Non firma perché ""spossato e sfinito"": testamento valido

Valido il testamento privo della sottoscrizione del de cuius il notaio ha attestato che la mancata apposizione della firma non dipendeva da alcuna incapacità mentale.

Anche se privo della firma del defunto, il testamento è valido il notaio rogante giustifica la mancata sottoscrizione del documento con lo stato di spossatezza e sfinimento dell'anziano testatore, ricoverato in una casa di cura. È quanto affermato dalla Seconda sezione Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6978 dello scorso 25 marzo. La fattispecie. La familiare del defunto adiva il Tribunale di Torino, affinché fosse dichiarata la nullità del testamento per incapacità del testatore al momento dell'atto. Il Tribunale respingeva la domanda, così come i giudici di secondo grado respingevano l'appello lo stato d'incapacità naturale del testante al momento dell'atto non risultava essere stata provata. Direttrice e CTU escludono l'incapacità mentale del testatore. In particolare, a detta della Corte territoriale, dalla testimonianza della direttrice della casa di cura, presso cui l'anziano risiedeva, emergeva sì che il de cuius era stato spostato nel reparto riservato alle persone non autosufficienti perché gridava, gettandosi in terra, ma che tali manifestazioni non potevano essere considerate indice di una grave incapacità psichica. Non solo. Dall'esame della CTU risultava che il progressivo deperimento organico del defunto non aveva causato alcuno stato di permanente incapacità mentale. Era troppo stanco per firmare le sue ultime volontà . Invano, la donna ricorre per cassazione, sostenendo l'invalidità del testamento perché privo della sottoscrizione da parte del defunto. La S.C. osserva come, nella specie, il notaio, presente alla redazione dell'atto, abbia tenuto conto delle dichiarazioni rese dal de cuius circa il proprio stato di spossatezza e sfinimento, tanto da dimostrare che la mancata apposizione della firma non dipendevano né dalla volontà di invalidare l'atto né dall'incapacità di intendere e volere. Sfinimento e spossatezza quali indici di incapacità fisica. Al riguardo i giudici di piazza Cavour precisano tali conclusioni, rafforzate dalla presenza del notaio, che non ha ravvisato nel testatore segni di incapacità di intendere e di volere, possono essere certamente discusse, ma non private della intrinseca valenza che le contraddistingue, atteso anche che le condizioni fisiche del defunto potevano essere causa di sfinimento e di spossatezza, trattandosi di fenomeni di incapacità fisica e non di incapacità mentale .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 20 gennaio - 25 marzo 2011, n. 6978 Presidente Schettino - Relatore Goldoni Svolgimento del processo Con citazione del 1998, E.C. conveniva di fronte al tribunale di Torino alcuni soggetti, nominati nei testamento di C.G.C., deceduto nel corso dello stesso anno, onde ottenere la declaratoria di nullità del testamento di quest'ultimo, redatto per atto pubblico nel 1997, per incapacità naturale del testatore al momento dell'atto. Si costituivano F N., C.G., M.E., Gu., Gi., L. e C., questi ultimi quali subentranti nella successione del de cuius, per rappresentazione, a C.S. e P. e resistevano alla domanda attorea. Con sentenza del 2001, l'adito Tribunale respingeva la domanda e regolava le spese avverso tale decisione proponeva appello C.E. , cui resistevano tutti i predetti, mentre, come già in prime cure, il comune di Racconigi e F P. restavano contumaci. Previa ammissione ed espletamento della prova testimoniale formulata sin dal primo grado dati appellante, con sentenza in data 20.7/29.1 1.2004, la Corte di appello di Torino respingeva il gravame e regolava le spese. Osservava la Corte subalpina, che lo stato di incapacità naturale del testante al momento dell'atto non era risultata provata dal testimoniale escusso, mentre era condivisibile la CTU disposta ed espletata in primo grado e la mancata sottoscrizione del testatore era stata registrata dal notaio rogante come giustificata da spossatezza e sfinimento, clementi questi che non attestavano una incapacità di intendere e di volere in capo al de cuius. In esisto ad una compiuta analisi di tutti gli elementi acquisiti agli atti, la Corte distrettuale riteneva inconsistenti i motivi di appello come proposti. Per la cassazione di tale sentenza ricorre, sulla base di due motivi, illustrati anche con memoria, E.C Resistono con separati controricorsi, il N. da un lato e i C. dall'altro, mentre gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva. Motivi della decisione Con il primo motivo, si lamenta vizio di motivazione su di un punto decisivo della controversia la capacità del testatore al momento in cui fu redatto il testamento e la sua situa/ione di continua infermità mentale. Con riferimento alla testimonianza resa da A.M N.D.V. , già direttrice della Casa di riposo OMISSIS nel periodo in cui vi fu ricoverato G.C C. , la quale ha deposto nel senso che il predetto fu spostato in un'area della casa di cura destinata a persone non autosufficienti, in ragione delle sue manifestazioni, quali gridare, buttarsi in terra e così via. Si lamenta che la valutazione della Corte subalpina sarebbe stata impropriamente conclusa nel senso che le manifestazioni suddette sarebbero state dovute ad una situazione di incapacità fisica e non mentale, mentre le stesse, o almeno alcune di esse, dimostravano una grave incapacità psichica. Premesso che la valutazione de qua è tipicamente di fatto e, come tale, insindacabile in sede di legittimità, devesi aggiungere che le manifestazioni descritte dalla teste appaiono obiettivamente opinabili, non tali da attestare uno stato di permanente incapacità mentale. Con riguardo alla valutazione delle censure mosse dall'odierna ricorrente alla CTU, la sentenza impugnata ha affermato che non era risultato che lo stato di malattia all'apparato gastrointestinale del C. ed il conseguente suo progressivo deperimento organico avessero cagionato incapacità di autodeterminarsi. Ci si duole per un verso del metodo seguito dal CTU per giungere alla conclusioni rassegnate e per altro verso della mancata valutazione di tutte le condizioni personali del de cuius, che nel loro complesso, avrebbero cagionato incapacità di intendere e di volere. Trattasi anche in tal caso di valutazioni di natura tecnica, cui il CTU è pervenuto in esito ad una attività accertali va svolta post mortem e quindi documentale, che con giudizio né incongruo, né illogico, la Corte distrettuale ha ritenuto valide e sostanzialmente condivisibili è comprensibile che a quegli stessi dati possa essere attribuito un significato diverso, ma tanto non toglie valenza alle conclusioni raggiunte nella sentenza impugnata. Quanto ancora alla valutazione complessiva degli elementi probatori, non vengono evidenziati vizi obiettivamente idonei a scalfire la correttezza dell'iter argomentativo seguito né la plausibilità dello stesso, per cui, trattandosi di valutazione discrezionale, istituzionalmente demandata al giudice del merito, il prospettare una lettura diversa di quegli stessi elementi non è sufficiente a svilire il ragionamento svolto al riguardo nella sentenza impugnata, ma solo a ipotizzare una possibile diversa tesi, inidonea peraltro a togliere valenza a quella ritenuta più congrua nella sentenza impugnata. In base a tali considerazioni, il primo motivo di ricorso non può trovare accoglimento. Con il secondo mezzo, ci si duole di vizio di motivazione in ordine alla mancata sottoscrizione del testamento pubblico da parte del testatore. Il profilo in questione, più volte esaminato dalla giurisprudenza, trova, secondo la Corte subalpina, idonea spiegazione nella attestazione del notaio rogante, che ha dato contezza nei fatto delle ragione che avevano indotto il C. a non sottoscrivere il testamento pubblico. Invero, la presenza dell'Ufficiale rogante alla redazione di tutto l'atto, e la successiva attestazione delle dichiarazioni rese dal testatore circa il proprio stato di spossatezza e sfinimento sono state considerate elementi convergenti e sufficienti a dimostrare che la mancata apposizione della firma non dipendevano da volontà di invalidare l'atto né da incapacità di intendere e di volere. Tale conclusioni, segnatamente rafforzate dalla presenza del notaio, che, ovviamente non sia ravvisato nel testatore segni di incapacità di intendere e di volere, possono essere certamente discusse, ma non private della intrinseca valenza che le contraddistingue, atteso anche che le condizioni fisiche del C. , ampiamente documentale, ben potevano essere causa di sfinimento e di spossatezza, fenomeni di incapacità fisica che non attingevano a profili di incapacità mentale. Anche il secondo motivo pertanto non può trovare accoglimento. Trattasi di situazione particolarmente delicata, la cui soluzione peraltro è stata basata su elementi concreti, debitamente valutati e plausibili, non contrastanti in modo assoluto con emergenze processuali inidonee, da sole, a svilire le argomentazioni utilizzate onde pervenire alla decisione adottata. Tali considerazioni conclusive appaiono valido motivo per compensare interamente tra le parti le spese relative al presente procedimento per cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso spese compensate.