L’avvocato e la teoria dei giochi

Nei tipi della teoria dei giochi, l’avvocato è un soggetto economico, per la sua permeabilità indiscussa al tema dell’interazione strategica tra individui. Un’incursione di taglio giornalistico disvela la professione come gioco, che è cosa diversa da divertimento.

Premessa. La giustizia si fa spesso in ruoli a mezzo tondo chi fa cosa, nella sensibilità comune, è uno dei temi preliminari nei fatti, solo una ricerca. Anche i paradigmi più collaudati non sono satisfattivi c’è sempre qualcosa da aggiungere, magari importando e sperimentando questo o quel modello d’analisi e di definizione la conoscenza del diritto resterà in ogni caso parziale e provvisoria. Parziale. Perché nello sconfinato del giuridicamente possibile un’opera omnia è pura utopia come l’ambizione di una compiuta catalogazione tanto non vuol dire tutto l’oggetto si misura con il metodo e con il merito non può essere diversamente. Provvisoria. Il flusso delle idee non patisce sospensione. Non è difficile da capire prendiamo il caso della massima estensione dell’imputazione soggettiva, i cui argini non sono inamovibili e vengono eretti diversamente a seconda del contesto ideale/sociale, prima che giuridico la domanda investe la necessità di ritenere l’appartenenza psicologica di qualsiasi fatto al soggetto chiamato a risponder-ne. Il concetto è quello di esigibilità, che si definisce in modo tutt’affatto singolare nel-le regole della morale e in effetti, in una cultura cattolica, qual è la nostra Umberto Galimberti, un ateo, traccia con grande efficacia le implicazioni della cristianità, in occidente, indipendentemente dalle scelte individuali , l’esigibilità è premessa indispensabile di qualsiasi imputazione soggettiva pensare la responsabilità per l’inesigibile apparirebbe una provocazione, anzitutto per la dimensione trascendente delle regole di condotta, in un mondo illuminato dal dogma dei dogmi, quello dell’onnipotenza di Dio, come in Tommaso d’Aquino, oppure no. Il misurare le regole giuridiche su modelli non strettamente giuridici appartiene a molte culture, irrelato al tema della presele-zione vive, piuttosto, l’idea di una sperimentazione galileiana a prima lettura l’inferenza deduttiva, da Archimede in poi, vale un po' ovunque, anche dimesse le vesti della teologia morale. La strategia dell’avvocato. L’approccio non può che essere deduttivo. Senza alcuna pretesa, se non quella di pungolo alla nostra categoria professionale, la teoria dei giochi ha immagini in grado di descrivere anche parte significativa delle interazioni tra avvocati, giocatori nel lessico della materia. In un contesto di tanti protagonisti/interpreti per tanti ruoli, qual è il sistema giuridico struttura e funzionamento , fondamento e utilità della diade avvocato – giocatore sono il preambolo della possibile rivendicazione di uno statuto autonomo. Con grande approssimazione, la teoria dei giochi studia l’interazione tra individui nel perseguimento di un obiettivo per il tramite di una o più strategie è paradigma della speculazione che ha reso plasticamente adattabile ai contesti più vari l’intuizione di John von Neumann e Oskar Morgenstern, cristallizzata nel volume fondativo di quella che appare una vera e propria dottrina Theory of Games and Economic Behavior pubblicato nella prima metà del Novecento . Va da sé che, in disparte la totalità dei modelli di interazione che si fanno presenti in ogni contesto, e, dunque, anche nel diritto, gli avvocati si incontrano e si scontrano lo fanno con lemmi di un linguaggio parti-colare, sottocategoria del lessico giuridico le parole dell’avvocato sono spesso misura delle richieste di giustizia, per diventare, di fatto, un contributo infungibile al funzionamento del sistema. Alla resa dei conti, è nella difesa assistenza legale la declina-zione prima del motto di Ludwig Wittgenstein di ciò di cui non si può parlare, si deve tacere , concentrandosi sulla dialettica tra colleghi”. A che gioco gioca l’avvocato? Le forme di interazione tra avvocati vestono i panni della competizione intra moenia o della mutualità extra moenia . Nel primo caso, il processo evoca il gioco da tavola Hex inventato nel 1942 dal matematico Piet Hein, rivisitato nel 1948 dal matematico ed economista John Nash , nel quale, comunque si svolga la competizione, vince sempre un solo giocatore. Al polo opposto assumono forma le ipotesi di una mutualità ante litteram nella logica del win/win, che presidia ogni negoziato, nessuno ha la meglio su alcuno. Stando così le cose, il tema vira sulla im possibile riduzione ad unità delle due macroaree dell’assistenza legale quella stragiudiziale e quella giudiziale, a descrivere approdi ben diversi. Il processo non vive di mezze vittorie, nemmeno nei tipi della soccombenza parziale e/o reciproca, o nel verdetto di colpevolezza al netto delle aggravanti contestate in aula la logica è bina-ria, la polarità è indiscussa eccezioni come la conciliazione dinnanzi al giudice civile o la messa alla prova nel processo penale non danno un nuovo volto al diritto in Aula. Emblematicamente, rispetto ad un reato il giudizio celebra sempre almeno un per-dente. L’alternativa è più incoraggiante nel lessico della teoria dei giochi e, volendo del noto dilemma del prigioniero la cooperazione massimizza il risultato, scelta importante e coraggiosa nei casi di agire non comunicativo, quando, cioè, ognuno elabora la propria strategia senza conoscere quella dell’avversario, ma soprattutto senza definire obiettivi comuni. La scelta cooperativa è la migliore per il singolo e per la collettività, ma una cooperazione è cosa rara, nella società, ed è cosa inedita quella fatta al buio. La professione di avvocato vive della perenne tensione tra collaborazione e contrapposizione, ramoscello d’ulivo e spada. L’avvocato è chiamato a una scelta più di chiunque altro gli si può chiedere di armare la contesa, oppure di preferire strategie cooperative, persino al buio”, sapendo che quel buio è illuminato dalla fedeltà alle direttrici della più seria deontologia.