Flexicurity e previdenza

La flessibilizzazione del rapporto di lavoro viene vista da circa un decennio come il fulcro su cui basare una riforma del mercato del lavoro, capace sia di generare occupazione come di rendere i sistemi produttivi più competitivi. Si vorrebbe dunque arrivare ad avere un mercato del lavoro flessibile, con minori costi della manodopera per le imprese, una maggiore facilità di ricorso a forme di lavoro temporaneo pur tenendo alte le tutele e le protezioni previste dall’ordinamento in capo ai lavoratori.

Questa esigenza da parte dei datori, dovuta congiuntamente all’ampliamento delle dimensioni globali dei mercati economici e alla variabilità del costo del lavoro, è intesa sia come un allentamento dei vincoli relativi al rapporto lavorativo tutto inteso, dall’instaurazione alla sua risoluzione, ovvero ad una minor regolamentazione sullo svolgimento del rapporto stesso. A mio giudizio occorre superare le strettoie della contrapposizione deregolazione vs regolazione e flessibilità vs sicurezza, per affermare invece la possibilità di perseguire simultaneamente buoni livelli di flessibilità nel mercato del lavoro e di sicurezza dell'occupazione. Resta il problema della copertura previdenziale, a fronte di percorsi lavorativi discontinui, che può essere assicurata cambiando il paradigma per farla garantire dallo Stato, attraverso le imposte, uguale per tutti i lavoratori in applicazione puntuale dei principi costituzionali consentendo poi a ciascuno di dotarsi di uno zainetto previdenziale di secondo pilastro. Gli operatori, a mio giudizio, dovrebbero muoversi in questa direzione trasformando, come diceva un Grande, le difficoltà in opportunità. Durante la pandemia gran parte del lavoro si è svolto in smart working. Il Parlamento europeo chiede una nuova legge UE. Il diritto alla disconnessione al momento non è definito da una legge UE e il Parlamento vuole cambiare la situazione. Il 21 gennaio 2021 ha chiesto alla Commissione europea di proporre una legge che permetta ai lavoratori di disconnettersi al di fuori dell’orario lavorativo senza conseguenze e che stabilisca degli standard di base da rispettare per il lavoro da remoto. Il Parlamento ha sottolineato che le interruzioni al tempo di riposo e l’estensione delle ore lavorative rischiano di provocare straordinari non pagati e un impatto negativo sulla salute, sull’equilibrio tra vita privata e professionale e sul riposo. Ha quindi chiesto che i datori di lavoro non possano chiedere ai propri dipendenti di essere disponibili al di fuori del loro orario lavorativo e che i collaboratori evitino di contattare i colleghi per motivi di lavoro quando non sono disponibili. Un’altra richiesta è che gli Stati membri assicurino che i lavoratori che invocano il diritto alla disconnessione siano protetti da ripercussioni negative, oltre a mettere in campo dei meccanismi per il reclamo e le violazioni al diritto alla disconnessione. L’apprendimento da remoto e la formazione dovrebbero essere considerati come attività lavorative e non dovrebbero essere svolti nell’orario di riposo o nei giorni liberi senza una compensazione adeguata. La maggior parte degli Stati membri UE hanno regolamentato lo smart working, ma solo quattro Belgio, Francia, Italia e Spagna riconoscono il diritto alla disconnessione. La disconnessione costituisce a pieno titolo una misura preventiva per tutelare la personalità fisica e morale dello smart working. Il diritto alla disconnessione per definizione è il diritto del lavoratore a essere irreperibile, a non essere soggetto alle richieste presentate in via telematica dal datore di lavoro al di fuori dell’orario massimo di lavoro. Si tratta del diritto a disconnettersi dall’ambiente lavorativo, senza subire ripercussioni sul salario o sul proseguimento del contratto in caso di mancata risposta. Il diritto alla non reperibilità al di fuori dall’orario lavorativo è una tematica a livello mondiale. Al momento ogni paese è andato in ordine sparso su questo argomento o, ancora peggio, non ha regolamentato questa problematica, lasciando alle aziende e ai dipendenti una sorta di autogestione. Per noi si veda l’art. 19 della legge 22 maggio 2017, n. 81 che cosi recita 1. L'accordo relativo alla modalità di lavoro agile è stipulato per iscritto ai fini della regolarità amministrativa e della prova, e disciplina l'esecuzione della prestazione lavorativa svolta all'esterno dei locali aziendali, anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro ed agli strumenti utilizzati dal lavoratore. L'accordo individua altresì i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro. 2. L'accordo di cui al comma 1 può essere a termine o a tempo indeterminato in tale ultimo caso, il recesso può avvenire con un preavviso non inferiore a trenta giorni. Nel caso di lavoratori disabili ai sensi dell'articolo 1 della legge 12 marzo 1999, n. 68, il termine di preavviso del recesso da parte del datore di lavoro non può essere inferiore a novanta giorni, al fine di consentire un'adeguata riorganizzazione dei percorsi di lavoro rispetto alle esigenze di vita e di cura del lavoratore. In presenza di un giustificato motivo, ciascuno dei contraenti può recedere prima della scadenza del termine nel caso di accordo a tempo determinato, o senza preavviso nel caso di accordo a tempo indeterminato Tribunale, Bologna, 23/04/2020, n. 2759 . Nella attuale situazione di emergenza sanitaria il lavoro da casa è raccomandato o imposto dalla normativa. L'art. 1, comma 7, DPCM 3.3.2020 raccomanda il massimo utilizzo da parte delle imprese di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza. Con riguardo agli obiettivi, dovranno esser accantonate le prospettive di risultato a breve termine volte al raggiungimento di rientri rapidi, e non ponderati, degli individui nei percorsi occupazionali, abbracciando invece delle procedure condivise e tese verso la soluzione delle situazioni individuali. I Servizi per l’impiego pubblici e privati dovranno assumere il ruolo di attori dotati di autonomia responsabile nell’implementazione delle politiche attive del lavoro. La prospettiva disegnata può rappresentare un’ipotesi per costruire un mercato del lavoro che assicuri sincronicamente le istanze di flessibilità e competitività delle imprese all’interno di uno spazio di sicurezza nel rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori riconosciuti a livello sovranazionale. Traiettorie di flexicurity di Marco Cuttone .