Gli onorari dell’avvocato devono essere liquidati anche in considerazione del valore della domanda riconvenzionale…

Nella determinazione del valore della controversia, ai fini della liquidazione degli onorari difensivi, occorre tener conto anche del valore delle domande riconvenzionali, la cui proposizione, ove sia diretta all’attribuzione di beni diversi da quelli richiesti dalla controparte, determina un ampliamento della lite e, di conseguenza, dell’attività difensiva.

L’accertamento dei presupposti della responsabilità processuale per lite temeraria è riservato al Giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se immune da vizi logici e giuridici. Così la Cassazione con ordinanza n. 2769/20, depositata il 6 febbraio. La fattispecie. Nel caso in esame il Giudice di Pace aveva rigettato l’opposizione all’ingiunzione di pagamento emessa liquidando le spese di lite a favore dell’opposta. Contro tale sentenza ha frapposto appello l’opposta asserendo che il Giudice di primo grado aveva errato nel liquidare le spese processuali prendendo come riferimento lo scaglione di valore inferiore a € 1.000,00 senza considerare la domanda riconvenzionale proposta dall’opponente che avrebbe giustificato l’applicazione di uno scaglione superiore. Il Giudice di gravame, nel confermare la sentenza, ha precisato che la domanda riconvenzionale non ha comportato ulteriore attività difensiva essendo state rigettate le istanze istruttorie. Inoltre, ha confermato la decisione anche nella parte in cui non aveva liquidato i danni per responsabilità processuale aggravata in assenza della prova dei requisiti integranti la fattispecie. La questione è, poi, giunta all’attenzione della Corte di legittimità. La domanda riconvenzionale e il valore del giudizio. A dire del Supremo Collegio la riconvenzionale comporta un ampliamento dell’attività difensiva svolta proprio in considerazione della nuova domanda introdotta che non può essere ricondotta unicamente all’attività probatoria in senso stretto ma è molto più ampia comprendendo anche la redazione delle memorie difensive e la formulazione delle istanze istruttorie. Ne consegue che il Giudice di gravame ha errato nell’equiparare l’attività difensiva all’attività istruttoria in senso stretto. Condanna per la responsabilità processuale aggravata e il giudizio di legittimità. In via preliminare la Corte ribadisce che, ai fini della condanna ai sensi dell’art. 96 codice di rito, non è necessaria la formulazione di apposita domanda né la prova del relativo danno, ma unicamente l’accertamento dei presupposti ovverosia la mala fede o la colpa grave. Tuttavia, tale giudizio è precluso alla Corte di Cassazione qualora il Giudice di merito abbia motivato la propria decisione logicamente ed esaustivamente.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 24 settembre 2019 – 6 febbraio 2020, n. 2769 Presidente D’Ascola – Relatore Tedesco Fatti di causa e ragioni della decisione Il giudice di pace di Pescara ha rigettato l’opposizione proposta da C.A. contro il decreto ingiuntivo chiesto e ottenuto dalla Quadrifoglio Due S.a.S. di G.D.F. & amp C. s.a.s. Quadrifoglio per il pagamento di corrispettivo per passaggi di proprietà di mezzi oggetto di compravendita. Con la stessa sentenza il primo giudice ha liquidato le spese di lite a favore della parte opposta vittoriosa. Contro la sentenza la Quadrifoglio ha proposto appello, censurando la decisione nella parte in cui il giudice di pace aveva liquidato le spese sulla base dello scaglione previsto per le causa di valore inferiore a Euro. 1.100,00, senza considerare che l’opponente aveva proposto una domanda riconvenzionale di valore superiore. In considerazione del valore della domanda riconvenzionale si giustificava l’applicazione dello scaglione per le cause di valore superiore. L’appellante ha chiesto inoltre la riforma della sentenza là dove il giudice di pace aveva rigettato la domanda dell’opposto di risarcimento del danno per lite temeraria. Il Tribunale di Pescara ha confermato la sentenza. Esso ha riconosciuto che, in linea di principio, la proposizione di una domanda riconvenzionale potrebbe realmente giustificare la liquidazione degli onorari di difesa in applicazione di uno scaglione superiore. Nella specie, però, non c’erano i presupposti per fare ricorso a tale correttivo, perché la domanda riconvenzionale non aveva comportato ulteriori attività difensive, essendo state rigettate le istanze istruttorie della parte che l’aveva proposta. Il tribunale ha poi confermato la statuizione di rigetto della domanda di condanna al risarcimento del danno per responsabilità processuale aggravata, in assenza della prova dei requisiti, soggettivi e oggettivi, della fattispecie. Per la cassazione della sentenza la Quadrifoglio ha proposto ricorso, affidato a tre motivi. C.A. ha resistito con controricorso. Il primo motivo denuncia violazione del D.M. n. 55 del 2014, artt. 2, 4 e 5, dell’art. 2233 c.c. e dell’art. 10 c.p.c La sentenza è oggetto di censura nella parte in cui il tribunale ha confermato la liquidazione delle spese di lite, in quanto operata dal primo giudice in base al valore della domanda principale, pure in presenza di una domanda riconvenzionale. Si sostiene che il rilievo del tribunale per giustificare la decisione la domanda riconvenzionale non aveva avuto seguito istruttorio , oltre a non trovare giustificazione sul piano dei principi, non aveva tenuto conto della maggiore attività difensiva imposta dall’iniziativa avversaria. Le deduzioni della comparsa di risposta e delle note istruttorie si riferivano infatti anche alla domanda riconvenzionale. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.M. n. 55 del 2014, artt. 1 - 11 e degli artt. 91 e 92 c.p.c Si rappresenta che l’appellante aveva censurato la decisione di primo grado anche perché il giudice di pace si era discostato dalle indicazioni della nota spese, senza specificare gli aumenti e le diminuzioni sulle singole voci analiticamente espresse nella nota stessa. Il tribunale, nonostante la specifica censura, non aveva emesso alcuna pronuncia sul punto. Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 96 c.p.c. e del D.M. n. 55 del 2014, art. 4. Si censura la decisione per avere negato i presupposti della responsabilità processuale per lite temeraria. La ricorrente sostiene che, dopo la modifica dell’art. 96 c.p.c. operata dalla L. n. 69 del 2009, la fattispecie non richiede la dimostrazione del dolo o della colpa grave, nè la prova del danno. Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere parzialmente accolto per manifesta fondatezza del primo motivo, con la conseguente possibilità di definizione nelle forme di cui all’art. 380 - bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5 , il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. Il primo motivo è fondato. In materia questa Suprema Corte ha chiarito che Nella determinazione del valore della controversia, ai fini della liquidazione degli onorari difensivi, occorre tener conto anche del valore delle domande riconvenzionali, la cui proposizione, ove sia diretta all’attribuzione di beni diversi da quelli richiesti dalla controparte, determina un ampliamento della lite e, di conseguenza, dell’attività difensiva Cass. n. 30840/2018 . Il tribunale non si è attenuto a tale principio. Invece di considerare l’attività difensiva svolta dall’avvocato nel suo complesso, anche in relazione alla domanda riconvenzionale Cass. n. 7275/1991 , ha negato l’ampliamento della lite già in via di principio, in base al rilievo che la domanda riconvenzionale non aveva comportato ulteriori attività, essendo state rigettate le richieste istruttorie della parte che l’aveva proposta. Decidendo in questi termini, però, il tribunale non ha considerato che, in presenza di una domanda riconvenzionale, il requisito che potrebbe giustificare la maggiore liquidazione è legato all’ulteriore attività difensiva svolta in relazione a tale domanda. Esso può naturalmente ricorrere anche in assenza di un’attività di istruzione probatoria in senso stretto. L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo motivo. Il terzo motivo è infondato in conformità alla proposta. Non si discute nella specie dell’applicazione o della mancata applicazione dell’art. 96 c.p.c., comma 3, ma la parte si duole del rigetto della domanda ch’era stata proposta ai sensi del comma 1 della norma. Si deve pertanto fare applicazione del principio secondo cui l’accertamento dei presupposti della responsabilità processuale per lite temeraria ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 1, è riservato al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se immune da vizi logici e giuridici Cass. n. 126/1992 . Per completezza si esame si ritiene di aggiungere che la condanna ex art. 96 c.p.c., comma 3, non richiede nè la domanda di parte, nè la prova del danno, ma rimane tuttavia necessario l’accertamento, in capo alla parte soccombente, della mala fede consapevolezza della infondatezza della domanda o della colpa grave per carenza dell’ordinaria diligenza volta all’acquisizione di detta consapevolezza Cass., S.U., 22405/2018 . In conclusione, fondato il primo motivo, assorbito il secondo, infondato il terzo, la sentenza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa al Tribunale di Pescara, che la deciderà in persona di diversi magistrato e liquiderà le spose del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. accoglie il primo motivo di ricorso dichiara assorbito il secondo rigetta il terzo cassa la sentenza in relazione al motivo accolto rinvia la causa al Tribunale di Pescara, in persona di diverso magistrato, anche per le spese.