'appello di Napoli, in quanto magistrato onorario, e il comune fu amministrato dal vicesindaco alle elezioni del 2004, rimanendo in carica dal 13 giugno 2004 al 13 luglio 2005, quando cessò dalla carica a causa delle dimissioni della maggioranza dei consiglieri, cui fece seguito la nomina di un commissario alle elezioni del 2006, quando rimase in carica per l'intero quinquennio alle elezioni del 2011, cui si riferiscono i ricorsi del Prefetto di Avellino e di alcuni elettori e consiglieri comunali i quali hanno impugnato la deliberazione di convalida dell'elezione assunta dal consiglio comunale il 16 giugno 2011. Essi hanno dedotto che il D.L. era stato eletto sindaco alla quarta consultazione elettorale consecutiva, in violazione dell'art. 51 del d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267 testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali , che preclude la immediata rieleggibilità per chi ha ricoperto per due mandati consecutivi la carica di sindaco o di presidente della provincia. Il Tribunale di Ariano Irpino, con sentenza del 9 settembre 2011, ha rigettato i ricorsi, accolti invece dalla Corte di appello di Napoli che, con sentenza del 20 marzo 2012, ha dichiarato il D.L. decaduto per ineleggibilità. La Corte ha ritenuto che il limite all'eleggibilità sia commisurato esclusivamente al numero dei mandati, a prescindere dalla durata di ciascuno di essi, con l'unica eccezione prevista dalla legge nel caso in cui uno dei due mandati o entrambi siano durati meno della metà, nel qual caso soltanto è ammesso un terzo mandato. Ciò che rileva, secondo la corte di merito, è che i mandati siano stati conferiti e ricoperti anche se temporaneamente, mentre non assumono rilievo gli decadimenti, antecedenti o successivi all'assunzione del mandato, che ne determinano la sopravvenuta caducazione. Con riguardo all'elezione del 2001, il D.L. aveva comunque assunto e svolto le funzioni di sindaco per oltre un anno e la declaratoria di ineleggibilità non aveva provocato l'immediato scioglimento del consiglio comunale, essendo l'ente stato amministrato dal vicesindaco per circa due anni né valeva ad interrompere la continuità dei mandati, quanto all'elezione del 2004, l'interposizione di una gestione commissariale per circa un anno. Il D.L. propone ricorso per cassazione con un unico motivo. A G. , F P. , D.F.L. , in qualità di consiglieri comunali e cittadini elettori, resistono con controricorso. Motivi della decisione Il ricorrente imputa alla sentenza impugnata la violazione dell'art. 51 del d.lgs. n. 267 del 2000 nonché il vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione. La lettura dell'art. 51 data dai giudici di merito sarebbe formalistica e contrastante con il principio di stretta interpretazione delle norme che limitano l'esercizio del diritto di elettorato passivo. La tesi secondo cui i mandati elettorali rileverebbero per il mero fatto di essere stati conferiti e ricoperti, anche per un solo giorno, trascura che il termine mandato , sia in sé sia collegato all'eccezione posta dalla medesima norma la quale da invece rilievo alla durata di uno dei due mandati, se inferiore a trenta mesi, al fine di consentire un terzo mandato , dovrebbe essere inteso come incarico che si protrae nel tempo, coerentemente con la ratio di evitare che la genuinità delle elezioni sia inquinata dal clientelismo e dalla soggettivizzazione dell'uso del potere che agevoli l'aspirante sindaco nella competizione elettorale, pericolo questo che proviene proprio e soltanto dall'esercizio dell'incarico per un certo periodo di tempo che, per precludere un terzo mandato, dev'essere superiore a sette anni e sei mesi. Poiché il D.L. ha ricoperto la carica di sindaco per un periodo globalmente inferiore l'ha infatti ricoperta per circa quattordici mesi nella consiliatura del 2001 e per tredici mesi in quella del 2004, oltre ai cinque anni della consiliatura del 2006 , egli sarebbe eleggibile per il terzo mandato conferito nel 2011. Il motivo è infondato. L'art. 51, comma 2, del citato d. lgs. prevede testualmente che chi ha ricoperto per due mandati successivi la carica di Sindaco e di Presidente della Provincia non è, allo scadere del secondo mandato, immediatamente rieleggibile alle medesime cariche una analoga regola è stata introdotta dall'art. 2, lett. f, della legge 2 luglio 2004 n. 165, in attuazione dell'art. 122, primo comma, della Costituzione, per il Presidente e gli altri componenti della Giunta regionale . La ratio della suddetta disposizione - il cui contenuto precettivo è di porre una causa tipizzata preclusiva non già della candidabilità, bensì della eleggibilità originaria del soggetto alla carica di sindaco, reputata ostativa all'espletamento del terzo mandato consecutivo, cui consegue la declaratoria di decadenza - è di favorire il ricambio ai vertici dell'amministrazione locale ed evitare la soggettivizzazione dell'uso del potere dell'amministratore locale in modo da spezzare il vincolo personale tra elettore ed eletto per sostituire alla personalità del comando l'impersonalità di esso ed evitare il clientelismo Cass. n. 11895 del 2006 . Si vuole evitare che si possa beneficiare del vantaggio di avere ricoperto per due volte consecutive la carica di sindaco, al fine di conseguire di nuovo la carica. Alla predetta regola il successivo terzo comma pone una eccezione, in quanto consente è questo il verbo usato dalla legge un terzo mandato consecutivo solo se uno dei due mandati precedenti ha avuto durata inferiore a due anni, sei mesi e un giorno, per causa diversa dalle dimissioni volontarie . È infatti innegabile che il rapporto tra i due commi è di regola ed eccezione, nel senso che a rendere possibile un mandato ulteriore consecutivo - significativamente individuato dalla legge come il terzo - è l'eventualità che i due mandati precedenti abbiano avuto una durata effettiva complessivamente inferiore a sette anni, sei mesi e un giorno. La regola del divieto del terzo mandato consecutivo non vale invece in presenza di un intervallo temporale cui è, tra l'altro, ricollegabile la possibile modificazione del corpo elettorale oltre che la perdita di influenza da parte dell'ex sindaco, rimasto, per il periodo stesso, fuori dalla gestione amministrativa Cass. n. 13181 del 2007 cit., in un caso in cui il candidato sindaco non si era presentato ad una delle tornate elettorali precedenti, poi risultata nulla per mancato raggiungimento del quorum dei votanti . La tesi del ricorrente, volta a collegare la già enunciata ratio della norma con la durata dei mandati in concreto, in virtù del riferimento nel terzo comma alla durata effettiva due anni, sei mesi e un giorno di uno di essi, mira a consentire la eleggibilità anche ad un quarto o a successivi mandati consecutivi, all'unica condizione che il sindaco, a prescindere dal numero di mandati, non abbia ricoperto la carica per un tempo superiore complessivamente a quello limite di sette anni e sei mesi considerato dalla norma cinque anni di un mandato intero più due anni e sei mesi . Questa tesi non può essere seguita perché, urtando frontalmente con il criterio di stretta interpretazione suggerito da questa Corte in materia sent. n. 13181 del 2007 cit. , la sollecita ad una interpretazione creativa che avrebbe come effetto quello di invadere la sfera della competenza riservata alla discrezionalità del legislatore, cui è rimesso di determinare ragionevolmente i limiti al diritto di accesso dei cittadini alle cariche politiche, all'esito di un adeguato bilanciamento tra gli interessi in gioco. Tale discrezionalità è stata esercitata, appunto, con l'art. 51 citato, che ha previsto una regola generale l'incandidabilità a un terzo mandato consecutivo e una eccezione la candidabilità a un terzo mandato in presenza di una ben definita situazione . Ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit nessun riferimento è contenuto nella norma a mandati consecutivi ulteriori rispetto al terzo e nessuna indicazione della possibilità di calcolare il limite di sette anni e sei mesi o di due anni e sei mesi mediante un mera sommatoria aritmetica che prescinda dal numero di mandati consecutivi, che infatti non può superare il limite di due più uno. Suggestivo è l'argomento secondo il quale il legislatore sarebbe tutt'altro che indifferente alla durata del mandato, come sarebbe dimostrato dal terzo comma che andrebbe letto come se dicesse non si considera mandato quello che ha avuto durata inferiore a due anni, sei mesi e un giorno . La rilevanza della durata del mandato è infatti limitata e circoscritta alla eccezione di cui al terzo comma, cioè all'ipotesi in cui uno dei due mandati precedenti, il primo o il secondo, abbia avuto una durata inferiore a due anni, sei mesi e un giorno. Quindi, la durata è rilevante per i primi due mandati, ma solo per consentirne un terzo a certe condizioni, mai un quarto consecutivo. In conclusione, poiché il D.L. ha ricoperto la carica per tre mandati consecutivi nel 2001, 2004 e 2006 , seppure solo il terzo per cinque anni e i primi due per un periodo globalmente inferiore a due anni, sei mesi e un C giorno, egli non era rieleggibile nel 2011, non rilevando la dedotta soluzione di continuità tra la prima carica rivestita per quattordici mesi e la seconda rivestita per tredici mesi . Il ricorso dev'essere pertanto rigettato. Le spese processuali seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio, distratte in favore del difensore dichiaratosi antistatario e liquidate in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.