Quali tariffe vanno applicate se l’avvocato svolge l’attività di curatore dell’eredità giacente?

Il giudice, quando liquida i compensi spettanti all’avvocato che ha svolto l’attività di curatore dell’eredità giacente, può fare riferimento, quale criterio direttivo alla sua valutazione equitativa, a tariffe afferenti alla professione la cui attività tipica risulta prevalentemente svolta dal curatore per espletare il suo incarico. Pertanto, egli non deve necessariamente inquadrare l’attività del curatore nell’ambito della professione forense.

Questo ha chiarito la Cassazione con l’ordinanza n. 17735/20, depositata il 25 giugno. Un avvocato svolgeva l’attività di curatore dell’eredità giacente e all’esito della procedura domandava al giudice la liquidazione del compenso . Ritenendo che il giudice avesse tassato il compenso in misura inadeguata rispetto alla qualità e alla quantità dell’opera professionale prestata , l’avvocato proponeva opposizione avverso il decreto di liquidazione. Il Giudice del Tribunale rigettava l’opposizione ritenendo che i compensi fossero stati correttamente liquidati in via equitativa utilizzando il criterio tratto dalla tariffa professionale dei commercialisti, in quanto attagliata alle caratteristiche concrete dell’opera prestata. Avverso la decisione propone ricorso in Cassazione l’avvocato, lamentando che la tariffa applicata da giudice fosse abrogata e che, inoltre, l’attività di curatore dell’eredità giacente fosse, per qualità e quantità, inquadrabile nell’ambito della professione forense e da liquidare secondo la relativa tariffa. La Cassazione osserva che il giudice può fare riferimento, quale criterio direttivo alla sua valutazione equitativa a tariffe, anche abrogate , afferenti alla professione la cui attività tipica risulta prevalentemente svolta dal curatore per espletare il suo incarico . Il Tribunale ha individuato nella tariffa dei commercialisti detta attività, posto che ha ritenuto che l’opera svolta dall’avvocato era principalmente inquadrabile in quella tipica della professione del commercialista. Chiarito questo il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 17 dicembre 2019 – 25 agosto 2020, n. 17735 Presidente/Relatore Gorjan Fatti di causa L’avv. M.C. ebbe a svolgere attività di curatore dell’eredità giacente in morte di C.G. - coadiuvato da Ci.Gi. - ed all’esito della procedura, unitamente alla coadiutrice, chiese al Giudice la liquidazione del compenso. Sia l’avv. M. che la coadiutrice proposero opposizione avverso il decreto di liquidazione poiché i rispettivi compensi tassati in misura inadeguata rispetto alla qualità e quantità dell’opera professionale prestata. Ad esito della trattazione istruttoria il Giudice del Tribunale di Udine ebbe a rigettare l’opposizione svolta da curatore e coadiutrice posto che i compensi correttamente liquidati in via equitativa utilizzando criterio tratto da tariffa professionale attagliata alle caratteristiche concrete dell’opera svolta. Avverso detta ordinanza il solo avv. M.C. ha proposto ricorso per cassazione articolato su due motivi ed illustrato anche con nota difensiva. L’Agenzia del Demanio ha resistito con controricorso, mentre la spa Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia è rimasta intimata. Ragioni della decisione Il ricorso proposto da M.C. s’appalesa privo di fondamento e va rigettato. Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente denunzia violazione del disposto D.M. n. 55 del 2014, ex artt. 21, 22 e 26 - tariffa professionale avvocati - e falsa applicazione della disciplina ex D.M. n. 169 del 2010, art. 50 - tariffa commercialisti abrogata - nonché mancata applicazione della normativa ex D.M. n. 30 del 2012 in quanto il Giudice friulano non ebbe ad applicare l’indicazione data da documento del 2016 del COA, optando per l’applicazione di normativa abrogata disciplinante attività neppure analoga a quella effettivamente esplicata nell’ambito della curatela dell’eredità giacente C. . Comunque, ad opinione del ricorrente, il Giudice dell’opposizione doveva rendere esplicito il suo ragionamento ed applicare criteri che tenessero conto della qualità e quantità dell’attività professionale svolta in relazione alle operazioni effettate quale curatore. La censura formalmente si fonda sulla denunzia di violazione di norme giuridiche, ma nella sostanza si limita a proporre propria ricostruzione dell’esercizio del riconosciuto potere equitativo del Giudice, contrapponendola in quanto migliore alla ricostruzione elaborata dal Tribunale. Difatti il Giudice friulano ha richiamato, in primo luogo, l’insegnamento di questo Supremo Collego che, in materia di liquidazione compenso al curatore dell’eredità giacente, nel difetto di tariffa positivamente stabilita era doveroso il ricorso all’equità. Quindi ha sottolineato come il Giudice potesse operar riferimento, quale criterio direttivo alla sua valutazione equitativa, a tariffe - anche abrogate - afferenti alla professione - Cass. sez. 1 n 7731/91 - la cui attività professionale tipica risulta prevalentemente svolta dal curatore per espletare il suo incarico. Infine, il Tribunale ha individuato nella tariffa dei commercialisti detta attività posto che ha ritenuto che l’opera svolta dal M. era principalmente inquadrabile in quella tipica di detta professione. A fronte di un tanto il ricorrente ha semplicemente postulato che, invece, l’attività da lui effettivamente svolta nel curare l’eredità giacente C. , fosse per qualità e quantità inquadrabile nell’ambito della professione forense, e da liquidare secondo la relativa tariffa, ed un tanto anche sulla scorta di apposito parere reso dall’Associazione professionale di categoria ovvero richiamando la tariffa per i curatori fallimentari, pacificamente Cass. sez. 2 n. 12767/91, Cass. sez. 2 n. 11046/95 - non applicabile alla specie. Con la seconda ragione di doglianza il M. lamenta omesso esame di fatto decisivo individuato nell’ammontare del passivo dell’eredità giacente ovvero nell’apodittica scelta, fatta dal Magistrato, di riconoscere l’aumento del compenso nella riduttiva misura del 25%. Formalmente il ricorrente deduce omesso esame di fatto decisivo, ma sostanzia l’argomento critico proposto con l’omessa - a sua opinione - valutazione da parte del Giudice friulano delle sue tesi difensive. Tuttavia è lo stesso ricorrente a puntualizzare come il Tribunale ebbe ad implicitamente - operando richiamo alla tariffa abrogata dei commercialisti - ritenere rilevante ai fini della liquidazione il solo ammontare dell’attivo e non anche del passivo ebbe a ritenere non applicabile la tariffa ministeriale per i curatori fallimentari, nonché a ritenere corretto il ricorso alla tariffa dei commercialisti e, non già, a quella degli avvocati ebbe a ritenere adeguato il compenso fissato in relazione alla qualità e quantità dell’opera prestata. Dunque non concorre nella specie alcuna omesso esame, bensì esame non condiviso, quanto alle conclusioni, da parte del ricorrente. Le spese di questa lite di legittimità a favore dell’Agenzia del Demanio resistente costituito - vanno poste a carico del M. e liquidate in Euro 3.000,00 oltre le spese prenotate a debito. Concorrono in capo al ricorrente le condizioni processuali per il versamento dell’ulteriore contributo unificato. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione verso l’Agenzia del Demanio costituita le spese di questo giudizio di legittimità, tassate in Euro 3.000,00 oltre spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.