In caso di liquidazione delle spese processuali sotto i minimi tariffari il giudice deve specificare i criteri utilizzati

In tema di liquidazione delle spese processuali ex d.m. 55/2014, non sussiste più il vincolo legale della inderogabilità dei minimi tariffari e dunque i parametri di determinazione del compenso per la prestazione defensionale in giudizio e le soglie numeriche di riferimento sono criteri di orientamento. Pertanto, il giudice deve specificare i criteri di liquidazione del compenso solo in caso di discostamento significativo dai parametri medi individuati.

Così ha stabilito la Cassazione con l’ordinanza n. 9542/20, depositata il 25 maggio. La Corte d’Appello, accogliendo il ricorso proposto da una parte, condannava il Ministero della Giustizia al pagamento a favore di questa di un indennizzo di euro 792 per la violazione del termine di durata ragionevole del procedimento e liquidava le spese processuali in 210 euro complessivi. Avverso la decisione propone ricorso in Cassazione la parte rilevando che l’importo delle spese di lite liquidato dalla Corte territoriale sia al di sotto dei valori minimi individuati dal d.m. 55/2014 e delle Tabelle dato che, pur applicando i parametri minimi ridotti del 50% per ogni singola voce da riconoscere, l’importo minimo da liquidare sarebbe stato di euro 286. La Cassazione, ritenendo fondata la censura, rileva che l’importo complessivo dei compensi professionali come liquidato dalla Corte d’Appello è inferiore al minimo tabellare, alla luce dei parametri ex d.m. n. 55/2014 . Infatti, in tema di liquidazione delle spese processuali ai sensi del sopracitato decreto, che detta i criteri applicabili nel regolamento delle spese di causa , non sussiste più il vincolo legale della inderogabilità dei minimi tariffari e dunque i parametri di determinazione del compenso per la prestazione defensionale in giudizio e le soglie numeriche di riferimento sono criteri di orientamento . Pertanto, il giudice deve specificare i criteri di liquidazione del compenso solo in caso di discostamento significativo dai parametri medi individuati, sempre senza ledere il decoro consono alla professione e senza liquidare somme simboliche art. 2233, c.2, c.c. . Posto che la liquidazione disposta dalla Corte territoriale è stata operata in assenza di adeguata motivazione e in misura inferiore ai minimi tabellari, il ricorso viene accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 18 settembre 2019 – 25 maggio 2020, n. 9542 Presidente D’Ascola – Relatore Falaschi Fatti di causa e ragioni della decisione La Corte di appello di Perugia, con decreto n. 3325/2018, accogliendo il ricorso proposto da S.C. L. n. 89 del 2001, ex art. 3, condannava il Ministero della giustizia al pagamento in favore della ricorrente della somma di Euro 792,00 a titolo di indennizzo per la violazione del termine di durata ragionevole del procedimento e per l’effetto liquidava le spese processuali in complessivi Euro 210,00. Avverso il decreto della Corte di appello di Perugia la S. propone ricorso per cassazione, fondato su un unico motivo. Il Ministero della giustizia ha depositato un mero atto di costituzione ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione. Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente fondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5 , il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. Atteso che - con l’unico motivo la ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., in combinato disposto con l’art. 2233 c.c., comma 2, e con le norme del D.M. n. 55 del 2014. A detta della ricorrente, l’importo delle spese di lite liquidato dalla Corte di appello di Perugia sarebbe al di sotto dei valori minimi individuati dal D.M. n. 55 del 2014, e dalle relative Tabelle poiché, pur applicando i parametri minimi ridotti del 50% per ogni singola voce da riconoscere fase di studio, fase introduttiva, fase istruttoria e fase decisionale , il totale minimo da liquidare avrebbe dovuto essere corrispondente all’importo di Euro 286,00 anziché di Euro 210,00 . La censura è fondata. L’importo complessivo dei compensi professionali, relativi al giudizio definito con l’impugnato decreto, come liquidato dalla Corte di Perugia risulta certamente inferiore al totale del minimo tabellare, avuto riguardo ai parametri tariffari contemplati dal D.M. n. 55 del 2014. Infatti, pur applicando la massima riduzione ai singoli importi spettanti per ciascuna voce, ai sensi del citato D.M., art. 4, comma 1, si perviene al riconoscimento della somma totale di Euro 286,00, così computata Euro 67,50 per la fase di studio della controversia a fronte di Euro 135,00 come importo medio ordinario Euro 67,50 per la fase introduttiva del giudizio a fronte di Euro 135,00 quale importo medio ordinario Euro 51,00 per la fase istruttoria e non Euro 119,00, come richiesto dal ricorrente, computando l’importo liquidato quale risultante per effetto della riduzione del 70% - applicabile per tale voce rispetto alla somma ordinaria prevista in tabella di Euro 170,00 Euro 100,00 per la fase decisionale a fronte di Euro 200,00 quale importo medio ordinario . Pur corrispondendo gli importi minimi liquidabili con riferimento alle voci relative allo studio della controversia, alla fase introduttiva e a quella decisionale a quelli richiesti dal ricorrente, la somma imputabile al minimo per la fase istruttoria è stata invocata in misura eccedente rispetto a quella prevista per tabella. Peraltro, è stato anche chiarito come, in tema di liquidazione delle spese processuali successiva al D.M. n. 55 del 2014, che detta i criteri da applicare nel regolare le spese di causa, mentre il D.M. n. 140 del 2012, regola la materia dei compensi tra professionista e cliente Cass. 17 gennaio 2018 n. 1018 , non sussistendo più il vincolo legale della inderogabilità dei minimi tariffari, i parametri di determinazione del compenso per la prestazione defensionale in giudizio e le soglie numeriche di riferimento costituiscono criteri di orientamento e individuano la misura economica standard del valore della prestazione professionale pertanto, il giudice è tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso solo in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi, fermo restando che il superamento dei valori minimi stabiliti in forza delle percentuali di diminuzione incontra il limite dell’art. 2233 c.c., comma 2, il quale preclude di liquidare somme praticamente simboliche, non consone al decoro della professione. La liquidazione disposta dalla Corte di appello Perugia in complessivi 210,00 Euro, invece, è stata operata senza dare alcuna adeguata motivazione, una determinazione globale dei compensi, in misura inferiore a quelli minimi di cui alla tabella 12 allegata al D.M. 10 marzo 2014, n. 55, Cass. 15 dicembre 2017 n. 30286 Cass. 31 gennaio 2017 n. 2386 Cass. 16 settembre 2015 n. 18167 . In definitiva, il ricorso deve essere accolto e il provvedimento impugnato cassato in relazione alla determinazione delle spese processuali, con rinvio alla Corte di appello di Perugia, in diversa composizione, che provvederà nuovamente sul punto alla luce dei principi sopra illustrati, oltre a regolare le spese relative al presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la decisione impugnata in relazione alla determinazione delle spese processuali e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Perugia in diversa composizione.