Con patto di futura vendita, il diritto al riscatto non ha prescrizione. Ergo, lo sfratto è nullo

Piano comunale per risanare un quartiere e costruire nuovi alloggi popolari. A distanza di anni l'istituto vuole recuperare l'appartamento, ma l'inquilino si vede riconosciuta la possibilità di portare a termine l'operazione di acquisto.

Fine anni '50 in Sicilia come nel resto d'Italia si moltiplicano iniziative finalizzate alla costruzione di alloggi popolari, da un lato, e al recupero di zone degradate, dall'altro, mettendo insieme Comuni e istituti immobiliari. E, spesso, la soluzione adottata era quella del contratto di locazione con patto di futura vendita. Anche così si alimentava il sogno della casa di proprietà A distanza di tanti anni, però, quell'originario rapporto può incancrenirsi, e arrivare fino in Tribunale, partendo da uno sfratto, come in questo caso, per finita locazione. Il mito della casa. A metà degli anni '50 l'approvazione del Piano comunale di risanamento del quartiere, con costruzione di nuovi alloggi popolari, destinati in locazione innanzitutto agli abitanti della zona e accompagnati dal patto di futura vendita. E dalla metà degli anni '60 l'avvio del contratto d'affitto per la persona protagonista di questa vicenda giudiziaria. Poi, nel 2000, l'Istituto per l'edilizia popolare, proprietario degli appartamenti, comunica lo sfratto per finita locazione . Da qui comincia la storia più recente Difatti, in primo grado il Tribunale respinge l'opposizione dell'inquilino, che aveva chiesto nullità della disdetta e diritto di riscattare l'immobile , così come previsto dalla legge regionale, mentre in secondo grado la Corte d'Appello capovolge la situazione, riconoscendo il diritto dell'inquilino a riscattare l'immobile in cui viveva oramai da oltre trent'anni. Conseguenziale la scelta dell'Istituto di ricorrere in Cassazione, col chiaro obiettivo di vedere liberato l'appartamento. Diritto di riscatto e dintorni. La battaglia giudiziaria è serrata. Il primo appiglio, per l'Istituto, è l'idea che la possibilità, concessa all'inquilino, di acquistare l'appartamento non possa durare all'infinito. Alla luce della legge regionale, secondo l'Istituto, la domanda di cessione in proprietà non è soggetta a termini di decadenza , ma il relativo diritto può essere soggetto a prescrizione. Nello specifico caso, la prescrizione decennale sarebbe già stata superata abbondantemente, e comunque sarebbe toccato all'inquilino dimostrare di averne validamente interrotto il decorso . Ma la Cassazione respinge l'osservazione al mittente, citando la legge regionale e chiarendo che in essa è evidente la volontà di sottrarre l'esercizio del diritto al riscatto, da parte dell'assegnatario, nella vigenza del contratto, a qualsiasi termine . Altri nodi, per l'Istituto la distinzione tra alloggi di proprietà regionale, gestiti dall'Istituto, e alloggi di proprietà diretta dell'Istituto la scelta compiuta, all'epoca, dall'inquilino per la locazione semplice e non per la locazione con patto di futura vendita, che prevedeva il diritto di riscatto l'applicazione della legge regionale solo agli alloggi della edilizia residenziale pubblica, non a quelli di edilizia convenzionata ed agevolata, cui appartiene l'appartamento oggetto della questione. Tutto per sostenere la legittimità dello sfratto. Anche su questi elementi, però, la Corte di Cassazione decide di nicchiare, chiarendo, soprattutto, che l'interpretazione della legge regionale - su cui si è basata la Corte d'Appello - è semplice il diritto a richiedere la cessione in proprietà spetta a tutti gli assegnatari, senza distinzione tra coloro che hanno optato per la locazione semplice e coloro che, invece, hanno scelto la locazione con patto di futura vendita. Senza trascurare altri due elementi l'Istituto ha già dato corso alla domanda di riscatto presentata dall'inquilino protagonista della vicenda giudiziaria, e, nello stesso immobile, l'Istituto ha già concesso il riscatto agli assegnatari degli altri alloggi. Ciò significa, secondo i giudici di piazza Cavour, che tutti i 'distinguo' effettuati non reggono alla prova dei fatti. A questo quadro, infine, si aggiunge un ultimo dato la legge regionale, per ciò che concerne il diritto al riscatto, va applicata tout court, quindi sia agli alloggi costruiti o da costruire dagli enti pubblici territoriali e dagli Istituti autonomi case popolari, sia agli alloggi costruiti o da costruire , da altri enti aventi sede nella regione, autorizzati alla luce delle leggi sull'edilizia popolare ed economica. E l'Istituto appartiene sicuramente a quest'ultima categoria Sfratto respinto. Tutte le valutazioni compiute dalla Cassazione portano a una conclusione la sentenza pronunciata dalla Corte d'Appello è pienamente legittima. Di conseguenza, lo sfratto è da considerare nullo. E l'inquilino protagonista della vicenda potrà portare avanti, tranquillamente, le procedure per acquistare definitivamente l'appartamento dove abita oramai dalla metà degli anni '60. Tanto la domanda all'Istituto è già stata presentata

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 22 marzo 15 luglio 2011, numero 15683 Presidente Luccioli Relatore Scaldferri Svolgimento del processo 1. In attuazione del piano comunale di risanamento della zona San Berillo di Catania approvato dalla Regione Sicilia con legge numero 13/1954, l'Istituto per l'Edilizia Popolare di San Berillo s.p.a., partecipato dal Comune di Catania e dall'Istituto Immobiliare di Catania s.p.a., costruì in quel territorio numerose unità immobiliari aventi le caratteristiche di alloggi popolari da destinare, mediante contratto di locazione con patto di futura vendita, agli abitanti del vecchio quartiere di San Berillo costretti ad abbandonare la zona soggetta a risanamento. Nel gennaio 2000 l'Istituto intimò a G. B., che conduceva in locazione uno degli alloggi popolari dal 1967 , lo sfratto per finita locazione, chiedendone la convalida al Tribunale di Catania. Il B. si oppose alla convalida, eccependo la nullità della disdetta e chiedendo in via riconvenzionale la declaratoria del suo diritto, in base alla Legge regionale numero 26 del 1963, di riscattare l'immobile e la condanna dell'Istituto a porre in essere tutti gli atti al'uopo necessari. L'Istituto, costituitosi, contestò tali deduzioni e domande, eccedendo peraltro la intervenuta prescrizione del diritto al riscatto. Il Tribunale, ritenuto che il rapporto tra le parti integrasse una locazione -giunta a scadenza e non già una assegnazione di alloggio popolare con patto di futura vendita, e che la legge regionale numero 26 del 1963 non fosse applicabile nella specie, disciplinando essa -a norma dell'articolo 1 gli alloggi costruiti con il concorso o con il contributo della Regione, non già quelli -tra i quali l'alloggio in questione costruiti dall'Istituto con finanziamento proprio, dichiarò cessata la locazione alla scadenza del 31.12.1999 condannò il B. al rilascio, rigettando la domanda riconvenzionale. 2. L'appello proposto dal B., al quale resisteva l'Istituto, veniva accolto dalla Corte di Appello di Catania con sentenza depositata il 31 dicembre 2004 , che, in riforma della sentenza pugnata, rigettava la domanda dell'Istituto e dichiarava il diritto del B. di riscattare l'immobile. Osservava in primo luogo la Corte che l'assunto dell'Istituto -fatto proprio dal primo giudice secondo cui l'edificio del quale fa parte l'alloggio assegnato al B. fosse stato costruito senza il contributo della Regione, risultava sfornito di qualsiasi prova, ed anzi si mostrava in contrasto con le numerose risultanze documentali in atti, in particolare con le clausole dell'atto costitutivo e dello statuto dell'Istituto circa l'oggetto sociale consistente nell'offrire, senza scopo di lucro, alloggi popolari agli sfrattati del quartiere di San Berillo, da assegnare in locazione con patto di futura vendita e di riscatto secondo quanto stabilito da una apposita commissione presieduta dal Sindaco, costruendoli con i contributi dello Stato e della Regione Siciliana previo riconoscimento dell'Istituto stesso tra quelli ammessi alla costruzione delle case popolari di cui al T.U. numero 1165/1938 e come tali fruenti dei contributi erariali , con le stesse premesse del contratto di locazione concluso con il B. contenenti il riferimento esplicito, ribadito del resto nella stessa denominazione dell'ente, alle caratteristiche della edilizia economica e popolare e con il fatto, allegato dal B. e non contestato dall'Istituto, che quest'ultimo aveva già concesso il riscatto ai rispettivi assegnatari degli altri alloggi esistenti nell'edificio ove si trova l'alloggio occupato dal convenuto. In secondo luogo, la Corte escludeva che la stipula di un contratto di locazione semplice anziché con patto di futura vendita fosse di ostacolo all'esercizio di un diritto -quale quello al riscatto che la legge regionale numero 26/1963 riconosce a tutti gli assegnatari indistintamente, a prescindere dal tipo di contratto di locazione stipulato. D'altra parte, scaturendo direttamente il diritto al riscatto dalla legge e non da un patto contrattuale e potendo tale diritto secondo le disposizioni dell'articolo 6 della legge stessa essere esercitato in qualsiasi momento, non potrebbe neppure ravvisarsi nella stipulazione di una locazione semplice una implicita rinuncia del B. ad avvalersi del diritto stesso. Inoltre, dalla possibilità di esercizio in qualsiasi momento discendeva l'infondatezza della eccezione di prescrizione sollevata dall'Istituto, comunque non provata con riguardo al già intervenuto decorso del termine di dieci anni dalla stipulazione del contratto al momento della presentazione pacifica e in ogni caso confermata dalla documentata istruzione della pratica da parte dell'Istituto della domanda da parte del B 3. Avverso tale sentenza l'Istituto per l'Edilizia Popolare di San Berillo s.p.a. ha proposto ricorso a questa Corte con atto notificato il 7 ottobre 2005, basato su tre motivi. Resiste il B. con controricorso. Motivi della decisione 1. Il primo motivo di ricorso ha ad oggetto il rigetto della eccezione di prescrizione la società ricorrente deduce al riguardo il vizio di omessa, o comunque insufficiente o contraddittoria, motivazione, assumendo a che l'espressione in qualsiasi momento, contenuta nell'articolo 6 della L.R.numero 26/1963, dovrebbe secondo logica giuridica interpretarsi nel senso che la domanda di cessione in proprietà dell'alloggio non è soggetta a termini di decadenza, non che il diritto non sia soggetto a prescrizione b che d'altra parte, essendo il diritto azionabile sin dalla stipula del contratto di locazione nella specie, gennaio 1967 , da tale momento decorrerebbe ex articolo 2935 c.c. la prescrizione decennale, e sarebbe stato onere del titolare provare di averne validamente interrotto il decorso esercitando il diritto prima della scadenza del termine. Il motivo è privo di fondamento. Il riferimento, nel primo assunto, del disposto normativo in questione alla sola decadenza, e non anche alla prescrizione, si mostra in effetti privo di argomentazioni a sostegno. Argomentazioni che, d'altra parte, non è dato ipotizzare, attesa l'inequivoca precisazione in qualsiasi momento contenuta nell'articolo 6 citato, che manifesta la volontà del legislatore regionale di sottrarre l'esercizio del diritto in questione da parte dell'assegnatario, nella vigenza del contratto, a qualsiasi termine, sia esso di decadenza o di prescrizione. L'infondatezza del primo assunto rende quindi irrilevante il secondo. 2. Il secondo motivo ha ad oggetto la statuizione secondo la quale la stipulazione di un contratto di locazione semplice anziché con patto di futura vendita e riscatto non escludeva l'applicazione dell'articolo 1 della legge reg. numero 26/1963. La società ricorrente deduce al riguardo il vizio di omessa, o comunque insufficiente o contraddittoria, motivazione su un punto decisivo, assumendo che la Corte a avrebbe erroneamente tenuto conto del contenuto di una circolare del 12.6.1963 del competente Assessore Regionale, che invece si riferiva ai soli alloggi di proprietà regionale che l'Istituto aveva gestito fino alla emanazione della legge regionale numero 121/1979, non anche a quelli di sua proprietà b non avrebbe considerato che dall'articolo 8 del Decreto del Presidente Regione Sicilia del 2.3.1955 numero 1 emergeva che gli abitanti del vecchio quartiere di San Berillo potevano scegliere tra la assegnazione del nuovo alloggio con locazione semplice o con patto di futura vendita, e solo in questa seconda ipotesi dovevano possedere i requisiti prescritti dalle leggi nazionali e regionali per l'assegnazione di alloggi a riscatto il B. scelse la locazione semplice evidentemente perché non possedeva tali requisiti o non poteva provare di possederli, e non può dunque essere equiparato agli assegnatari di alloggi popolari di cui all'articolo 1 legge reg.numero 26/1963, che tali requisiti possiedono. .2.1 Inoltre, con il terzo motivo, la società ricorrente denuncia la falsa applicazione dell'articolo 1 della legge regionale numero 26/1963, assumendo che tale norma non sarebbe applicabile nel caso in esame. avendo per oggetto solamente gli alloggi della edilizia residenziale pubblica, non anche quelli di edilizia convenzionata ed agevolata, nel cui ambito rientrerebbe l'edificio dell'Istituto nel quale è compreso l'alloggio preso in locazione dal B., in quanto costruito da una società privata anche se in attuazione di un piano di pubblico interesse. 2.2 Anche il secondo e terzo motivo, che possono essere trattati congiuntamente in quanto logicamente e giuridicamente connessi entrambi tendono ad escludere l'applicazione nella specie degli articoli 1 e 6 della legge regionale numero 26/1963 , sono privi di fondamento. Quanto al vizio di motivazione, va innanzitutto rilevato che la corte di merito non ha basato il suo convincimento sulla pur citata a conforto circolare dell'assessorato regionale competente, bensì sulla diretta interpretazione della legge regionale in questione, che agli articoli 1 e 6 attribuisce il diritto a richiedere la cessione in proprietà a tutti gli assegnatari dell'immobile, senza distinguere se essi abbiano stipulato un contratto di locazione con patto di futura vendita o semplice e sulla considerazione che la stipula di un contratto di locazione del secondo tipo non implica rinuncia a quel diritto, che ha fonte nel citato disposto di legge e non nel patto. La ricorrente non ha censurato specificamente tali argomentazioni, ma si è limitata ad affermare che la corte di merito non avrebbe considerato che il B. non possedeva i requisiti prescritti dalle leggi nazionali e regionali per l'assegnazione di alloggi a riscatto, dovendolo desumere dalla scelta del contratto di locazione semplice, per il quale -secondo il disposto del citato Decreto del Presidente Regione Sicilia del 2.3.1955 numero 1 non sarebbe stato richiesto il possesso di quei requisiti. In tal modo, però, non si evidenziano specifiche risultanze probatorie o processuali che sarebbero state trascurate o erroneamente interpretale dal giudice di merito, bensì si sottopone il proprio diverso apprezzamento peraltro, non conducente a diverse conclusioni di una circostanza di fatto -la stipula del contratto di locazione semplice ad un nuovo esame di merito precluso in sede di legittimità, nella quale rileva solo la sussistenza dei requisiti di congruità, logicità e non contraddittorietà della motivazione, che nel caso in esame non fanno difetto. Tanto più che la corte di merito ha anche evidenziato -senza ricevere specifiche censure sul punto-, da un lato, che la ricorrente aveva dato corso alla domanda di riscatto presentata dal B. comunicando anche il prezzo da corrispondere a tal fine il che comporta accettazione della domanda cfr. Cass.S.U. numero 11334/2007 , dall'altro che l'Istituto aveva già concesso il riscatto ai rispettivi assegnatari degli altri alloggi esistenti nell'edificio ove si trova l'alloggio occupato dal convenuto. Circostanze, queste, che si pongono in insanabile contrasto anche con la tesi della inapplicabilità al rapporto avente ad oggetto l'immobile in questione delle disposizioni sopra richiamate della legge reg.numero 26/1963. Del resto, l'articolo 1 di tale legge estende il suo ambito di operatività, oltre che agli alloggi costruiti o da costruire da parte degli Enti pubblici territoriali ivi indicati e dagli Istituti Autonomi Case Popolari, anche agli alloggi costruiti o da costruire , sempre con il concorso o con il contributo della Regione, dagli altri Enti aventi sede nella Regione,autorizzati alla costruzione di alloggi a norma delle leggi sull'edilizia popolare ed economica enti tra i quali si colloca per l'appunto l'Istituto ricorrente, come accertato dalla sentenza impugnata senza -anche qui ricevere censure specifiche sul punto. 3. Il rigetto del ricorso si impone dunque, con la conseguente condanna della società ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione, in € 2000,00 per onorari e € 200,00 per sborsi, otre spese generali ed accessori di legge.