Restituzione dei compensi già ricevuti dall’avvocato e responsabilità professionale

Le somme ricevute dall’avvocato in forza del provvedimento che chiude il procedimento esecutivo non sono coperte dal giudicato, non avendo tale provvedimento alcun rilievo nel rapporto tra il creditore ed il suo difensore. Inoltre, a fronte della responsabilità professionale del legale per violazione del dovere di diligenza media, il giudice può condannarlo al risarcimento del danno.

Lo si legge nell’ordinanza della Suprema Corte n. 12127/20 depositata il 22 giugno. Un avvocato chiedeva al Tribunale di Torre Annunziata la condanna di una società al pagamento dei compensi professionali spettanti per l’attività svolta a favore della stessa in una controversia per occupazione illegittima di alcuni locali. La società convenuta chiedeva la riduzione dell’importo richiesto e proponeva domanda riconvenzionale per ottenere la restituzione di alcune somme già versate e il risarcimento del danno per responsabilità professionale del legale. Il Tribunale accoglieva parzialmente entrambe le domande riconoscendo all’avvocato una minor somma quale compenso professionale, ma condannandolo al risarcimento del danno subito dalla società a causa della sua condotta professionale per aver lasciato scadere alcune garanzie ipotecarie iscritte a favore della società stessa, riconoscendo un concorso di colpa di quest’ultima. La pronuncia è stata impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione . Avendo il Tribunale rigettato la domanda riconvenzionale diretta alla restituzione dei compensi liquidati a favore dell’avvocato nell’ambito di un precedente procedimento esecutivo, ritenuto ormai definitivo e non più modificabile per mancanza di contestazioni distributive interne, la società lamenta dinanzi alla Suprema Corte la violazione degli artt. 1713, 1714 e 2909 c.c., 512 e 617 c.p.c. deducendo che la definitività del provvedimento che chiude il procedimento esecutivo riguarda solo i rapporti tra debitore esecutato e creditori. La doglianza risulta fondata in quanto la giurisprudenza afferma costantemente che, in tema di esecuzione forzata, il provvedimento che chiude il procedimento esecutivo, seppur privo di efficacia di giudicato, è caratterizzato da una definitività intrinseca avente ad oggetto lo stesso procedimento esecutivo, ma non ha alcun rilievo nel rapporto tra il creditore ed il suo difensore nella posizione di antistatario. Quanto alla responsabilità professionale dell’avvocato, il Collegio ricorda che presupposto per la sussistenza di tale responsabilità è la violazione del dovere di diligenza media esigibile con riguardo alla natura dell’attività esercitata. Con riferimento al caso di specie, deve dunque escludersi ogni dubbio sul fatto che la conoscenza della normativa in tema di rinnovazione dell’ipoteca, quale questione prettamente giuridica, rientri nell’obbligo della prestazione professionale e nel dovere di diligenza media dell’avvocato. Non è infatti rimproverabile al cliente la mancata conoscenza del periodo di scadenza dell’obbligazione cambiaria. In conclusione, la Corte accoglie il ricorso e cassa la pronuncia impugnata con rinvio al Tribunale di Torre Annunziata in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 8 gennaio – 22 giugno 2020, n. 12127 Presidente Frasca – Relatore Cigna Fatti di causa Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., depositato il 27-1-2017, G.M. chiese al Tribunale di Torre Annunziata di condannare la società G.d.M. & amp L.M. sas al pagamento della soma di Euro 4.500,00 a titolo di compensi professionali per l’opera svolta per conto della società, quale avvocato, nel giudizio r.g. 943/2010 avente per oggetto domanda di accertamento dell’occupazione illegittima di alcuni locali , nell’ambito del quale la società convenuta aveva anche proposto domanda riconvenzionale di acquisizione per usucapione. La G.d.M. & amp L.M. sas , nel costituirsi, chiese di ridurre l’importo richiesto, e propose domanda riconvenzionale al fine di condannare il ricorrente alla restituzione di alcune somme ed al risarcimento del danno per responsabilità professionale. Con ordinanza 13-11-2018 l’adito Tribunale, in parziale accoglimento sia della domanda principale sia di quella riconvenzionale, ha condannato la società al pagamento, in favore dell’avvocato G. , della somma di Euro 3.000,00, oltre accessori ed interessi legali, nonché quest’ultimo al pagamento, in favore della società, della somma di Euro 9.450,85, oltre rivalutazione ed interessi. In particolare il Tribunale, dopo avere determinato in base alla documentazione agli atti ed alle tariffe vigenti in Euro 3.000,00 il compenso spettante all’avvocato G. per l’attività professionale dallo stesso svolta nel menzionato giudizio, ha, in primo luogo, rigettato la domanda riconvenzionale diretta alla restituzione di compensi professionali dal G. percepiti nell’ambito di altro giudizio procedimento esecutivo r.g.e. n. 64/2002 del Tribunale di Torre Annunziata al riguardo ha, infatti, evidenziato 1 che il detto procedimento esecutivo si era chiuso con un progetto di distribuzione, nel quale le spettanze professionali dell’avvocato G. erano state quantificate e liquidate in Euro 33.834,00 2 che siffatto progetto, in mancanza di contestazioni distributive nell’ambito della procedura, era da ritenersi ormai definitivo e non più modificabile indipendentemente dalla dedotta esosità della notula in quanto contenente riferimenti ad attività non integralmente espletata dal detto professionista 3 che la detta domanda riconvenzionale non poteva essere accolta neanche in ragione della dedotta indebita percezione del detto importo da parte dell’avvocato G. percezione asseritamente indebita per essere i detti compensi dovuti ad altro avvocato , atteso che il contenzioso instaurato tra la società ed il predetto professionista avente ad oggetto proprio detti compensi era ancora sub iudice , sicché nessun danno poteva esservi in concreto verificato. Il Tribunale, in secondo luogo, ha invece accolto la domanda proposta dalla società in via riconvenzionale diretta ad ottenere il risarcimento del danno subito per effetto della condotta professionale dell’avvocato G. , che, a fronte di ventidue effetti cambiari dell’importo di Lire 3.000.000 ciascuno emessi da un debitore esecutato in favore del L.R. della società, aveva lasciato scadere dopo il ventennio la garanzia ipotecaria iscritta in data 1-12-1983 per Lire 120.000.000, con conseguente danno di Euro 13.501,23, pari alla differenza tra quanto effettivamente percepito dalla società procedente per il credito degradato a chirografario e quanto la società avrebbe percepito qualora rinnovata la garanzia ipotecaria il credito fosse rimasto privilegiato al riguardo ha tuttavia ritenuto che, a fronte dell’indubbia responsabilità del professionista che, per la sua preparazione e capacità tecnica, mai avrebbe dovuto lasciar scadere la garanzia , sussisteva anche una parte di responsabilità al 30% della stessa società e, per essa del suo L.R. , che avrebbe dovuto essere a conoscenza della scadenza della garanzia ipotecaria, e che quindi con la sua negligente condotta aveva concorso nella causazione degli effetti pregiudizievoli. Avverso detta ordinanza la G.d.M. & amp L.M. sas propone ricorso per Cassazione ex art. 111 Cost., comma 7, affidato a due motivi ed illustrato anche da successiva memoria. G.M. resiste con controricorso, anch’esso illustrato da successiva memoria. Ragioni della decisione Con il primo motivo la ricorrente, denunziando - ex art. 360 c.p.c., n. 3 - violazione degli artt. 1713, 1714 e 2909 c.c., artt. 512 e 617 c.p.c., sostiene che la definitività del provvedimento che chiude il procedimento esecutivo riguarda i rapporti tra il debitore esecutato ed i creditori procedente e/o intervenuti , ma non ha alcuna rilevanza nei rapporti interni tra la parte ed i suoi difensori evidenzia inoltre che, nella fattispecie in esame non era in contestazione la misura dei compensi liquidata dall’Autorità Giudiziaria tramite approvazione del progetto di distribuzione del ricavato dalle vendite , bensì il fatto che l’avvocato G. potesse trattenersi per intero i compensi liquidati per dette procedure la domanda restitutoria spiegata con la riconvenzionale integrava, pertanto, un’azione di adempimento contrattuale, il cui referente normativo erano l’art. 1713 c.c., comma 1 e art. 1714 c.c. obbligo di rendiconto del mandatario al mandante e remissione di quanto percepito a causa del mandato . Il motivo è fondato. È vero, infatti, che, come ripetutamente affermato da questa S.C., in tema di esecuzione forzata, il provvedimento che chiude il procedimento esecutivo, pur non avendo, per la mancanza di contenuto decisorio, efficacia di giudicato, è, tuttavia, caratterizzato da una definitività insita nella chiusura di un procedimento esplicato col rispetto delle forme atte a salvaguardare gli interessi delle parti ed incompatibile con qualsiasi sua revocabilità, in presenza di un sistema di garanzie di legalità per la soluzione di eventuali contrasti, all’interno del processo esecutivo. Ne consegue che il soggetto espropriato non può esperire, dopo la chiusura del procedimento di esecuzione forzata, l’azione di ripetizione di indebito contro il creditore procedente o intervenuto per ottenere la restituzione di quanto costui abbia riscosso, sul presupposto dell’illegittimità per motivi sostanziali dell’esecuzione forzata Cass. 20994/2018 conf. Cass. 4263/2019 Cass. 23182/2014. Siffatta definitività del provvedimento che chiude il procedimento esecutivo progetto di distribuzione della somma ricavata, al quale ha fatto riferimento il Tribunale concerne, tuttavia, il rapporto fra debitore esecutato e creditore, ma non ha alcun rilievo con riferimento al diverso rapporto fra il creditore nella specie la società ed il suo difensore nella sua posizione di antistatario. Con il secondo motivo la ricorrente, denunziando - ex art. 360 c.p.c., n. 3 - violazione dell’art. 1227 c.c., comma 1, si duole che il Tribunale abbia d’ufficio ritenuto un concorso di colpa della società, senza che ne sussistessero le condizioni in particolare senza che fosse stato prospettato siffatto concorso l’avvocato G. aveva solo negato gli addebiti per responsabilità professionale mossi a suo danno e senza che fossero stati prospettati e allegati gli elementi di fatto dai quali ricavare la colpa concorrente della società detto concorso di colpa era peraltro, nella specie, insussistente, non potendosi pretendere da un semplice cittadino di conoscere un istituto giuridico quale l’ipoteca ed il suo termine di efficacia. Il motivo è fondato. La responsabilità professionale dell’avvocato presuppone la violazione del dovere di diligenza media esigibile con riguardo alla natura dell’attività esercitata art. 1176 c.c., comma 2 , e non vi è dubbio che la conoscenza della normativa che impone la rinnovazione dell’ipoteca art. 2847 c.c., n. 2, art. 2878 c.c., n. 2 , essendo questione prettamente giuridica, faccia parte dell’obbligo di prestazione professionale e rientri nella diligenza media esigibile dal difensore, e non invece dal cliente, non essendo quest’ultimo tenuto a conoscere il periodo di scadenza dell’obbligazione cambiaria. Siffatta responsabilità del difensore assume, invero, carattere assorbente rispetto a questioni non di immediata evidenza per un soggetto non esperto in materia giuridica erroneamente, pertanto, il Tribunale, non essendo stato neanche prospettato che il cliente sollecitato dal difensore avesse taciuto una qualche circostanza di fatto rilevante per l’incarico, ha ritenuto nella specie sussistente anche un concorso di colpa della società per il solo fatto di non essere a conoscenza della scadenza della garanzia ipotecaria. In conclusione, pertanto, il ricorso va accolto, e, per l’effetto, va cassata l’impugnata sentenza, con rinvio, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Torre Annunziata, in diversa composizione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa l’impugnata sentenza, con rinvio, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Torre Annunziata, in diversa composizione.