Les jeux sont faits. Croupier licenziato si accorda con il Casinò: ottiene un risarcimento, ma non può recuperare le mance

La richiesta di farsi pagare le quote delle mance è infondata non solo per vizi di forma degli atti processuali, ma anche perché tra le parti è intervenuta una transazione.

L’accordo transattivo con il Casinò preclude al croupier licenziato di chiedere il pagamento della quota relativa alle mance ottenute nel corso del rapporto di lavoro. In ogni caso non può procedersi ad un esame nel merito della controversia se la citazione in giudizio è nulla per mancata identificazione del soggetto convenuto. Si è espressa in questo senso la Corte di Cassazione, sez. III Civile, con la sentenza n. 1021 del 25 gennaio. La fattispecie. Un croupier di Casinò veniva licenziato per presunte irregolarità commesse nell’esercizio delle sue funzioni. Nonostante una condanna in sede penale, il croupier impugnava il licenziamento e il Tribunale riconosceva l’illegittimità della sanzione espulsiva, ordinando la reintegra del lavoratore. In seguito le parti si accordavano e, con transazione, il lavoratore rinunciava alla riassunzione in cambio del pagamento, a saldo e stralcio di ogni pretesa, di un considerevole importo. Il croupier, però, instaurava un nuovo procedimento civile per ottenere la quota delle mance dovutegli, convenendo in giudizio un non meglio identificato Comitato Mance presso il Casinò ed altri 108 croupier. Il giudizio aveva esiti negativi e il croupier proponeva ricorso per cassazione. Nulla la citazione nei confronti del Comitato. La Corte d’appello ha dichiarato l’inesistenza del giudizio nei confronti del Comitato, per nullità della citazione e, sul punto, la S.C. non può che confermare la decisione, atteso che non si tratta di mera irregolarità della notifica, come lamenta il ricorrente, quanto piuttosto della mancata identificazione del soggetto evocato in giudizio. Manca qualsiasi elemento identificativo della precisa identità del Comitato, citato in persona del legale rappresentante senza indicazione dell’organo o dell’ufficio competente. Niente da fare, sotto questo aspetto. E nulle le pretese del croupier. In ogni caso, non può ignorarsi la rilevanza dell’intervenuta transazione tra le parti, con la quale il ricorrente ha rinunciato alla prosecuzione del rapporto in cambio di cospicua somma di denaro. L’accordo, in ogni caso, non è stato riprodotto nel giudizio di legittimità, per cui la Corte, anche volendo, non potrebbe procedere all’esame della circostanza, peraltro inammissibile perché dedotta per la prima volta in questa sede, secondo cui la rinuncia era relativa al futuro e non anche al passato. Inammissibile, infine, la pretesa azionata nei confronti degli altri croupier recte , dell’unico croupier rispetto al quale è stato correttamente instaurato il giudizio, visto che anche le altre 107 notifiche sono nulle atteso che il ricorrente non ha adeguatamente indicato in base a quale Ccnl sorgerebbe il suo diritto alla percezione delle mance. A volte il banco perde Una sconfitta su tutti i fronti, insomma, quella dell’ex croupier.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 30 novembre 2011 – 25 gennaio 2012, n. 1021 Presidente Trifone – Relatore Lanzillo Svolgimento del processo Nel 1980 G Z., croupier presso il Casinò di omissis , è stato assoggettato a procedimento penale per irregolarità commesse nell'esercizio delle sue mansioni. Nel 1983, a seguito della prima sentenza penale di condanna, è stato licenziato ed ha impugnato in sede civile il licenziamento. Esperiti tutti i gradi dei due giudizi, penale e civile, con sentenza 19 novembre 1990 n. 975 il Tribunale civile di Padova ha dichiarato illegittimo il licenziamento, condannando il Comune a reintegrare il croupier nel posto di lavoro ed a pagargli le retribuzioni arretrate. Intimatogli altro licenziamento, nel 1992 la controversia fra lo Z. ed il Comune è stata transatta, nel senso che il lavoratore ha rinunciato alla riassunzione ed il Comune di Venezia ha pagato a saldo e stralcio di ogni sua spettanza la somma di L. 530.0000.000. Con atto di citazione in data 31.3.1998 lo Z. ha convenuto davanti al Tribunale di Venezia il Comitato Punto Mancia presso il Casinò di omissis e 108 croupier addetti allo stesso, chiedendone la condanna a corrispondergli le quote delle mance a lui spettanti, in forza del contratto collettivo 1 gennaio 1975 e del regolamento allegato. L'atto di citazione non è stato notificato ad alcuno dei 108 croupier ivi menzionati, mentre la notificazione al Comitato è stata chiesta in persona del rappresentante legale pro tempore . Sono intervenuti volontariamente nel giudizio due croupier, V.M. e F M. ed hanno eccepito la nullità della chiamata in giudizio del Comitato Punto Mancia, assumendo che non esiste un'associazione di tal genere e che comunque essa non è stata identificata dall'attore, tramite l'indicazione della persona abilitata a rappresentarla. Ha poi chiesto il rigetto delle domande. Su richiesta dell'attore il giudice istruttore ha assegnando termine per le notifiche e l'attore ha notificato l'atto di citazione solo a sedici dei 108 croupier a cui l'atto era indirizzato. Si sono costituiti solo alcuni dei convenuti, eccependo l'estinzione del giudizio, per l'omessa citazione degli altri soggetti indicati. Con sentenza n. 1521 del 2002 il Tribunale di Venezia ha dichiarato nulla la citazione in giudizio del Comitato Punto Mancia ha respinto le eccezioni di estinzione e tutte le domande dell'attore. Proposto appello dallo Z., hanno resistito all'impugnazione R P. e gli altri soggetti indicati in epigrafe. Con la sentenza impugnata in questa sede la Corte di appello di Venezia ha dichiarato l'inesistenza del giudizio nei confronti del Comitato Punto Mancia quanto ai croupier menzionati nell'atto di citazione come destinatari della domanda di pagamento, ha ritenuto che il rapporto processuale sia stato instaurato solo nei confronti del M., che si è spontaneamente costituito nonostante la mancata notificazione dell'atto di citazione ha dichiarato nulla l'ordinanza con cui il Tribunale ha concesso termine per la notifica agli altri soggetti indicati come convenuti dell'atto di citazione originariamente non notificato, ed ha confermato nel resto la sentenza di primo grado, ponendo a carico dell'appellante le spese processuali sostenute dal P. e dagli altri appellati che si sono costituiti. Lo Z. propone tre motivi di ricorso per cassazione, illustrati da memoria. Resiste con controricorso R P. , proponendo a sua volta tre motivi di ricorso incidentale condizionato. Resistono con altro controricorso e con due motivi di ricorso incidentale condizionato A G. , Gi Pi. e gli altri intimati indicati in epigrafe. Motivi della decisione 1.- Deve essere preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi art. 335 cod. procomma civ. . 2.- Con il primo motivo il ricorrente principale lamenta violazione di legge e vizi di motivazione, quanto al capo della sentenza impugnata che ha ritenuto inesistente il Comitato Punto Mancia, richiamando il docomma 2 non meglio specificato, che certificherebbe una tale esistenza. 3.1.- Il motivo è inammissibile perché generico e non autosufficiente. Il ricorrente non indica quali siano le norme di legge che la sentenza impugnata avrebbe disatteso, né per quali aspetti la motivazione sarebbe viziata. Non specifica quale sia il contenuto del docomma 2 e per quali ragioni esso dimostrerebbe l'esistenza del Comitato. Svolge poi una serie di irrilevanti rilievi in ordine alla validità della notificazione dell'atto di citazione, trascurando di considerare che il tema controverso non è l'irregolarità della notificazione, bensì la mancata identificazione del soggetto evocato in giudizio, tramite l'indicazione della sua precisa identità, della sua sede e dei soggetti legittimati a rappresentarlo. Se è pur vero che la giurisprudenza ha affermato che è indispensabile l'indicazione dell'organo che ha il compito di rappresentare un ente di fatto, pur se non sia indicata la persona fisica che ne svolga le funzioni, nella specie non risulta essere stato indicato neppure l'organo o l'ufficio. In ogni caso il suddetto principio è stato affermato con riferimento ai casi in cui l'esistenza dell'ente risulti comunque dimostrata Cass. civ. 10 giugno 1982 n. 3494 circostanza che nella specie la Corte di appello ha escluso, senza che il ricorrente specifichi perché sarebbe incorsa in errore e da quali dati, documenti o circostanze risulterebbe il contrario. Solo nella memoria illustrativa egli richiama il fatto che la notificazione dell'atto di citazione al Comitato si sarebbe perfezionata, tanto che due componenti del Comitato V. e M. si sono costituiti in giudizio ed il fatto che è stato prodotto in giudizio un Regolamento del Comitato Punto Mance. Non indica però da che cosa risulti che la notificazione si è perfezionata, considerato che il Comitato non si è costituito in giudizio che i suddetti asseriti componenti risultano costituiti in proprio e non in nome e per conto del Comitato che non risulta quando e come sia stato prodotto in giudizio il suddetto Regolamento, come sia contrassegnato e come sia reperibile fra gli atti di causa, né quale ne sia il contenuto, per la parte che interessa al fine di identificare l'ente. Per questi aspetti il ricorso è inammissibile perché non autosufficiente. 4.- Con il secondo ed il terzo motivo ancora il ricorrente denuncia violazione di norme di legge non meglio identificate ed omessa contraddittoria motivazione , nella parte in cui la sentenza impugnata ha dichiarato nulla l'ordinanza che gli concedeva termine per rinnovare la notificazione della citazione secondo motivo ed ha respinto la sua domanda di pagamento di quota delle mance terzo motivo . 5.- Anche questi motivi sono inammissibili perché generici. Il ricorrente non indica quali siano le norme o i principi di diritto che ritiene violati e quali siano i capi in cui la sentenza impugnata sarebbe contraddittoriamente motivata. Non prende in esame le ragioni addotte dalla Corte di appello a supporto della sua decisione e non le controbatte con adeguate argomentazioni, limitandosi a ribadire apoditticamente le sue tesi difensive. La sentenza impugnata risulta, al contrario, sorretta da ampia, logica e circostanziata motivazione, e non appare censurabile sotto alcun profilo. Essa ha rilevato che il ricorrente non ha dimostrato quale sia il contratto collettivo che dovrebbe regolare il suo diritto alla percezione delle mance, né se esso sia vincolante nei confronti dell'unico soggetto rispetto al quale è stato correttamente instaurato il rapporto processuale. Ha soggiunto che il diritto alla corresponsione delle mance è collegato alla prosecuzione del rapporto di lavoro, mentre lo Z. ha rinunciato alla riassunzione in cambio di cospicua somma di denaro, tramite la transazione intercorsa con il Comune. La circostanza dedotta dal ricorrente, secondo cui la rinuncia riguarderebbe solo il futuro e non il passato, risulta dedotta per la prima volta in questa sede ed è pertanto inammissibile, anche per difetto di autosufficienza, poiché il ricorrente non ha richiamato né riprodotto nel ricorso gli estremi dell'accordo transattivo al quale fa riferimento. 6.- Il ricorso deve essere rigettato. 7.- Le spese del presente giudizio, liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare ai resistenti le spese del giudizio di cassazione, liquidate complessivamente in Euro 4.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.500,00 per onorari, in favore di P. , ed in Euro 6.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 6.500,00 per onorari, in favore degli altri intimati in entrambi i casi oltre al rimborso delle spese generali ed agli accessori previdenziali e fiscali di legge.