L'istanza di concessione edilizia può estinguere la servitù negativa

Si può rinunciare a una servitù negativa anche compiendo atti che manifestino una volontà incompatibile con il mantenimento del diritto reale.

Il requisito della forma scritta richiesto per la rinuncia a una servitù può essere integrato dalla sottoscrizione di atti diversi che contengono una volontà chiara e univoca incompatibile con il mantenimento del diritto reale è il principio enunciato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 10457/11, depositata il 12 maggio. La fattispecie. Con un contratto i proprietari di una villetta bifamiliare si attribuivano la proprietà esclusiva su alcune porzioni comuni, lasciando in comunione le parti rimanenti, e costituivano una servitù negativa consistente nel divieto di costruire sulle porzioni di portico in proprietà esclusiva. Successivamente pattuivano di chiudere il porticato per creare dei box, ma in seguito una delle parti trasformava il box di sua proprietà in unità abitativa. L'altra parte si rivolgeva, allora, al Tribunale chiedendo l'accertamento della servitù e la rimessione in pristino dei luoghi, ma la domanda veniva rigettata. In appello la decisione veniva ribaltata, ma la sentenza veniva impugnata con ricorso per cassazione. Che funzione riveste l'istanza di concessione edilizia? Secondo i ricorrenti, i giudici di merito hanno erroneamente valutato l'istanza di concessione edilizia e la conseguente trasformazione del portico in box, come un fatto concludente, irrilevante ai fini della rinuncia alla servitù, mentre a tale atto si sarebbe dovuta attribuire una funzione di manifestazione di volontà delle parti, incompatibile con la sopravvivenza della suddetta servitù, e per di più formalizzata per iscritto nell'istanza di concessione edilizia. La volontà di costruire è incompatibile con il mantenimento della servitù. Il S.C. ritiene fondati i motivi del ricorso nel caso di specie, si era in presenza di una servitù negativa di non edificazione, per sua natura incompatibile con l'attività di costruzione. Poiché è impossibile volere l'edificazione di uno spazio libero e al contempo mantenere su quello stesso luogo la servitus inaedificandi, appare evidente che l'estinzione del diritto reale dipende da un fatto impeditivo del suo esercizio. Nell'indagine di fatto, riservata al giudice di merito, è stato accertato che l'istanza di concessione edilizia, se riconducibile alla volontà di entrambi i proprietari, costituisce una volontà esplicita di estinguere la servitù per mutua rinuncia. L'istanza è sottoscritta da una sola parte ma esprime una volontà comune. La Corte prosegue affermando che, se è vero che tale atto è stato sottoscritto da una sola delle parti, anche l'altra se n'è giovata, poiché entrambe in seguito hanno costruito i box auto. Dal che deve desumersi che l'istanza è stata sottoscritta da una sola parte per esprimere una volontà comune a entrambe. In conclusione, quindi, la Corte afferma il richiamato principio di diritto, al quale si devono attenere i giudici di rinvio per la decisione della controversia il requisito della forma scritta stabilito per la rinuncia alla servitù può essere integrato da atti di tipo diverso dai quali si possa desumere una chiara e univoca espressione di volontà incompatibile con il mantenimento del diritto reale, com'è avvenuto nel caso di specie con l'istanza di concessione edilizia la realizzazione di opere determina il venir meno dell'utilitas da cui dipende l'esistenza della servitù stessa.