La procura alle liti attribuisce all’avvocato il potere di esperire tutte le iniziative idonee a tutelare l’interesse del proprio assistito

La procura alle liti, conferita in termini ampi e omnicomprensivi, è idonea, in base a un’interpretazione costituzionalmente orientata della normativa processuale attuativa dei princìpi di economia processuale, di tutela del diritto di azione, nonché di difesa della parte di cui agli artt. 24 e 111 Cost., ad attribuire al difensore il potere di esperire tutte le iniziative atte a tutelare l’interesse del proprio assistito.

Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 29353/19 depositata il 13 novembre La fattispecie. La sentenza in commento trae origine dal ricorso presentato dal precedente cliente di un legale risultato vittorioso nel giudizio di appello avverso la sentenza con cui all’esito del giudizio di primo grado il Tribunale, ritenendo ravvisabili profili di negligenza prospettati dall’attore, aveva accolto la domanda risarcitoria avanzata nei confronti del proprio legale dichiarando risolto, per grave inadempimento di quest’ultimo, il contratto di prestazione d’opera intellettuale intercorso tra le parti, condannandolo alla restituzione di un importo titolo di ripetizione dell’indebito, oltre al risarcimento del danno. La Corte di Appello, riformando la sentenza di primo grado, in ciò accogliendo l’eccezione del legale impugnante, che il mandato conferito al professionista era stato circoscritto alla presentazione di una denuncia querela e all’esperimento dell’azione civile nel procedimento penale avviato contro due dipendenti del proprio assistito per furto commesso nel luogo di lavoro definite con l’accertamento della prescrizione del reato e della relativa azione civile pertanto, riteneva che non potesse muoversi alcun rimprovero al legale che aveva svolto l’attività richiesta costituendosi come parte civile al primo momento utile una volta avviata L’azione penale, mentre la prescrizione del diritto a essere risarcito doveva ascriversi all’esito del giudizio penale, sottratto al governo del danneggiato. La Corte territoriale assumeva quindi che non vi fosse prova del fatto che all’Avvocato fosse stato dato incarico diverso e ulteriore da quello di presentare la denuncia querela e assistere il cliente nel procedimento penale. L’obbligo di attivarsi a tutela della posizione del proprio assistito persiste anche in ipotesi di revoca o rinuncia al mandato. L’attore soccombente ha proposto ricorso avanti alla Corte di Cassazione contestando che la Corte di Appello avrebbe del tutto ignorato la sussistenza di fatti ed elementi che confermerebbero a suo dire che tra i compiti demandati al legale vi fosse anche quello di tutelare l’aspirazione del cliente di ottenere il ristoro dei danni cagionati dagli ex dipendenti in relazione all’ammanco di cassa. Inoltre i Giudici territoriali avrebbero altresì errato nel valutare le obbligazioni gravanti sul professionista, limitandoli al solo deposito della denuncia querela. Accogliendo il ricorso gli Ermellini hanno statuito che la procura alle liti, conferita in termini ampi e omnicomprensivi, è idonea, in base a un’interpretazione costituzionalmente orientata della normativa processuale attuativa dei princìpi di economia processuale, di tutela del diritto di azione, nonché di difesa della parte di cui agli artt. 24 e 111 Cost., ad attribuire al difensore il potere di esperire tutte le iniziative atte a tutelare l’interesse del proprio assistito, ivi inclusa la chiamata del terzo in garanzia e impropria. La Corte di merito, pertanto, soffermandosi solo sull’atto di presentazione della denuncia querela e non sulla costituzione di parte civile, non ha dimostrato di avere valutato i termini e l’ampiezza del mandato ricevuto dal legale, in relazione all’attività effettivamente espletata in esecuzione del mandato. Sul punto, secondo la Corte di Cassazione, deve rimarcarsi che l’obbligo di attivarsi a tutela della posizione dell’assistito, in questo caso rappresentata dall’atto di costituzione come parte civile, è connaturata alla responsabilità professionale del legale, sia al momento del conferimento dell’incarico che nel corso del suo svolgimento, e lo stesso, in quanto funzionale alla tutela della parte, persiste anche nell’ipotesi di revoca o di rinuncia al mandato difensivo.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 26 settembre – 13 novembre 2019, n. 29353 Presidente Scoditti – Relatore Fiecconiù Rilevato che 1. Con ricorso notificato il 14 marzo 2018 G.M. impugna la sentenza della Corte d’appello di Venezia, numero 2830-2017, pubblicata il 4 dicembre 2017, non notificata, mediante la quale è stato accolto in parte l’appello proposto dall’avvocato B.R. avverso la sentenza con cui il tribunale di Verona, ritenendo ravvisabili profili di negligenza prospettati dall’attore G.M. , aveva accolto la domanda risarcitoria avanzata nei confronti dell’avvocato B.R. , dichiarando risolto, per grave inadempimento dell’avvocato, il contratto di prestazione d’opera intellettuale intercorso tra le parti, condannandolo alla restituzione di Euro 15.000 a titolo di ripetizione dell’indebito, oltre al risarcimento del danno, pari al Euro 57.507,06, oltre accessori e spese legali. 2. La Corte d’appello, riformando sostanzialmente la sentenza impugnata, riteneva, in ciò accogliendo l’eccezione dell’avvocato impugnante, che il mandato dato al professionista era stato circoscritto alla presentazione della denuncia querela e all’esperimento dell’azione civile nel procedimento penale avviato contro due dipendenti dell’assistito, per furto aggravato commesso nel luogo di lavoro, definito con l’accertamento della prescrizione del reato e della relativa azione civile pertanto, riteneva che non potesse muoversi alcun rimprovero al legale che aveva svolto l’attività richiesta costituendosi come parte civile al primo momento utile, una volta avviata l’azione penale dopo l’opposizione al decreto penale emesso dal giudice penale per i fatti allegati , mentre la prescrizione del diritto ad essere risarcito doveva ascriversi all’esito del giudizio penale, sottratto al governo del danneggiato assumeva quindi che non vi fosse prova o sufficiente allegazione del fatto che all’avvocato fosse stato dato incarico diverso e ulteriore da quello di presentare la denuncia querela ed assistere il cliente nel procedimento penale, essendo sul punto significativo che il cliente ebbe una controversia di lavoro con uno degli ex dipendenti per il licenziamento intimato a causa dell’illecito e si rivolse ad un altro legale che gli consigliò di transigerla, come poi in effetti fece. 3. Il ricorso è affidato a 3 motivi. La parte intimata ha notificato controricorso nei termini indicati in epigrafe. Il Pm ha concluso come in atti. Considerato che 1. Con il primo motivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 167 c.p.c., laddove la Corte di merito ha erroneamente statuito sulla tempestività della censura sollevata dal legale, in tesi sollevata per la prima volta in appello, secondo la quale i poteri conferiti al difensore avrebbero riguardato solamente il deposito di una denuncia querela e la costituzione di parte civile nel giudizio penale, in quanto si tratterebbe di un’ eccezione in senso stretto non rinvenibile nella comparsa di costituzione e tardivamente sollevata in sede di appello. 1.1. Il motivo è inammissibile in quanto incorre nel vizio di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, mancando di autosufficienza e di specificità. 1.2. Nella sentenza impugnata la Corte di merito ha rigettato l’eccezione di tardività dell’eccezione secondo cui il mandato riguardava solo il procedimento penale, ritenendo che la censura mossa dal convenuto in sede di appello non integrasse un’ eccezione in senso proprio, ma una richiesta di svolgere nuove valutazioni giuridiche su circostanze fattuali e documentali già pacificamente acquisite, facenti parte delle difese di merito del legale convenuto, rilevando che nello stesso atto di citazione di primo grado si valorizzava solo il mandato in calce alla denuncia querela penale presentata il 14 gennaio 2003, che invece risultava adempiuto, in quanto l’avvocato si era costituito come parte civile dopo che il giudice penale aveva disposto la citazione a giudizio, non essendo possibile avviare tale atto, interruttivo della prescrizione, in un periodo anteriore, vale a dire in fase di indagini preliminari. L’art. 167 c.p.c., laddove dispone che nella comparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione su fatti posti dall’attore a fondamento della domanda, comporta che, esaurita la fase della trattazione, non è più consentito al convenuto di rendere controverso un fatto non contestato ex multis vedi Cassazione, sezione 2, numero 26.859/2013 . Tuttavia il motivo con il quale si intenda denunciare l’omessa considerazione, nella sentenza impugnata, della prova derivante dall’assenza di contestazioni della controparte su una determinata circostanza, deve indicare specificamente il contenuto della comparsa di risposta avversaria e degli ulteriori atti difensivi, evidenziando in modo puntuale la genericità o l’eventuale totale assenza di contestazioni sul punto Sez. 6-3, Ordinanza n. 12840 del 22/05/2017 , in atti mancante. 2. Con il secondo motivo si denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, che ha costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, in quanto la Corte d’appello avrebbe del tutto ignorato la sussistenza di fatti ed elementi che confermano che tra i compiti demandati al legale vi fosse anche quello di tutelare l’aspirazione del cliente di ottenere il ristoro dei danni cagionati dagli ex dipendenti in relazione all’ammanco di cassa denunciato, circostanza che rende la sentenza viziata e dunque suscettibile di essere sul punto cassata. Si denuncia infatti che la Corte non abbia correttamente rilevato che la costituzione parte civile, depositata nel processo penale, renda evidente che al professionista era stato conferito l’incarico di attivarsi al riguardo inoltre, la successiva azione volta a evidenziare il ritardo con cui era stata avviata dal PM l’azione penale ex lege Pinto, rigettata dalla corte d’appello di Trento, dimostrava proprio come l’interesse del cliente fosse quello di ottenere ristoro per il denaro ingiustamente sottratto dagli ex dipendenti, mentre allo stesso legale interessava, al contrario, ottenere ulteriori corrispettivi per avviare un giudizio in cassazione contro la sentenza di rigetto del ricorso ex lege Pinto, nei fatti mai avviato, nonostante la ricezione del danaro richiesto di cui il giudice di primo grado ha disposto la restituzione . Inoltre si deduce che la costituzione di parte civile non sia stata considerata dal giudice. Con il 4^ motivo, connesso al secondo, il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 1176 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto la Corte d’appello avrebbe posto in essere un evidente errore di giudizio nel valutare le obbligazioni gravanti sul professionista ex art. 1176 c.c., da combinarsi con l’art. 2236 c.c., limitandoli al deposito della denuncia - querela, mentre avrebbe dovuto considerare che all’atto del conferimento del mandato l’avvocato è tenuto a rappresentare al cliente tutte le questioni di fatto e di diritto, comunque insorgenti, ostative al raggiungimento del risultato, o comunque produttive del rischio di effetti dannosi. Tra questi atti rientrerebbe anche quello del compimento di atti interruttivi della prescrizione del diritto soggettivo al risarcimento connesso all’illecito penale, i quali di regola non richiedono speciale capacità tecnica, salvo che, in relazione alla particolare situazione di fatto, che va liberamente apprezzata dal giudice di merito, si presenti incerto il calcolo del termine, in ciò riportando Cassazione civile, numero n. 24764-2007. 2.1. I motivi sono fondati e vanno trattati congiuntamente per connessione. 2.2. In tema di responsabilità nell’esercizio dell’attività professionale forense, rientra nell’ordinaria diligenza dell’avvocato il compimento di atti interruttivi della prescrizione del diritto del cliente, i quali di regola non richiedono speciale capacità tecnica, salvo che, in relazione alla particolare situazione di fatto, che va liberamente apprezzata dal giudice di merito, si presenti incerto il calcolo del termine Sez. 2, Sentenza n. 24764 del 28/11/2007 nella specie, la S.C. ha escluso la configurabilità, come atto interruttivo, di una querela penale notificata dal difensore alla controparte . Rilevante, per il parametro della diligenza, è il recente precedente, rinvenibile in Cass. Sez. 3, n. 20898 del 2018, con il quale si afferma che la procura alle liti, conferita in termini ampi ed omnicomprensivi, è idonea, in base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata della normativa processuale attuativa dei principi di economia processuale, di tutela del diritto di azione nonché di difesa della parte di cui agli artt. 24 e 111 Cost., ad attribuire al difensore il potere di esperire tutte le iniziative atte a tutelare l’interesse del proprio assistito, ivi inclusa la chiamata del terzo in garanzia cd. impropria cfr. anche Sez. U., Sentenza n. 4909 del 14/03/2016 . 2.3. La Corte di merito, pertanto, soffermandosi solo sull’atto di presentazione di denuncia-querela e non sulla costituzione di parte civile, non ha dimostrato di avere valutato i termini e l’ampiezza del mandato ricevuto dal legale, in relazione all’attività effettivamente espletata in esecuzione del mandato. Sul punto deve rimarcarsi che l’obbligo di attivarsi a tutela della posizione dell’assistito, qui rappresentata dall’atto di costituzione come parte civile, è connaturata alla responsabilità professionale del legale, sia al momento del conferimento dell’incarico che nel corso del suo svolgimento Cass., 30/07/2004, n. 14597 , e lo stesso, in quanto funzionale alla tutela della parte, persiste anche in ipotesi di revoca o rinuncia al mandato difensivo Cass., Sez. U., 30/01/2019, n. 2755 . 2.3. Difatti, da un lato le circostanze omesse risultano rilevare ai fini del decidere per affermare la responsabilità o meno del professionista in relazione a mandato ricevuto all’atto di costituirsi come parte civile, non più coltivato in ragione della dichiarazione di prescrizione del reato di furto pluriaggravato, fatto certamente non imputabile a un’omissione del legale che si è costituito parte civile allorquando è stato possibile farlo, ma tuttavia rimediabile per via impugnatoria in sede penale, ex art. 576 c.p.c. dall’altro, il ricorrente, nel riportare la trascrizione delle conversazioni registrate tra lui e l’avvocato, dimostra l’omessa valutazione di elementi decisivi da parte del giudice, quali il fatto che il legale, anziché coltivare l’azione con i normali mezzi, ha suggerito di intraprendere un’ ardua azione volta ad affermare la responsabilità dello stato ex lege Pinto per il ritardo con cui è stata esercitata l’azione penale, ovvero a coltivare l’azione di responsabilità nei suoi confronti per stimolare l’intervento della compagnia assicuratrice del legale, anziché suggerire meno ardue vie di tutela volte a coltivare l’azione civile, in ciò dimostrando di avere ricevuto un mandato in tal senso e di non averlo saputo diligentemente assolvere. Ed invero, ai fini del decidere, non assume particolare rilievo neanche che, nella trascrizione della conversazione tra cliente e avvocato, riportata nel ricorso, risulti che il legale abbia riferito al cliente della sussistenza di un fattore impediente il risarcimento cui egli aspirava, dato dalla transazione intervenuta con uno dei suoi ex dipendenti nella causa di lavoro, essendo questo un fattore non considerato dal giudice decidente in tutta la sua pregnanza e, comunque, non necessariamente in grado di incidere sull’intera pretesa risarcitoria, coinvolgente due dipendenti. 2.4. Le valutazioni del giudice del rinvio, pertanto, dovranno concentrarsi sui suddetti fattori, non adeguatamente considerati dalla Corte di merito, potenzialmente idonei a fondare la responsabilità del professionista per inadempimento rispetto al mandato ricevuto, da intendersi secondo i principi sopra espressi e tenendo conto delle suddette circostanze fattuali non compiutamente considerate. 3. Con il terzo motivo si denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 3, deducendo la violazione dell’art. 83 c.p.c. e dell’art. 1703 c.c., laddove la Corte ha erroneamente ritenuto che sarebbe stato sufficiente osservare il mandato in calce alla denuncia querela per evincere come l’avvocato fosse stato conferito esclusivamente l’incarico di depositare l’atto di denuncia querela, posto che la nomina del difensore di fiducia in calce alla denuncia querela dimostra la procura alle liti, che riguarda l’aspetto esterno, ovvero l’atto che rende noto il potere di un soggetto di esplicare un’ attività giuridicamente rilevante con effetti imputabili al soggetto che tali poteri ha conferito. Pertanto la Corte d’appello confondendo la procura con il contratto di mandato, ha erroneamente ritenuto che i poteri conferiti al legale fossero solamente quelli risultanti nell’atto in calce alla denuncia querela. 3.1. Il motivo è logicamente assorbito da quanto sopra detto. 4. Conclusivamente il ricorso è accolto in relazione al secondo e quarto motivo, assorbito il terzo e dichiarato inammissibile il primo, cassa in relazione e rinvia alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese. P.Q.M. 1. La Corte accoglie il secondo e quarto motivo e, assorbito il terzo e dichiarato inammissibile il primo, cassa in relazione e rinvia alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese.