Il cliente si autoriduce le fatture e il gestore sospende la fornitura dell’acqua: esclusa la riattivazione cautelare

Non c’è l’inadempienza del gestore, lamentata dall’utente per giustificare l’autoriduzione, perché non è obbligatorio il passaggio tariffario alla fatturazione sui consumi effettivi.

La vicenda. Una cliente del servizio idrico locale in questo caso della provincia di Lucca ritiene di contestare le tariffe applicate dal gestore del servizio e decide di autoridursi le fatture ciò perché contesta il sistema tariffario in quanto – a suo dire – il gestore non era passato da un sistema a lente tarata che prescinde dalla quantità di acqua consumata ad un sistema che computasse i consumi effettivi degli utenti. Inevitabile, a quel punto la reazione del gestore del servizio che applica la procedura prevista per i casi di morosità e, quindi, la sospensione del servizio. A fronte della sospensione del servizio preannunciata da dodici avvisi di messa in mora e sette preavvisi di distacco la cliente chiede, ed in primo grado ottiene, un provvedimento cautelare che ordina al gestore di riallacciare la fornitura dell’acqua. Avverso quell’ordinanza il gestore propone reclamo che viene deciso dal Tribunale di Lucca in funzione collegiale con l’ordinanza del 6 dicembre 2011. Inammissibile la richiesta di riattivare la fornitura di acqua. Il Collegio del Tribunale di Lucca decide di accogliere il reclamo per ragioni sia di rito che di merito relativi al fumus . In primo luogo, infatti, il Collegio ha ritenuto che il ricorso introduttivo non avesse individuato l’autonomo petitum della instauranda causa di merito, essendosi limitata a fare riferimento alla domanda di accertamento della illegittimità della sospensione della fornitura idrica, con conseguente ordine di riattivazione della medesima, che risulta essere lo stesso petitum dell’istanza cautelare . Per il Tribunale, quindi, il provvedimento richiesto con il ricorso ex art. 700 c.p.c. sarebbe totalmente anticipatorio della sentenza che la parte auspica di ottenere in suo favore . Senonché – sempre secondo il Tribunale – lo strumento cautelare attivato dovrebbe essere, per definizione, strumentale ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione finale, e non certo idoneo ad anticiparla in toto . Orbene, l’argomentazione dei giudici lucchesi sul punto non convince se fondata esclusivamente – come sembra - sulla circostanza dell’impossibilità di chiedere ex art. 700 c.p.c. un provvedimento totalmente anticipatorio della sentenza di merito. Ed infatti, specialmente dopo la riforma del 2005, non v’è dubbio che i provvedimenti cautelari, secondo una classica bipartizione e a prescindere dall’autonomia della categoria dei provvedimenti assicurativi come recita l’art. 700 c.p.c. , possono avere una funzione conservativa o anche anticipatoria cfr. art. 669- octies , comma 6, c.p.c. degli effetti della futura sentenza di merito. Anzi, proprio la loro capacità di anticipare gli effetti della futura sentenza di merito in tutto o in parte ha fatto sì che il legislatore introducesse un regime di c.d. strumentalità attenuata nel senso che, una volta ottenuto un provvedimento cautelare anticipatorio la parte non sarà più onerata di introdurre o portare a termine il giudizio di merito . Diverso sarebbe stato se il Tribunale avesse rilevato una mancata allegazione della causa di merito in quel caso, però, il problema sarebbe stato l’impossibilità di valutare il fumus della futura causa di merito. Fatturare su consumi effettivi è un obiettivo che dipende dall’ATO e non dal gestore. Ma il provvedimento, come anticipato, è fondato su una motivazione concorrente relativa al fumus che sarà destinata ad avere un certo effetto su contenziosi simili assai diffusi. Ed infatti, per il Tribunale l’inadempienza lamentata dall’utente per giustificare la autoriduzione e, cioè, quella per la quale il gestore non era passato da un sistema a lente tarata ad un sistema che computasse i consumi effettivi degli utenti non era una vera e propria inadempienza poiché la normativa di settore non prevedeva quel passaggio tariffario come obbligatorio, bensì come uno degli obiettivi da raggiungere senza, peraltro, fissare alcun termine finale. Ma v’è di più quel passaggio non dipenderebbe dal gestore ma dall’ATO che deve programmare quegli interventi. Nessuna sospensione della fornitura se c’è una controversia pendente. Particolarmente interessanti, poi, le motivazioni del Tribunale in ordine ad un’argomentazione dell’utente che aveva lamentato l’illegittimità della sospensione perché, tra l’altro, il Regolamento del servizio idrico integrato impedisce di sospendere la fornitura in pendenza di una controversia. Ebbene, nel nostro caso secondo i giudici non ci sarebbe una vera e propria controversia, bensì una mera autoriduzione unilaterale della fattura. Ciò perché l’utente non ha mai contestato in sede giurisdizionale la legittimità delle tariffe applicate come ben avrebbe potuto fare e non ha mai avanzato alcuna contestazione formale relativa ai suoi addebiti. Ecco allora che, se la c.d. autoriduzione equivalesse a controversia ai fini di escludere la possibilità di sospendere la fornitura di acqua, si creerebbe un’illegittima ed ingiustificata anarchia nella fruizione del servizio ed una sostanziale impossibilità di mantenerlo,e quindi un sistema dove ognuno sarebbe libero di determinare da solo e a suo piacimento gli importi da pagare, il tutto al di fuori di una logica regolamentare e anche contrattuale . Del resto la norma regolamentare che prevede l’impossibilità di sospendere se c’è contestazione sui consumi tecnicamente sulla ricostruzione dei consumi” non potrebbe trovare applicazione nel caso concreto per il solo fatto che si contesti senza però impugnarla nelle sedi competenti la legittimità del sistema tariffario. Ecco allora che il Collegio accolto il reclamo ha altresì condannato, del tutto correttamente vista la soccombenza, la ricorrente in primo grado al pagamento delle spese processuali del doppio grado di giudizio.

Tribunale civile di Lucca, ordinanza 6 dicembre 2011 Presidente Mormino – Relatore Mugnaini Fatto e diritto Il reclamo è pienamente fondato. Infatti la decisione di accoglimento assunta dal giudice di prime cure in via cautelare non ha tenuto conto, anzitutto, della questione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla resistente, che è preliminare e condivisibile, e poi ha ritenuto l'esistenza del fumus della pretesa che invece non è assolutamente ravvisabile nel caso di specie. Quanto al primo ed assorbente aspetto, non vi è dubbio che la ricorrente, con l'atto introduttivo, non abbia affatto individuato l'autonomo petitum della instauranda causa di merito, essendosi limitata a fare riferimento alla domanda di accertamento della illegittimità della sospensione della fornitura idrica, con conseguente ordine di riattivazione della medesima, che risulta essere lo stesso petitum dell'istanza cautelare. Ne consegue che il provvedimento richiesto ex art. 700 c.p.c. si presenta, in questo caso, come totalmente anticipatorìo della sentenza che la parte auspica dì ottenere in suo favore, mentre lo strumento cautelare attivato dovrebbe essere, per definizione, strumentale ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione finale, e non certo idoneo ad anticiparla in toto. Alle argomentazioni che precedono si aggiunga, in ogni caso, che il provvedimento del giudice di prime cure non è affatto condivisibile neppure nel merito. Infatti, assolutamente infondato risulta in fumus dell'istanza, se si considera che 1 l'ente gestore aveva pieno diritto, secondo le disposizioni regolamentari vigenti cfr, art. 49 Regolamento del Servizio Idrico integrato , di procedere alla sospensione della fornitura di acqua, essendo pacifico anzi, addirittura rivendicato dall'interessata che la ricorrente sia morosa fin dai 2009 e abbia ricevuto, prima della sospensione, dodici avvisi di messa in mora e sette preavvisi di distacco infatti, è la stessa D. che afferma di avere fatto la scelta di autoridursi il corrispettivo dovuto, ben sapendo quali sarebbero state le legittime conseguenze 2 l'inadempienza della ricorrente scaturita dalla condotta arbitraria di autoriduzione non può in alcun modo essere giustificata dall'assente ed insussistente inadempienza dell'ente gestore per quanto quello di passare da un sistema a lente tarata ad un sistema che computi i consumi effettivi degli utenti sia un obiettivo da perseguire, la normativa di settore non stabilisce alcun obbligo in tal senso e comunque non prescrive un termine entro il quale l'obiettivo debba essere raggiunto in ogni caso tale passaggio non dipende dall'odierna reclamante, ma dall'AATO, che deve programmare gli interventi e gli investimenti necessari all'interno dei propri Piani di Previsione in sostanza l'ente gestore non ha alcuna autonomia né discrezionalità in questo campo 3 nel procedere alla sospensione il gestore non ha violato alcuna norma di legge o di regolamento in particolare, il concetto di controversia relativa alla ricostruzione dei consumi , invocato dalla ricorrente per sostenere l'applicazione della fattispecie di cui all'art. 49, comma 9, lettera d del Regolamento del Servizio Idrico Integrato e dunque per affermare la illegittimità della sospensione della fornitura , non può coincidere con la mera contestazione unilaterale dette somme imposte, che sussiste nel caso di specie infatti, se fosse sufficiente, come nel caso che ci occupa, che l'utente contestasse, al di fuori di un qualsiasi contenzioso amministrativo e/o giurisdizionale , le tariffe applicate, e procedesse, per ciò solo, ad autoridurle, si porrebbe nel nulla l'indiscutibile diritto dell'ente gestore di reagire, come da apposita regolamentazione, alla morosità degli utenti posto che ogni condotta di autoriduzione comporterebbe, per ciò solo, un'implicita contestazione delle tariffe e quindi, nell'ottica della ricorrente, una controversia sulle medesime . In questo modo si creerebbe un'illegittima ed ingiustificata anarchia nella fruizione del servizio ed una sostanziale impossibilità di mantenerlo, e quindi un sistema dove ognuno sarebbe libero di determinare da solo e a suo piacimento gli importi da pagare, il tutto ai di fuori di una logica regolamentare e anche contrattuale. Nel caso di specie la ricorrente, morosa dal 2009, si è ben guardata dal portare la vera questione sottesa alla controversia odierna, cioè quella {ritenuta anche dal giudice dì prime cure della legittimità delle tariffe e, più in generale, della legittimità del sistema a lente tarata davanti ad un organo giurisdizionale e, in ogni caso, si è ben guardata dall'avanzare alcuna contestazione formale e diretta, circa gli esborsi a lei personalmente richiesti, nei confronti dell'ente gestore dunque non sussiste alcun contenzioso che possa attivare la previsione di cui all'art. 49/9° lett. d del Regolamento citato, la cui ratio è appunto quella di impedire la sospensione della fornitura fino a che la controversia contenziosa o pre-contenziosa sia in una fase in cui si attende una qualche decisione del gestore stesso o del Giudice cui essa è stata devoluta 4 se, per assurdo, si ritenesse sussistere, nel caso di specie, una controversia in senso lato, essa non avrebbe certo ad oggetto la ricostruzione dei consumi come invece prevede la norma invocata dalla ricorrente essa riguarderebbe, semmai, la legittimità delle tariffe, e non potrebbe in alcun modo riguardare il consumo dell'acqua e la sua ricostruzione , per il semplice fatto che, nel caso di specie, vige, pacificamente, un sistema di fornitura che prescinde dall'effettivo utilizzo il sistema, come si è detto, a lente tarata ne consegue che in questa sede non può minimamente discutersi di quanta acqua la ricorrente abbia consumato e di quanto, invece, le venga addebitato, per il semplice fatto che il parametro della tariffa non è il consumo, né quest'ultimo può essere accertato e quindi ricostruito in assenza di apposito contatore 5 non può essere in alcun modo invocato quanto previsto dall'art. 49, comma 9, lettera a del Regolamento, in quanto la norma, per avere un senso, non può interpretarsi come pretende la ricorrente, vale a dire in modo da impedire il ricorso alla sospensione della fornitura a tutela degli ovvi e scontati bisogni quotidiani del singolo utente e della sua famiglia che ovviamente non può fare a meno dell'acqua infatti, aderire a questa interpretazione significherebbe vanificare il diritto dell'ente gestore di sospendere la fornitura in caso di morosità di qualsiasi utente. È quindi evidente che la norma invocata fa riferimento a situazioni eccezionali, cioè a situazioni ! diverse dall'ordinario bisogno di acqua, che assumono particolare rilevanza dal punto di vista dell'interesse pubblico alla sanità e alla sicurezza come tale idoneo a prevalere sull'altro interesse, pur sempre pubblico, ad esercitare il distacco verso gli utenti morosi , tanto è vero che essa richiama le primarie necessità sanitarie o di sicurezza, riconosciute come tali a seguito dell'intervento dell'Autorità Competente il che potrebbe verificarsi un quei casi in cui la sospensione della fornitura mettesse a rischio il funzionamento di ospedali, scuole, ecc. . A nulla vale, in questa sede, la dichiarazione prodotta dalla ricorrente a firma della Dr. Codoni dell'Ausl 12 di Viareggio cfr. doc, 12 parte ricorrente , in quanto trattasi di dichiarazione che non attesta la ricorrenza, con particolare riferimento all'utenza della D., di una delle primarie necessità sanitarie o di sicurezza che verrebbero compromesse dalla sospensione delle fornitura, ma che si limita a dire l'ovvio, e cioè a richiamare l'ordinaria e scontata esigenza che tutte le abitazioni siano fornite di acqua, con ciò facendo un'affermazione generale di principio che neppure concerne la situazione della ricorrente ma di altro soggetto 6 dei tutto fuori luogo è il richiamo fatto, dalla ricorrente, all'art. 119 del Regolamento citato, in quanto il tentativo di conciliazione contemplato dal comma 4° della norma è previsto non certo come preliminare adempimento da parte del gestore prima di procedere alla sospensione della fornitura, ma soltanto come passaggio necessario da attivare, a cura della parte interessata a radicare una controversia quindi anche a cura dell'utente , prima dell'instaurazione della controversia medesima ora, nel caso di specie, anzitutto nessuna controversia e stata instaurata prima della sospensione né dalla ricorrente né dall'ente gestore e in ogni caso sarebbe stata la ricorrente, che ha intrapreso l'azione giurisdizionale, a dover passare attraverso il tentativo di conciliazione in ogni caso, anche ammettendo che il concetto di controversia debba intendersi nel senso ampio fatto proprio dalla ricorrente, non si tratterebbe di un contenzioso che abbia ad oggetto il contratto di utenza, che in questa sede non è mai stato neppure nominato. Il reclamo deve quindi essere accolto, con conseguente revoca dell'ordinanza cautelare impugnata, emessa ex art. 700 c.p.c. dal Tribunale di Lucca Sezione distaccata di Viareggio, in data 20.6.2011. Dal momento che la originaria ricorrente è risultata nettamente soccombente e che non ricorrono, nel caso di specie, gravi ed eccezionali ragioni idonee a derogare al principio di cui all'art. 91 c.p.c. D.E. deve essere condannata a rimborsare alla controparte le spese della presente fase cautelare, sia di primo che di secondo grado, nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale di Lucca accoglie il reclamo di G. S.P.A. e per l'effetto revoca l'ordinanza cautelare impugnata, emessa ex art. 700 c.p.c. dai Tribunale di Lucca Sezione distaccata di Viareggio, in data 20.6.2011. Condanna D.E. a rimborsare alla controparte le spese della presente fase cautelare, che si liquidano, per ciascun grado di giudizio, in complessivi euro 1.500,00 di cui euro 600,00 per diritti ed euro 900,00 onorari , oltre accessori di legge e quindi, in totale, euro 3.000,00 oltre spese generali, IVA e CAP .