Avverso il provvedimento di cancellazione dall’albo l’avvocato può proporre ricorso al CNF

La giurisdizione in ordine al ricorso proposto dall’avvocato avverso il provvedimento di fissazione dell’udienza per la trattazione del procedimento di cancellazione dall’albo avviato nei suoi confronti spetta al CNF.

Sul punto la Corte di Cassazione con sentenza n. 16548/20, depositata il 31 luglio. Un avvocato proponeva ricorso al TAR per sentir annullare il provvedimento emesso con cui il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Taranto aveva fissato l’udienza per la trattazione del procedimento di cancellazione dall’albo avviato nei suoi confronti. Nello specifico, questi era stato cancellato dall’albo degli avvocati di Lecce avendo riportato due condanne per il reato di cui all’art. 380 c.p.p., ed aveva ottenuto la reiscrizione in quello di Taranto pertanto, il ricorrente ha esposto che, nello svolgimento dell’ordinaria attività di revisione degli albi, il Consiglio dell’Ordine ha in seguito acquisito il certificato del casellario giudiziale, da cui è emersa l’esistenza di tali condanne, non indicate però nella domanda di reiscrizione, ecco perché il Consiglio dell’Ordine ha avviato il procedimento di cancellazione. Posto che la reiscrizione è stata legittimamente disposta a seguito dell’esame della situazione del richiedente e della valutazione del carattere non ostativo dei precedenti penali, risalenti ad oltre venti anni prima, il ricorrente sostiene che la cancellazione dall’albo costituisce una revoca del predetto provvedimento , adottata in pendenza del procedimento disciplinare e viziata da eccesso di potere . Al riguardo, occorre richiamare l’art. 17 l. n. 247/2012, che, nel disciplinare l’iscrizione e la cancellazione dall’albo degli avvocati, prevede che avverso il provvedimento di cancellazione l’interessato può proporre ricorso al Consiglio Nazionale Forense , al quale spetta la cognizione - dei reclami avverso i provvedimenti disciplinari - di quelli in materia di albi, elenchi e registri e rilascio di certificato di compiuta pratica - dei ricorsi relativi alle elezioni dei consigli dell’ordine - dei conflitti di competenza tra ordini circondariali - l’esercizio delle funzioni disciplinari nei confronti dei propri componenti. Va dunque dichiarato che la giurisdizione in ordine al ricorso proposto dall’avvocato ricorrente avverso il provvedimento di fissazione dell’udienza per la trattazione del procedimento di cancellazione dall’albo avviato nei suoi confronti spetta al Consiglio Nazionale Forense, al quale la causa va rimessa.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 23 giugno – 31 luglio 2020, n. 16548 Presidente Curzio – Relatore Mercolino Fatti di causa 1. L’Avv. L.V. ha proposto ricorso al Tribunale amministrativo regionale della Puglia, Sede di Lecce, per sentir annullare il provvedimento emesso il 20 giugno 2018, con cui il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Taranto ha fissato l’udienza per la trattazione del procedimento di cancellazione dall’albo avviato nei suoi confronti ai sensi della L. 31 dicembre 2012, n. 247, art. 17, comma 12, nonché di ogni atto presupposto, connesso e/o consequenziale. Premesso di essere stato cancellato dall’albo degli avvocati di Lecce con provvedimento del 2 marzo 2005, avendo riportato due condanne per il reato di cui all’art. 380 c.p.p., e di aver ottenuto la reiscrizione in quello di Taranto con delibera del 17 giugno 2015, il ricorrente ha esposto che, nello svolgimento dell’ordinaria attività di revisione degli albi, il Consiglio dell’Ordine ha in seguito acquisito il certificato del casellario giudiziale, da cui è emersa l’esistenza delle predette condanne, non indicate nella domanda di reiscrizione per tale motivo, il Consiglio dell’Ordine, dopo aver trasmesso un esposto al Consiglio distrettuale di disciplina, ha avviato il procedimento di cancellazione, nell’ambito del quale gli ha comunicato l’avvenuta fissazione dell’udienza di trattazione. Ciò posto, il ricorrente ha denunciato la violazione della L. n. 247 del 2012, art. 17, comma 16, e art. 57, osservando che il procedimento di cancellazione è stato avviato in pendenza del procedimento disciplinare promosso per i medesimi fatti. Ha lamentato inoltre l’eccesso di potere per irragionevolezza ed illogicità manifesta e difetto di istruttoria, lo sviamento di potere e la violazione della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 21-nonies e del D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59, art. 45, rilevando che il Consiglio dell’Ordine si è determinato ad agire in autotutela soltanto a distanza di trentaquattro mesi dalla delibera di reiscrizione e di ventidue mesi dal rilascio del certificato del casellario giudiziale, per esser venuti meno i requisiti morali richiesti per l’iscrizione nell’albo, in relazione a condanne pronunciate negli anni 2004 e 2007 e relative a fatti accaduti rispettivamente negli anni 1999 e 2000. Ha aggiunto che nessun fatto nuovo è sopravvenuto all’iscrizione, rispetto alla quale le condanne sono state ritenute non ostative, precisando comunque che gli effetti delle stesse devono considerarsi cessati a seguito del provvedimento emesso il 15 luglio 2017, con cui il Tribunale di Lecce, in funzione di giudice dell’esecuzione penale, ha concesso il beneficio dell’indulto. Ha dedotto infine che il provvedimento risulta privo di motivazione in ordine alle ragioni d’interesse pubblico, diverse dal mero ripristino della legalità violata, che giustificano il sacrificio del contrapposto interesse del destinatario alla prosecuzione dell’attività avviata. 2. Si è costituito il Consiglio dell’Ordine, ed ha eccepito il difetto d’interesse all’impugnazione, sostenendo che l’atto impugnato ha carattere meramente endoprocedimentale ha aggiunto che con delibera del 12 settembre 2018 è stato adottato il provvedimento di cancellazione dall’albo, impugnato dal ricorrente dinanzi al Consiglio Nazionale Forense, al quale spetta la giurisdizione in ordine alle controversie riguardanti l’iscrizione nell’albo professionale. 3. Con atto notificato il 14 maggio 2019, l’Avv. L. ha proposto ricorso per regolamento di giurisdizione, chiedendo dichiararsi che la controversia spetta alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo. Il Consiglio dell’Ordine ha resistito con controricorso, illustrato anche con memoria. Ragioni della decisione 1. Preliminarmente, si rileva che, con istanza pervenuta il 22 giugno 2020, il ricorrente ha chiesto il rinvio dell’adunanza camerale, assumendo di non essersi potuto recare in Cancelleria per esaminare il fascicolo d’ufficio, indispensabile per la redazione della memoria, a causa dell’interruzione dei servizi di trasporto aereo, disposta per il contenimento dell’epidemia da Co-vid-19, e delle patologie che lo affliggono, che gl’impedirebbero di utilizzare il treno per il viaggio dal suo luogo di residenza a Roma. L’istanza non merita accoglimento, avuto riguardo al carattere meramente ipotetico delle difficoltà derivanti dalle predette patologie, che, in quanto costituite dal timore di essere sottoposto a quarantena in attuazione delle misure sanitarie adottate presso le stazioni ferroviarie, consentono di escludere la configurabilità del predetto impedimento, al quale può d’altronde ovviarsi mediante lo scambio degli atti per via telematica, consentito dal Protocollo d’intesa sottoscritto il 9 aprile 2020 dal Primo Presidente della Corte di cassazione con il Procuratore generale ed il Presidente del Consiglio Nazionale Forense. 2. Va inoltre disattesa l’eccezione d’inammissibilità del ricorso, sollevata dalla difesa del Consiglio dell’Ordine in relazione al tenore delle argomentazioni svolte dal ricorrente, con cui quest’ultimo si limita a manifestare generiche perplessità in ordine all’inquadramento della fattispecie, ed alla natura endoprocedimentale dell’atto impugnato dinanzi al Giudice amministrativo, a fronte del quale non è configurabile una posizione soggettiva idonea a legittimare la proposizione della domanda, nonché alla sopravvenienza, nelle more del presente giudizio, del provvedimento conclusivo del procedimento di cancellazione dall’albo, impugnato dal ricorrente dinanzi al Consiglio Nazionale Forense. 2.1. La prospettazione di ragionevoli dubbi in ordine ai limiti esterni della giurisdizione del Giudice adito, come quelli sollevati dalla difesa del controricorrente nel giudizio amministrativo, deve considerarsi infatti sufficiente a legittimare la proposizione del regolamento, anche ad opera della parte che ha proposto la domanda, avendo quest’ultima un interesse concreto all’immediata risoluzione della questione, onde evitare che successive modifiche della giurisdizione nel corso del giudizio possano ritardare la definizione della causa, anche al fine di ottenere un giusto processo di durata ragionevole cfr. Cass., Sez. Un., 18/12/2018, n. 32727 12/07/2011, n. 15237 21/09/2006, n. 20504 . Nella specie, d’altronde, i predetti dubbi risultano alimentati dal Decreto emesso il 27 luglio 2018, con cui il Presidente del Tar Puglia, Sede di Lecce, ha rigettato l’istanza di sospensione del provvedimento impugnato, rilevando, tra l’altro, che in relazione al provvedimento conclusivo del procedimento di cancellazione dall’albo è prevista una riserva di giurisdizione in favore del Consiglio Nazionale Forense, in qualità di giudice speciale. Quanto al carattere non definitivo del provvedimento impugnato, avente ad oggetto la mera fissazione dell’udienza per la trattazione del procedimento di cancellazione, la non impugnabilità dello stesso non comporta di per sé l’inammissibilità del regolamento di giurisdizione, trattandosi di un accertamento riservato al Giudice munito di giurisdizione in ordine alla controversia, al quale spetta anche la verifica del venir meno dell’interesse a coltivare il ricorso giurisdizionale, per effetto dell’emanazione e della conseguente impugnazione del provvedimento definitivo. È noto infatti che in sede di regolamento di giurisdizione, non essendo questa Corte investita della intera controversia, ma solo della questione di giurisdizione, resta preclusa ogni possibilità d’indagine in ordine all’esistenza ed alla permanenza dell’interesse delle parti al giudizio principale, anche ai fini dell’eventuale riscontro in ordine alla sopravvenuta cessazione della materia del contendere, la cui declaratoria postula un accertamento di carattere sostanziale, che può aver luogo soltanto nell’ambito del giudizio in pendenza del quale è stato proposto il regolamento cfr. Cass., Sez. Un., 27/06/2002, n. 9437 11/06/2001, n. 7859 . Ininfluente deve ritenersi infine la circostanza, fatta valere dalla difesa del controricorrente nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380-ter c.p.c., comma 2, che, nelle more del presente procedimento, il ricorso giurisdizionale sia stato dichiarato inammissibile dal Giudice amministrativo, con sentenza del 20 settembre 2019, n. 1482/19 tale pronuncia, pur non essendo stata impugnata, non comporta infatti il venir meno dell’interesse a coltivare il regolamento di giurisdizione, dovendosi considerare condizionata al riconoscimento del potere giurisdizionale di cui costituisce espressione, ed essendo quindi la sua efficacia destinata a venir meno in caso di accertamento del difetto di giurisdizione del Giudice adito cfr. Cass., Sez. Un., 11/05/2018, n. 11576 14/05/2015, n. 9861 16/05/2014, n. 10823 . 3. Premesso che la reiscrizione è stata legittimamente disposta a seguito dell’esame della situazione di esso richiedente e della valutazione del carattere non ostativo dei precedenti penali, risalenti ad oltre venti anni prima, il ricorrente sostiene che la cancellazione dall’albo costituisce, in sostanza, una revoca del predetto provvedimento, adottata in pendenza del procedimento disciplinare e viziata da eccesso di potere. Afferma infatti che la stessa risulta fondata sulla mera rilevazione dell’esistenza delle condanne penali, nei confronti delle quali pende peraltro giudizio di revisione, e non è accompagnata da alcuna motivazione in ordine all’incidenza dei precedenti sull’integrità e l’affidabilità di esso ricorrente. Ribadisce inoltre che il decorso del tempo ha comportato il perfezionamento del suo diritto a mantenere l’iscrizione nell’albo, precisando comunque che il carattere autoritativo e discrezionale dell’azione del Consiglio dell’Ordine, volto all’ingiusta attuazione di una forma di autotutela, impone di qualificare come interesse legittimo la sua posizione soggettiva. 3.1. In proposito, occorre richiamare la L. n. 247 del 2012, art. 17, il quale, nel disciplinare l’iscrizione e la cancellazione dall’albo degli avvocati, prevede, al comma 14, che avverso il provvedimento di cancellazione l’interessato può proporre ricorso al Consiglio Nazionale Forense, al quale spetta, ai sensi dell’art. 36, comma 1, della medesima legge, la cognizione a dei reclami avverso i provvedimenti disciplinari, b di quelli in materia di albi, elenchi e registri e rilascio di certificato di compiuta pratica, c dei ricorsi relativi alle elezioni dei consigli dell’ordine e d dei conflitti di competenza tra ordini circondariali, nonché e l’esercizio delle funzioni disciplinari nei confronti dei propri componenti. Tale disciplina, che riproduce in sostanza quella precedentemente dettata dal R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, artt. 24, 31, 35, 37, 50 e 54, convertito con modificazioni dalla L. 22 gennaio 1934, n. 36, e dal D.Lgs. C.p.S. 28 maggio 1947, n. 597, artt. 3 e 7, ribadisce espressamente la natura giurisdizionale delle funzioni esercitate al riguardo dal Consiglio Nazionale Forense, configurando una giurisdizione speciale cfr. Cass., Sez. Un., 24/12/2019, n. 34429 11/12/2007, n. 25831 , il cui ambito si estende, in riferimento alla cancellazione dall’albo, a tutti gli atti che concorrono a formare il procedimento disciplinato dall’art. 17 cit., indipendentemente dal carattere vincolato o discrezionale del potere esercitato dal Consiglio dell’Ordine, e dalla conseguente configurabilità della posizione giuridica del destinatario come diritto soggettivo o interesse legittimo. Nessun rilievo può assumere, in contrario, il carattere tassativo dell’elencazione contenuta nelle predette disposizioni, in virtù del quale un precedente di questa Corte ha escluso la riconducibilità alla giurisdizione del Consiglio Nazionale Forense in materia disciplinare dei ricorsi proposti avverso le delibere ricognitive e gli atti esecutivi dell’obbligo, imposto ai Consigli dell’Ordine dal R.D.L. n. 1578, art. 46, di dare comunicazione alle autorità ed enti in esso indicati della radiazione degli avvocati dagli albi professionali o della loro sospensione dall’esercizio della professione, ritenendoli devoluti alla giurisdizione generale di legittimità del Giudice amministrativo cfr. Cass., Sez. Un., 15/12/2008, n. 29293 tale pronuncia poneva infatti in risalto la sostanziale estraneità delle predette delibere al procedimento disciplinare propriamente inteso, evidenziando l’efficacia immediata delle decisioni disciplinari di radiazione o sospensione e la loro idoneità a privare l’incolpato del diritto di esercitare la professione, senz’altra condizione che quella dell’avvenuta ricezione della loro notifica, laddove nel caso in esame l’atto impugnato costituisce parte integrante del procedimento destinato a concludersi con il provvedimento di cancellazione dall’albo, la cui impugnabilità dinanzi al Consiglio Nazionale Forense non può non estendersi agli atti preordinati alla sua adozione. 4. In conclusione, va dichiarato che la giurisdizione in ordine al ricorso proposto dall’Avv. L. avverso il provvedimento di fissazione dell’udienza per la trattazione del procedimento di cancellazione dall’albo avvisto nei suoi confronti ai sensi della L. n. 247 del 2012, art. 17, spetta al Consiglio Nazionale Forense, al quale la causa va rimessa. Le spese processuali seguono la soccombenza, e si liquidano come dal dispositivo. P.Q.M. Dichiara la giurisdizione del Consiglio Nazionale Forense, dinanzi al quale rimette le parti. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.