Contratto d’opera: il valore della pratica in materia tributaria si calcola computando anche sanzioni ed interessi?

Il compenso dell’avvocato per l'assistenza in pratiche tributarie viene determinato sulla scorta del valore dell'imposta, della tassa o del contributo richiesti dall’Amministrazione finanziaria, con il limite di un quinquennio in caso di oneri pluriennali.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 12640/20, depositata il 25 giugno. Una società conveniva in giudizio il proprio avvocato, chiedendo al Tribunale di accertare la non debenza della somma di oltre un milione di euro, liquidato in favore del detto legale dal Consiglio dell'Ordine degli avvocati competente per compensi professionali, e altresì dichiarare l'esistenza tra le parti di un accordo, in base al quale i compensi per le prestazioni professionali rese dall’avvocato dovevano essere liquidate in base alla tariffa oraria o in base al valore della controversia , tenuto conto che le prestazioni, relative ad un contenzioso insorto con l'Agenzia delle entrate scaturito da una verifica fiscale e dalla successiva contestazione di violazioni di disposizioni tributarie, e poi chiuso con accordo transattivo, riguardavano comunque un periodo di tempo circoscritto di circa 4 mesi. Successivamente, con diverso atto di citazione, la stessa società era costretta a proporre opposizione al decreto ingiuntivo con cui il Tribunale le aveva ingiunto il pagamento di oltre un milione di euro in favore dello stesso legale. Quest’ultimo, costituendosi in giudizio, eccepiva la nullità di entrambi gli atti introduttivi, per carenza di idonea procura alle liti, e chiedeva nel merito, oltre al rigetto delle avverse pretese, l'accoglimento della propria domanda riconvenzionale di condanna della società al pagamento in suo favore di una somma pari a quasi tre milioni di euro. Ma il Tribunale accoglieva l'opposizione al decreto ingiuntivo, e così a disponeva la revoca del decreto e b determinava il compenso spettante al legale nella somma pari a poco più di € 180.000,00. Avverso questa sentenza proponeva appello principale l'avvocato, chiedendo l'integrale riforma della pronuncia, ed appello incidentale la società, chiedendo la rideterminazione del compenso dovuto sulla base di tariffa oraria. La Corte d’Appello, però, rigettava entrambi, sia l'appello principale che quello incidentale, confermando la pronuncia impugnata. Contro tale pronuncia ricorreva per cassazione l'avvocato, articolando il proprio ricorso in cinque motivi. Tra questi, risultava degna di nota la contestazione operata dal ricorrente per violazione di legge per avere, la Corte di appello, confermato la determinazione dell'ammontare del compenso operata dal primo giudice sulla base del valore delle sole imposte dovute dalla società, senza tenere conto che nel caso di specie, sin dai primi atti di accertamento, l'Amministrazione finanziaria aveva fatto menzione delle sanzioni da irrogare in relazione a ciascuna violazione contestata. Sanzioni che dunque, per il legale ricorrente, dovevano concorrere alla determinazione del valore della pratica, con inevitabili conseguenze in rialzo del compenso stesso. Tuttavia, per la Suprema Corte il motivo è infondato atteso che il giudice d'appello, come quello di primo grado, risultava aver correttamente applicato la norma specificamente dettata per l'assistenza in pratiche in materia tributaria dal comma 6 dell'art. 5 delle tariffe forensi , in virtù del quale si ha riguardo al valore dell'imposta, tassa o contributo richiesti, con il limite di un quinquennio in caso di oneri pluriennali. Pertanto, per gli Ermellini i Giudici di merito hanno correttamente ritenuto che il valore da considerare fosse quello relativo alle maggiori imposte richieste a seguito del verbale di accertamento. La decisione sulla verifica dell’attività svolta da ciascun professionista, in caso di collaborazione tra più avvocati . Con altro motivo di ricorso il legale denunciava la violazione e falsa interpretazione di legge per non avere la Corte d’Appello posto a fondamento della propria decisione le prove acquisite e i fatti pacifici e non contestati dalla controparte, omettendo ogni tipo di verifica sull'attività realmente svolta da ciascun professionista, oltre alla ricorrente, in relazione al compenso riconosciuto. Tuttavia, anche il presente motivo non viene accolto dalla Suprema Consulta atteso che la ricorrente, riproponendo le doglianze già fatte valere dinanzi al giudice di appello e da questo respinte, chiede alla Suprema Corte di valutare elementi di fatto che hanno portato i Giudici di merito a ritenere che a la transazione conclusa con l'Amministrazione finanziaria sia stata il frutto non della sola attività della ricorrente, ma della collaborazione con altri due professionisti b e che l'attività svolta dalla medesima, nel periodo di tempo considerato, sia consistita nella semplice continuazione dell'attività precedentemente svolta. Richiesta, in conclusione, che comporta la valutazione degli elementi di fatto che, però, non possono essere censurati in sede di legittimità. Per tali ragioni la Suprema Corte ha rigettato il ricorso e condannato parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore della controricorrente.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 17 settembre 2019 – 25 giugno 2020, n. 12640 Presidente Tedesco - Relatore Besso Marcheis Fatti di causa 1. Con atto di citazione del 25 marzo 2004 la società Whirpool Europe s.r.l. conveniva in giudizio l'avv. L.G., chiedendo al Tribunale di Milano di accertare che non era debitrice della somma di Euro 1.273.538, liquidata in favore della convenuta dal Consiglio dell'ordine degli avvocati di Milano per compensi professionali, e altresì di dichiarare l'esistenza tra le parti di un accordo in base al quale i compensi per le prestazioni professionali rese dalla convenuta dovevano essere liquidati in base a una tariffa oraria o in base al valore della controversia, tenuto conto che le prestazioni - relative a un contenzioso insorto con l'Agenzia delle entrate scaturito da una verifica fiscale e dalla successiva contestazione di violazioni di disposizioni tributarie e poi chiuso con accordo transattivo - riguardavano un periodo di tempo circoscritto tra novembre 2002 e febbraio 2003. Successivamente, con diverso atto di citazione del 2 luglio 2004, la società Whirpool Europe proponeva opposizione al Decreto n. 17994/2004, con cui il Tribunale di Milano le aveva ingiunto il pagamento della somma di Euro 1.176.178,21 in favore dell'avv. L Costituendosi in giudizio, la convenuta eccepiva la nullità di entrambi gli atti introduttivi per carenza di idonea procura alle liti e chiedeva nel merito, oltre al rigetto delle avversarie pretese, l'accoglimento della propria domanda riconvenzionale di condanna della società attrice al pagamento in suo favore della somma di Euro 2.674.962,60. Disposta la riunione dei giudizi, si costituivano volontariamente lo Studio Legale Tributario E. & amp Y. e lo Studio Legale Associato Tributario, che intervenivano per fare accertare che nel periodo marzo 2001-ottobre 2002 l'avv. L. aveva prestato la propria opera professionale in qualità di socia dello studio e che il suo corrispettivo, già saldato, era stato stabilito convenzionalmente in base al tariffa oraria. Con sentenza n. 943/2009, il Tribunale di Milano accoglieva l'opposizione al decreto ingiuntivo, disponendone la revoca, e determinava il compenso spettante all'avv. L. nella somma di Euro 180.117,70. 2. Avverso la sentenza proponeva appello principale L.G., chiedendo l'integrale riforma della pronuncia. Whirpool Europe s.r.l. proponeva a sua volta appello incidentale, chiedendo la rideterminazione del compenso dovuto sulla base di tariffa oraria. Con sentenza 29 ottobre 2014, n. 3825, la Corte d'appello di Milano ha rigettato sia l'appello principale che quello incidentale, confermando la pronuncia impugnata. 3. Contro la sentenza ricorre per cassazione L.G Resiste con controricorso Whirpool Europe s.r.l Gli intimati Studio Associato Legale Tributario in liquidazione e Studio Legale Tributario non hanno proposto difese. La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c Ragioni della decisione 1. Il ricorso è articolato in cinque motivi. a Il primo motivo - rubricato nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell'art. 132 c.p.c. e art. 111 Cost., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti - è diviso in due sezioni nella prima pp. 1034 si lamenta che l'estrema sintesi della motivazione della sentenza impugnata si risolve in una mera apparenza di motivazione che, sotto diverso profilo e sulla base del testo, è in ogni caso obiettivamente incomprensibile nella seconda pp. 34-36 che la Corte d'appello avrebbe totalmente omesso l'esame dei fatti storici risultanti dagli atti processuali di questo giudizio , che se esaminati avrebbero portato ad una diversa decisione sia in ordine al diverso valore della controversia e ai parametri per la liquidazione degli onorari che in ordine all'esistenza di un concorso tra professionisti e al criterio da impiegare per la valutazione e la ripartizione del compenso dovuto all'attività di ognuno . Il motivo non può essere accolto. E' infondato per quanto concerne la prima sezione la motivazione della sentenza impugnata non è apparente, ma risponde pienamente al dettato di cui all'art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, che identifica il contenuto della medesima nella concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione cfr. al riguardo Cass., sez. un. 8038/2018, per cui risulta denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali , esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione . E' poi inammissibile per quanto riguarda la seconda sezione, in cui si anticipano gli argomenti che stanno alla base dei successivi terzo e quarto motivo infra, sub c e d , elencando una serie di fatti storici di cui sarebbe stato omesso l'esame v. il riassunto alle pp. 34-36 del ricorso , senza formulare una censura che abbia una sua autonomia. b Il secondo motivo contesta violazione degli artt. 1362 c.c. e segg., artt. 75,77,100,115 c.p.c. e art. 2475-bis c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 , per avere la Corte d'appello rigettato l'eccezione della ricorrente, già proposta al giudice di primo grado, di invalidità della procura alle liti conferita da Whirpool Europe s.r.l., stante la carenza di potere rappresentativo di carattere sostanziale in capo al firmatario della procura. Dall'art. 20 dello statuto della società risulterebbe infatti - a differenza di quanto affermato dai giudici di merito - che la rappresentanza legale della società in giudizio, con la relativa facoltà di nomina dei difensori, spetta unicamente al presidente del consiglio di amministrazione nonchè, se nominati, ai consiglieri delegati e, in ogni caso, la procura rilasciata dal presidente del consiglio di amministratore specifica i poteri conferiti al procuratore, specificazione da cui non risulterebbe alcun potere istitorio. Il motivo è infondato. Il giudice d'appello ha anzitutto confermato l'interpretazione fornita dal giudice di primo grado dell'art. 20 dello statuto della società Whirpool dall'art. 20, in base al quale la rappresentanza legale della società spetta al presidente del consiglio di amministrazione, all'amministratore unico o ai coamministratori ed il consiglio può delegare l'uso della firma sociale ad uno o più membri del comitato esecutivo e può nominare direttori nonchè procuratori ad negotia e mandatari in genere per determinati atti o categorie di atti, anche con facoltà di delega , i giudici di merito hanno ricavato che lo statuto della società Whirpool non pone limiti all'esercizio di tale facoltà di delega, anche da parte dell'amministratore unico e dei singoli amministratori, delega che può avere ad oggetto attività di natura sia sostanziale che processuale, con interpretazione plausibile che, come tale, non è censurabile da parte di questa Corte di legittimità. La procura, poi, in concreto conferita dal presidente del consiglio di amministrazione nominato amministratore delegato e direttore generale con poteri di rappresentanza legale e amministrazione ordinaria e straordinaria e facoltà di sub-delega al dirigente preposto alla direzione legale della società, è stata qualificata come delega generale a svolgere sia attività di carattere processuale che sostanziale, implicando le attività indicate nell'atto un generale potere di disposizione del diritto sostanziale. I giudici di merito, pertanto, hanno correttamente seguito l'orientamento di questa Corte per cui, nelle società di capitali, il potere di rappresentanza spetta agli amministratori i quali possono conferirlo, in base allo statuto o alle determinazioni dell'organo deliberativo, anche a soggetti che siano preposti a un settore con poteri di rappresentanza sostanziale o inseriti con carattere sistematico nella gestione sociale o in un suo ramo Cass. 14455/2003 , con la precisazione che, premesso che non può essere attribuita la rappresentanza processuale quando non risulti conferita al medesimo soggetto anche la rappresentanza sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio, la procura che conferisca il potere di decidere, a nome della società, le modalità di definizione dei rapporti controversi - quindi anche se transigere, sottoporre la questione al giudice o agli arbitri, o resistere - non può essere interpretata quale conferimento di rappresentanza di ordine meramente processuale, atteso che l'anzidetto potere di scegliere ed attuare la migliore soluzione dei rapporti stessi rivela tipiche caratteristiche sostanziali e negoziali, comprendendo in sè, e precedendo logicamente, quello di costituirsi in giudizio Cass. 27284/2006 e l'espressa attribuzione del potere di rappresentanza processuale con relativa facoltà di nomina dei difensori al capo dell'ufficio legale territoriale di una grande impresa implica il potere di questi di agire anche agli effetti sostanziali per i rapporti riferibili al settore aziendale di competenza indipendentemente dal conferimento di specifiche procure, in quanto il potere di rappresentanza sostanziale costituisce l'effetto naturale della collocazione del suddetto soggetto nell'organizzazione dell'impresa Cass. 15955/2001 . c Il terzo motivo denuncia violazione degli artt. 10,11,112,115,167 c.p.c., art. 2233 c.c., commi 1 e 2, art. 10 c.p.c., comma 1, in relazione al D.M. 5 ottobre 1994, n. 585 e alla Delib. Consiglio Nazionale Forense 12 giugno 1993 e Delib. Consiglio Nazionale Forense 29 settembre 1194, in G.U. 24 ottobre 1994, n. 247, art. 1, comma 2, e art. 5, comma 6, con riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 , per avere la Corte d'appello confermato la determinazione dell'ammontare del compenso, operata dal primo giudice sulla base del valore delle sole imposte dovute dalla società, senza tenere conto che nel caso di specie, sin dai primi atti di accertamento, l'Amministrazione finanziaria ha fatto menzione delle sanzioni da irrogare in relazione a ciascuna violazione contestata, sanzioni che dunque dovevano concorrere alla determinazione del valore della pratica. Il motivo è infondato. Il giudice d'appello - come quello di primo grado - ha correttamente applicato la norma specificamente dettata per l'assistenza in pratiche in materia tributaria dell'art. 5, comma 6, delle tariffe forense D.M. n. 585 del 1994, Regolamento recante approvazione della Delib. Consiglio Nazionale Forense 12 giugno 1993, che stabilisce i criteri per la determinazione degli onorari, dei diritti e delle indennità spettanti agli avvocati ed ai procuratori legali per le prestazioni giudiziali, in materia civile e penale, e stragiudiziali , per il quale si ha riguardo al valore dell'imposta, tassa o contributo richiesti con il limite di un quinquennio in caso di oneri poliennali . I giudici di merito hanno conseguentemente ritenuto che il valore da considerare fosse quello relativo alla maggiori imposte richieste a seguito del verbale di accertamento. d Il quarto motivo denuncia violazione e falsa interpretazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., artt. 2697, 2729 e 2233 c.c., in relazione al D.M. 5 ottobre 1994, n. 585 e alla Delib. Consiglio Nazionale Forense 12 giugno 1993 e Delib. Consiglio Nazionale Forense 29 settembre 1194, in G.U. 24 ottobre 1994, n. 247 , per non avere la Corte d'appello posto a fondamento della propria decisione le prove acquisite e i fatti pacifici e non contestati dalla controparte, omettendo ogni tipo di verifica circa l'attività realmente svolta da ciascun professionista oltre alla ricorrente, il prof. T. e il Dott. B. in relazione al compenso riconosciuto. Il motivo non può essere accolto. La ricorrente, riproponendo le doglianze già fatte valere innanzi al giudice d'appello e da questa respinte, chiede a questa Corte di valutare gli elementi di fatto che hanno portato i giudici di merito a ritenere che la transazione conclusa con l'Amministrazione finanziaria sia stata il frutto non della sola attività della ricorrente, ma della collaborazione con altri due professionisti, e che l'attività svolta dalla medesima nel periodo di tempo considerato sia consistita nella semplice continuazione dell'attività precedentemente svolta, valutazione degli elementi di fatto che non può, ove sia - come nel caso in esame - motivata, essere censurata in sede di legittimità. e Con il quinto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 100,105,112,167,268 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 , per non avere la Corte d'appello motivato circa le eccezioni sollevate dalla ricorrente di improponibilità e/o inammissibilità delle domande proposte dai terzi intervenuti perchè tardive, nonchè di inammissibilità dell'intervento stesso per carenza di interesse. Il motivo non può essere accolto. La ricorrente contesta che il giudice d'appello, nel confermare la sentenza di primo grado dichiarando assorbito ogni ulteriore motivo d'appello , abbia confermato il rigetto delle eccezioni di inammissibilità delle domande proposte dai terzi intervenuti e del loro stesso intervento senza motivare sul punto. Tale contestazione viene però effettuata non sotto il profilo del vizio in procedendo, ma erroneamente richiamando la violazione o falsa applicazione delle disposizioni in materia di intervento. In realtà, non è comunque ravvisabile il vizio denunciato, in quanto il giudice d'appello, nel confermare la decisione di primo grado, ha fatto sua la motivazione del Tribunale, che aveva qualificato l'intervento intervento che, a differenza di quanto sostiene la ricorrente, è proponibile sino all'udienza di precisazione delle conclusioni, art. 268 c.p.c., comma 1 - come meramente adesivo rispetto alla posizione fatta valere da Whirpool, senza la proposizione di autonome domande così che non è prospettabile un eventuale problema della loro tardività e il cui interesse era stato identificato nella equivocità delle richieste e delle argomentazioni fatte valere dalla ricorrente. Si veda d'altro canto p. 3 della sentenza impugnata, ove si legge che i terzi erano volontariamente intervenuti, all'udienza del 30 novembre 2004, ad adiuvandum, per far accertare che, nel periodo marzo 2001-ottobre 2002, l'avv. L. aveva prestato la propria opera professionale in qualità di socia dello studio ed il suo corrispettivo, peraltro già saldato, era stato stabilito convenzionalmente sulla base del criterio orario . 2. Il ricorso va quindi rigettato. Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, se dovuto, da parte della ricorrente dell'importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore della controricorrente che liquida in Euro 10.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali 15% e accessori di legge. Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti per il versamento, se dovuto, da parte della ricorrente dell'importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso.