Provvedimento di invito ad avviare la procedura di mediazione e assegnazione del termine di 15 giorni

L’omessa indicazione, nel provvedimento di invito ad avviare la procedura di mediazione, del termine di 15 giorni per l’avvio della stessa ex art. 5, comma 2, d.lgs. n. 28/2010 , non è idonea a creare alcuna incertezza in capo alle parti e costituisce una mera irregolarità formale.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con ordinanza n. 2775/20, depositata il 6 febbraio. Il caso. Un avvocato, che aveva svolto attività di consulenza e assistenza in favore di una società, essendo questa stata sottoposta alla procedura di amministrazione straordinaria, chiedeva ed otteneva l’ammissione allo stato passivo del proprio credito per i compensi a lui spettanti. Il Tribunale, accogliendo la domanda dell’avvocato, disponeva l’ammissione in privilegio ex art. 2751-bis c.c. anche degli interessi dovuti sul credito già in origine ammesso, limitandone però la decorrenza. La Corte d’Appello, poi, dichiarava improcedibile il gravame per mancata ottemperanza all’invito, rivolto alle parti all’udienza di prima comparizione in seconde cure e reiterato alla successiva udienza ad attivare la procedura di mediazione di cui al d.lgs. n. 28/2010. Avverso la decisione propone ricorso l’avvocato lamentando che la Corte d’Appello abbia ritenuto improcedibile il gravame in difetto di un precedente idoneo invito ad avviare la procedura di mediazione. Secondo il ricorrente sia il primo che il secondo invito non contenevano l’espressa assegnazione alle parti del termine di 15 giorni per l’avvio della procedura ex art. 5, comma 2, d.lgs. n. 28/2010 , lo specifico richiamo di tale norma e l’avviso alle parti circa le conseguenze della mancata ottemperanza all’invio stesso. Inoltre, il ricorrente lamenta che la Corte territoriale ha erroneamente rilevato d’ufficio l’improcedibilità del gravame, senza una specifica richiesta della parte appellata, oltre il termine previsto dalla norma. Mera irregolarità formale. La Cassazione sottolinea che l’art. 5 sopracitato prevede il termine fisso di 15 giorni per avviare il procedimento di mediazione. La sua omessa indicazione nel provvedimento di invito, tuttavia, non è idonea a creare alcuna incertezza in capo alle parti e costituisce al massimo una mera irregolarità formale. Stesso ragionamento può essere fatto per la mancata indicazione della norma in esame nell’invito formulato alla Corte d’Appello, dato che emerge comunque chiara l’intenzione del giudice di avviare le parti alla specifica procedura di conciliazione ex d.lgs. n. 28/2010. Ne caso concreto la Suprema Corte rileva che l’avvocato aveva sostenuto, in appello, di non aver attivato la mediazione perché non sarebbe stata utile, posta l’indisponibilità della controparte a trattare. Da questo, osservano i Giudici, emerge che in ogni caso l’invito aveva raggiunto il suo effetto, avendo il ricorrente compreso di essere stato onerato all’avvio del procedimento di mediazione, con conseguente sanatoria del vizio per raggiungimento dello scopo dell’atto. Chiarito questo, il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 7 novembre 2019 – 6 febbraio 2020, n. 2775 Presidente Lombardo – Relatore Oliva Fatti di causa A fronte dell’attività di assistenza e consulenza prestata in favore della Fochi S.p.a. l’avv. C.E. , all’esito dell’ammissione della società alla procedura di amministrazione straordinaria, chiedeva e otteneva l’ammissione allo stato passivo del proprio credito per compensi, rispettivamente in privilegio ex art. 2751-bis c.c. quanto alla sorte, ed in chirografo quanto alle spese anticipate, alla cassa avvocati e all’I.v.a A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 162/2001, dichiarativa dell’illegittimità costituzionale della art. 54 L. Fall., comma 3, nella parte in cui non richiama l’art. 2749 c.c. in materia di estensione della prelazione anche agli interessi maturati sui crediti assistiti dal privilegio generale e speciale, il C. depositava ricorso ex art. 101 L. Fall. invocando il riconoscimento anche di tale specifica voce. Gli organi della procedura contestavano la fondatezza della pretesa e il Tribunale di Bologna, con sentenza n. 2520/2013 resa all’esito del giudizio di merito, accoglieva la domanda disponendo l’ammissione in privilegio ex art. 2751 - bis c.c. anche degli interessi dovuti sul credito già in origine ammesso, limitandone tuttavia la decorrenza in parziale accoglimento dell’eccezione di prescrizione sollevata dalla procedura. Interponeva appello il C. e la Corte di Appello di Bologna, con la sentenza oggi impugnata n. 2917/2017, dichiarava improcedibile il gravame per mancata ottemperanza all’invito, rivolto alle parti all’udienza di prima comparizione in seconde cure e reiterato alla successiva udienza, ad attivare la procedura di mediazione di cui al D.Lgs. n. 28 del 2010. Propone ricorso per la cassazione di detta decisione C.E. affidandosi a due motivi. La parte intimata non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità. Ragioni della decisione Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perché la Corte di Appello avrebbe ritenuto improcedibile il gravame in difetto di un precedente idoneo invito ad avviare la procedura di mediazione. Ad avviso del ricorrente, infatti, sia il primo che il secondo invito non contenevano l’espressa assegnazione alle parti del termine di 15 giorni per l’avvio della procedura, previsto dal D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5 comma 2, lo specifico richiamo di tale norma e l’avviso alle parti circa le conseguenze della mancata ottemperanza all’invito stesso. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta l’ulteriore profilo di violazione del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, nonché degli artt. 183, 348, 348 - bis e 350 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perché la Corte felsinea avrebbe erroneamente rilevato ex officio l’improcedibilità del gravame, in assenza di specifica richiesta di parte appellata, oltre il termine previsto dalla norma, rappresentato dalla prima udienza di comparizione, e comunque dopo la precisazione delle conclusioni. Ad avviso del ricorrente, la Corte bolognese avrebbe potuto rilevare l’improcedibilità soltanto alla prima udienza ovvero a quella, successiva, cui la causa era pervenuta dopo l’invito alla mediazione, ma non dopo la precisazione delle conclusioni e quindi non in sentenza. Le due censure, che per la loro connessione meritano un esame congiunto, non sono fondate. Ed invero il D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 2, prevede il termine fisso di 15 giorni per l’avvio del procedimento di mediazione, onde la sua omessa indicazione nel provvedimento di invito non è idonea a creare alcuna incertezza in capo alle parti e costituisce, al massimo, una mera irregolarità formale. Identico ragionamento vale per la mancata indicazione della norma in esame nell’invito formulato dalla Corte territoriale, poiché risulta comunque chiara l’intenzione del giudice di avviare le parti alla specifica procedura di conciliazione prevista dal D.Lgs. n. 28 del 2010. Nè vale il richiamo, operato nel primo motivo di ricorso, al protocollo sottoscritto tra il Presidente del Tribunale di Bologna e l’Ordine degli Avvocati di Bologna in data 27.11.2015, posta la natura non vincolante di detto atto, che contiene soltanto indicazioni di massima finalizzate ad assicurare l’armonizzazione delle procedure. Peraltro la sentenza dà atto cfr. pag. 5, in apertura che il C. aveva sostenuto, nel corso del giudizio di appello, di non aver attivato la mediazione perché sarebbe stata inutile, posta l’indisponibilità della controparte a trattare dal che si ricava che in ogni caso l’invito aveva raggiunto il suo effetto, avendo l’odierno ricorrente ben compreso di essere stato onerato all’avvio del procedimento di mediazione previsto dal D.Lgs. n. 28 del 2010, con conseguente sanatoria del vizio per raggiungimento dello scopo dell’atto. In definitiva, il ricorso va rigettato. Nulla per le spese, in difetto di svolgimento di attività difensiva nel presente giudizio di legittimità da parte dell’intimato. Poiché il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, va dichiarata la sussistenza, ai sensi del Testo Unico, art. 13, comma 1 - quater, di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dei presupposti processuali per l’obbligo di versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per l’impugnazione, se dovuto. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 - bis, se dovuto.