Il COVID dilaga, stop all’esame di abilitazione

E' passato qualche tempo da quando i DPCM ci piovevano addosso a ritmo serrato tutti incollati al televisore, in attesa di conoscere quale sorte ci sarebbe toccata. Insieme ai decreti, c'era il quotidiano appuntamento con la task force che ci ragguagliava sulle cifre, sull'andamento dell'epidemia e sui probabili sviluppi.

Nell'intervallo tra un DPCM e un briefing ogni talk show aveva un solo ed esclusivo argomento il COVID. Cambiare canale non serviva, perchè si passava soltanto da un modo all'altro di interpretare il Coronavirus, i suoi effetti, le tecniche per scansare il contagio e quelle per contrastarne la diffusione. L'epidemiologo del momento tratteggiava lo scenario del momento, a tinte fosche o da giudizio universale, tra mille polemiche e ipotesi più o meno strampalate sull'origine del virus. Poi si è raggiunto il plateau. Dopo il plateau è iniziata la china discendente e appena abbiamo azzardato timidamente a mettere il capo fuori dall'uscio siamo ritornati al punto di partenza. Dicono in molti che la colpa sia da attribuire all'estate, e al maledetto clima di euforia collettiva che ha prevalso sulla necessità di essere prudenti. Comunque sia, ad oggi si viaggia spediti sugli oltre 36.000 nuovi contagi al giorno e la probabilità sempre più concreta di giungere al punto di non ritorno ha imposto un rapido giro di vite. Ed eccoci al DPCM del 3 novembre. Tralasciamo tutte le misure relative alla vita quotidiana e, per ragioni di competenza per materia è proprio il caso di dirlo , ci occupiamo delle disposizioni che riguardano l'appuntamento fisso del mese di dicembre di ogni anno il tanto agnognato esame di abilitazione all'esercizio della professione di avvocato. L'esame di abilitazione salterà un giro? Nella prima metà del mese di dicembre di ogni anno, mentre ci si avvia verso le festività natalizie, si celebra il tour de force delle prove scritte dell'esame di abilitazione. E' innanzitutto una prova di resistenza fisica ci si prepara, come Rambo prima di affrontare il nemico nella foresta, con codici annotati d'ogni calibro e grandezza. C'è chi prova a fare il furbo e ricorre agli stratagemmi più disparati dalle cartuccere da mitragliatrice antiaerea a ritrovati degni di James Bond, tutto per lo più perfettamente inutile dato che le tracce presentano quasi sempre un andamento tutt'altro che astruso e complesso. Il DPCM del 3 novembre sembrava aver lasciato la speranza agli aspiranti avvocati di poter affilare le loro armi per gettarsi a capofitto nella tre giorni” delle prove scritte. Ed infatti, l'art. 1, comma 9, lettera Z del decreto sospende lo svolgimento delle prove scritte degli esami di abilitazione professionali fino alla data del 3 dicembre prossimo. A sorpresa, però, il 5 novembre è iniziata a circolare la notizia – sembrerebbe in prima battuta sui social – della decisione del Ministro della Giustizia di non dare luogo nelle date del 15, 16 e 17 dicembre già previste per questo appuntamento annuale, alle prove scritte dell'esame di abilitazione alla professione forense. La ragione è, ovviamente, quella di limitare al massimo le occasioni di contatto sociale per frenare l'onda dei contagi. Nel comunicato che ha cominciato a diffondersi – con grande sgomento dei diretti interessati, cioè dei praticanti avvocati – si parla di un possibile rinvio dell'esame nella primavera del 2021, sul presupposto che, probabilmente, per quel tempo il virus avrà mollato la presa. Contenimento dei contagi è una priorità ma occhio alle conseguenze. Il principale problema dell'esame di abilitazione, osservandolo dalla prospettiva infettivologica e non certamente giuridica, è proprio quello dell'assembramento. La base distrettuale su cui è organizzato fa sì che un numero considerevole di candidati – spesso superiore al migliaio – converga verso un'unica location per sostenere le prove scritte e, chiaramente, anche quelle orali . Inevitabile, quindi, l'assembramento chi ha avuto occasione di sostenerlo sa benissimo che la calca umana, prima, durante e dopo lo svolgimento degli scritti, è la regola. Gli spazi, per quanto possano essere ampi vengono saturati dai banchetti monoposto e certamente il mantenimento della distanza interpersonale di almeno un metro è pura utopia. Ecco che, a questo punto, si sarebbe potuto rimeditare intanto l'assetto organizzativo abbandonare, per esempio, il criterio distrettuale e accedere a quello circondariale cioè ogni sede di tribunale avrebbe potuto consentire lo svolgimento delle prove scritte con un numero certamente ridotto di candidati, magari dislocati in più locali nel caso dei tribunali di dimensioni maggiori . Anche questa ipotesi, leggendo il testo del comunicato del Ministro, sembrerebbe essere stata vagliata e scartata, probabilmente perchè ritenuta ugualmente insicura a fronte della velocità con cui si sta diffondendo il contagio. La scelta del rinvio è parsa quindi una soluzione senza alternative, e la data delle prove scritte potrebbe essere collocata nei mesi primaverili. Il rischio dell'accavallamento. Come tutte le soluzioni quella che si profila come ormai inevitabile certa non è esente da censure. Anzi. Sappiamo per esperienza che dopo lo svolgimento invernale” degli scritti, effettuati gli incroci degli elaborati per procedere alla loro correzione, trascorrono almeno sei mesi prima di avere l'elenco degli ammessi alla prova orale. Quest'ultima ha inizio non prima della fine dell'estate – generalmente nel mese di settembre – e termina, quando va bene, appena in tempo per passare le consegne alla sessione d'esami dell'anno successivo. E' evidente che se l'esame del 2020 dovesse svolgersi nella primavera del 2021 il meccanismo dell'avvicendamento si incepperebbe nella migliore delle ipotesi i candidati che lo hanno sostenuto dovrebbero ripetere per sicurezza” lo scritto del dicembre successivo con due conseguenze il numero dei candidati raddoppierebbe e, cosa non da poco, conviverebbero” due commissioni d'esame la prima impegnata nelle prove orali e la seconda in quelle scritte , che dovrebbero impegnarsi, prima ancora che nei propri lavori, nell'evitare di aggrovigliarsi tra di loro, pasticciandosi così nel caos più assoluto. Nel frattempo, però, proseguono le prove orali della sessione 2019, pur con le dovute cautele e con ogni possibile attenzione per la tutela della salute. A questo punto ci chiediamo piuttosto che rimandare alla primavera le prove scritte, non sarebbe stato possibile pensare, oltre alla parcellizzazione, anche allo svolgimento delle prove scritte anche presso più strutture nei vari centri abitati? Tra tendoni, velodromi, e strutture mobili più o meno ampie forse l'ormai famoso distanziamento sociale potrebbe ugualmente garantirsi. Pazienza per il senso di precarietà che uno scenario del genere potrebbe offrire ai futuri avvocati, attendati come reduci da una calamità naturale almeno si garantirebbe loro il minimo sacrificio in vista del futuro professionale.