Parcella dell’avvocato asseverata dal COA: per la Cassazione non basta

A fronte di plurime ed articolate doglianze difensive da parte della cliente che si è vista intimare il pagamento per l’attività professionale svolta a suo favore dell’avvocato, il giudice di merito è chiamato ad una motivazione specifica sulle singole censure sollevate, non essendo sufficiente aderire apoditticamente all’asseverazione del Consiglio dell’Ordine.

Sul tema è intervenuta la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 14005/20, depositata il 7 luglio. Un avvocato proponeva ricorso monitorio dinanzi al Tribunale di Pordenone per il pagamento di oltre 20mila euro a titolo di compensi per l’ attività professionale svolta a favore di una cliente in diversi procedimenti, oltre che nella consulenza stragiudiziale . La cliente ha proposto opposizione avverso l’ingiunzione ottenuta dall’avvocato. Il Tribunale ha ritenuto l’opposizione fondata limitatamente all’eccepito pagamento di un acconto di circa 3mila euro, sostenendo per il resto che l’attività professionale svolta dall’avvocato fosse adeguatamente dimostrata sulla base della nota asseverata dal Consiglio dell’Ordine , così come le adeguatamente provata era l’ulteriore attività stragiudiziale. La cliente ha proposto ricorso per cassazione. In particolare, tra le diverse doglianze sollevate, la ricorrente afferma che l’avvocato avrebbe duplicato i compensi per l’attività di consulenza stragiudiziale e per il giudizio e che, in merito ad alcune consulenze stragiudiziali , nulla poteva essere riconosciuto avendo il parere del COA attestato che la consulenza era funzionale al giudizio. Lamenta inoltre la ricorrente che il Tribunale aveva recepito acriticamente il parere del COA dopo aver però dichiarato che la parcella asseverata non era vincolante, affermazione insuperabilmente contraddittoria. Le doglianze vengono ritenute fondate dal Collegio. Ed infatti il giudice di merito, a fronte delle articolate deduzioni difensive della cliente riguardanti la congruità e la spettanza dei corrispettivi singolarmente indicati nella nota, si è pronunciato sulla sola eccezione di pagamento degli acconti , riconoscendo al legale l’intero importo richiesto salvo appunto la detrazione dell’acconto. La motivazione su cui si fonda la decisione risulta in definitiva apodittica e completamente sganciata da qualsivoglia riferimento alle risultanze processuale e alle argomentazioni difensive , limitandosi ad affermare che l’avvocato aveva documentato tutta l’attività al punto che sono agevolmente riscontrabili le prestazioni rispetto alle quali il Consiglio dell’ordine ha espresso il parere di congruità, tenendo conto dei parametri forensi applicabili per ciascuna posizioni, delle fasi processuali per cui è stata espletata l’assistenza legale, tenuto conto delle caratteristiche e del pregio dell’attività prestata, della natura del procedimento, dei documenti da esaminare, della congruità dell’impegno e dell’esito ottenuto . In definitiva per i Giudici del ‘Palazzaccio’ tale motivazione non è sufficiente l’ordinanza impugnata viene cassata con rinvio ad altro magistrato del Tribunale di Pordenone.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 16 gennaio – 7 luglio 2020, n. 14005 Presidente D’Ascola – Relatore Fortunato Fatti di causa L’avv. D.A. ha proposto ricorso monitorio dinanzi al Tribunale di Pordenone per ottenere il pagamento di Euro 21.247,85, a titolo di compensi per le attività di difesa svolte in favore di M.V. in tre controversie di lavoro, in un procedimento per accertamento tecnico preventivo, per consulenza stragiudiziale, per l’opposizione ad un provvedimento di archiviazione e per tre contestazioni disciplinari. Avverso l’ingiunzione n. 1230/2017, emessa per il minor importo di Euro 19.918,00, la M. ha proposto opposizione, sollevando una pluralità di contestazioni. Il tribunale ha revocato l’ingiunzione e ha condannato l’opponente al pagamento di Euro 16.845,58 per compenso e di Euro 509,35 per le spese del parere di congruità, oltre ad Euro 1500,00 a titolo di spese processuali. In particolare, il giudice di merito, dichiarata l’inammissibilità delle istanze istruttorie, ha ritenuto che l’opposizione fosse sostanzialmente infondata, salvo che per l’eccepito pagamento in acconto di Euro 3.072,52 , sostenendo che vi fosse prova dello svolgimento di tutta l’attività difensiva elencata nella nota asseverata dal Consiglio dell’ordine, ma non anche degli ulteriori pagamenti indicati dall’opponente. La cassazione dell’ordinanza è chiesta da M.V. con ricorso in tre motivi. L’avv. D.A. ha proposto controricorso. Su proposta del relatore, secondo cui il ricorso, in quanto manifestamente fondato, poteva esser definito ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, il Presidente ha fissato l’adunanza in camera di consiglio. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 112 e 134 c.p.c., l’omessa e contraddittoria motivazione e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, per aver il tribunale omesso di pronunciare sulle molteplici eccezioni sollevate con l’atto di opposizione, riguardo al fatto che a il difensore aveva duplicato i compensi per l’attività di consulenza stragiudiziale e per il giudizio b che nulla poteva esser preteso per i procedimenti penali, poiché la parte era stata ammessa al gratuito patrocinio c che non era stato mai instaurato alcun procedimento di impugnazione del diniego di malattia professionale adottato dall’INPS d che nessun compenso spettava al difensore per i procedimenti disciplinari nn. 75/2013 e 355/2013 r.g., poiché i giudizi erano stati riuniti ed il difensore aveva erroneamente indicato il valore della causa e che, con riferimento all’impugnazione del licenziamento, non erano stato decurtati dal valore della controversia i pagamenti eseguiti prima del giudizio ed inoltre la parcella era stata calcolata in applicazione dei valori massimi f che, riguardo all’ATP, non era stato preso in considerazione l’esito sfavorevole del giudizio g che, riguardo alle contestazioni disciplinari del 10.12.2012, del 13.12.2012 e del 30.7.2013, il compenso andava calcolato ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 13, e comunque il difensore non aveva specificato quale rilievo avesse assunto la consulenza rispetto alla successiva impugnazione, dato inoltre che le opposizioni alle sanzioni erano state abbandonate una volta intervenuto il licenziamento h che, in merito alla consulenza stragiudiziale legata alla causa di lavoro n. 214/2014 r.g., nulla poteva essere riconosciuto al difensore, poiché il parere del Consiglio dell’ordine attestava che la consulenza era stata funzionale al giudizio. Inoltre detto parere era stato inizialmente richiesto per un compenso Euro 41.070,39, oltre ad Euro 350,00 per spese legali , inferiore a quello ritenuto congruo dal Consiglio dell’ordine, per cui l’importo di Euro 509,35 non era dovuto. Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 112 e 134 c.p.c., l’omessa e contraddittoria motivazione e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, per aver il tribunale recepito acriticamente il contenuto del parere del Consiglio dell’ordine dopo aver dichiarato che la parcella asseverata non era vincolante, così incorrendo in un’insuperabile contraddizione. Il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c. e l’omessa e contraddittoria motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, per aver il tribunale sostenuto che il difensore aveva riconosciuto di essere incorso in un errore materiale per non aver scomputato dall’importo ingiunto l’ammontare dell’acconto, mentre tale deduzione difensiva era stata sollevata nell’atto di opposizione, conseguendone che, essendo stata accolta la suddetta eccezione, la ricorrente non poteva considerarsi soccombente, attesa - inoltre - l’intervenuta revoca del decreto ingiuntivo. 2. Il primo ed il secondo motivo, che possono esaminarsi congiuntamente, sono fondati. Come evidenziato in ricorso - e confermato dall’esame degli atti la ricorrente, nel proporre l’opposizione ex art. 645 c.p.c., aveva sollevato una pluralità di contestazioni involgenti non solo - e non tanto - l’effettivo svolgimento delle attività elencate nella parcella, quanto il valore delle singole controversie, l’esito sfavorevole delle attività svolte, la duplicazione dei compensi per la consulenza stragiudiziale e la successiva attività giudiziale, l’applicazione, in taluni casi, dei massimi tabellari, la possibilità di considerare come giudiziale l’attività relativa alle fase stragiudiziale, l’impossibilità di condannare la parte, ammessa al gratuito patrocinio, per la difesa svolta in sede penale, la congruità delle spese per il parere di congruità reso dal Consiglio dell’ordine. A fronte di tali articolate deduzioni difensive, riguardanti - in modo specifico - la congruità e la spettanza dei corrispettivi richiesti per le singole attività indicate nella nota, il giudice di merito ha pronunciato sulla sola eccezione di pagamento degli acconti, riguardo alla mancata presentazione del preventivo da parte del difensore e in ordine alla valenza probatoria della parcella, riconoscendo al difensore l’intero importo richiesto salva la detrazione del solo acconto di Euro 3.072,52 , sulla base di argomentazioni sostanzialmente apodittiche, sganciate da qualsivoglia specifico riferimento alle risultanze processuali e alle argomentazioni difensive dell’opponente, essendosi limitato ad affermare testualmente che il resistente ha documentato tutta l’attività al punto che sono agevolmente riscontrabili le prestazioni rispetto alle quali il Consiglio dell’ordine ha espresso il parere di congruità, tenendo conto dei parametri forensi applicabili per ciascuna posizione, delle fasi processuali per cui è stata espletata l’assistenza legale, tenuto conto delle caratteristiche e del pregio dell’attività prestata, della natura del procedimento, dei documenti da esaminare, della continuità dell’impegno e dell’esito ottenuto . La decisione appare - in definitiva - fondata su una motivazione apparente, inidonea a dar conto delle statuizioni assunte e del tutto elusive rispetto alle argomentazioni difensive sollevate con l’atto di opposizione. Sono perciò accolti i primi due motivi di ricorso, con assorbimento della terza censura. L’ordinanza impugnata è cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa ad altro Magistrato del Tribunale di Pordenone, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso dichiara assorbito il terzo cassa l’ordinanza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa al Tribunale di Pordenone in persona di altro Magistrato, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.