""Rimuovete quel ponteggio!"" ... ma senza la chiara indicazione della causa di merito la tutela d’urgenza non può essere concessa

La tutela d’urgenza ex art. 700 c.p.c. può essere concessa solo se vengono indicati con chiarezza il petitum e la causa petendi della successiva azione di merito, essendo detta indicazione tutt’ora necessaria sia per verificare l’effettiva presenza del nesso di strumentalità tra il procedimento cautelare e quello di merito, sia per evitare di ostacolare l’adeguato esercizio di difesa da parte del resistente.

Il Tribunale di Prato, con la decisione del 22 febbraio scorso qui in commento, ha precisato importanti principi in tema di provvedimenti d’urgenza, con particolare riguardo ai rapporti sussistenti tra la fase cautelare e quella di merito. La decisione appare significativa perché, a seguito delle modifiche normative di qualche anno fa per cui non è più necessario instaurare la fase di merito onde evitare di far perdere efficacia al provvedimento d’urgenza eventualmente concesso , è stata da alcuni interpreti posta in dubbio la necessità di indicare con chiarezza, nel ricorso ex art. 700 c.p.c., gli estremi della successiva causa di merito. Tuttavia, il Tribunale di Prato non condivide questa idea, ritenendo che i principi consueti debbano essere tutt’ora rispettati, con onere in capo al ricorrente di indicare con precisione il petitum e la causa petendi della instauranda causa di merito, pena l’inammissibilità della richiesta cautelare. Il caso. Il ricorrente si rivolgeva al Tribunale azionando un procedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c. con il quale chiedeva la rimozione di un ponteggio installato sul marciapiede antistante la propria abitazione, affermando che quel ponteggio creava una situazione di disagio e di grave pericolo, sia perché alcuni pezzi potevano staccarsi e cadere a terra, sia perché il ponteggio poteva facilitare illegittime ed illecite intrusioni da parte di terzi. Il ponteggio, inoltre, impediva l’apertura di una finestra. Il Giudice della prima fase, tuttavia, rigettava il ricorso dichiarandolo inammissibile in considerazione dell’insufficiente indicazione degli elementi costitutivi del futuro giudizio di merito. Proposto reclamo, anche il Collegio respingeva l’iniziativa d’urgenza, ribadendo la posizione assunta dal Giudice della prima fase. Secondo il ricorrente il Tribunale di Prato sarebbe condizionato da vecchi principi ormai superati. L’interessato ha criticato la tesi sostenuta dal giudice di prime cure, per cui il ricorso era inammissibile in considerazione dell’insufficiente indicazione degli elementi costitutivi del futuro giudizio di merito. Infatti, così facendo, il Giudice finirebbe per applicare un principio ormai vecchio e superato, trattandosi di una tesi formatasi antecedentemente alla riforma del codice di rito operata con la legge n. 80/05, a seguito della quale è stata esclusa la necessità di instaurare il procedimento di merito a seguito dell’emissione di un provvedimento cautelare di natura anticipatoria. Pertanto, l’esatta individuazione della causa di merito non sarebbe più un requisito necessario per accedere alla tutela cautelare. Il Collegio la pensa come il Giudice della prima fase tutt’ora deve essere verificato il nesso di strumentalità tra azione cautelare e merito. Secondo il Collegio, il provvedimento del Giudice di prime cure è corretto, laddove ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso ex art. 700 c.p.c. in considerazione della mancata puntualizzazione della futura azione di merito a cautela della quale è stata chiesta l’emissione di un provvedimento di natura cautelare. Infatti, senza tale allegazione non è possibile verificare il nesso di strumentalità tra l’azione cautelare e quella di merito. Secondo alcuni, le modifiche legislative di qualche anno fa avrebbero modificato i principi in materia, modificando i rapporti tra cautela e merito. Per completezza di argomentazione, il Collegio prende in esame l’opinione interpretativa secondo la quale la novella del 2005 avrebbe interrotto definitivamente il legame di strumentalità tra tutela cautelare e quella ordinaria. Tuttavia, e al contrario, il rapporto di strumentalità va tutt’ora ribadito. Infatti, la tutela cautelare, in primo luogo, ha lo scopo di impedire che sia irrimediabilmente compromessa la tutela di un diritto durante il tempo necessario all’instaurazione ed all’istruzione di un giudizio di merito. La riforma, attuata con la legge n. 80/05, ha eliminato la necessità di instaurare un successivo giudizio di merito nel caso di provvedimenti di natura anticipatoria, rispondendo ad evidenti esigenze di economia processuale, e lasciando, in definitiva, al destinatario del provvedimento cautelare la contestazione del diritto tutelato in tale sede nelle forme di un giudizio a cognizione ordinaria. In tal modo si è voluto evitare a chi abbia ottenuto, in sede cautelare, un provvedimento anticipatorio con il quale viene data immediata realizzazione al proprio diritto, di dover procedere ad instaurare un giudizio di merito anche nell’ipotesi di mancata contestazione della pretesa fatta valere in giudizio. Il meccanismo introdotto dalla novella legislativa del 2005 implica un’attenuazione del legame di strumentalità tra il procedimento cautelare ed il giudizio di merito, ma solo da un punto di vista strutturale. La funzione della tutela cautelare resta infatti tutta e sola quella di ovviare ai pregiudizi che un diritto potrebbe subire durante il tempo necessario all’instaurazione ed alla definizione del giudizio di merito. È proprio tale contenuto a rendere la tutela cautelare costituzionalmente necessaria ai sensi dell’art. 24 Cost. il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti, sarebbe altrimenti un vuoto simulacro e non potrebbe avere il rango di un diritto fondamentale della persona come riconosciuto, da ultimo, anche dalla stessa Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea , nelle ipotesi nelle quali il provvedimento, che riconosce la fondatezza della pretesa sostanziale dedotta in giudizio, intervenisse quando la stessa è stata irrimediabilmente pregiudicata. Ma la tutela cautelare si pone sempre in funzione della tutela di merito. In questo caso mancava il requisito della residualità, perché il ricorrente ben poteva agire a tutela del possesso. Un ulteriore profilo di rigetto del reclamo è riferibile al requisito della residualità della tutela ex art. 700 c.p.c. Del resto, è lo stesso ricorrente ad allegare l’impossibilità di aprire le finestre della propria abitazione a causa del ponteggio, precisando che ciò rappresenta, con ogni evidenza, una grave turbativa del legittimo diritto di godere in modo pieno ed esclusivo del diritto di proprietà.” Di conseguenza, ben poteva essere esperita un’azione di manutenzione del possesso ex art. 1170 c.c

Tribunale ordinario di Prato, ordinanza 22 febbraio 2012 Presidente Francesco Antonio Genovese – Relatore Raffaella Brogi Fatto e diritto Premesso che M. C. ha presentato reclamo contro l’ordinanza del 4/11/2011, con il quale il Tribunale di Prato ha rigettato la richiesta di emissione di un provvedimento ex art. 700 c.p.c., chiesto per la rimozione del ponteggio installato sul marciapiede antistante la propria abitazione. Il reclamante ha presentato le seguenti censure avverso il provvedimento di rigetto la tesi del giudice di prime cure, in base al quale il ricorso è inammissibile in considerazione dell’insufficiente indicazione degli elementi costitutivi del futuro giudizio di merito, aderisce ad una tesi formatasi antecedentemente alla riforma del codice di rito operata con la legge n. 80/2005, a seguito della quale viene esclusa la necessità di instaurare il procedimento di merito a seguito dell’emissione di un provvedimento cautelare di natura anticipatoria la domanda da proporre nel giudizio di merito non poteva che essere quella volta alla rimozione del ponteggio ed al risarcimento dei danni nel merito, il ponteggio era stato installato a seguito dell’appalto dei lavori all’arch. I., che, tuttavia, a seguito del pagamento delle proprie spettanze non provvedeva a pagare il dovuto all’impresa che aveva montato il ponteggio, che pertanto, si rifiutava di rimuoverlo, creando una situazione di disagio e di grave pericolo per il ricorrente odierno reclamante , sia per il fatto di facilitare illegittime ed illecite intrusioni da parte di terzi, sia per il fatto che eventuali pezzi del ponteggio avrebbero potuto distaccarsi. Si è costituita la parte reclamata, che, a fronte delle censure del C., ha rilevato che in rito la parte ricorrente, nonostante espresso invito del giudice, non ha esplicitato i contorni dell’azione di merito da instaurare indicando, genericamente, in punto di fumus la tutela della proprietà ed del diritto di goderne pienamente, confondendo comunque il piano della tutela contrattuale, con quello del diritto di proprietà nel merito il difetto di legittimazione dell’arch. I., posto che, dalle dichiarazioni del La Manna si evince che questo sia il solo proprietario del ponteggio e come tale l’unico a poter procedere al suo smontaggio. Il ricorrente avrebbe quindi dovuto agire ex art. 1172 c.c. nei confronti del La Manna che ha rifiutato di rimuovere il ponteggio a causa del mancato pagamento di quanto dovuto sono carenti anche i presupposti del fumus boni iuris ed del periculum in mora dall’istruttoria fatta nella prima fase del procedimento cautelare. Il presente reclamo è infondato e deve essere rigettato. Il provvedimento del Giudice di prime cure è corretto, laddove ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso ex art. 700 c.p.c., in considerazione della mancata puntualizzazione della futura azione di merito a cautela della quale è stata chiesta l’emissione di un provvedimento di natura cautelare. Senza tale allegazione non è infatti possibile verificare il nesso di strumentalità tra l’azione cautelare e quella di merito. Sul punto la parte reclamante non interpreta correttamente l’art. 669 octies c.p.c., così come riformulato a seguito della riforma di cui alla legge n. 80/2005. In base a tale norma L’ordinanza di accoglimento, ove la domanda sia stata proposta prima dell’inizio della causa di merito, deve fissare un termine perentorio non superiore a sessanta giorni per l’inizio del giudizio di merito, salva l’applicazione dell’ultimo comma dell’articolo 669-novies. In mancanza di fissazione del termine da parte del giudice, la causa di merito deve essere iniziata entro il termine perentorio di sessanta giorni. Il termine decorre dalla pronuncia dell’ordinanza se avvenuta in udienza o altrimenti dalla sua comunicazione. Per le controversie individuali relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, escluse quelle devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo, il termine decorre dal momento in cui la domanda giudiziale è divenuta procedibile o, in caso di mancata presentazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione, decorsi trenta giorni. Nel caso in cui la controversia sia oggetto di compromesso o di clausola compromissoria, la parte, nei termini di cui ai commi precedenti, deve notificare all’altra un atto nel quale dichiara la propria intenzione di promuovere il procedimento arbitrale, propone la domanda e procede, per quanto le spetta, alla nomina degli arbitri. Le disposizioni di cui al presente articolo e al primo comma dell’articolo 669-novies non si applicano ai provvedimenti di urgenza emessi ai sensi dell’articolo 700 e agli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito, previsti dal codice civile o da leggi speciali, nonché ai provvedimenti emessi a seguito di denunzia di nuova opera o di danno temuto ai sensi dell’articolo 688, ma ciascuna parte può iniziare il giudizio di merito. Il giudice, quando emette uno dei provvedimenti di cui al sesto comma prima dell’inizio della causa di merito, provvede sulle spese del procedimento cautelare. L’estinzione del giudizio di merito non determina l’inefficacia dei provvedimenti di cui al sesto comma, anche quando la relativa domanda è stata proposta in corso di causa. L’autorità del provvedimento cautelare non è invocabile in un diverso processo. ” Dalla modificazione avvenuta ad opera della novella del 2005, grazie alla quale, in caso di provvedimenti ex art. 700 c.p.c. e di altri provvedimenti anticipatori, non è necessaria la successiva instaurazione del giudizio di merito, a pena di perdita di efficacia del provvedimento cautelare, viene da alcuni tratta la conclusione dell’ intentio legis di elidere definitivamente il legame di strumentalità tra tutela cautelare e quella ordinaria. Si tratta di una conclusione non condivisibile per i motivi di seguito indicati. La tutela cautelare, in primo luogo, nasce per far sì che non venga irrimediabilmente compromessa la tutela di un diritto durante il tempo necessario all’instaurazione ed all’istruzione di un giudizio di merito, che si concluda con la pronuncia della sua esistenza e fondatezza. Nel caso di procedimenti anticipatori il periculum si identifica quindi in una lesione irreversibile del diritto da tutelare, che verrebbe irrimediabilmente compromesso, in caso di mancata anticipazione della sua soddisfazione rispetto al momento dell’emissione della sentenza che definisce il giudizio. La riforma, attuata con la legge n. 80/2005, elimina la necessità di instaurare un successivo giudizio di merito nel caso di provvedimenti di natura anticipatoria e risponde ad evidenti esigenze di economia processuale, lasciando, in definitiva, al destinatario del provvedimento cautelare, la contestazione del diritto tutelato in tale sede nelle forme di un giudizio a cognizione ordinaria. In tal modo si evita a chi abbia ottenuto, in sede cautelare, un provvedimento anticipatorio, con il quale viene data immediata realizzazione al proprio diritto, di dover procedere ad instaurare un giudizio di merito, anche nell’ipotesi di mancata contestazione della pretesa fatta valere in giudizio. Tale meccanismo implica un’attenuazione del legame di strumentalità tra il procedimento cautelare ed il giudizio di merito, ma solo da un punto di vista strutturale. L’assetto della res in iudicio deducta può essere dato in via definitiva anche dal giudice del cautelare, ma ciò non determina il venir meno del legame funzionale tra tutela cautelare e tutela ordinaria. La funzione della tutela cautelare resta infatti tutta e sola quella di ovviare ai pregiudizi che un diritto potrebbe subire durante il tempo necessario all’instaurazione ed alla definizione del giudizio di merito. È proprio tale contenuto a rendere la tutela cautelare costituzionalmente necessaria ai sensi dell’art. 24 Cost. il diritto di agire in giudizio per la tutela dei proprio diritti, sarebbe un vuoto simulacro e non potrebbe avere il rango di un diritto fondamentale della persona come riconosciuto, da ultimo, anche dalla stessa Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea , nelle ipotesi nelle quali il provvedimento, che riconosce la fondatezza della pretesa sostanziale dedotta in giudizio, intervenisse quando la stessa è stata irrimediabilmente pregiudicata. Tale ratio costituisce il fondamento, la funzione, ma al contempo anche il limite posto alla tutela cautelare. La stessa si pone, infatti, sempre in funzione della tutela di merito e tale carattere non viene meno per il fatto che il legislatore, con la riforma attuata con la legge n. 80/2005, abbia rimesso, di fatto, al destinatario passivo del provvedimento cautelare la scelta di instaurare il successivo giudizio di merito, in caso di contestazione dell’altrui pretesa. Tale conclusione vale a maggior ragione per l’ipotesi della norma di chiusura di cui all’art. 700 c.p.c. Il carattere anticipatorio di tale provvedimento e la possibilità che lo stesso possa non essere seguito dall’instaurazione del giudizio di merito, per effetto dell’attuale formulazione dell’art. 669 octies c.p.c., non fanno di tale ampia norma di chiusura del sistema della tutela cautelare una sorta di contenitore omnibus” in cui la parte possa inserire sic et simpliciter le istanze più disparate a prescindere dalla successiva instaurazione di un giudizio di merito. Tale conclusione non solo contrasterebbe con la ratio della tutela cautelare, riconducibile all’art. 24 Cost. ma anche con quella di economia processuale della riforma della legge n. 80/2005. Difatti, la mancata indicazione del petitum e della causa petendi della successiva azione di merito non si limita ad impedire come già rilevato dal giudice di prime cure la verifica dell’effettiva presenza del nesso di strumentalità tra il procedimento cautelare e quello di merito, sebbene tale verifica non possa ancorarsi a dati meramente di tipo formale, ma richieda un’interpretazione del ricorso introduttivo del giudizio cautelare da parte dello stesso giudice. Viene infatti ostacolato anche l’adeguato esercizio di difesa da parte del resistente anch’esso costituzionalmente garantito dall’art. 24 Cost. e, inoltre, sono altresì precluse al destinatario passivo del provvedimento cautelare quelle valutazioni necessarie ad operare la scelta se instaurare o meno il giudizio di merito, vanificando in tal modo la logica di semplificazione e di economicità che ha ispirato la nuova formulazione dell’art. 669 octies c.p.c. In considerazione di quanto esposto è evidente la genericità dell’indicazione dei presupposti della futura causa di merito. Nel ricorso introduttivo il ricorrente odierno reclamante parla, a pag. 3, dell’intenzione di agire in via ordinaria per il riconoscimento dei propri diritti nonché per il risarcimento di tutti i danni subiti e subendi. Nell’atto di proposizione del reclamo si legge A modesto avviso di questa difesa, invece, appare estremamente chiaro che l’unica azione esperibile sia quella sopra detta rimozione immediata del ponteggio e risarcimento dei danni. ” È evidente l’assenza della benché minima indicazione in ordine alla causa petendi . Un ulteriore profilo di rigetto del reclamo è riferibile anche al requisito della residualità della tutela ex art. 700 c.p.c. La parte ricorrente menziona, sia ne ricorso introduttivo che in sede di reclamo, l’impossibilità di aprire le finestre dell’abitazione a causa del ponteggio esistente davanti alle stesse e che ciò rappresenta, con ogni evidenza, una grave turbativa del legittimo diritto di godere in modo pieno ed esclusivo del diritto di proprietà. ” La presenza del ponteggio che ostacola il godimento del proprio immobile, secondo la prospettiva del reclamante, avrebbe potuto, in ipotesi, essere esperita con l’azione di manutenzione ex art. 1170 c.c. Anche le censure fatte alle spese liquidate dal giudice di prime cure per un ammontare pari ad € 3.498,65 –vigente il precedente sistema tariffario - sono infondate. Nel ricorso ex art. 669 bis c.p.c. la parte ricorrente odierna reclamante ha infatti indicato che il valore della causa era indeterminato e la parte reclamata ha applicato i minimi tariffari per i diritti, mentre è rimasta sotto alla media per gli onorari. L’ammontare delle spese legali si spiega inoltre, anche in base al numero di udienze ed alle attività svolte durante la prima fase del presente procedimento cautelare. In considerazione di quanto esposto, stante l’infondatezza del reclamo proposto, lo stesso deve essere rigettato, ponendo a carico del ricorrente le spese della presente fase, che si liquidano - in attesa dell’emanazione dei decreti ministeriali ex art. 9, II comma, d.l. n. 1/2012 - secondo le precedenti tabelle. Queste ultime sono infatti da considerare come criterio utilizzabile dal giudice ex art. 2233 c.c. per la liquidazione delle spese giudiziali, al fine di ottenere l’omogeneità di trattamento delle stesse. P.Q.M. Rigetta il reclamo condanna M. C. a pagare a G. I. le spese del presente procedimento, che si liquidano in € 628,00 per diritti ed € 1.000,00 per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e c.a.p. di legge.