La meritevolezza della proposta non è un criterio per l'ammissione alla procedura

di Fabio Valerini

di Fabio Valerini * La sentenza della I sezione civile della Corte di Cassazione n. 13817, del 23 giugno, merita particolare attenzione in quanto, con un'ampia motivazione, ha affrontato, tra gli altri, due importanti profili relativi al concordato preventivo. Ed infatti, la fattispecie oggetto di decisione riguardava proprio una società per azioni ammessa alla procedura di concordato preventivo. Il caso stipulazione di contratti pregiudizievoli prima della proposta di concordato e resi noti. In quel caso i commissari giudiziali avevano segnalato che la società, prima dell'ammissione alla procedura, aveva compiuto atti ritenuti 'di frode' con la conseguenza che, in applicazione dell'art. 173 l. fall., la procedura di concordato preventivo avrebbe dovuto essere revocata e la società dichiarata fallita. Orbene, i commissari giudiziali lamentavano l'avvenuta stipulazione anteriormente alla presentazione della proposta di concordato, di atti di disposizione del patrimonio idonei a pregiudicare le aspettative di soddisfacimento dei creditori in particolare tali atti consistevano in una serie di contratti stipulati dalla proprietà concordataria con tale società Segesta e con altre entità societarie a questa collegate che avevano di fatto depauperato il patrimonio della società, contratti che, per la loro durata, avrebbero scoraggiato l'acquisto degli immobili oggetto della cessione ai creditori . Contratti della cui esistenza, però, la massa dei creditori risultava essere a conoscenza in quanto erano stati pubblicizzati nella proposta di concordato. All'esito della procedura prevista dall'art. 173 l. fall. Il Tribunale prima e la Corte di appello dopo avevano deciso di revocare la procedura di concordato preventivo e dichiarare fallita la società. E ciò, non soltanto per aver ritenuto gli atti denunciati dai commissari giudiziali 'in frode', ma anche dopo aver affermato che i creditori chirografari non avrebbero ricevuto alcunché . La valutazione della fattibilità e convenienza della proposta spetta al comitato dei creditori e non al Tribunale. Orbene, con un motivo di ricorso la società censura la decisione impugnata perché il giudice del merito aveva avocato a sé un generale potere di controllo, non solo formale, ma anche di merito sulla fattibilità del piano. Senonché, come la Suprema Corte ha avuto modo di affermare, quel potere - dopo la riforma della legge fallimentare operata con il d.lgs. n. 169 del 2007 - non spetta più sicuramente nella fase del giudizio di ammissibilità al Tribunale, bensì ai creditori. Ed infatti, è chiara l'intenzione della legge di valorizzare l'aspetto contrattuale del concordato affidando esclusivamente ai titolari degli interessi sottostanti la decisione in ordine alla convenienza della proposta di concordato. In quest'ottica l'autorità giudiziaria mantiene certamente un potere di controllo ma quel controllo è soltanto un controllo della regolarità formale e sostanziale del procedimento finalizzato [ ] a consentire ai creditori di prendere le loro decisioni con la responsabilità che deriva dall'essere i primi interessati al buon esito della procedura . In altri termini, il controllo del Tribunale deve essere finalizzato a consentire ai creditori di assumere le loro decisioni in maniera informata . Dal controllo formale al controllo di merito. Ed infatti, richiamando un proprio precedente, la Suprema Corte ricorda che il giudice deve astenersi, in sede sia di giudizio di ammissibilità che di riesame della proposta, da un'indagine di merito, in quanto riservata, da un lato, alla fase successiva ed ai compiti del commissario giudiziale e, dall'altro, ai poteri di cui è investito lo stesso tribunale, nella fase di omologazione in presenza di un'opposizione alle condizioni di cui all'art. 180 l. fall. . Gli atti in frode ai creditori non possono essere quelli resi noti dal proponente. Ed è in tale contesto, poi, che deve essere valutata la nozione di 'atto in frode ai creditori' che ai sensi dell'art. 173 l. fall. determina la revoca della procedura di concordato. Per la Suprema Corte, che per la prima volta si pronuncia sul tema, occorre definire con precisione la nozione di atto in frode, in particolare nel caso in questione che risulta paradigmatico. E ciò perché il Tribunale aveva accertato che gli atti contestati, da un lato erano stati resi pubblici ma, d'altro lato, era stata sottaciuta la circostanza che gli stessi hanno causato un depauperamento del patrimonio della debitrice e sarebbero stati posti in essere da amministratori che, in considerazione delle condizioni della società, avrebbero dovuto astenersi dal compiere atti di un tale rilievo . Ed allora, per la Cassazione, nel complessivo quadro della legge fallimentare riformata, l'atto di frode non può consistere in qualsiasi atto pregiudizievole alle ragioni creditorie, bensì soltanto quegli atti, scoperti dal commissario giudiziale, che abbiano una valenza decettiva e quindi siano tali da pregiudicare un consenso informato e che, quindi, non ricorrono se le condotte sono chiaramente individuate e rese note agli interessati al concordato . Prevale l'interesse dei creditori alla soluzione della crisi dell'impresa. Da ultimo merita un cenno la risposta che la Suprema Corte ritiene di dover fornire alla possibile obiezione in base alla quale il suo argomentare potrebbe favorire manovre in danno dei creditori volte ad alterare la consistenza patrimoniale. La risposta è netta in quanto la Cassazione ricorda che il legislatore ha fatto una scelta [ ] di far prevalere l'interesse dei creditori alla soluzione della crisi dell'impresa per loro più conveniente in una certa situazione data, indipendentemente,salvo i limiti indicati, dal grado di eccentricità della condotta del debitore dal modello di correttezza imprenditoriale . Se poi quelle condotte sono effettivamente eccentriche ben potranno - se del caso - trovare adeguata sanzione in appropriati settori dell'ordinamento come, ad esempio, quello penale , ma non potranno rappresentare un elemento di inammissibilità della proposta di concordato salvo, ovviamente, che i creditori, con libera valutazione, decidano di rigettare la proposta . * Assegnista di ricerca in diritto processuale civile nell'Università di Pisa