La richiesta di revocazione non può fondarsi su atti o documenti formatisi successivamente alla sentenza impugnata

Il documento decisivo ai fini della decisione, che può costituire motivo di revocazione della sentenza ex art. 395 n. 3 se rinvenuto successivamente, deve comunque essere preesistente alla pronuncia allo stesso modo l’errore di fatto del giudice, di cui al n. 4 dell’art. 395, deve riguardare un atto o un documento già acquisito in giudizio.

La vicenda. Una società chiedeva con atto di citazione la revocazione della sentenza pronunciata dalla Corte di Appello dell’Aquila il 19.05.2001, con la quale la stessa Corte, in accoglimento dell’appello proposto da un lavoratore, aveva affermato l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra le parti, con tutte le conseguenti determinazioni. A sostegno della richiesta la società esponeva che l’atto di appello non era stato notificato al domicilio eletto ma presso la sede della società come da documentazione datata 22.06.2011 delle Poste allegata alla citazione per revocazione , con la conseguenza che il relativo giudizio si era svolto nella contumacia di essa società, nell’erroneo presupposto che l’atto fosse stato correttamente notificato. Ad avviso della società attrice, la celebrazione del giudizio di appello in contumacia della stessa società, sulla base dell’errata percezione della corretta notifica dell’atto di appello, apparentemente perfezionatasi presso il domicilio del procuratore per come risultava dalla relata di notifica e verosimilmente sulla ricevuta di ritorno del plico integrava motivo di revocazione ex art. 395 n. 4 c.p.c. ovvero la stessa sentenza andava revocata ex art. 395 n. 3 c.p.c. costituendo la predetta documentazione delle Poste, attestante la notifica presso la società, documento decisivo scoperto successivamente alla sentenza di appello da revocare. La decisione A presupposto della revocazione, ex art. 395 n. 3, è la preesistenza del documento decisivo. La Corte ha ritenuto che non sussistessero nella fattispecie entrambi i presupposti invocati a fondamento dell’istanza di revocazione. Quanto al motivo ex art. 395 n. 3 c.p.c., la Corte ha osservato che presupposto della revocazione è la preesistenza del documento decisivo rispetto alla sentenza emessa documento che la parte non ha potuto proporre nel corso del giudizio per forza maggiore o fatto dell’avversario nella specie, invece, la comunicazione delle Poste era successiva alla sentenza emessa, né assumeva rilevanza la circostanza che il fatto in essa rappresentato era anteriore alla sentenza stessa. In ogni caso, la revocazione era stata richiesta oltre il termine di trenta giorni dalla scoperta” del nuovo documento e era da ritenersi, pertanto, tardiva. B Per la revocazione ex art. 395 n. 4 la falsa percezione della realtà deve essere evidente e immediatamente rilevabile. Analogamente, ad avviso della Corte, era da ritenersi infondato il secondo motivo di revocazione, atteso che l’art. 395 n. 4 c.p.c. presuppone che vi sia una divergente rappresentazione dello stesso fatto tra la sentenza e i documenti prodotti nel giudizio, il che si verifica allorchè il giudice supponga inesistente un documento ritualmente prodotto ed effettivamente esistente, ovvero fondi la decisione sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, sempre che il fatto oggetto dell'asserito errore non abbia costituito materia del dibattito processuale ed abbia i caratteri della assoluta evidenza e della semplice rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti e documenti di causa . L’orientamento della Corte di Cassazione A il documento decisivo non può essere successivo alla sentenza. La decisione della Corte appare coerente con l’insegnamento della Suprema Corte in materia. Con sentenza n. 4610/1996, la I sezione ha affermato che l'ipotesi di revocazione di cui al n. 3 dell'art. 395 c.p.c. presuppone che il documento decisivo – che non si è potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario - preesista alla decisione impugnata, tenendo conto dell'uso dell'espressione sono stati trovati contenuta nel citato n. 3, alla quale fa riscontro il termine recupero adottato nei successivi artt. 396 e 398, ed essendo affatto insufficiente che anteriore alla decisione sia il fatto rappresentato nel documento. Principio, questo, ribadito anche da Sez. U, Sentenza n. 16402/2007. B l’errore di fatto deve investire un atto già acquisito nella causa. Quanto al secondo motivo di revocazione prospettato, la Cassazione Sez. I, sentenza n. 10544/2002 ha sottolineato come l'errore di fatto previsto dall'art. 395, n. 4, c.p.c., idoneo a costituire motivo di revocazione, consiste nell'affermazione o supposizione dell'esistenza o inesistenza di un fatto la cui verità risulti invece in modo indiscutibile esclusa o accertata in base al tenore degli atti e documenti di causa esso si configura quindi in una falsa percezione della realtà, in una svista obiettivamente e immediatamente rilevabile, la quale abbia portato ad affermare o supporre l'esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti e documenti, ovvero l'inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti e documenti stessi risulti positivamente accertato, e pertanto consiste in un errore meramente percettivo che in nessun modo coinvolga l'attività valutativa del giudice di situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività. Pertanto, l’atto o documento la cui inesatta percezione determina l’errore percettivo del giudice deve necessariamente essere già stato acquisito nella causa.

Corte d’Appello di L’Aquila, sentenza 10 novembre – 31 dicembre 2011, n. 1093 Presidente Sannite – Estensore Giancola R agioni di fatto e di diritto della decisione La società ACA Spa ha domandato la revocazione della sentenza n. 591/11 pronunciata da questa Corte il 19.05.2011 con la quale, in accoglimento dell’appello proposto dal D. M. avverso la sentenza n. 1313/10 pronunciata dal Tribunale di Pescara, è stata dichiarata l’esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato fra le parti con decorrenza dal 3 giugno 2003 e, quindi, condannata a corrispondere in favore del D.M. tutte le retribuzioni che nell’ambito del rapporto di lavoro anzidetto sarebbero maturate, salvo quanto già eventualmente percepito dal lavoratore. In particolare, la revocazione è stata domandata a causa della mancata notifica dell’appello proposto ed errata dichiarazione di contumacia della ACA Spa! Avendo appreso – a seguito di accertamenti effettuati presso il servizio postale avviati dopo aver conosciuto della proposizione dell’appello da una comunicazione del legale di controparte preso la sede della società a mezzo posta del dispositivo della sentenza oggetto di gravame – che la raccomandata n. a mezzo della quale era stato inviato l’atto di appello, risultava consegnata materialmente in data 30 ottobre 2010 presso la sede della società ACA Spa in Pescara e non nel domicilio eletto presso il difensore di primo grado, correttamente indicato sul frontespizio della busta della raccomandata AR come evincibile dalla dichiarazione rilasciata da Poste Italiane in data 22.06.2001 a riscontro della nota del 24.05.2001 di richiesta di informazioni da parte dell’avv. in merito al’esito della raccomandata diretta alla società ACA Spa sulla base di quanto dichiarato dal portalettere che a suo tempo aveva effettuato il recapito alla datrice di lavoro il quale ha confermato di essersi recato presso la sede della ACA e di aver consegnato il plico in argomento ad un dipendente della società incaricato del ritiro della corrispondenza”. Evidenziato come detta rilevante circostanza avesse impedito ad essa società di costituirsi in giudizio per mancata conoscenza nelle forme di rito della pendenza del giudizio di appello e determinato nella Corte una vera e propria errata percezione del fatto afferente la notificazione dell’atto apparentemente perfezionatasi presso il domicilio del procuratore per come risultava dalla relata di notifica e verosimilmente sulla ricevuta di ritorno del plico e come, pertanto, fosse applicabile alla fattispecie il disposto di cui all’articolo 395 n. 4, essendo la declaratoria di contumacia e la conseguente decisione in assenza delle difese della società ACA Spa risultata fondata sull’affermazione di esistenza di un fatto quale quello della regolarità e ritualità della notificazione dell’atto di appello che nella realtà effettiva – per come documentato – era da escludere in maniera categorica, nonché il disposto dell’articolo 395 n. 3 cpc posto che l’attestazione di Poste Italiane costituiva innegabilmente un nuovo documento a cui non poteva essere riconosciuto il carattere decisivo atteso che la mancata notifica dell’atto di appello aveva inevitabilmente compromesso l'esito del giudizio d’appello al quale la società ACA non aveva preso parte, ha dichiarato, anzitutto di voler proporre querela-di falso avverso la cartolina attestante la consegna del plico AR all'indirizzo del procuratore costituito, contrastante con la sottoscrizione ad opera di un dipendente dell' ACA costituente falso civilisticamente rilevante e, quindi, richiesto la sospensione del presente giudizio con fissazione del termine per la instaurazione del giudizio di falso. La medesima società, - formulate istanze preliminari di sospensione della provvisoria esecutorietà della sentenza impugnata e di sospensione dei termini per la proposizione del ricorso in Cassazione quest’ultima accolta con ordinanza del 22.09.2001 nel merito ha censurato la sentenza oggetto di revocazione 1 per l’erronea statuizione di esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato anche per il periodo 3.06.2003 al 30.04.2004 in cui l’ACA aveva fatto ricorso alla somministrazione di lavoro, avvalendosi dell’operato della società Obiettivo Lavoro, la cui legittimità era stata fatta discendere dall’asserito mancato assolvimento dell’onere della prova delle esigenze produttive temporanee che non era stata oggetto del giudizio di primo grado 2 per l’erroneo riconoscimento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato senza che il D.M. avesse dedotto circostanze dimostrative del potere del datore di lavoro di prescrivere, di volta in volta, il contenuto della prestazione e senza che il medesimo avesse eccepito – quanto ai contratti a progetto – l’assenza di un progetto specifico 3 per la mancata applicazione dell’articolo 32 del c.d. Collegato lavoro, il quale aveva modificato l’apparato sanzionatorio conseguente alla conversione giudiziale dei contratti a termine stabilendo, stabilendo un’indennità risarcitoria onnicomprensiva da un minimo di 2.5 ad un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. Ha concluso, pertanto, come sopra. Ha resistito il D.M. eccependo preliminarmente l’inammissibilità dell’istanza di revocazione ex articolo 395 n. 3 cpc per scadenza dei termini ex artt. 325 e 326 cpc e, segnatamente per essere stata la medesima proposta il 19.08.2011 oltre il termine di 30 giorni dalla data di scoperta del documento ritenuto nuovo e decisivo” di Poste Italiane in data 22.06.2011. Il medesimo, inoltre, ha evidenziato l’infondatezza della revocazione avuto riguardo al documento nuovo” che non era già esistente e trovato dopo la sentenza”, bensì formato in data successiva a quella della decisione e pubblicazione della sentenza impugnata, quando comunque l’ACA aveva avuto conoscenza di fatto piena che il ricorso in appello era stato notificato il 30.10.2010 con certificazione chiara e certa dell’Ufficiale Giudiziario anche se a suo dire falsa e del portalettere, sicché alla comunicazione di Poste italiane non poteva riconoscersi carattere di documento rilevante ai sensi dell’articolo 395 n. 3 cpc e non poteva supplire ad una palese negligenza della parte e sotto diverso profilo, l’inattendibilità della ricostruzione di controparte essendo incontestabile che a suo tempo il ricorso in appello fosse stato notificato regolarmente all’ACA presso l’avv. S. con studio in Via omissis dove aveva eletto domicilio, come provato da due certificazioni pubbliche e cioè 1 dalla relazione dell’Ufficiale Giudiziario che aveva effettuato la notifica a mezzo posta il 28.10.2010 2 dalla cartolina di ritorno firmata il 2 novembre 2010 con certificazione del ricevimento da parte di ACA nel domicilio eletto presso l’avv. S. D. R. da impiegata a firma illeggibile , entrambe aventi natura di atto pubblico, ed a fronte delle quali non solo la Corte d’appello non poteva che dichiarare la contumacia di ACA ma destava perplessità perfino il fatto che il portalettere nel giugno 2011 potesse aver ricordato di aver nel novembre 2010 certificato il falso nel dare atto di aver consegnato ad ACA presso l’avv. S. D. R. la raccomandata AR in verità consegnata direttamente ad ACA secondo quanto dichiarato dalla datrice di lavoro. Solo per scrupolo, infine, ha contestato nel merito il ricorso per revocazione riportandosi ai motivi di appello sia quanto alla ricorrenza alla subordinazione sia alla illegittimità dei contratti interinali e di quelli a progetto su quali si fondava l’impossibile autonomia sostenuto dalla controparte. Contestata altresì l’applicabilità alla fattispecie dell’articolo 32 comma 5 del c.d. Collegato Lavoro, ha concluso come sopra. La domanda di revocazione deve essere dichiarata inammissibile in accoglimento della richiesta formulata in via preliminare da parte resistente. Premesso che ai sensi degli artt. 325 e 326 c.p.c. il termine per proporre la revocazione è di trenta giorni che decorrono nel caso di cui all’articolo 395 c.p.c. n. 3, dal giorno in cui è stato recuperato dalla parte il documento assunto decisivo, deve osservarsi – con riguardo alla fattispecie sottoposta all’esame della Corte – che la comunicazione di Poste italiane datata 22.06.2011, assunta come decisiva, non rientra nella richiamata ipotesi normativa, trattandosi di documento formato dopo la decisione sentenza n. 559/2011, pronunciata da questa Corte di Appello emessa il 19.05.2011 e pubblicata il successivo 15 luglio e, comunque, di richiesta di revocazione formulata con ricorso depositato il 19.08.2011, ben oltre i trenta giorni dal recupero” del documento decisivo. In vero, devono ritenersi insussistenti, nella fattispecie, entrambi i presupposti normativamente previsti per la valida proposizione del rimedio impugnatorio di carattere straordinario per l’ipotesi di cui all’articolo 395 cpc n. 3, rappresentati dalla preesistenza alla sentenza impugnata del documento decisivo – non potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario – e dalla proposizione del medesimo entro trenta giorni dalla data della scoperta del documento, atteso che siffatta impugnazione per revocazione correlata, a norma dell’articolo richiamato, al ritrovamento di documenti non potuti produrre nel giudizio conclusosi con la pronuncia della sentenza impugnata, deve essere proposta a pena di inammissibilità, norma degli articolo 325 e 326 cpc, entro trenta giorni dalla data della scoperta dei documenti medesimi e che l’onere della prova dell’osservanza del termine e quindi della tempestività e dell’ammissibilità dell’impugnazione, incombe alla parte che questa abbia proposto la quale deve indicare, a pena di inammissibilità della revocazione, le prove di tali circostanze, nonché del giorno della scoperta o del ritrovamento del documento cfr. Cassaz. N. 9826/2009 n. 2287/2005 indicando specificatamente articolo 398 c.p.c. comma 2 le circostanze idonee a dimostrare la data di verificazione dell’evento cui si correla la proposizione del gravame. Ciò in quanto l’ipotesi di revocazione di cui si discute presuppone, anzitutto, che un documento preesistente alla decisione impugnata, che la parte non abbia potuto produrre a suo tempo per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario, sia stato recuperato solo successivamente a tale decisione e, quindi, non può essere utilmente invocata facendo riferimento a un documento formato dopo la decisione. Secondo il costante insegnamento della Suprema Corte, l’ipotesi di revocazione di cui all’articolo 395 n. 3 cpc, presuppone, infatti, la sussistenza del requisito – esso pure essenziale – che il documento decisivo preesista alla decisione impugnata, tenendo conto dell’uso dell’espressione sono stati trovati” contenuta nel citato n. 3, alla quale fa riscontro il termine recupero” adottato nei successivi artt. 396 e 398 cpc, ed essendo affatto insufficiente che anteriore alla decisione sia il fatto” rappresentato nel documento” cfr. Cassaz. 12530/2011 Sez. Un. N. 16402/2007 n. 14114/2006 n. 11007/2000 n. 7653/1997 n. 4610/1996 n. 1838/1990 . Ne consegue che non avendo la società ricorrente osservato la previsione normativa circa il termine per la proposizione del rimedio impugnatorio di carattere straordinario di cui si è avvalsa, peraltro, invocato sul presupposto della rilevanza revocatoria di un documento non preesistente alla sentenza impugnata, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Alla medesima conclusione si perviene anche con riguardo al riferimento di parte ricorrente alla revocazione per errore di fatto, in cui si sarebbe incorsa la sentenza di questa Corte nel dichiarare la contumacia nel giudizio della ACA Spa per aver ignorato quanto emerso sempre dalla comunicazione di Poste italiane del 22.06.2011 circa il recapito della raccomandata n. a mezzo della quale è stato inviato il ricorso in appello. L’inammissibilità anche di detta ipotesi revocatoria, prevista dall’articolo 395 n. 4 cpc, emerge, con tutta evidenza dal fatto che questa presuppone l’esistenza di divergenti rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza e l’altra dagli atti e documenti di causa cfr. Cassaz. N. 16003/11, n. 24512/2009 n. 2425/2006 . L’errore di fatto revocatorio di cui all’articolo 395 n. 4 cpc essendo un errore di percezione del giudice risultante dagli atti o documenti della causa è configurabile solo nel caso in cui il giudice supponga inesistente un documento ritualmente prodotto ed effettivamente esistente, ovvero fondi la decisione sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontra stabilmente esclusa, sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito materia del dibattito processuale ed abbia i caratteri della assoluta evidenza e della semplice rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti e documenti di causa”, appunto. Invero, il fatto” – per legittimare la revocazione della sentenza – deve essere un dato della realtà, di carattere oggettivo, che si pone al di fuori del processo, anche se ne costituisce in dato causale, rilevabile sulla sola base della sentenza e non già sulla base di un documento formatosi fuori del processo di falsità del documento che ha costituito il fatto” causale della dichiarazione di contumacia, come pretende parte ricorrente la quale per dimostrare detto errore è stata costretta a chiedere la sospensione del giudizio per proporre, previa autorizzazione, querela di falso avverso la cartolina attestante la consegna del plico AR all’indirizzo del procuratore domiciliata rio – prodotta in atti e sulla quale si fonda la dichiarazione di contumacia contenuta nella sentenza – in quanto asseritamente contrastante con la sottoscrizione ad opera di un dipendente della stessa società ACA Spa sulla base dell’attestazione, in tal senso resa dal portalettere a Poste italiane, per come documentato con la comunicazione del 22.06.2011. Ne consegue – come già enunciato – che il ricorso per revocazione proposto dalla società ACA spa deve essere dichiarato inammissibile con assorbimento di tutte le altre questioni. Le spese sostenute dal resistente in questa fase, in applicazione del principio della soccombenza, devono essere poste a carico della società ricorrente che dovrà rimborsarle nell’ammontare indicato in dispositivo. P.Q.M. La Corte d’Appello di L’Aquila, definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione proposto avverso la sentenza n. 559 di questa Corte in funzione di giudice del lavoro, pronunciata in data 19.05.2011 così decide nel contraddittorio delle parti Dichiara inammissibile la domanda di revocazione Condanna la società ricorrente al rimborso delle spese sostenute in questa fase dal resistente che si liquidano in complessivi € 2.000,00 di cui € 1.100,00 per onorari da distrarsi in favore del procuratore antistatario.