Niente mediazione obbligatoria per il giudizio di divisione endoesecutiva

di Fabio Valerini

di Fabio Valerini * L'ordinanza del Tribunale di Prato del 9 maggio 2011 merita particolare attenzione perché è uno dei primi provvedimenti che si pronunciano sulla mediazione obbligatoria introdotta dal d.lgs. n. 28/2010 e, da quel momento, al centro di un ampio dibattito pubblico. Più precisamente l'ordinanza del Tribunale di Prato analizza il campo di applicazione della mediazione obbligatoria e, cioè, quali materie sono, o no, soggette al previo esperimento del tentativo di mediazione a pena di improcedibilità della domanda. La fattispecie il giudizio di scioglimento della comunione endoesecutivo. Il caso esaminato dal giudice toscano prende le mosse dall'eccezione di improcedibilità proposta da una parte nel corso di un giudizio di divisione che si svolgeva davanti al giudice dell'esecuzione. Si trattava di una fattispecie che rientrava nello schema degli artt. 599 e ss. del codice di rito relativo all'espropriazione di beni indivisi quando, cioè, oggetto del pignoramento sono beni indivisi anche quando non tutti i comproprietari sono obbligati verso il creditore . L'architettura del d.lgs. n. 28/2010. Orbene, secondo il Tribunale di Prato per decidere in ordine all'eccezione di improcedibilità occorre esaminare attentamente l'architettura del d.lgs. n. 28/2010. Ed infatti, da un lato, il primo comma dell'art. 5 di quel decreto prevede che il previo esperimento del tentativo di mediazione rappresenti un presupposto processuale dell'azione con riferimento a certe materie tra le quali la divisione . Senonché, d'altro lato, il giudice osserva che il terzo e quarto comma di quello stesso articolo 5 prevede una serie di eccezioni. In particolare il quarto comma prevede alla lettera d che la condizione di procedibilità non opera nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione forzata . L'eccezione si spiega con ciò che - secondo la Relazione al decreto - i procedimenti di cognizione che si inseriscono incidentalmente nell'esecuzione forzata sono stati esclusi per la loro stretta inerenza con l'esecuzione forzata. Consentire, o peggio, imporre la dilazione nella fase processuale in cui la soddisfazione del singolo diritto è più prossima significherebbe aprire la strada a manovre dilatorie da parte dei debitori esecutati . I giudizi esecutivi sicuramente esclusi dall'obbligo del tentativo di mediazione. Ciò posto, non v'è dubbio che debbano essere esclusi dall'ambito di applicazione della mediazione non solo i procedimenti di opposizione all'esecuzione art. 615 c.p.c. e quelli di opposizione agli atti esecutivi art. 617 c.p.c. e l'opposizione di terzo art. 619 c.p.c. ma pure il procedimento avente ad oggetto l'accertamento dell'obbligo del terzo [ ] artt. 548 e 549 c.p.c. e quello avente ad oggetto la distribuzione della somma ricavata dalla vendita art. 512 c.p.c. . Ne deriva - del tutto conseguenzialmente - che per risolvere la questione è necessario stabilire se la divisione endoesecutiva che veniva in considerazione può, o no, essere considerata incidente di esecuzione nell'ambito del processo esecutivo. Anche la divisione endoesecutiva è esclusa dall'obbligo. Secondo il Tribunale si deve ritenere che il giudizio divisorio de quo deve essere considerato come giudizio di cognizione ma incidentale all'interno del processo esecutivo. Ond'è che per il Tribunale deve quindi concludersi che risponde ad una precisa scelta legislativa che i procedimenti incidentali di cognizione, tra i quali debbono ad ogni buon diritto annoverati i giudizi di divisione endoesecutivi, siano sottratti alla nuova procedura in tema di mediazione civile . Scelta giustificata da ciò che la mediazione in sede esecutiva, ove ritenuta applicabile all'esecuzione forzata, finirebbe con lo scontrarsi con un processo esecutivo, come ridisegnato dalle riforme degli ultimi anni, che, pur conoscendo parentesi di cognizione, le delinea e configura come essenzialmente strumentali all'esecuzione stessa, onde consentire, nel caso di specie, l'individuazione definitiva dell'oggetto dell'espropriazione forzata . Un dubbio. Ciò detto, resta, però - a mio avviso - un dubbio sull'inutilità della mediazione proprio con riferimento al giudizio di divisione endoesecutivo. Dubbio alimentato dalla lettura dell'art. 601 c.p.c. che regola il procedimento in un caso del genere. Ed infatti, quella norma prevede che se si deve procedere alla divisione, l'esecuzione è sospesa finché sulla divisione stessa non sia intervenuto un accordo fra le parti o pronunciata una sentenza avente i requisiti di cui all'art. 627 . Orbene, è proprio la norma che pone un'alternativa non è necessaria una sentenza ma può anche intervenire un accordo. Accordo che, guarda caso, è proprio il fine della mediazione civile e commerciale. Accordo che, peraltro, avrebbe un effetto positivo sia quanto a contenuto che a tempi. E ciò anche a favore del creditore procedente. Ne deriva che ritenere vigente anche in questo caso la condizione di procedibilità non avrebbe portato ad un risultato in contrasto con le finalità correttamente individuate dal Tribunale di Prato. Anzi, ove l'accordo fosse raggiunto, quelle finalità sarebbero state raggiunte più facilmente e in coerenza con il dettato normativo dell'art. 601 c.p.c * Assegnista di ricerca in diritto processuale civile nell'Università di Pisa, docente ai corsi di formazione per mediatore civile e commerciale

Tribunale di Prato, ordinanza 9 maggio 2011 Giudice Maria Iannone a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 19 aprile 2011 nella procedura esecutiva iscritta al n. R.G.E.I. 229/2009, sull'eccezione preliminare di applicabilità della nuova disciplina sulla mediazione civile introdotta con il D.lgs. n. 28 del 4.03.2010 pubblicato in G.U. nr. 53 del 5.03.2010 alle procedure esecutive ed in particolare al giudizio incidentale di divisione, Osserva L'art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28 del 2010 espressamente prevede, quale condizione di procedibilità dell'azione intrapresa, l'esperimento del procedimento di mediazione civile nelle seguenti materie condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell'articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate , ivi includendovi anche i giudizi di scioglimento della comunione rectius divisione . La citata norma prevede, altresì, che la relativa eccezione di improcedibilità debba essere formulata dal convenuto a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Nel caso di specie, dagli atti di causa emerge che l'eccezione è tempestiva e deve essere esaminata, essendo stata ritualmente formulata nella prima udienza utile. Orbene, per offrire soluzione alla questione dell'applicabilità del nuovo procedimento di mediazione civile al c.d. giudizio di scioglimento della comunione endoesecutivo, di cui agli artt. 599 e ss del codice di rito, nel testo novellato dalla legge n. 80 del 2005, è necessario apprestare una compiuta interpretazione dell'art. 5 cit., alla luce della ratio che presidia la riforma del 2010, coniugandola con la peculiarità del procedimento in questione. L'architettura del sistema delineato dal d.lgs. n. 28 del 2010 emerge dalla lettura complessiva ed armonica dell'intero art. 5 che, individuati, nei primi due commi gli ambiti di applicazione del nuovo strumento conciliativo, nel successivo comma 4, ne regolamenta le specifiche eccezioni. Per quanto di interesse occorre soffermarsi sulla lettera d , a mente della quale i commi 1 e 2 non si applicano , tra l'altro, ai procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione forzata . Il chiaro dato normativo trova giustificazione nella stessa relazione illustrativa al d.lgs. n. 28 del 2010, nella quale è esplicata la ragione di tale scelta i procedimenti di cognizione che si inseriscono incidentalmente nell' esecuzione forzata sono stati esclusi per la loro stretta inerenza con l' esecuzione forzata . Consentire o, peggio, imporre la dilazione nella fase processuale in cui la soddisfazione del singolo diritto è più prossima significherebbe aprire la strada a manovre dilatorie da parte dei debitori esecutati . Nei primi commenti della novella è apparso evidente che debbano essere esclusi dall'ambito di applicazione della mediazione non solo i procedimenti di opposizione all' esecuzione art. 615 c.p.c. e quelli di opposizione agli atti esecutivi art. 617 c.p.c. e l'opposizione di terzo art. 619 c.p.c. ma pure il procedimento avente ad oggetto l'accertamento dell'obbligo del terzo il quale non si sia presentato in udienza a rendere la dichiarazione di debito, ovvero intorno alla quale sia insorta contestazione, risolubile con sentenza artt. 548 e 549 c.p.c. , e quello avente ad oggetto la distribuzione della somma ricavata dalla vendita art. 512 c.p.c. . Quanto alla divisione disciplinata in sede esecutiva, l'esclusione o inclusione risiede nella possibilità di qualificare il relativo giudizio come incidente di cognizione nell'ambito del processo esecutivo. Sul punto è sufficiente rilevare che condivisa e diffusa, in dottrina e giurisprudenza, è l'attribuzione al giudizio divisorio incidentale della natura di procedimento di cognizione ordinario, pur inserendosi come una parentesi all'interno del procedimento esecutivo, nonostante la riforma del 2005 ne abbia accentuato il legame con l'esecuzione forzata cfr., Cass. 10.5.1982, n. 2889, Giust. civ. 1982, I, 2049 Cass. 8.1.1968, n. 44, Foro it. 1968, I, 1597 Cass. 19.7.1967, n. 1844, CED 328751 Cass., 12.10.1961, n. 2096, Giust. civ. 1962, I, 779 Cass. 24.3.1943, n. 676, Rep. Foro it. 1943-45, Esecuzione e pignorabilità in genere, 70-72 . Ciò chiarito, deve quindi concludersi che risponde ad una precisa scelta legislativa che i procedimenti incidentali di cognizione, tra i quali debbono essere ad ogni buon diritto annoverati i giudizi di divisione endoesecutivi, siano sottratti alla nuova procedura in tema di mediazione civile. La ragione della scelta del legislatore del 2010 deve essere rintracciata nel necessario bilanciamento tra la funzione deflattiva del nuovo strumento conciliativo e le contrapposte esigenze di celerità e concentrazione tipiche di un processo quale è quello esecutivo la cui principale funzione è la pronta e celere liquidazione delle ragioni dei creditori. La mediazione in sede esecutiva, ove ritenuta applicabile all'esecuzione forzata, finirebbe con lo scontrarsi con un processo esecutivo, come ridisegnato dalle riforme degli ultimi anni, che, pur conoscendo parentesi di cognizione, le delinea e configura come essenzialmente strumentali all'esecuzione stessa, onde consentire, nel caso di specie, l'individuazione definitiva dell'oggetto dell'espropriazione forzata. Ratio ancor più avvertita e sacralizzata nella riforma del 2005 che, concentrando in un procedimento incidentale funzionalmente incardinato dinnanzi al giudice dell'esecuzione il giudizio di divisione, ha sostanzialmente escluso che lo scioglimento della comunione potesse avvenire, una volta imposto il vincolo del pignoramento e dopo l'avviso di cui all'art. 599 c.p.c. al comproprietario, in una sede diversa da quella esecutiva. Per tutto quanto dianzi esposto non può trovare accoglimento l'eccezione di improcedibilità formulata. P.T.M. Il giudice rigetta l'eccezione di improcedibilità. Fissa l'udienza del 21 giugno 2011 ore 11,00 per la prosecuzione.