La responsabilità dell’avvocato per omessa impugnazione

In caso di responsabilità professionale degli avvocati per omessa impugnazione, l’esito positivo del giudizio precluso dall’omissione del professionista non può essere accertato in via diretta, ma solo in via presuntiva e prognostica, sicché l’affermazione della responsabilità dell’avvocato implica una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito dell’azione giudiziale.

È quanto si legge nell’ordinanza n. 31187/19 della Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione, depositata il 28 novembre. Il caso. Il Giudice di pace di Lecce accoglieva la domanda di pagamento di compensi professionali proposti dall’avvocato nei confronti del cliente, mentre respingeva la domanda riconvenzionale di quest’ultimo per responsabilità professionale fondata sulla mancata informazione dell’avvenuta pubblicazione della sentenza, precludendogli la possibilità di fare appello sul capo relativo alle spese. La Corte d’Appello di Lecce, adita dal cliente, accoglieva parzialmente l’appello sul capo della riconvenzionale e liquidava il conseguente danno in misura pari all’importo del compenso dovuto per le prestazioni professionali, con compensazione dei reciproci debiti. Avverso tale sentenza, l’avvocato proponeva ricorso per cassazione basandosi, tra le doglianze, soprattutto sulla violazione e falsa e applicazione dell’art. 1176 c.c. per non avere il Giudice d’appello posto a carico del cliente l’onere di provare che senza la negligenza del professionista il risultato sarebbe stato raggiunto, ritenendo erroneamente che incombesse sul professionista l’onere di provare l’adempimento all’obbligazione del dovere di informazione. La Cassazione rigetta il corso. L'esercizio di opera intellettuale. Nel codice civile, agli articoli 2229 e seguenti, viene disciplinato l'esercizio di opere e prestazioni intellettuali. Da un attento esame dei summenzionati articoli si evince come il contratto di opera intellettuale sia quello in forza del quale in capo al professionista sorge un vincolo giuridico in ordine all'espletamento del suo mandato professionale. In particolare, sono quattro gli elementi che caratterizzano il contratto de quo in primo luogo il carattere intellettuale della prestazione in secondo luogo il carattere personale della prestazione, ossia deve essere il professionista a prestare personalmente la propria opera, eventualmente con l'ausilio di terzi che operino sempre e comunque sotto la propria responsabilità e direzione. Terzo elemento che identifica il contratto di opera intellettuale consiste nella discrezionalità del prestatore d'opera nella nell'esecuzione della prestazione. Infine, siamo in presenza di un'obbligazione di mezzi il professionista, assumendo l'incarico, si impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato sperato, ma non a conseguirlo. Da ciò deriva che l'inadempimento del professionista non può dipendere dal mero mancato raggiungimento del risultato avuto di mira dal cliente, ma deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti allo svolgimento dell'attività professionale e, in particolare, al dovere di diligenza qualificata ai sensi e per l'effetto dell'art. 1176 co. 2 c.c La responsabilità dell’avvocato. Nell’alveo dei contratti d’opera intellettuale si inserisce il rapporto tra avvocato e cliente. In tale ambito è particolarmente importante il ruolo degli obblighi di informazione. L'avvocato ha, infatti, tra gli altri, il dovere di informare il proprio assistito sul possibile esito della causa solo in presenza di una corretta informazione, ad onor del vero, il soggetto che si rivolge ad un professionista legale può ritenersi edotto ed il suo consenso formato in maniera corretta. In definitiva, prima di intraprendere un'attività giudiziale è dovere dell'avvocato rappresentare al proprio assistito tutti gli elementi di fatto e di diritto utili, nonché i suggerimenti necessari, affinché il cliente sia messo in condizione di conoscere esattamente la situazione che lo interessa e possa assumere consapevoli decisioni. In tale quadro, la criticità che si rileva è quella relativa al nesso di causalità tra la condotta dell’avvocato ed il danno patito dal suo cliente, anche e soprattutto in termini di chance nell’ipotesi di mancata impugnazione. A riguardo è utile ricordare la Cass. n. 10320/2018 in forza della quale in caso di responsabilità professionale degli avvocati per omessa impugnazione è ravvisabile la fattispecie dell’omissione di condotte che avrebbero prodotto un vantaggio e l’esito del giudizio il cui svolgimento è stato precluso dall’omissione del professionista non può essere accertato in via diretta, ma solo in via presuntiva e prognostica, sicché l’affermazione della responsabilità dell’avvocato implica una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito dell’azione giudiziale . Alla luce di quanto appena esposto, quindi, si evince come in ambito giuridico-legale si applichi lo stesso ragionamento probabilistico ed eziologico della responsabilità medica. Nel caso di specie, anche se il cliente nel giudizio di merito in cui era stato difeso dall’avvocato era risultato vittorioso, ben avrebbe potuto impugnare la sentenza sul capo relativo alle spese, stante l’estraneità dello stesso alla materia e alle relative valutazioni sulla natura dei rapporti fra le parti.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 28 marzo – 28 novembre 2019, n. 31187 Presidente Manna – Relatore Casadonte Rilevato che - la causa trae origine dalla domanda di pagamento di compensi professionali proposta dall’avv. L. nei confronti di D.L.L. proposta avanti al Giudice di pace di Lecce, il quale l’aveva accolta mentre aveva respinto la domanda riconvenzionale per responsabilità professionale a sua volta proposta dal cliente nei confronti del difensore e fondata sulla mancata informazione dell’avvenuta pubblicazione della sentenza, precludendogli la possibilità di fare appello sul capo relativo alla compensazione delle spese - proposto appello da parte del convenuto la Corte d’appello di Lecce qui impugnata accoglieva parzialmente l’appello con riguardo alla domanda riconvenzionale e liquidava il conseguente danno in misura pari all’importo del compenso dovuto per le prestazione professionali, con compensazione dei reciproci debiti, oltre che delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio - la cassazione della sentenza d’appello è chiesta con tempestivo ricorso notificato il 13 marzo 2015 dall’avv.ta L. sulla base di quattro motivi, cui resiste con controricorso D.L.L. . Considerato che - con il primo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per essersi il giudice d’appello pronunciato su conclusioni non formulate in primo grado - la doglianza appare inammissibile per difetto di specificità ed autosufficienza non essendo esplicitato quali sarebbero le diverse conclusioni di cui si tratterebbe - la ricorrente menziona poi un quinto motivo di appello che in realtà non risulta dalla sentenza impugnata - con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., per avere il giudice d’appello erroneamente ritenuto, ai fini della delibazione della fondatezza della domanda riconvenzionale del D.L. , che la compensazione delle spese nel giudizio in cui l’avvocato L. aveva svolto il suo mandato potesse essere riformata in appello, stante la natura discrezionale della decisione di compensarle - la censura è infondata - la discrezionalità del giudice di primo grado, non escludeva la possibilità che il giudice d’appello, dato che il D.L. era risultato interamente vittorioso, applicasse il principio di soccombenza - con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1176 c.c., per non avere il giudice d’appello posto a carico del cliente l’onere di provare che senza la negligenza del professionista il risultato sarebbe stato raggiunto, ritenendo erroneamente che incombesse sul professionista l’onere di provare l’adempimento all’obbligazione del dovere di informazione - il motivo è infondato - sia che si annoveri il giudizio in esame fra quelli di natura fattuale e, pertanto, censurabile in cassazione solo sotto il profilo del vizio di motivazione cfr. Cass. 3355/32014 , sia che lo si ritenga suscettibile di censura in cassazione cfr. Cass. 10320/2018 ritiene il collegio che il giudizio prognostico formulato dal giudice d’appello abbia fondato il riconoscimento della patita perdita di chance di vittoria nelle spese su solide considerazioni - è utile ricordare che in caso di responsabilità professionale degli avvocati per omessa impugnazione è ravvisabile la fattispecie dell’omissione di condotte che avrebbero prodotto un vantaggio e l’esito del giudizio, il cui svolgimento è stato precluso dall’omissione del professionista, non può essere accertato in via diretta, ma solo in via presuntiva e prognostica, sicché l’affermazione della responsabilità per colpa implica una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito favorevole dell’azione giudiziale che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente seguita cfr. Cass. 10320/2018 Cass. 25112/2017 Cass. 2638/2013 - ciò posto, nel caso di specie il giudice d’appello ha evidenziato l’esito totalmente vittorioso del D.L. , che aveva fondatamente eccepito il difetto di legittimazione - il giudice di primo grado aveva, inoltre, riconosciuto in pieno il pregiudizio patito per esser stato coinvolto in un giudizio che non lo riguardava e, pertanto, ben poteva riteneresi che, stante la sua estraneità alle valutazioni sulla natura dei rapporti fra le parti e sulla parvità della materia, se avesse proposto l’impugnazione avrebbe potuto ottenere la riforma della pronuncia sulle spese - con il quarto motivo, in realtà non numerato ma evincibile dalle considerazioni della ricorrente, si deduce la violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., per avere il giudice d’appello proceduto ad una determinazione omnicomprensiva dei compensi ritenendo di liquidarli astrattamente in base a parametri più prossimi ai minimi tariffari pur in mancanza di contestazioni sulle voci riportate nella parcella - la doglianza così come formulata appare inammissibile - la ricorrente invoca parametri normativi e principi di diritto non attinenti con la statuizione gravata che ha confermato il riconoscimento del suo credito per l’attività professionale al tempo stesso compensandolo con quello del cliente - l’esito sfavorevole di tutti i motivi, giustifica il rigetto del ricorso e la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente nella misura liquidata in dispositivo - ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore di parte controricorrente che liquida in Euro 1700,00 di cui Euro 200,00 per spese, 15% per rimborso spese generali ed oltre accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.