Diritto a Internet nel 5G, danno da digital divide e COVID-19. Quando l’accesso è una questione di vita o di morte sociale

Il diritto di accesso a Internet mai come adesso ha fatto sentire la propria somma necessità. Partendo da un breve excursus normativo sul tema si affronterà la questione giuridica tra giurisprudenza e innovazione nella prospettiva del 5G.

Nel nuovo mondo martoriato dal COVID-19, il diritto a Internet quale Servizio Universale non è soltanto la possibilità di accedere alla rete ma è la possibilità di vivere grazie alla rete. L’enorme vuoto emotivo-affettivo causato dal distanziamento sociale è stato colmato grazie alle conversazioni di gruppo in videopresenza. Il lavoro è continuato in modalità smart working. L’istruzione si è trasferita nelle case con le videolezioni. La vigilanza e l’assistenza medica hanno trovato validi strumenti nella telemedicina. L’effetto catartico liberatorio della fantasia ha trovato spazio nell’intrattenimento online. Ma non basta. Il 5G già presente in varie città italiane rivoluzionerà i contenuti del diritto di accesso accrescendoli degli innumerevoli servizi dell’Internet of Things IoT . Nulla potrà mai più essere come prima e il digital divide – rovescio negativo del diritto di accesso – non sarà solo una perdita di chances bensì assurgerà a negazione dell’esistenza, a negazione dell’individuo, a morte sociale. Il diritto di accesso a Internet. Da diritto alla libertà di espressione a diritto al Servizio Universale tout court. Il diritto di accesso a Internet come diritto a caratura costituzionale esiste già quale diritto sociale fondamentale ricomprendibile nell’art. 3 Cost. oppure deve trovare una collocazione autonoma nella nostra Carta dei Diritti? Tale dibattito data fin dagli anni Settanta grazie al primo speculatore sul tema ovvero il padre dell’informatica giuridica Vittorio Frosini rivista Informatica e Diritto, 1973 - 2000 . Nel tempo, a tratti sopito, l’argomento ha ripreso vigore grazie a Stefano Rodotà - uno dei più grandi costituzionalisti di Internet – che nel 2010 arrivò a proporre un articolo 21- bis Cost. del seguente tenore Tutti hanno eguale diritto di accedere alla Rete, in condizione di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale . Nel 2015 è seguita - sempre ad opera di Rodotà - la Dichiarazione dei diritti di Internet e poi a livello europeo il Regolamento UE 2015/2120 in modifica della Direttiva 2002/22/CE che ha consacrato il diritto di accesso a Internet quale Servizio Universale. Nel 2010 Rodotà concepisce il diritto di accesso quale diritto alla libertà di manifestazione del pensiero ex art. 21 Cost Tuttavia l’avvento del Web 2.0 conduce l’illustre costituzionalista a rivedere in una dimensione più completa il diritto di accesso il web 2.0 evidenzia che la Rete costituisce un vero e proprio spazio vitale e non un semplice mezzo di comunicazione mediante il quale si consente la manifestazione del pensiero. L’art. 21 Cost. pare cogliere soltanto uno dei tanti profili dell’internet. Pertanto nel 2015 Rodotà scolpisce nella Dichiarazione dei Diritti di Internet la duplice natura dell’accesso quale diritto alla libertà di manifestazione del pensiero e anche quale diritto sociale ex art. 3 Cost. alla connettività e a tutti i servizi ad essa collegati dovuti dallo Stato. Il 25 novembre del 2015 interviene sul tema dell’accesso in modo risolutivo il Regolamento 2015/2120/UE direttamente efficace negli Stati Membri e inquadra l’accesso soprattutto come diritto a uno spazio elettronico e ai relativi servizi Il presente regolamento mira a definire norme comuni per garantire un trattamento equo e non discriminatorio del traffico nella fornitura di servizi di accesso a Internet e tutelare i relativi diritti degli utenti finali. Esso mira a tutelare gli utenti finali e a garantire al contempo il funzionamento ininterrotto dell’ecosistema di Internet quale volano per l’innovazione Considerando 1, Regolamento 2015/2120/UE . Alla luce di questo breve excursus della normativa interna ed europea, parrebbe doversi concludere che non vi sia la necessità di un nuovo articolo della Costituzione per affermare il diritto a internet quale autonomo diritto a caratura costituzionale perchè grazie al lavoro normativo interno ed europeo la concezione del diritto di accesso è passata da diritto alla libertà di manifestazione del pensiero a diritto al Servizio Universale tout court. Servizio Universale e 5G. Il Servizio Universale consiste nell’obbligo da parte dei gestori di fornire un insieme minimo di servizi di una determinata qualità disponibili a tutti gli utenti a prescindere dalla loro ubicazione geografica ad un prezzo abbordabile. Nel tempo i contenuti del Servizio Universale si sono sempre più sviluppati in ragione del progresso tecnologico passando dal 2G al 3G fino all’odierno 4G. Tuttavia la vera e propria rivoluzione arriva con il 5G attualmente in sperimentazione presso diverse città italiane. Il 5G permetterà un elevatissimo numero di connessioni in contemporanea, con alta velocità e tempi di risposta molto rapidi latenza . L’Internet of Things IoT sarà possibile grazie al 5G. Si tratta - per intendersi – della guida autonoma, dei servizi della Smart City, della Smart Home, della Smart Health. In merito a quest’ultima – essendo al tempo del COVID-19 - pensiamo a quanto sarebbe stato importante poter già disporre del servizio dell’ambulanza condivisa tra i medici dell’ospedale e gli infermieri a bordo che - dotati di occhiali intelligenti – siano in grado di esaminare insieme agli ospedalieri il fascicolo sanitario del paziente grazie alla realtà aumentata. La tecnologia del 5G trasforma radicalmente le nostre abitudini di vita rendendoci accessibili abilità finora impossibili come la realtà aumentata, i droni autisti guidati dall’intelligenza artificiale AI della Smart City, i frigoriferi che ordinano direttamente la spesa, gli assistenti personali che acquistano i biglietti del treno. Diventeremo addirittura dipendenti da questi servizi al punto da non poterne più fare a meno. I nostri Stati saranno in grado di garantire tutti questi servizi a livello universale? Saranno in grado di evitare discriminazioni? Saranno in grado di avvalersi di gestori neutrali? Digital divide e 5G. Un danno irrecuperabile. Il digital divide nel 5G costituisce un danno difficilmente recuperabile. L’impossibilità di connettersi a internet in uno stadio 4G rappresenta una perdita di chances che però risulta limitata a una parte di servizi. L’impossibilità di connettersi a internet alla velocità necessaria per accedere ai servizi del 5G significa essere privati di un giorno, di tre giorni, di un mese di vita ! . Il diritto di accesso nel 5G costituisce davvero una questione di vita o di morte sociale. Altro che discriminazione. Qui si tratta di vivere in un mondo piuttosto che in un altro. Si tratta addirittura di vivere nel presente oppure nel passato. Due soggetti di identica età biologica possono trovarsi a vivere nello stesso identico periodo a dieci anni di distanza perchè uno accede al 5G ed è pervaso dalle abilità digitali forgiate dall’Intelligenza Artificiale sulla scorta dei trilioni di Big Data liberati dall’IoT mentre l’altro non riesce ad accedere al 5G e resta indietro in una internet di dieci anni prima. Il digital divide nel 5G produce addirittura una spaccatura temporale !! . La nostra giurisprudenza di merito è ormai unanime nel riconoscimento di un danno esistenziale da digital divide. Una pronunzia delle maggiormente rappresentative è quella del Giudice di Pace di Trieste n. 587/2012 del 18 luglio 2012 che ha condannato la compagnia telefonica convenuta a risarcire non solo il danno patrimoniale ma anche anche il danno esistenziale per le ovvie difficoltà di far fronte alle quotidiane necessità per i rapporti familiari e nei confronti di ogni altro interlocutore esterno . La consapevolezza dell’importanza del digital divide emerge chiaramente nelle parole del Giudice Ormai da tempo la giurisprudenza è orientata nel ritenere che il distacco o il mancato allaccio della linea telefonica e internet costituiscano un danno patrimoniale ed esistenziale per il titolare del contratto e della sua famiglia, danno considerato particolarmente grave in un’epoca in cui la comunicazione è fondamentale in ogni aspetto della vita quotidiana . Le nostre Corti attualmente stanno ancora affrontando casi di digital divide come perdita di servizi utili per la vita quotidiana. Nello stadio 5G le Corti dovranno affrontare i casi di digital divide come perdita di giorni di vita quotidiana. In quest’ultima fase tecnologica, il danno diventa irrecuperabile perchè non attiene a un pregiudizio all’esistenza bensì attiene alla perdita dell’esistenza stessa per tutto il tempo in cui si è esclusi dal 5G. Danno da digital divide nel 5G. Presunzione di responsabilità nel provvedimento sanzionatorio AGCOM. La prova del danno da digitale divide nel 5G sarebbe molto aiutata dall’emanazione di un provvedimento sanzionatorio da parte di AGCOM. Poniamo ad esempio che si sia verificato digital divide nel 5G nell’area di competenza di un determinato gestore. Poniamo ancora che AGCOM attivi un’istruttoria per verificare che il gestore abbia sostenuto tutti gli investimenti necessari previsti dai regolamenti dell’Authority in materia. Poniamo infine che AGCOM ravvisi una violazione ed emani un provvedimento sanzionatorio nei confronti del gestore. Tale pronunzia potrebbe essere assunta quale prova dell’illecito nella causa di risarcimento danni e forse costituire anche la pietra fondante per una class action. In definitiva si tratta di adottare lo stesso schema di tutela assunto nei casi di danno da attività anti concorrenziale. Il danno da condotte anti concorrenziali disciplinato dalla Direttiva UE 2014/104 contempla la fattispecie del terzo-consumatore danneggiato per sovrapprezzo dal cartello di imprese accordatesi per imporsi sul mercato in via esclusiva. La difficoltà di provare la condotta abusiva del cartello viene superata dalla direttiva UE che introduce una presunzione di responsabilità ove l'Autorità Antitrust abbia stigmatizzato il comportamento anti concorrenziale. La delibera dell'Authority nel momento stesso in cui individua l'illecito contestualmente individua anche il gruppo di soggetti presumibilmente danneggiati. Pertanto il terzo-consumatore o rivenditore che agisce in via risarcitoria trae la propria legittimazione attiva dall'appartenenza al gruppo individuato in riferimento all'attività di concorrenza sleale o di abuso di posizione dominante stigmatizzata dall'Antitrust. Similmente, essendo assai difficile per un singolo cittadino provare che un gestore del 5G non abbia investito le risorse dovute, il soggetto leso potrebbe trarre la propria legittimazione giudiziale attiva dall'appartenenza al gruppo dei soggetti esclusi dal 5G individuati dalla delibera sanzionatoria istitutiva per tutti i casi sussumibili nella fattispecie stigmatizzata di una presunzione di responsabilità del gestore. L'onere della prova dunque atterrebbe unicamente al danno subito. Emergenza COVID-19, Italia e digital divide. Destinati a vivere nel passato? L’emergenza COVID-19 ci ha costretto a fare i conti con le nostre infrastrutture tecnologiche. Il crash del sito INPS ha impedito a migliaia di italiani di attivare il diritto ai 600 euro” perchè gli standard di rete non reggevano i picchi di traffico impedendo la connessione contestuale di migliaia di utenze. Tradotto questo caso in termini giuridici significa che le nostre infrastrutture di rete non sono state in grado di assicurare il diritto fondamentale dell’accesso a Internet la cui garanzia costituisce un preciso dovere dello Stato nei confronti del cittadino. Se non siamo pronti per questo, come potremmo essere pronti per il 5G? Occorrerebbero investimenti enormi che probabilmente il nostro Stato non è riuscito ad erogare e tanto meno - a causa del COVID-19 - vi riuscirà da ora in poi. Cosa dobbiamo pensare? Catapultati dall’emergenza sanitaria nel mondo nuovo unito solo grazie alla Rete, saremo costretti dalla penuria di investimenti a rinunciare al 5G. Destinati a vivere nel passato?