L’avvocato non può chiedere i propri compensi prima dell’emanazione di un provvedimento che revoca il gratuito patrocinio

Qualora una parte sia ammessa al gratuito patrocinio, l’avvocato non può chiedere i propri compensi professionali in assenza di un provvedimento di revoca da parte del giudice del procedimento principale solo all’esito del provvedimento di revoca, potrà chiedere i propri compensi, interamente o, in caso di mutamento delle condizioni patrimoniali del proprio assistito, dal momento della modifica .

Questo il principio stabilito dalla Cassazione con l’ordinanza n. 10669/20, depositata il 5 giugno. Un avvocato con ricorso per decreto ingiuntivo per le prestazioni professionali svolte a favore di una parte, che aveva difeso in una causa. Per il risarcimento dei danni derivanti da colpa medica L’assistita proponeva opposizione a decreto ingiuntivo deducendo l’inadempimento del professionista. Il Tribunale accoglieva l’opposizione e revocava il decreto ingiuntivo rilevando che l’assistita fosse ammessa al gratuito patrocinio . Avverso la decisione propone ricorso in Cassazione l’avvocato lamentando che il Tribunale abbia erroneamente ritenuto che la causa risarcitoria per colpa medica, per la quale era richiesto il gratuito patrocinio, riguardasse i diritti della personalità, trattandosi invece di causa risarcitoria da inadempimento contrattuale del contratto di spedalità e che l’assistita fosse decaduta dal beneficio a seguito del suo matrimonio, a seguito del quale il reddito del suo nucleo familiare superava i limiti per l’ammissione al sopradetto beneficio. La Cassazione, ritenendo infondato il motivo di ricorso, sottolinea che il difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato non può chiedere e percepire dal proprio assistito compensi o rimborsi diversi da quelli liquidati dal giudice. Inoltre, il beneficio del gratuito patrocinio continua a produrre i suoi effetti fino a quando il giudice non ne dispone la revoca e tale revoca ha effetto dal momento dell’accertamento delle modificazioni reddituali. Pertanto, la Cassazione, ritenendo infondato il motivo di ricorso, afferma il seguente principio di diritto qualora una parte sia ammessa al gratuito patrocinio , l’avvocato non può chiedere i propri compensi professionali in assenza di un provvedimento di revoca da parte del giudice del procedimento principale solo all’esito del provvedimento di revoca, potrà chiedere i propri compensi, interamente o, in caso di mutamento delle condizioni patrimoniali del proprio assistito, dal momento della modifica . Chiarito questo il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 13 dicembre 2019 – 5 giugno 2020, n. 10669 Presidente D’Ascola – Relatore Giannaccari Rilevato che - il giudizio trae origine dal ricorso per decreto ingiuntivo, richiesto dall’Avv. G.B. al Tribunale di Gorizia per le prestazioni professionali svolte in favore di B.K. , che aveva difeso in una causa nei confronti della ASL per il risarcimento dei danni derivanti da colpa medica - la B. aveva proposto opposizione a decreto ingiuntivo, deducendo l’inadempimento del professionista - il Tribunale di Gorizia, con sentenza del 14.9.2018, previo mutamento del rito, fece precisare le conclusioni, accolse l’opposizione e, per l’effetto, revocò il decreto ingiuntivo opposto - il Tribunale rilevò d’ufficio che la B. , nella causa di risarcimento danni, aveva chiesto il gratuito patrocinio e, sentite le parti in ordine all’applicabilità, del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, ritenne infondata la difesa dell’Avv. G. , il quale aveva sostenuto che la B. era decaduta dal beneficio perché, a seguito del suo matrimonio, il reddito del nucleo familiare superava i limiti per l’ammissione al gratuito patrocinio secondo il Tribunale, la causa risarcitoria per colpa medica era relativa a diritti della personalità, per la quale non andava effettuata la sommatoria del reddito del richiedente con quello dei componenti del nucleo familiare - per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’Avv. G. sulla base di un unico motivo - B.K. ha resistito con controricorso - il Consigliere relatore ha formulato proposta di manifesta infondatezza del ricorso ex art. 380 bis c.p.c - in prossimità dell’udienza camerale, le parti hanno depositato memorie illustrative. Ritenuto che - con l’unico motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il Tribunale erroneamente ritenuto che la causa risarcitoria per colpa medica, per la quale la B. aveva chiesto il gratuito patrocinio, riguardasse i diritti della personalità mentre si tratterebbe di una causa risarcitoria da inadempimento contrattuale del contratto di spedalità, che solo indirettamente, aveva riflessi sulla salute si sarebbe, pertanto, verificata la decadenza dal beneficio perché, a seguito del matrimonio della B. , il reddito del nucleo familiare superava i limiti per l’ammissione al gratuito patrocinio - il motivo è infondato, ma la motivazione deve essere corretta ai sensi dell’art. 384 c.p.c. - il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 85, inserito nel Capo 4 del Titolo 1 della Parte Terza di detto D.P.R., pone al difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato il divieto di chiedere e percepire dal proprio assistito compensi o rimborsi a qualunque titolo, diversi da quelli liquidati dal giudice, specificando che la violazione di tale obbligo costituisce grave illecito disciplinare professionale - l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato continua a produrre i suoi effetti fino a quando il giudice non disponga la revoca dell’ammissione in presenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136 - la norma citata contempla, tra le ipotesi di revoca, la modifica, nel corso del processo, delle condizioni reddituali rilevanti ai fini dell’ammissione al patrocinio - in tale ipotesi, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 3, la revoca ha effetto dal momento dell’accertamento delle modificazioni reddituali, indicato nel provvedimento del magistrato in tutti gli altri casi - insussistenza dei presupposti per l’ammissione ovvero i casi in cui l’interessato ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave il provvedimento ha efficacia retroattiva - ne consegue che, una volta richiesta l’ammissione al gratuito patrocinio, la parte può sempre rinunciare al beneficio ed il giudice può revocarlo in assenza delle condizioni di ammissibilità o del venir meno dei presupposti non è però consentito al difensore richiedere i compensi al cliente in pendenza dell’ammissione provvisoria al gratuito patrocinio - tutto il sistema per la difesa dei non abbienti demanda al giudice del procedimento in cui è prestato il patrocinio di verificare la sussistenza delle condizioni per l’ammissione e, quando esse vengano meno per effetto del mutamento delle condizioni economiche, il potere di revoca in quest’ultimo caso, peraltro, proprio perché la revoca del beneficio non ha effetto retroattivo, al cittadino è garantita l’assistenza a carico dello Stato fino al verificarsi del mutamento delle condizioni - è evidente, quindi, che anche la valutazione relativa alla cumulabilità dei redditi dell’istante con quello del nucleo familiare, è demandata al giudice del procedimento in cui la parte è stata ammessa al gratuito patrocinio - è stato di recente affermato da questa Corte che l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, fino a quando non sia revocata, continua, pur in caso di composizione della lite, a produrre i suoi effetti, vale a dire l’obbligo dell’Erario di procedere all’anticipazione degli onorari e delle spese dovuti al difensore, il quale, pertanto, ha il diritto alla relativa liquidazione allo Stato spetta il diritto al relativo recupero, ove ne sussistano le condizioni Cassazione civile sez. II, 11/04/2019, n. 10187 - nella specie, il difensore, che era stato ammesso al gratuito patrocinio, non poteva agire in giudizio per chiedere la liquidazione dei compensi professionali nei confronti della propria cliente fino al provvedimento di revoca del gratuito patrocinio da parte del giudice del procedimento innanzi al quale aveva effettuato le proprie prestazioni professionali - spettava al giudice innanzi al quale era stato chiesto il beneficio verificare se vi era stato un mutamento delle condizioni patrimoniali della B. e del suo nucleo familiare e se l’eventuale superamento del reddito avesse rilevanza ai fini della revoca, accertando se fosse ammissibile il cumulo del suo reddito con quello dei suoi familiari, in relazione alla natura del diritto fatto valere in giudizio - tale verifica era, altresì, rilevante perché, in caso di revoca per il mutamento delle condizioni patrimoniali, doveva essere esclusa l’efficacia retroattiva del provvedimento, sicché incombeva sullo Stato il pagamento dei compensi fino al momento in cui si era verificato il mutamento delle condizioni patrimoniali - il ricorso va, pertanto, rigettato con correzione della motivazione, ai sensi di cui all’art. 384 c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto - va affermato il seguente principio di diritto qualora una parte sia ammessa al gratuito patrocinio, l’avvocato non può chiedere i propri compensi professionali in assenza di un provvedimento di revoca da parte del giudice del procedimento principale solo all’esito del provvedimento di revoca, potrà chiedere i propri compensi, interamente o, in caso di mutamento delle condizioni patrimoniali del proprio assistito, dal momento della modifica - le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.