Bollette ENEL: il costo del pagamento è a carico dell'utente

di Carmen Ceschel

di Carmen Ceschel L'art. 6, comma 4, della deliberazione 28 dicembre 1999, n. 200 dell'Autorità per l'Energia Elettrica ed il Gas - che prevede che l'ENEL debba offrire al cliente almeno una modalità gratuita di pagamento della bolletta - non ha efficacia integrativa del regolamento di servizio e quindi del contratto individuale di utenza ex art. 1339 c.c. pertanto non deroga all'art. 1196 c.c., che statuisce che le spese del pagamento sono a carico del debitore. La questione. La Corte di Cassazione viene chiamata a pronunciarsi sull'efficacia dell'art. 6, comma 4, della deliberazione 28 dicembre 1999, n. 200 dell'Autorità per l'Energia Elettrica ed il Gas, che aveva imposto agli esercenti il servizio di distribuzione e vendita dell'energia elettrica, quindi all'ENEL, di prevedere almeno una modalità gratuita di pagamento della bolletta. Una utente si rivolgeva al giudice per ottenere il risarcimento del danno da inadempimento del contratto di somministrazione dell'energia. A sostegno delle proprie ragioni adduceva che il summenzionato art. 6, comma 4 avesse efficacia integrativa del contratto ai sensi dell'art. 1339 c.c. poiché, però, l'ENEL non aveva messo a disposizione modalità di pagamento che non prevedessero dei costi, non adempiendo a quanto richiesto dall'art. 6, comma 4 che era, a suo dire, divenuto clausola contrattuale essa aveva dovuto sostenere il costo del pagamento della bolletta tramite il servizio postale e ne chiedeva il rimborso. La decisione. La Corte ritiene che la prescrizione dell'art. 6, comma 4, non abbia comportato la modifica o integrazione del regolamento di servizio del settore e, di conseguenza, l'integrazione dei contratti di utenza ai sensi dell'art. 1339 c.c., risultando l'azione di responsabilità per inadempimento contrattuale priva di fondamento. L'art. 1, comma 1, l. n. 481 del 1995 Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità prevede, tra le finalità della legge, la tutela degli interessi di utenti e consumatori. Il successivo art. 2, comma 12, prevede, alla lett. h , che ciascuna Autorità, nel perseguire le finalità di cui all'art. 1, emana direttive concernenti la produzione e l'erogazione dei servizi da parte dei soggetti esercenti i servizi stessi. Tali determinazioni producono gli effetti di cui al comma 37. Questa norma, chiarisce la Cassazione, permette di affermare che dall'esercizio da parte dell'AEGG del potere ivi previsto possa derivare una integrazione del contratto di utenza ex art. 1339 c.c. il comma 37, infatti, stabilisce che le determinazioni delle Autorità di cui al comma 12, lett. h costituiscono modifica o integrazione del regolamento di servizio quindi del contratto di utenza . Il termine erogazione del servizio , in relazione all'art. 1, deve ritenersi riferito non solo alla prestazione da parte dell'esercente, ma all'intero ambito del rapporto di utenza individuale, in quanto l'erogazione del servizio è rivolta agli utenti ed avviene sulla base di rapporti individuali di utenza si tratta, quindi, di una formulazione così generale da apparire, di per sé, idonea a comprendere anche il profilo del contenuto di detti rapporti. Tuttavia, va precisato che l'integrazione avviene con riferimento a rapporti espressione dell'autonomia privata ed ad opera di manifestazioni normative secondarie regolamentari o integranti atti amministrativi precettivi collettivi, sia pur autorizzati da norme di legge pertanto, può comportare interventi che incidano sui rapporti di utenza anche in modo derogatorio a norme di legge, purché si tratti di norme a contenuto meramente dispositivo e quindi derogabile dall'autonomia privata. Inoltre, l'integrazione può avvenire esclusivamente a tutela dell'interesse dell'utente o consumatore. Resta, invece, esclusa - a meno che una previsione speciale di legge o di una fonte comunitaria ad efficacia diretta non attribuiscano tale potere - la deroga a norme di legge di contenuto imperativo e la deroga a norme di legge dispositive a sfavore dell'utente o consumatore. La Corte specifica che l'art. 2, comma 12, lett. h parla di direttive termine che può comprendere l'imposizione di precetti al destinatario sub specie di indicazione di un risultato da raggiungere, con o senza assegnazione di un limite di tempo, salva l'individuazione del modo con cui pervenire al risultato, che egli può, in sostanza, poi scegliere, o l'imposizione di un precetto specifico che non lasci al destinatario alcuna possibilità di scelta su tempi e modi. Solo nel secondo caso la direttiva è idonea a determinare, tramite la mediazione dell'integrazione del regolamento di servizio, l'integrazione dei contratti di utenza è l'imposizione di un precetto specifico che si può qualificare sub specie di clausola, in quanto una clausola contrattuale, ex art. 1346 c.c., deve avere un contenuto determinato o, quanto meno, determinabile. La clausola in esame non ha contenuto determinato o determinabile. La previsione dell'art. 6, comma 4, che impone all'esercente di offrire al cliente almeno una modalità gratuita di pagamento della bolletta, si connota come una prescrizione del tutto inidonea ad integrare una clausola di contenuto determinato. Né può dirsi che si tratti di clausola a contenuto determinabile, rimesso all'individuazione dello stesso concessionario la determinabilità, una volta che la modalità gratuita non venga prevista come esclusiva, è sostanzialmente insussistente, in quanto l'esercizio del potere di determinazione dovrebbe muoversi lasciando intatta la previsione relativa alla norma dispositiva dell'art. 1196 c.c. in base alla quale le spese del pagamento sono a carico del debitore , non derogata nemmeno implicitamente, norma che va coordinata con quella sul luogo del pagamento di cui all'art. 1182 c.c. Non può avere efficacia integrativa del contratto. Ne deriva che, in mancanza di una deroga all'art. 1196 c.c., sia pur implicita, l'art. 6 comma 4, prevedendo solo una modalità di pagamento alternativa ad altre modalità, non può implicare che l'utente sia esentato da quella spesa, ma, semmai, può giustificare che l'esercente non possa imporre un addebito ulteriore per il pagamento presso il proprio domicilio. Nel contempo, la gratuità vista la mancata deroga all'art. 1196 c.c. e, quindi, la conservazione dell'onere per il debitore di sopportare eventuali costi per l'attività necessaria per adempiere al domicilio del concedente va valutata comparativamente con il costo di modalità di pagamento che, come la domiciliazione bancaria, esentano l'utente dalla spesa necessaria per recarsi presso il domicilio, più o meno lontano, del creditore. In realtà, la prescrizione di cui all'art. 6 comma 4, per la sua indeterminatezza, assegna all'esercente una sorta di obbligo di perseguimento di un risultato con ampi poteri di scelta, salva la valutazione dell'AEGG circa il raggiungimento dei risultati attraverso i poteri di ispezione, accesso ed acquisizione di documentazione e notizie, previsti dall'art. 2, comma 12, lett. g e quelli di valutazione di reclami, istanze e segnalazioni della successiva lettera m , con conseguente possibilità per l'AEGG di ordinare al soggetto esercente il servizio la cessazione di comportamenti lesivi dei diritti degli utenti art. 12, comma 20, lett. d .