Compensi al CTU, il PM non può impugnare il provvedimento di liquidazione

Nell'ambito del procedimento di concordato preventivo il PM non è legittimato a impugnare i provvedimenti con cui vengono liquidati i compensi del consulente tecnico.

Il PM non ha il potere di attivare la procedura di concordato preventivo e, anche se la sua partecipazione è ammessa, pur non essendo più obbligatoria, deve essere esclusa la sua facoltà di impugnare il provvedimento di liquidazione dei compensi al CTU. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16136, depositata lo scorso 22 luglio. La fattispecie. Tutto nasce con una procedura di concordato preventivo, relativa a una società il giudice delegato liquida con decreto il compenso spettante al consulente tecnico d'ufficio, nominato per la verifica delle scritture contabili e della documentazione su cui è fondata la richiesta di concordato. A seguito di impugnazione del decreto da parte del PM, il Tribunale ridetermina, diminuendolo, l'importo dovuto al CTU, il quale ricorre per cassazione contestando la legittimazione del pubblico ministero ad impugnare il provvedimento de quo. L'intervento del PM da obbligatorio è diventato facoltativo. Il Collegio, in primo luogo, richiama una precedente pronuncia di legittimità che aveva riconosciuto al PM la facoltà di proporre ricorso, poiché, nonostante egli non sia parte nel successivo giudizio di omologazione, la sua presenza nel processo quale intervento necessario lo legittima all'esercizio di tale impugnazione sussiste altresì l'interesse ad agire del Pubblico ufficio interventore, derivante dal suo ruolo di controllo della regolarità del procedimento . Tale principio, tuttavia, era fondato sulla qualità di interventore necessario del Pubblico ministero qualità che oggi, in virtù delle sopravvenute novità legislative, egli non possiede più il concordato preventivo, infatti, è stato radicalmente modificato dal d.l. n. 35/2005, convertito in l. n. 80/2005, e la previsione del necessario intervento del PM è stata abrogata, come confermato anche dal successivo d. lgs. n. 169/2007, che prevede la sola comunicazione della domanda di concordato al PM e, quindi, un suo intervento facoltativo. Nel regime attuale, conclude la Corte, la partecipazione del pubblico ministero deve essere considerata meramente eventuale. Impugnazione limitata ai casi in cui può esercitarsi il diritto d'azione del PM. In ogni caso, prosegue la S.C., dalla partecipazione del PM alla procedura di cui si discute, sia essa necessaria o facoltativa, non deriva necessariamente la sua legittimazione ad impugnare i provvedimenti di liquidazione dei compensi l'intervento viene ricondotto, quanto alla sua natura, nell'alveo dell'art. 70, comma 1, c.p.c. e, quanto all'impugnazione, dell'art. 72, commi 1 e 3, c.p.c., il quale circoscrive la facoltà di impugnare entro il limite della materia in cui può esercitarsi il diritto d'azione del PM, sicuramente insussistente nel concordato preventivo . Al PM non è riconosciuto il diritto di attivare la procedura di concordato preventivo non c'è legittimazione ad impugnare. Da nessuna norma può ricavarsi una volontà del legislatore di attribuire al PM il potere di attivare la procedura di concordato preventivo, né tale legittimazione potrebbe trarsi dalla generica facoltà di proporre reclamo, concessa a chiunque vi abbia interesse. Come è già stato affermato da una precedente pronuncia, non c'è motivo di discostarsi dall'ordinaria regola per la quale solo nelle cause che egli avrebbe potuto iniziare, il PM ha anche potere d'impugnativa . Logica conclusione della controversia in esame, quindi, è quella di ritenere il PM privo di legittimazione ad impugnare il provvedimento di liquidazione del compenso al CTU il ricorso viene, quindi, accolto.