Tutti gli iscritti all’Albo degli Avvocati sono tenuti all’iscrizione alla Cassa e al versamento dei contributi minimi

Il Tribunale di Foggia, con sentenza n. 1954/20, ha ribadito la legittimità costituzionale dell’art. 21, commi 8 e 9, l. n. 247/2012, che sancisce l’obbligatorietà dell’iscrizione a Cassa Forense e del versamento di contributi minimi, per tutti gli iscritti all’Albo degli Avvocati.

Chiamato a decidere sulla contestazione di un provvedimento di Cassa Forense avanzata da un’avvocatessa, nonché ex insegnante in pensione e iscritta all’Albo degli Avvocati, il Tribunale di Foggia ha ribadito la piena legittimità costituzionale dell’art. 21, commi 8 e 9, l. n. 247/2012 , in relazione all’obbligatorietà dell’iscrizione alla Cassa ed al versamento dei contributi minimi, per tutti gli iscritti all’Albo degli Avvocati. Di seguito i passaggi centrali della decisione adottata del Tribunale di Foggia. In particolare, con riferimento alla sollevata questione di legittimità costituzionale, il Giudice del lavoro ha affermato che proprio le disposizioni costituzionali , contrariamente a quanto sembra opinare la ricorrente, impongono di ritenere che, nel nostro ordinamento, all'espletamento di attività lato sensu lavorativa, sia essa intellettuale o manuale, esercitata in forma autonoma o subordinata, dietro pagamento di corrispettivo, debba accompagnarsi la copertura previdenziale . E ciò per ragioni di tutela di posizioni indisponibili del singolo tutela avverso la vecchiaia, la malattia, l’invalidità e per i superstiti e, quindi, a prescindere se, poi, in concreto, al singolo potrà o meno essere erogata una qualche prestazione . Inoltre, prosegue il Giudice, la previsione di un contributo annuo obbligatorio , quale quello richiesto alla ricorrente, corrisponde alla garanzia di percezione di un trattamento pensionistico, sia pure, eventualmente, in misura minima. A nulla rileva che detto contributo non risulti proporzionale al reddito professionale e non sia informato al principio di progressività . Infine, posto che il sistema previdenziale forense di cui al regolamento della l. n. 247/2012, risponde alle esigenze solidaristiche della categoria anche nel caso di redditi percepiti modesti, mentre affrancare da detto obbligo taluni professionisti determinerebbe un ingiustificato slittamento dell’obbligo contributivo complessivo in capo soltanto ad alcuni professionisti , il Tribunale conclude chiarendo che ogni professionista che eserciti la professione forense, al di là della particolare condizione lavorativa personale, è tenuto al versamento della contribuzione minima obbligatoria alla Cassa.

Tribunale di Foggia, sez. Lavoro, sentenza 16 luglio 2020, numero 1954 Giudice De Lia Ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di ricorso del 16/12/2016, l'avv. Ge. TI. ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 21, commi 8 e 9, L. numero 247/2012, ritenuti in contrasto con gli artt. 3, 23, 97 e 113 Cost., contestando la sostenibilità finanziaria cinquantennale della Cassa Forense il tutto al fine di ottenere la disapplicazione del Regolamento di Attuazione dell'articolo 21, co. 8 e 9 della L. numero 247/2012 e la sospensione dell'esecutorietà della decisione della Cassa di iscriverla di ufficio, con decorrenza dal 01/01/2014 e, conseguentemente, il richiesto pagamento dei contributi minimi obbligatori relativi agli anni 2014 e 2015. In subordine, l'avv. Ge. TI. ha contestato la quantificazione della contribuzione minima richiesta per gli anni 2014, 2015, con asserito diritto all'applicazione delle agevolazioni previste dagli articolo 7, 8 e 9 del Regolamento di attuazione della L. numero 247/2012 per i primi cinque anni di iscrizione alla Cassa, il tutto, col favore delle spese. Si costituiva in giudizio la Cassa resistente, che chiedeva la reiezione del ricorso, siccome infondato e non provato, vinte le spese. All'odierna udienza, tenuta ai sensi e per gli effetti dell'articolo 83 co. VII lett. h D. L. 18/2020 conv. in L. 27/2020, verificata la regolare comunicazione del decreto di fissazione della trattazione scritta della causa, acquisite brevi note di trattazione e note di replica di entrambe le parti, la causa è decisa come da sentenza contestuale depositata telematicamente Preliminarmente si rigetta la richiesta di riunione del presente giudizio con quello numero 1523/2017 pendente avanti altro Giudice di Cotesta sezione poiché un eventuale provvedimento in tal senso ritarderebbe ulteriormente la decisone nonostante la causa sia matura per la decisione a ciò si aggiunge che la decisione del presente giudizio ha carattere pregiudiziale rispetto a quello. Per quanto attiene l'asserita inammissibilità delle note di replica il Giudicante rileva che, pur non essendo le stesse richiamate nel provvedimento del 14.5.2020 nelle stese si fa rifermento ai Protocolli per lo svolgimento delle udienze, siglati in data 14.4.2020 ed in data 11.5.2020 dal Presidente Vicario del Tribunale di Foggia e dal Presidente dell'Ordine degli Avvocati di Foggia nei quali tali note di replica sono indicate. Nel merito il ricorso non è fondato e va rigettato. L'avv. Ge. TI. ha assunto di essere iscritta all'Albo degli Avvocati di Foggia dal 30/10/1979 e di essere stata iscritta, a domanda, alla Cassa nell'anno 1979 dalla quale si è cancellata, sempre a domanda, per mancata continuità professionale asserendo che la sua qualità di insegnante di ruolo attualmente in pensione , sarebbe incompatibile con il pagamento dei contributi forensi, così come disposto dal D.Lgs. numero 503/92 che stabilisce il divieto di cumulo della pensione da lavoro dipendente con quelli da lavoro autonomo, nel quale, ovviamente, rientra l'esercizio dell'attività professionale di avvocato ha impugnato la sua iscrizione d'ufficio a decorrere dall'anno 2014 nonché la richiesta della somma complessiva di Euro 3.651,00 a titolo di contribuzione minima obbligatoria per il 2015 e della somma complessiva di Euro 3.631,00 a titolo di contribuzione minima obbligatoria per l'anno 2014. Riguardo le questioni di illegittimità costituzionale sollevate in ricorso, occorre premettere che proprio le disposizioni costituzionali, contrariamente a quanto sembra opinare la ricorrente, impongono di ritenere che, nel nostro ordinamento, all'espletamento di attività lato sensu lavorativa, sia essa intellettuale o manuale, esercitata in forma autonoma o subordinata, dietro pagamento di corrispettivo, debba accompagnarsi la copertura previdenziale. E ciò per ragioni di tutela di posizioni indisponibili dal singolo tutela avverso la vecchiaia, la malattia, l'invalidità e per i superstiti e, quindi, a prescindere se, poi, in concreto, al singolo potrà o meno essere erogata una qualche prestazione ex articolo 38, Cost. v. Cass. numero 2939/2001 . Nel caso degli avvocati liberi professionisti, l'articolo 21, comma 8, della legge numero 247/2012, dà attuazione a tali principi, prevedendo che l'iscrizione agli Albi comporta la contestuale iscrizione alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense , mentre il successivo comma 10 vieta l'iscrizione ad altra forma di previdenza, salvo che sia su base volontaria e, in ogni caso, a patto che non sia alternativa a quella della Cassa stessa. Va confutato, pertanto, il rilievo attoreo circa un divieto di doppia contribuzione, che proprio con riferimento all'attività professionale di avvocato è specificamente previsto, consentendo una iscrizione a due casse diverse, in ragione di due attività professionali differenti. È ciò, peraltro, in linea con il principio generale dettato dall'articolo 72 della legge numero 388/2000, in forza del quale A decorrere dal 1. gennaio 2001 le pensioni di vecchiaia e le pensioni liquidate con anzianità contributiva pari o superiore a 40 anni a carico dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, anche se liquidate anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge, sono interamente cumulabili con i redditi da lavoro autonomo e dipendente . D'altra parte, sull'insussistenza, nel nostro ordinamento, di aree di lavoro dietro corrispettivo non ricadenti in alcuna copertura previdenziale, sta la disposizione dell'articolo 2, comma 26, L. numero 335 del 1995, la quale ha previsto la costituzione, presso l'I.N.P.S., di una Gestione separata e residuale ove iscrivere coloro la cui attività professionale onerosa non è, ai fini contributivi, di competenza di alcun Fondo o Cassa previdenziale. Tali conclusioni non mutano per il fatto che, per la categoria degli avvocati liberi professionisti, la rispettiva Cassa di previdenza abbia natura privata, in forza del D.Lgs. numero 509 del 1994, trattandosi pur sempre dell'Ente che dà attuazione, per tale categoria, ai principi di cui al ricordato articolo 38 Cost. v. artt. 1, comma 3, 2, comma 1, D.Lgs. ult. cit. . Conformemente, poi, al disposto dell'articolo 21, comma 9, della legge numero 247/2012, la Cassa con proprio regolamento, determina, entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, i minimi contributivi dovuti nel caso di soggetti iscritti senza il raggiungimento di parametri reddituali, eventuali condizioni temporanee di esenzione o di diminuzione dei contributi per soggetti in particolari condizioni e l'eventuale applicazione del regime contributivo . Nel caso di specie, la Cassa resistente ha dato attuazione a siffatta disposizione, emanando l'apposito regolamento, nel quale, dopo aver ribadito l'obbligatorietà dell'iscrizione ad essa ai sensi dell'articolo 1, ha individuato i minimi contributivi soggettivi ed ha previsto varie riduzioni e dimezzamento al ricorrere di particolari situazioni legate all'età, all'anzianità di iscrizione ed al reddito annuo dell'interessato, pur garantendo tutela assistenziale piena e pensionistica minima. Ed infatti, la previsione di un contributo annuo obbligatorio, quale quello richiesto alla ricorrente, corrisponde alla garanzia di percezione di un trattamento pensionistico, sia pure, eventualmente, in misura minima. A nulla rileva che detto contributo non risulti proporzionale al reddito professionale e non sia informato al principio di progressività. Né, inoltre, vi è contrasto, come sembra invece opinare la ricorrente, tra la disposizione dell'articolo 21, comma 8 e quella del precedente comma 1, che tratta della permanenza nell'iscrizione all'Albo quest'ultima infatti ha riguardo all'iscrizione all'Albo, previsto dal precedente articolo 15, per coloro che esercitano la professione, richiedendo all'uopo l'effettiva prestazione dell'attività indipendentemente dal reddito, ossia dall'entità del reddito prodotto, mentre l'altra sancisce l'obbligatorietà dell'iscrizione a fini previdenziali nella CASSA forense nel momento in cui si viene iscritti all'Albo. Conformemente, poi, al disposto dell'articolo 21, comma 9, L. numero 247, la CASSA determina i minimi contributivi dovuti nel caso di soggetti iscritti senza il raggiungimento di parametri reddituali, eventuali condizioni temporanee di esenzione o di diminuzione dei contributi per soggetti in particolari condizioni e l'eventuale applicazione del regime contributivo . Nel caso di specie, la CASSA ha dato attuazione a siffatta disposizione, emanando l'apposito regolamento nel quale dopo aver ribadito l'obbligatorietà dell'iscrizione ad essa v. articolo 1 individua i minimi contributivi soggettivi, ne prevede varie riduzioni e dimezzamento al ricorrere di particolari situazioni legate all'età, all'anzianità di iscrizione ed al reddito annuo dell'interessato, pur garantendo tutela assistenziale piena e pensionistica minima. Ora, ciò posto, quanto alle censure di illegittimità costituzionale di siffatto quadro normativo, va detto – richiamando e condividendo la giurisprudenza versata in atti dalla convenuta che non deve essere confuso il campo tributario con quello contributivo, nel cui alveo rientra la contribuzione preveduta dal regolamento sopraddetto. La Suprema Corte, in materia di contribuzione previdenziale forense, ha escluso, in modo esplicito, che i contributi previdenziali siano assoggettati al criterio della progressività v. Cass. 15 mag. 1990, numero 4146, con ampi richiami di giurisprudenza costituzionale del tempo . Del resto, la Corte costituzionale aveva già puntualizzato che gli obblighi previdenziali sono considerati dalla legge non già come presupposto condizionante la legittimità dell'esercizio professionale, bensì come conseguenza del presupposto dell'imposizione contributiva, che è costituito da tale esercizio . C. cost. numero 132 del 1984, in motivaz., punto 13 . Tale insegnamento, nonostante sia risalente, è ancora illuminante perché chiarisce la natura dell'obbligazione previdenziale, che non condiziona a monte l'esercizio di una attività anche professionale , ma discende come conseguenza della medesima ed infatti, in generale, il rapporto previdenziale presuppone il rapporto di lavoro. Da ciò si comprende come non possa ravvisarsi alcuna violazione delle disposizioni costituzionali richiamate, né in tema di eguaglianza, né di violazione del diritto al lavoro e di iniziativa privata, né in materia tributaria artt. 2-4, 41, 53 . Anzi, la previsione di un contributo minimo a carico di tutti gli esercenti la professione forense risponde alle esigenze solidaristiche della categoria ed è volta ad assicurare un trattamento previdenziale minimo anche nel caso di redditi percepiti modesti, mentre affrancare da detto obbligo taluni professionisti determinerebbe un ingiustificato slittamento dell'obbligo contributivo complessivo in capo soltanto ad alcuni professionisti. Peraltro, la necessità di assicurare un trattamento pensionistico a tutti gli iscritti impone la correlata esigenza di imporre un contributo minimo obbligatorio, senza il quale la Cassa, al fine di assicurare il pareggio del bilancio, sarebbe tenuta ad aumentare in modo irragionevole la contribuzione richiesta agli avvocati che producono maggiore reddito professionale. Quanto alla paventata violazione dell'articolo 23 Cost. e del principio secondo cui ogni prestazione patrimoniale deve essere imposta dalla legge, mentre nel caso di specie il legislatore avrebbe demandato senza alcun limite alla Cassa di stabilire la misura della contribuzione, giova anzitutto premettere che non si tratta di un'attività rimessa all'arbitrio di un ente privato. Anzitutto, perché il Regolamento della Cassa è soggetto a censure del Ministero del Lavoro – puntualmente effettuate nella specie – e ad approvazione ministeriale, avvenuta il 7 agosto 2014 e successiva pubblicazione in G.U. il 20 agosto 2014. Poi, perché occorre tenere in considerazione la natura e la finalità della Cassa resistente, come ricostruita dalla consolidata giurisprudenza di legittimità e costituzionale. In particolare, in attuazione della delega, la legge delegata D.Lgs. 30 giugno 1994, numero 509, Attuazione della delega conferita dalla L. 24 dicembre 1993, numero 537, articolo 1, comma 32 in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza , ha ribadito, coerentemente, sia la trasformazione in associazioni o fondazioni con deliberazione dei competenti organi articolo 1, comma 1 degli enti di cui all'elenco A allegato quale la Cassa nazionale di previdenza e assistenza avvocati contestualmente subordinandola alla condizione che non usufruiscano di finanziamenti pubblici o altri ausili pubblici di carattere finanziario , ed esplicitamente sottolineando la continuità della loro collocazione nel sistema, quali enti senza scopo di lucro con personalità giuridica di diritto privato, titolari dei rapporti attivi e passivi dei corrispondenti enti previdenziali e dei rispettivi patrimoni, deputati a svolgerne le attività previdenziale e assistenziali .. ferma restando la obbligatorietà della iscrizione e della contribuzione sia la loro autonomia organizzativa, amministrativa e contabile articolo 2 – nel rispetto dei principi stabiliti dal presente articolo nei limiti fissati dalle disposizioni del presente decreto in relazione alla natura pubblica dell'attività svolte e con l'obbligo di assicurare l'equilibrio di bilancio mediante l'adozione di provvedimenti coerenti alle indicazioni risultanti dal bilancio tecnico .. . In ragione della mutata veste giuridica e della permanente natura pubblica dell'attività, tuttavia, alla prospettata autonomia degli enti previdenziali privatizzati fanno risconto un articolato sistema di poteri ministeriali di controllo sui bilanci e d'intervento sugli organi di amministrazione ed una generale funzione di controllo sulla gestione da parte della Corte dei conti articolo 3 , nonché il controllo politico della Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale istituita con la L. 9 marzo 1989, numero 88, articolo 56 Ristrutturazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro . Ne risulta, quindi, che la prevista trasformazione in persone giuridiche private, appunto ha lasciato immutato il carattere pubblicistico dell'attività istituzionale di previdenza ed assistenza svolta dagli enti, articolandosi invece sul diverso piano di una modifica degli strumenti di gestione e della differente qualificazione giuridica dei soggetti stessi l'obbligo contributivo costituisce un corollario, appunto, della rilevanza pubblicistica dell'inalterato fine previdenziale così, testualmente, Corte costituzionale numero 248 del 18 luglio 1997 , oltre che del principio di autofinanziamento cfr. Corte cost. numero 340 del 24 luglio 2000 . Coerentemente, la garanzia dell'autonomia gestionale, organizzativa, amministrativa e contabile degli enti privatizzati, che costituisce un principio direttivo della delega, non attiene tanto alla struttura dell'ente quanto piuttosto all'esercizio delle sue funzioni e, comunque, non esclude l'eventuale indicazione di limiti entro i quali l'autonomia debba essere esercitata così, testualmente, Corte costituzionale numero 15 del 5 febbraio 1999 . Ne risulta, per quel che qui interessa, una sostanziale delegificazione affidata dalla legge alla autonomia degli enti previdenziali privatizzati, entro i limiti ad essa imposti vedi, per tutte, Cass. numero 29829 del 19 dicembre 2008, sia pure con riferimento a delegificazione affidata all'autonomia collettiva, nel rapporto di impiego pubblico privatizzato per la disciplina, tra l'altro, del rapporto contributivo ferma restando, tuttavia, l'obbligatorietà della contribuzione e del rapporto previdenziale concernente le prestazioni a carico degli stessi enti anche in deroga a disposizioni di legge precedenti. Sulla base di questi principi, la delegificazione operata dal legislatore nel consentire alla Cassa di stabilire la misura del contributo obbligatorio minimo non sembra in sé violare alcun limite costituzionale, né è stata prospettata una effettiva e concreta lesione di diritti o valori fondamentali. A parte che, secondo la stessa Corte Costituzionale, i diritti previdenziali possono essere modificati o anche drasticamente ridotti, in quanto devono essere bilanciati con l'interesse al contenimento della spese ed al mantenimento dell'equilibrio del bilancio, perché soltanto la tutela di questi interessi può far sì che per il futuro possa essere assicurato il godimento degli stessi diritti previdenziali cfr. Corte Cost. numero 2/1994 , proprio con riferimento alla Cassa Forense la Corte di legittimità ha chiarito che Gli enti previdenziali privatizzati nell'esercizio della propria autonomia, che li abilita ad abrogare o derogare disposizioni di legge possono adottare, in funzione dell'obiettivo di assicurare equilibrio di bilancio e stabilità delle rispettive gestioni, provvedimenti quale, nella specie, l'articolo 4 del regolamento della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense, nel nuovo testo risultante dalla Delib. 28 febbraio 2004, adottata dal Comitato dei delegati, ai sensi della L. numero 335 del 1995, articolo 2, commi 25 e 26 ed approvata dai Ministeri vigilanti , che fermo restando il sistema retribuivo di calcolo della pensione introducono la facoltà di optare per il sistema contributivo, a condizioni di maggior favore per gli iscritti, ed in coerenza con la stessa facoltà di opzione, che comporta l'ampliamento dell'area di utilizzabilità a fini pensionistici dei contributi legittimamente versati stabiliscono la regola della non restituibilità dei contributi medesimi tacitamente abrogando la previsione in senso contrario, affatto eccezionale, di precedente disposizione di legge quale, nella specie, la L. 20 settembre 1980, numero 570, articolo 21 Riforma del sistema previdenziale forense in quanto ne risulta, da un lato, il rispetto dei limiti all'autonomia degli enti quali la previsione tassativa dei tipi di provvedimento, che gli enti sono abilitati ad adottare, ed il principio del pro rata dal quale dipende la idoneità dei loro atti di delegificazione a realizzare l'effetto perseguito abrogazione, appunto, o deroga di disposizioni di legge e non ne derivano, dall'altro, lesioni di diritti quesiti, ne' di legittime aspettative o dell'affidamento nella certezza del diritto e nella sicurezza giuridica cfr. Cass., sez. lav., numero 24202 del 16/11/2009 . Quel che emerge dalla disamina del quadro normativo, in definitiva, è che il legislatore, fin dalla privatizzazione della Cassa Forense, si è preoccupato di assicurare l'equilibrio economico-finanziario e di garantire l'erogazione delle prestazioni prevedendo la vigilanza del Ministero del Lavoro artt. 1, comma 4, lett. b , 2, 3, D.Lgs. numero 509 , sicché, ferma restando la discrezionalità tecnica, affidata alla Cassa, nel come attuare i principi stabiliti dalla legge v. artt. 2, comma 1 e 3, comma 2, D.Lgs. ult. cit. v. anche articolo 3, comma 12, L. numero 335 del 1995 questi ultimi cogentemente prescrivono l'equilibrio economico-finanziario e la sostenibilità del pagamento delle prestazioni. In ordine a queste ultime, poi, è chiaro che la quantità, tipologia e qualità delle medesime possono variare nel corso del tempo, in relazione al mutare delle contingenze economico-finanziarie e la Cassa, quale soggetto privatizzato, è abilitata ad adottare i provvedimenti meglio ritenuti nel perseguimento dei fini di cui alle superiori disposizioni cfr. Cass. 24202/2009, cit., e Cass, 24 set. 2010, numero 20235 . Alla stregua di queste considerazioni, posto che nessuna deduzione concreta è stata effettuata per ritenere che la misura del contributo obbligatorio sia stata individuata in modo irragionevole o arbitrario, la censura – formulata genericamente in ricorso – va disattesa. La ricorrente lamenta infine che, nel lungo periodo, non vi sarebbe sostenibilità finanziaria della CASSA forense, prevista dall'articolo 24, comma 24, d.l. numero 201 del 2011, conv., con modd., nella L. numero 214 del 2011, tanto che i valori previsti nel c.d. bilancio tecnico di cui alla stessa disposizione di legge , dovendosi proiettare su un periodo di cinquant'anni, non sarebbero attendibili di qui, l'illegittimità del suo obbligo di iscrizione. La doglianza è infondata sotto varî profili. In primo luogo, se pure può esser vero che è estremamente difficile fare previsioni su un arco temporale di cinquant'anni con un certo margine di attendibilità, nondimeno il periodo da considerare è previsto direttamente dalla fonte normativa il ridetto articolo 24 dipoi, una simile censura rimane allo stato del tutto apodittica, affidata in causa ad alcuni articoli tecnici e di dottrina docc. nnumero 8 -10 , ric. , che non costituiscono prova pertanto, anche un'eventuale C.T.U. tecnico-contabile od attuariale è inammissibile poiché del tutto esplorativa. A sostegno della genericità della censura sta poi il rilievo che il legislatore, fin dalla privatizzazione della CASSA forense, si è preoccupato di assicurare l'equilibrio economico finanziario e di garantire l'erogazione delle prestazioni prevedendo la vigilanza del Ministero del Lavoro artt. 1, comma 4, lett. b , 2, 3, D.Lgs. numero 509 in sostanza, il sistema normativo è nel senso che ferma restando la discrezionalità tecnica, affidata alla CASSA, nel come attuare i principi stabiliti dalla legge v. artt. 2, comma 1 e 3, comma 2, D.Lgs. ult. cit. v. anche articolo 3, comma 12, L. numero 335 del 1995 questi ultimi cogentemente prescrivono l'equilibrio economico-finanziario e la sostenibilità del pagamento delle prestazioni. In ordine a queste ultime, poi, è chiaro che la quantità, tipologia e qualità delle medesime possono variare nel corso del tempo, in relazione al mutare delle contingenze economico-finanziarie e la CASSA, quale soggetto privatizzato, è abilitata ad adottare i provvedimenti meglio ritenuti nel perseguimento dei fini di cui alle superiori disposizioni v., p. es., Cass. 16 nov. 2009, numero 24202, Id. 24 set. 2010, numero 20235 ma, se cosí è, anche sotto questo profilo la ricorrente non può pretendere di sottrarsi al pagamento dell'obbligazione contributiva. Infine – ed il rilievo è decisivo – l'eventuale squilibrio nei conti della CASSA non è motivo tale da porre nel nulla l'obbligo sancito in via generale dall'articolo 21, comma 8, L. numero 247. L'iscrizione obbligatoria alla Cassa è pertanto legittima. Quanto all'applicabilità al caso di specie dei benefici previsti dagli artt. 7, 8 e 9 del Regolamento di attuazione dell'articolo 21, co. 8 e 9, L. numero 247/2012, deve rilevarsi che la ricorrente, già iscritta alla Cassa dal 1979 al 1981 e dal 1996 al 2004, ed iscritta dal 21.8.2014 all'Albo forense in regime transitorio, non può beneficiare della riduzione della metà dei contributi prevista per i primi otto anni di iscrizione alla Cassa infatti l'articolo 9, comma 7, del Regolamento esclude che i titolari di pensioni di vecchiaia o anzianità presso altri enti possano beneficiare delle agevolazioni. Non essendo in discussione la circostanza che la ricorrente sia titolare di pensione non può essere accolta neanche la domanda formulata in via subordinata. Il ricorso pertanto va rigettato. Alla reiezione del ricorso segue la condanna alle spese, liquidate in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta dal ricorrente, così provvede 1 rigetta la domanda 2 condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della Cassa resistente che liquida in Euro 1000,00, oltre Rimborso Spese Generali, Cap e Iva nella misura dovuta per legge.