La legittimazione attiva del fallito rispetto ad un’ordinaria azione esecutiva in favore della curatela

La normativa sull’inefficacia e sulla perdita di capacità processuale del fallito è dettata ad esclusivo interesse della massa dei creditori, con la conseguente impossibilità per i singoli debitori di invocarla a proprio vantaggio.

Al centro dell’attenzione la problematica concernente la carenza d’interesse, da parte di un debitore, a dolersi della pronuncia di un’assegnazione di un suo credito, in favore di un proprio creditore all’esito di un’espropriazione presso terzi. Nello specifico, la sentenza n. 694/12 della Terza sezione civile della Corte di Cassazione, depositata il 18 gennaio scorso, costituisce occasione per precisare che la normativa sull’inefficacia e sulla perdita, entrambe relative, di capacità processuale del fallito è dettata ad esclusivo interesse della massa dei creditori e non dei singoli debitori di quello, con la conseguente impossibilità, per costoro, di invocarla a proprio vantaggio. Sul punto intervengono i giudici di legittimità, ribadendo che il debitore non ha alcun interesse a dolersi di una complessiva ordinanza di assegnazione, pronunciata ad estinzione del debito stesso, in favore del solo legittimato a pretendere l’adempimento, cioè la curatela del fallimento del creditore esecutante, visto che solo il pagamento a quest’ultima avrebbe piena efficacia solutoria, opponibile perfino al creditore per il caso possa tornare in bonis . La vicenda. Il caso di specie origina dall'impugnazione per Cassazione presentata da parte di un terzo pignorato, la Banca d’Italia avverso l’ordinanza di assegnazione, come integrata con provvedimento reso in corso di opposizione agli esecutivi, comportante il pagamento di alcune somme in favore della curatela di un fallimento. Il ricorrente lamenta, in sede di legittimità, il difetto di legittimazione attiva della società procedente, in quanto essa aveva dato corso alla procedura esecutiva quando era già stata dichiarata fallita l’insussistenza del credito per cui si procedeva, per essere stato già pagato tutto quanto dovuto l’illegittimità della disposta precisazione di spettanza del pagamento alla curatela, per difetto del presupposto dell’inerzia degli organi fallimentari e comunque per il vizio della procedura come intentata dal creditore poi fallito. Gli Ermellini, invero, respingendo in toto il ricorso, chiariscono che ove più non possa - anche per ragioni di rito - contestare la persistenza del suo debito, non ha interesse il debitore a dolersi della pronuncia di un’assegnazione di un suo credito in favore di un proprio creditore all’esito di un’espropriazione presso terzi, quand’anche questa sia stata iniziata da quest’ultimo quando già ne era stato dichiarato il fallimento, ove il complessivo provvedimento di assegnazione specifichi pure che il pagamento debba essere effettuato agli organi della curatela. Nel processo esecutivo non opera la disciplina dell’interruzione. L’art. 43 l. fall. comporta che nelle controversie relative a rapporti di diritto patrimoniale del fallito compresi nel fallimento stia in giudizio il curatore, fatta eccezione per le questioni da cui potrebbe dipendere un'imputazione di bancarotta a suo carico e per le ipotesi in cui l'intervento sia previsto dalla legge. La stessa norma ricollega all’apertura del fallimento l’interruzione del processo. Quest’ultima, tuttavia, come evidenziato dalla Suprema Corte, non opera nel processo esecutivo. Pertanto, nell’ipotesi de qua di un’ordinanza di assegnazione come integrata con provvedimento reso in corso di opposizione agli esecutivi, il pagamento delle somme deve avere luogo da parte del terzo pignorato alla curatela del fallimento del creditore esecutante, con sostanziale riconduzione della procedura esecutiva individuale, sia pure già formalmente conclusa ma prima della materiale esecuzione di quanto previsto nell’ordinanza conclusiva, nell’alveo delle ordinarie azioni esecutive della curatela o delle quali, per quanto già iniziate, questa possa legittimamente giovarsi. La legittimazione processuale personale del fallito. Occorre peraltro precisare come la legittimazione processuale personale del fallito per i rapporti patrimoniali compresi nel fallimento possa, eccezionalmente, essere riconosciuta nel caso di disinteresse o inerzia degli organi preposti al fallimento e non anche quando detti organi si siano concretamente attivati ed abbiano ritenuto non conveniente intraprendere, o proseguire, una determinata controversia. La perdita della capacità processuale relativa” del fallito. La sentenza dichiarativa di fallimento priva il fallito dell’amministrazione e della disponibilità dei beni in suo possesso, con decorrenza dalla data di deposito della sentenza stessa in cancelleria. Lo spossessamento del fallito, peraltro, avviene sia in senso giuridico che materiale, poiché il curatore subentra sia nell’amministrazione giuridica che nella disponibilità dei beni, cosicché il patrimonio del fallito viene a separarsi dai suoi beni strettamente personali per essere dato in garanzia ai creditori al fine di assicurarne il soddisfacimento in sede di esecuzione concorsuale. A tale spossessamento ed alla perdita della capacità di amministrazione e disposizione del fallito fa riscontro anche la perdita della capacità processuale, sia attiva che passiva, dello stesso in ordine ai rapporti di carattere patrimoniale rientranti nel fallimento. Ne deriva, pertanto, che il fallito conserva la propria legittimazione processuale limitatamente alle azioni di carattere personale ed a quelle relative a rapporti patrimoniali che rimangano estranei al fallimento. La normativa sull’efficacia della capacità processuale è dettata ad esclusivo interesse della massa dei creditori e non dei singoli debitori . Si può dunque concludere che la perdita della capacità processuale del fallito, a seguito della dichiarazione di fallimento, non è assoluta, ma relativa alla massa dei creditori, alla quale soltanto, e per essa al curatore, è concesso eccepirla. Nozione ribadita esplicitamente dagli Ermellini che sottolineano come la normativa sull’efficacia e sulla perdita, entrambe relative, di capacità processuale del fallito è dettata ad esclusivo interesse della massa dei creditori e non dei singoli debitori di quello, con la conseguente impossibilità, per costoro, di invocarla a proprio vantaggio.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 13 dicembre 2011 – 18 gennaio 2012, n. 694 Presidente Filadoro – Relatore De Stefano Svolgimento del processo e motivi della decisione 1. Va rilevato in fatto che 1.1. il Ministero dello Sviluppo Economico già Ministero delle Attività Produttive ricorre, affidandosi a tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 2581/09 del Tribunale di Roma, pubbl. il 5.2.09 e notif. il 10.9.09, con cui è stata dichiarata inammissibile l'opposizione all'esecuzione ed al contempo rigettata l'opposizione agli atti esecutivi proposta dal medesimo Ministero avverso l'ordinanza di assegnazione di crediti di quello nei confronti della Banca d'Italia, per un credito azionato da tale Futura spa, resa dal giudice dell'esecuzione di quel tribunale in data 19.3.07 ed integrata con provvedimento del 30.7.07, con cui si è precisato che il pagamento andava effettuato alla curatela del procedente 1.2. in particolare, il Ministero aveva proposto opposizione sostenendo il difetto di legittimazione attiva della società procedente, in quanto essa aveva dato corso alla procedura esecutiva quando era già stata dichiarata fallita l'insussistenza del credito per cui si procedeva, per essere stato già pagato tutto quanto dovuto l'illegittimità della disposta precisazione di spettanza del pagamento alla curatela, per difetto del presupposto dell'inerzia degli organi fallimentari e comunque per il vizio della procedura come intentata dal creditore poi fallito 1.3. a seguito della notifica del ricorso per cassazione anche alla Banca d'Italia sezione di Tesoreria Provinciale di Roma e Tesoreria Centrale , nonché alla Futura spa in persona del suo precedente amministratore per quanto presso avvocato che non risulta costituito nell'unico grado di merito , resiste con controricorso la sola curatela del fallimento della spa Futura 1.4. illustrate dalle parti le rispettive posizioni anche con memorie ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ., solo il ricorrente discute alla pubblica udienza del 13.12.11 al cui esito il Collegio ha deciso, raccomandando una motivazione particolarmente semplificata. 2. Va considerato in diritto 2.1. che il ricorrente sviluppa tre motivi 2.1.1. un primo, di violazione e falsa applicazione dell'art. 43 del r.d. 267/1942 e degli articoli 100 e 299 c.p.c., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. , concluso con un quesito di diritto con il quale chiede riconoscersi la nullità della sentenza gravata per l'erroneità del presupposto del carattere solamente relativo della perdita di capacità processuale del fallito, quest'ultima invece potendo essere eccepita dalla controparte o rilevata di ufficio dal giudice una volta intrapresa l'azione da chi era già stato dichiarato fallito, nonché dovendo trovare applicazione la nuova norma del terzo comma dell'art. 43 del r.d. 267/1942 sull'interruzione del processo e rispondendo la giurisprudenza richiamata dalla gravata sentenza ad un'esigenza di tutela del fallito dall'inerzia del curatore che invece non sussiste nella fattispecie 2.1.2. un secondo, di violazione e falsa applicazione dell'art. 43 del r.d. 267/1942 e degli articoli 100 e 299 c.p.c., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. , pedissequamente identico nello sviluppo al precedente, concluso con un quesito di diritto con il quale chiede riconoscersi quale vizio della sentenza il rigetto per i medesimi, erroneo a suo dire per le identiche ragioni 2.1.3. un terzo, di insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell'articolo 360, comma 1, n. 5 c.p.c. , con il quale censura la gravata sentenza per avere essa ritenuto sussistente l'inerzia del curatore, giustificatrice dell'azione personale da parte del fallito, nonostante fossero decorsi appena quindici giorni dalla dichiarazione di fallimento 2.2. che la controricorrente curatela del fallimento della Futura spa erroneamente indicata come spa Intesa nell'intestazione del controricorso contesta partitamente i motivi di ricorso, dolendosi anche della loro non piena conformità al disposto dell'art. 366 bis cod. proc. civ. 2.3. che, esaminati congiuntamente, per la loro stretta interconnessione, i tre motivi di gravame sono infondati, in quanto 2.3.1. della pronuncia oggetto del presente ricorso non viene impugnata la declaratoria di inammissibilità della doglianza relativa alla carenza del diritto di procedere ad esecuzione per pagamento intervenuto anteriormente all'inizio della procedura esecutiva, inammissibilità a sua volta incentrata sulla qualificazione del relativo motivo di opposizione entro la previsione dell'art. 615 cod. proc. civ. con la conseguenza che diviene definitiva la statuizione della persistenza del credito azionato 2.3.2. una volta conclusa con l'ordinanza di assegnazione del credito la procedura di espropriazione presso terzi, tale ordinanza non può essere impugnata che per vizi suoi propri tra le ultime, v. Cass. 9.3.11 n. 5529 Cass. 24 febbraio 2011, n. 4505, ove ulteriori richiami 2.3.3. nel caso di specie, l'ordinanza di assegnazione, come integrata con provvedimento reso in corso di opposizione agli atti esecutivi, comporta che il pagamento delle somme debba avere luogo, da parte del terzo pignorato Banca d'Italia, alla curatela del fallimento del creditore esecutante con sostanziale riconduzione della procedura esecutiva individuale, sia pure una volta già formalmente conclusa ma prima della materiale esecuzione di quanto previsto nell'ordinanza conclusiva, nell'alveo delle ordinarie azioni esecutive della curatela o delle quali, per quanto già iniziate, questa possa legittimamente giovarsi 2.3.4. non ha allora - in dipendenza cioè della sua condotta processuale, liberamente scelta e tenuta, di rendere processualmente intangibile la circostanza della persistente debenza della somma - alcun interesse il debitore, che non può più utilmente revocare in dubbio che il debito suo persiste, a dolersi di una complessiva ordinanza di assegnazione pronunciata ad estinzione oltretutto, per scolastica nozione, con efficacia solo pro solvendo - del debito stesso in favore del solo legittimato a pretenderne l'adempimento, cioè la curatela del fallimento del creditore esecutante visto che solo il pagamento a quest'ultima avrebbe piena efficacia solutoria, opponibile perfino al creditore per il caso possa tornire in bonis 2.3.5. e tanto a tacere del fatto che la normativa sull'inefficacia e sulla perdita, entrambe relative, di capacità processuale del fallito è dettata ad esclusivo interesse della massa dei creditori e non dei singoli debitori di quello, con la conseguente impossibilità, per costoro, di invocarla a proprio vantaggio non opera, nel processo esecutivo, la disciplina dell'interruzione, dettata per il processo di cognizione l'iniziativa della curatela tiene sostanzialmente luogo di un intervento nella procedura già iniziata, al fine di conseguirne ogni utilità normalmente derivante dal suo sviluppo. 3. Il ricorso va pertanto rigettato, in applicazione del seguente principio di diritto ove più non possa - anche per ragioni di rito - contestare la persistenza del suo debito, non ha interesse il debitore a dolersi della pronuncia di un'assegnazione di un suo credito in favore di un proprio creditore all'esito di espropriazione presso terzi, quand'anche questa sia stata iniziata da quest'ultimo quando già ne era stato dichiarato il fallimento, ove il complessivo provvedimento di assegnazione specifichi pure che il pagamento debba essere effettuato agli organi della curatela. 4. Quanto alle spese del giudizio di legittimità, peraltro, la riconducibilità della decisione alla condotta processuale dello stesso ricorrente integra, ad avviso del Collegio, un giusto motivo di compensazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso compensa le spese del giudizio di legittimità.