Escluso il gratuito patrocinio per i collaboratori di giustizia se l’imputato non presta una collaborazione effettiva

Estendere il diritto all’assistenza e difesa gratuita in sede penale in favore del collaboratore di giustizia al di là dell’ipotesi contemplata dalla legge consistente nell’effettiva attività di collaborazione, implicherebbe riconoscere un irragionevole privilegio privo di giustificazione. E non assume rilevanza alcuna il rilievo che l’assistito sia stato assolto o condannato, risultando in tali ipotesi indispensabile che la difesa riguardi il processo o i processi nei quali il medesimo assuma la veste attiva di collaboratore di giustizia cioè di indagato o imputato chiamante in responsabilità , fermo restando l’accesso, ricorrendone i presupposti, al patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti e l’irrinunciabile diritto alla difesa d’ufficio.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 31310/19, depositata il 29 novembre. Il fatto. Il difensore di un imputato assieme ad altri soggetti nell’ambito di un procedimento penale che lo vedeva anche nella veste di collaboratore di giustizia, chiedeva che fosse liquidato in suo favore l’onorario ai sensi del d.l. n. 8 del 15.01.1991, convertito nella legge n. 82 del 15.03.1991 e succ. mod La Corte di Appello territorialmente competente rigettava l’istanza relativamente ad un procedimento, inoltre, il Presidente della medesima Corte, in persona del Consigliere delegato, disattendeva l’opposizione del difensore, evidenziando che l’assistenza legale del collaboratore è garantita unicamente in relazione ai procedimenti penali riconducibili all’attività di collaborazione, come specificato dall’art. 8 d.m. n. 161/2004, circostanza che nella specie non ricorreva, poiché l’imputato di usura non aveva reso dichiarazioni collaborative sul punto, ma al contrario aveva negato ogni responsabilità. Il difensore si vedeva costretto pertanto, a proporre ricorso per cassazione avverso il provvedimento di rigetto dell’istanza di liquidazione di onorario in suo favore. Collaborazione effettiva. Nella caso di specie, gli Ermellini, hanno ritenuto inammissibili i due i motivi di doglianza proposti dal difensore, ed in particolare, con riguardo al secondo motivo - con il quale la difesa lamentava violazione di norme del T.U. n. 115/2002 e dell’art. 6 l. n. 45/2001 - osservavano che nel caso in esame il provvedimento impugnato aveva espressamente escluso che il l’imputato avesse reso dichiarazioni collaborative, limitandosi a negare la propria responsabilità in altre parole il Giudice aveva categoricamente escluso – e il ricorso in oggetto non smentiva documentalmente l’assunto - che l’imputato, nell’ambito de procedimento penale, avesse rivestito il ruolo proprio di collaboratore di giustizia per il quale la legge sul gratuito patrocinio riconosce l’accesso al relativo diritto. Concludendo. Sulla scorta di quanto innanzi i Giudici di legittimità hanno ritenuto che – contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, nel caso di specie, non potesse darsi luogo all’applicazione dell’art. 8, commi 8 e 9, d.m. n. 161/2004 secondo cui L’assistenza legale è concessa al collaboratore di giustizia in relazione ai procedimenti penali riconducibili all’attività di collaborazione, nonché per i procedimenti relativi all’applicazione di misure di sicurezza, di prevenzione e per quelli dinnanzi alla magistratura di sorveglianza essa spetta per ogni fase del procedimento, compresa quella dell’esecuzione e per ogni grado del giudizio .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 25 giugno – 29 novembre 2019, n. 31310 Presidente Oricchio – Relatore Grasso Fatto e diritto Ritenuto che la vicenda sottoposta al vaglio di legittimità può riassumersi nei termini seguenti - l’avv. C.M.C. , difensore di D.D.A. , all’epoca collaboratore di giustizia, nel proc. penale n. 835/07 R.G., che lo vedeva imputato insieme ad altri, chiese che le fosse liquidato l’onorario ai sensi ai sensi del D.L. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito nella L. 15 marzo 1991, n. 82 e ulteriormente novellato dalla L. 15 marzo 2001, n. 45 ora la materia è disciplinata dal T.U. n. 115 del 2002, art. 115, comma 1 - la Corte d’appello di Catanzaro rigettò l’istanza relativamente al proc. R.R. n. 1819/2010 - il Presidente della medesima Corte, in persona del Consigliere delegato, disattese l’opposizione dell’avvocato, evidenziando che l’assistenza legale del collaboratore è garantita unicamente in relazione ai procedimenti penali riconducibili all’attività di collaborazione, come specificato dal D.M. 23 aprile 2004, n. 161, art. 8 , circostanza che nella specie non ricorreva, poiché il D.D. , imputato di usura ai danni di V.F. , contestato al capo 38 della rubrica, non ha reso dichiarazioni collaborative sul punto, ma ha negato la sua responsabilità ritenuto che l’avv. C. ricorre sulla base di due motivi e che l’Amministrazione è rimasta intimata ritenuto che con il primo motivo la ricorrente denunzia violazione o falsa applicazione dell’art. 125, c.p.p., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonché omessa motivazione , in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, assumendo che in primo grado al precedente difensore era stato riconosciuto il compenso, di talché ne era derivata una ingiustizia per la diversità di trattamento, nel mentre l’apodittica motivazione non aveva tenuto conto dei motivi d’appello considerato che la doglianza è inammissibile per le ragioni di cui appresso - ricorre il difetto assoluto di motivazione, integrante il vizio di mancanza della motivazione agli effetti di cui all’art. 132 c.p.c., n. 4, allorquando la motivazione manchi del tutto - nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione - ovvero che essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum Sez. 3, n. 20112, 18/9/2009, Rv. 609353 o, assegnando alla nozione di pseudo-motivazione la massima estensione consentita, allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento Sez. 6, n. 9105, 7/4/2017, Rv. 643793 per contro la decisione impugnata ha individuato in forma intellegibile, sia pure stringatamente, la ragione della decisione, peraltro, puntualmente intese dalla ricorrente - in disparte è appena il caso di soggiungere che la doglianza, inoltre, priva di specificità, sotto il profilo dell’autosufficienza documentale, indugia in considerazioni senza giuridico rilievo la circostanza che in primo grado i compensi siano stati, secondo l’assunto, riconosciuti, non inficia, perciò solo, la decisione del Giudice dell’appello ritenuto che con il secondo motivo la C. allega violazione del T.U. n. 115 del 2002 e della L. n. 45 del 2001, art. 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, assumendo che la legge che prevede l’assistenza legale a carico dello Stato per il collaboratore di giustizia, senza specificare se la stessa debba sortire assoluzione o condanna per il medesimo collaborante nell’ambito dei giudizi scaturiti comunque dalle sue dichiarazioni, poiché è il Giudice terzo a dover comunque emettere sentenza nel rispetto delle regole poste a fondamento del buon giudicare considerato che anche il secondo motivo non supera lo scrutinio d’ammissibilità, tenuto conto delle seguenti considerazioni a dispone il T.U. n. 115 del 2002, art. 115 L’onorario e le spese spettanti al difensore di persona ammessa al programma di protezione di cui al D.L. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 marzo 1991, n. 82 e successive modificazioni, sono liquidati dal magistrato nella misura e con le modalità previste dall’art. 82 ed è ammessa opposizione ai sensi dell’art. 84. Nel caso in cui il difensore sia iscritto nell’albo degli avvocati di un distretto di corte d’appello diverso da quello dell’autorità giudiziaria procedente, in deroga all’art. 82, comma 2, sono sempre dovute le spese documentate e le indennità di trasferta nella misura minima consentita b dispone del D.M. 23 aprile 2004, n. 161, art. 8, commi 8 e 9 L’onorario e le spese spettanti al difensore sono liquidati dal magistrato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 115 L’assistenza legale è concessa al collaboratore di giustizia in relazione ai procedimenti penali riconducibili all’attività di collaborazione, nonché per i procedimenti relativi all’applicazione di misure di sicurezza, di prevenzione e per quelli dinanzi alla magistratura di sorveglianza essa spetta per ogni fase del procedimento, compresa quella dell’esecuzione, e per ogni grado del giudizio c la norma secondaria, sintonica con la disciplina primaria D.L. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 marzo 1991, n. 82, come modificato dalla L. 13 febbraio 2001, n. 45 , per quel che qui rileva, ne specifica il contenuto secundum legem, potendosi enunciare il seguente principio di diritto lo Stato si fa carico di assistere economicamente il collaboratore di giustizia, sollevandolo dal costo del processo nel quale rende la collaborazione estendere il diritto all’assistenza e difesa gratuita in sede penale al di là della ipotesi contemplata implicherebbe riconoscere un irragionevole privilegio privo di giustificazione, non assumendo rilievo la circostanza che l’assistito sia stato assolto o condannato, ma risultando, però, indispensabile che la difesa riguardi il processo o i processi nei quali il medesimo assuma veste attiva di collaboratore di giustizia cioè di indagato o imputato chiamante in responsabilità , fermo restando l’accesso, ricorrendone i presupposti, al patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti e l’irrinunciabile diretto alla difesa d’ufficio d nel caso in esame il provvedimento impugnato ha espressamente escluso che il D.D. abbia reso dichiarazioni collaborative, limitandosi a negare la propria responsabilità, cioè, esclude il Giudice che abbia rivestito il ruolo di cui sopra, e il ricorso non smentisce documentalmente l’assunto considerato che non deve farsi luogo a regolamento delle spese, non avendo l’intimata svolto in questa sede difese considerato che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 applicabile ratione temporis essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013 , ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte della ricorrente, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, in quanto la stessa ha invocato il regime agevolato previsto per i collaboratori di giustizia, al di fuori dei casi contemplati dalla legge. P.Q.M. dichiara il ricorso inammissibile. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.