Non sprechiamo questa crisi… in previdenza

In questi giorni è uscito, edizioni La Terza, il libro di Mariana Mazzucato, prof. di economia dell’innovazione e del valore pubblico presso l’University College London e consigliera del Presidente del Consiglio che non mi pare ne abbia fatto sin qui tesoro .

A un certo punto, pag. 77, la prof. Mazzucato scrive Il grande fallimento dell’attuale modello economico è legato al fatto di aver trascurato i beni pubblici, essenziali per il corretto funzionamento di un’economia progressiva, che il settore privato non è incentivato a soddisfare. Per questo Adam Smith, nel suo trattato La ricchezza delle nazioni, attribuisce allo Stato il compito di sviluppare le infrastrutture fisiche e umane di un’economia di mercato. La finanza ortodossa ha invece subordinato il dovere dello Stato di provvedere ai beni pubblici a quello di tenere il bilancio in pareggio. In sostanza, lo sviluppo delle risorse reali di una nazione è stato sacrificato alla logica economica di un nucleo familiare privato. Per ridare vita al concetto di beni pubblici dobbiamo fare in modo che non siano periferici al mercato – vale a dire che non devono essere intesi come correzioni ai fallimenti del mercato – bensì al centro del come pubblico e privato interagiscono. In questo senso, i beni pubblici non devono più essere visti secondo questa logica ristretta bensì in un’ottica proattiva in cui i mercati vengono co-creati e plasmati. L’ortodonzia finanziaria di fondo parte da due assunti ritenuti assiomatici 1. l’investimento pubblico è una forma di spreco, che dovrebbe quindi essere ridotto al minimo 2. le economie di mercato tendono spontaneamente alla piena occupazione definita come il tasso naturale di disoccupazione . Ne consegue 3. che solo quando i mercati falliscono, gli investimenti pubblici devono intervenire a correggere gli attriti del mercato. La crisi finanziaria del 2008 – 2009 ha già mostrato la debolezza di questo modello. La crisi del Covid-19 ha messo ulteriormente in luce questa debolezza e la grave insufficienza di beni pubblici e ha dimostrato che molti governi occidentali sono del tutto impreparati ad affrontare eventi imprevisti . Il settore pubblico è responsabile della resilienza e della stabilità a lungo termine della società e di articolare gli interventi dello Stato attraverso il processo decisionale e le istituzioni pubbliche. Questi concetti, che Mariana Mazzucato ha esposto con grande tempestività e lungimiranza, possono essere calati anche nel campo della previdenza dove serve, non già un’opera di manutenzione ordinaria, basata su ragionamenti puramente numerico – matematici che esauriscono la loro portata nella valutazione sull’aumento o la diminuzione di un anno dell’età anagrafica o dell’anzianità contributiva necessaria ad avere accesso al trattamento pensionistico, bensì un cambio di paradigma come ha ben scritto il Presidente della Cassa dei Commercialista nel suo Da quota 102 a quota 41, basta con i numeri”. Concordo con lui nel ritenere che l’obiettivo non deve essere la pensione di garanzia o pensione di cittadinanza posto che lo strumento più efficace è quello di lavorare sulla garanzia della pensione attraverso progetti di sviluppo economico che facilitino l’accesso di giovani e meno giovani al lavoro e a forme contrattualistiche continuative in grado di garantire loro trattamenti pensionistici adeguati in futuro. Mi piace vedere che il Presidente della Cassa dei Commercialisti condivide l’ipotesi, che io da tempo ho formulato, di introdurre strumenti di contribuzione figurativa che coprano i periodi di mancata occupazione nei quali il lavoratore si sia impegnato in attività di formazione o di riqualificazione professionale finalizzate al ricollocamento sul mercato del lavoro, un modo per incentivare il lavoratore a mettersi e rimettersi in gioco per costruire un futuro che non debba necessariamente dipendere da aiuti e garanzie offerti dallo Stato. Se si vuole veramente favorire un sistema pensionistico moderno, di tipo contributivo, nel quale la pensione sarà commisurata ai versamenti effettuati, diventa fondamentale favorire e incentivare sin da subito il risparmio previdenziale. Peccato, però, che i giovani spesso non possono contare su risorse da destinare al proprio futuro. E qui allora deve entrare in gioco lo Stato attraverso i suoi interventi nella visione della prof. Mariana Mazzucato. Come scrivo da molte lune, inascoltato, la previdenza di primo pilastro, obbligatoria, non può dipendere dai mercati finanziari ma deve essere uguale per tutti i lavoratori, gestita e garantita dallo Stato anche attraverso la fiscalità generale. Siamo ancora in tempo per cambiare il paradigma.