Il capo della sentenza che compensa le spese di lite fra le parti va sempre motivato

Non c’è spazio per la discrezionalità il giudice deve motivare la scelta di compensare le spese. Le ragioni possono anche desumersi, in modo chiaro e inequivocabile, dal complesso della motivazione adottata nel merito.

Nei giudizi soggetti alla disciplina dell’art. 92, comma 2, c.p.c., come modificato dall’art. 2, comma 1, lettera a , della Legge 28 dicembre 2005 n. 263, ove non sussista reciproca soccombenza, è legittima la compensazione parziale o per intero delle spese processuali soltanto quando i giusti motivi a tal fine ravvisati siano dal Giudice esplicitamente indicati. La terza sezione della Corte di legittimità, confermando l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite nel 2008, ha definitivamente sottratto all’arbitrio del Giudice di merito la statuizione in merito alle spese di lite. Per la compensazione delle spese serve sempre una motivazione. In altre parole, a seguito della novella normativa di cui alla Legge 28 dicembre 2005 n. 263, il Magistrato, qualora compensi anche parzialmente le spese di lite deve motivare la propria statuizione onde consentire alla parte di comprendere le ragioni che lo hanno indotto a tale statuizione. Le motivazioni possono essere desumibili, chiaramente e inequivocabilmente, dal complesso della decisione adottata. Si badi bene a tal fine non è necessaria l'adozione di motivazioni specificamente riferite a detto provvedimento purché dette siano chiaramente, e inequivocabilmente, desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione di merito. In altre parole la compensazione fra le parti dell'onere circa il sostenimento delle spese del giudizio non è arbitrario, discrezionale o svincolato dalla correlativa disposizione che impone - in conformità ai canoni del giusto processo ed effettività del diritto di difesa - di gravare il soccombente del costo economico della lite ne consegue che laddove il Giudice ritenga di derogare a tale principio deve necessariamente manifestare, si ribadisce in modo intellegibile, le ragioni che giustificano la deroga. Il difetto di motivazione è contrario alla Costituzione. Il difetto di motivazione violerebbe l’articolo 24 della Carta fondamentale dei diritti, soprattutto nell’ipotesi in cui il valore del giudizio sia di modesta entità o, comunque, inferiore rispetto alle spese processuali. La novella normativa, così come interpretata dalla Corte di legittimità, non può che esser accolta con favore posto che prima dell’entrata in vigore la regolamentazione delle spese di lite era soggetta al libero arbitrio del Giudice che, spesso, per giustificare la compensazione si limitava a inserire le ormai note locuzioni sussistono motivi di equità” o sussistono giusti motivi”. Espressioni che, soprattutto nell’ipotesi in cui il valore del giudizio era limitato, erano in grado di far divenire soccombente la parte che aveva ottenuto il favore del Tribunale. Infine, anche a voler prescindere dai principi generali del diritto, nella società contemporanea il Giudice non è più considerato come un individuo infallibile, ma come un uomo che, come tutti gli altri, può sbagliare e, pertanto, è necessario che esprima il proprio ragionamento affinché possa essere valutato criticamente.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 13 dicembre 2011 – 24 gennaio 2012, numero 939 Presidente Filadoro – Relatore Carluccio Svolgimento del processo 1. L'Avv. G A. notificava due distinti atti di precetto, e contestuale sentenza, provvisoriamente esecutiva, contenente condanna in solido di Edificatrice Cooperativa Comunale Cesena Coop e di P L., al risarcimento dei danni in dipendenza della pubblicazione di un articolo e alle spese. li Tribunale di Forlì - sezione distaccata di Cesena - rigettava l'opposizione a precetto, relativa alla carenza di esecutività del titolo in ordine alle spese di soccombenza, e alla quantificazione delle voci di spesa, proposta da P L., nonché identica opposizione proposta da Edificatrice Cooperativa, riunita alla prima procedimento rg numero 415/08, nella sentenza impugnata riunione di cui si da atto nel ricorso pag. 2 compensava integralmente le spese processuali per giusti motivi sentenza del 13 maggio 2009, numero 131 . 2. Avverso la suddetta sentenza propone ricorso per cassazione Avv. G A., con un unico motivo, esplicato da memoria, con il quale censura la totale mancanza di motivazione in ordine alla disposta compensazione delle spese giudiziali. Resistono con distinti, ma identici, controricorsi, L. e la Cooperativa, che propongono ricorso incidentale, con cinque identici motivi. Al ricorso incidentale resiste con controricorso A Motivi della decisione 1. La sentenza impugnata ha fondato il rigetto dell'opposizione sulle seguenti argomentazioni. L'opposto ha validamente sostenuto la efficacia esecutiva della sentenza in ordine alla condanna alle spese, anche con riferimento alle spese successive indicate nel precetto, richiamando alcune decisioni di legittimità. Quanto alle erronee quantificazioni - sono legittimamente diversificate le competenze riferite al versamento dell'imposta di registro e alla successiva registrazione della sentenza - sono legittimamente calcolati gli oneri relativi al contributo cassa avvocati e spese generali - in riferimento all'IVA, essendo l'opposto sostituto di imposta è tenuto a riscuotere l'IVA e a versarla a norma di legge solo nel caso in cui l'imposta a credito fosse uguale alla imposta a debito, la detrazione dell'IVA a credito consentirebbe di evitare il versamento della stessa all'erario ma nella specie l'IVA versata per l'acquisto è stata minore rispetto all'importo riscosso, come risulta dai documenti. 1.1. La decisione ha per oggetto i ricorsi riuniti proposti avverso la stessa sentenza. 2. Sono logicamente preliminari i ricorsi incidentali identici . Non è più messa in discussione l'esecutività della sentenza in ordine alle spese tutti i motivi concernono la quantificazione delle stesse. 2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione dell'art. 2797 cod. civ. e si formula il seguente quesito se in tema di opposizione ad atto di precetto formato su titolo costituito da sentenza la prova del contenuto e del limite della propria obbligazione risulti validamente fornita dall'intimato opponente mediante la produzione della sentenza portante la propria condanna”. 2.1.1. Il motivo si basa su un periodo contenuto in sentenza, che precede la parte motiva vera e propria, il cui contenuto testuale è il seguente l'opponente non ha sufficientemente dimostrato l'esistenza e la validità dei motivi addotti a sostegno delle proprie tesi”. Da qui i ricorrenti derivano la lesione del principio dell'onere probatorio. Il motivo è inammissibile. Dal complesso della sentenza impugnata risulta chiaro che la frase riportata non ha un autonomo contenuto decisorio. 2.2. Con il secondo motivo, si deduce violazione e falsa applicazione del d.m. 8 aprile 2004. Si formula il seguente quesito se a norma del d.m. 8 aprile 2004 che sancisce le tariffe forensi consista in illecita duplicazione delle competenze e dei diritti di avvocato l'intimazione alla parte soccombente nelle spese giudiziali di rimborsare alla parte vittoriosa un compenso per il versamento dell'importo di imposta di registrazione della sentenza nonché un ulteriore compenso per la registrazione della sentenza”. Nella parte esplicativa si deduce la violazione della voce numero 42, tab. B Diritti di avvocato della suddetta tariffa che, comprendendo ogni attività inerente la registrazione della sentenza, non consentirebbe la differenziazione tra attività di versamento dell'imposta e attività di registrazione della sentenza. 2.2.1. Il motivo va rigettato. Correttamente il giudice ha ritenuto l'esistenza di due distinte voci per la individuazione dei diritti di avvocato, stante la chiara dizione della Tariffa forense D.M. 8 aprile 2004, numero 127, Regolamento recante determinazione degli onorari, dei diritti e delle indennità spettanti agli avvocati per le prestazioni giudiziali, in materia civile, amministrativa, tributaria, penale e stragiudiziali . Questa infatti all. B , prevede distinti diritti Per provvedere alla registrazione della sentenza e di ogni altro provvedimento soggetto a registrazione anche e debito, ivi compresa ogni attività inerente” numero 42 e Per eseguire all'ufficio i depositi richiesti dalla legge” numero 44 . 2.3. Con il terzo motivo si deducono vizi motivazionali insufficiente, erronea, contraddittoria motivazione per aver calcolato le spese generali e il contributo cassa avvocati, nella rispettiva percentuale, considerando le voci, di cui al motivo precedente, ritenute duplicate. Secondo quanto affermato nel quesito ciò determinerebbe la nullità dell'intimazione di pagamento delle spese. 2.3.1. L'esame del motivo resta assorbito dal rigetto del secondo, del quale presuppone l'accoglimento per essere rilevante. 2.4. Con il quarto motivo si deduce la violazione dell'art. 2041 cod. civ., nonché delle norme in tema di IVA artt. 3, 19, 25, 27, 30 del d.P.R. 633 del 1972, anche in riferimento alla gratuità, ai fini IRPEF, dei compensi per autodifesa. Si formula il seguente quesito se sia da giudicare e da dichiarare nulla e di nessun effetto l'intimazione di pagamento notificata con atto di precetto della parte vittoriosa sulle spese di soccombenza liquidate in sentenza qualora la parte vittoriosa intimante abbia natura di titolare di propria partita IVA facultizzata alla detrazione nei confronti dell'Erario dell'imposta assolta su fattura del difensore e l'importo conclusivo intimato comprenda l'imposta sul valore aggiunto calcolata su spese, competenze e onorari imponibili destinata ad essere detratta nei confronti dell'Erario”. Con la parte esplicativa si sostiene, in sintesi, che sarebbe illegittima la pretesa, contenuta nel precetto, relativa al rimborso IVA al 20% sulle spese di soccombenza liquidate in sentenza a favore dell'Avv. A Ciò sulla base di due profili per essere l'avvocato soggetto titolare di propria partita IVA, quale professionista per essere, quale difensore di se stesso, fornitore e fruitore della prestazione di servizio, con la conseguenza che l'importo attribuito all'avvocato quale difensore di se stesso non costituirebbe - secondo la dottrina e la risposta ad un interpello fornita dalla Direzione Regionale del Lazio Fiscalità generale - imponibile ai fini IVA e IRPEF. 2.4.1. li motivo è inammissibile per mancata corrispondenza tra rubrica e parte esplicativa del motivo e quesito che lo conclude. Nel quesito, infatti, manca ogni riferimento agli effetti derivanti dalla coincidenza, in capo al professionista, della qualità di parte del processo. Stante l'impossibilità di integrare il quesito con la parte esplicativa Cass. 20 giugno 2008, numero 16941 , consegue l'inammissibilità del motivo per inadeguatezza del quesito questo, mancando di completezza, ingenera dubbi sulla questione di diritto devoluta alla Corte e incide sulla specificità e univocità della censura. 2.5. L'ultimo motivo indicato solo come spese giudiziali” si conclude con un quesito, indicato come quinto, del seguente tenore se le spese giudiziali dei procedimenti di merito e di legittimità relativi ad opposizione a precetto nullo o comunque inefficace vadano poste a carico dell'intimante autore dell'atto di precetto nullo o inefficace”. Tale censura è difficilmente qualificabile come motivo” in senso proprio, ai sensi degli artt. 360 e 366, numero 4 cod. proc. civ., con conseguente inammissibilità della stessa. Rilevano, in tale direzione, la mancanza di una rubrica e della indicazione delle norme di diritto violate, oltre che la commistione tra causa di merito giudizio di legittimità. 2.6. In conclusione, i ricorsi incidentali devono essere rigettati. 3. Il ricorso principale è fondato. È applicabile ratione temporis l'art. 92 cod. proc. civ., nella formulazione novellata dalla legge 28 dicembre 2005, numero 263, secondo il quale il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti Se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione”. La sentenza impugnata ha basato la compensazione delle spese su giusti motivi”, senza altro aggiungere. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, Nei giudizi soggetti alla disciplina dell'art. 92, secondo comma, cod. proc. civ., come modificato dall'art. 2, primo comma, lett. a , della legge 28 dicembre 2005, numero 263, ove non sussista reciproca soccombenza, è legittima la compensazione parziale o per intero delle spese processuali soltanto quando i giusti motivi a tal fine ravvisati siano dal giudice esplicitamente indicati”. Cass. 27 settembre 2010, numero 20324 Cass. 10 giugno 2011, numero 12893 . Non essendo esplicitati i motivi, il ricorso va accolto. 3.1. Alla cassazione della sentenza in accoglimento del ricorso principale, può far seguito la decisione nel merito, ex art. 384 cod. proc. civ., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto in relazione alla liquidazione delle spese processuali per il giudizio innanzi al Giudice di pace, conclusosi con il rigetto delle opposizioni proposte. Le dette spese sono liquidate a favore del ricorrente, come da dispositivo. 4. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. P.Q.M. LA CORTE DI CASSAZIONE pronunciando sui ricorsi riuniti, rigetta i ricorsi incidentali accoglie il ricorso principale, cassa in relazione e, decidendo nel merito, condanna Edificatrice Cooperativa Comunale Cesena Coop e P L., in solido, al pagamento, in favore dell'Avv. G A., delle spese processuali dell’unico grado di merito, nella misura di Euro 1.725,00 per diritti, di Euro 2.300,00 per onorari, oltre Euro 400,00 per esborsi. Per le spese processuali del giudizio di cassazione, condanna gli stessi al pagamento, in favore dell'A., al pagamento di Euro 900,00, di Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.