Avvocato cancellato dall’albo per abuso della professione: le Sezioni Unite sull’ammissibilità del ricorso

Avverso le decisioni del consiglio distrettuale di disciplina è ammesso ricorso, entro 30 giorni dal deposito della sentenza, avanti ad apposita sezione disciplinare del CNF da parte del professionista incolpato, nel caso di affermazione di responsabilità .

Sul punto la Corte di Cassazione con sentenza n. 19230/19, depositata il 17 luglio. La vicenda. Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano, in esito ad un procedimento disciplinare avviato nei confronti di un avvocato, infliggeva al professionista la sanzione della cancellazione, ritendendo fondati i capi di imputazione essendosi appropriato di un’ingente somma di denaro destinata ad una società, di cui aveva il possesso in quanto collaboratore di uno studio legale associato, nell’aver formato scritture false e nell’aver abusato dell’esercizio della professione legale in più occasioni. Avverso tale decisione il professionista proponeva ricorso al CNF, che lo dichiarava inammissibile per tardività. Contro questa sentenza, l’avvocato propone ricorso per cassazione. Ammissibilità del ricorso al CNF. Con il motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione degli artt. 61 e 65 della legge professionale forense e l’art. 33 del regolamento sul procedimento disciplinare, poiché il CNF ha continuato ad applicare l’art. 50 r.d. n. 1578/33, nonostante fosse abrogato. Per la S.C. il motivo risulta essere fondato. Ai sensi dell’art. 65 l. n. 247/2012, fino all’entrata in vigore dei regolamenti previsti in tale legge, si applicano se necessario e in quanto compatibili le disposizioni vigenti non abrogate. Pertanto, nel caso in esame, posto che il regolamento sul procedimento disciplinare n. 2/2014 è entrato in vigore il 1° gennaio 2015, era ormai applicabile l’art. 61 l. n. 247/2012, in base al quale, contro le decisioni del consiglio distrettuale di disciplina è ammesso ricorso, entro 30 giorni dal deposito della sentenza, avanti ad apposita sezione disciplinare del CNF da parte del professionista incolpato, nel caso di affermazione di responsabilità . A ciò segue l’assorbimento della richiesta di sospensione dell’esecutorietà della decisione, sulla base del richiamo all’art. 34, comma 2, del regolamento n. 2/2014, secondo cui gli effetti delle sospensioni e delle radiazioni decorrono dalla scadenza del termine previsto per la impugnazione della decisione del Consiglio distrettuale di disciplina, se non proposta, ovvero dal giorno successivo alla notifica all’incolpato della sentenza del Consiglio nazionale forense che decide sull’impugnazione . Sulla base di tali considerazioni, la sentenza impugnata va cassata con rinvio al CNF in diversa composizione per nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 7 maggio – 17 luglio 2019, n. 19230 Presidente Mammone – Relatore Perrino Fatti di causa Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano, in esito al procedimento disciplinare avviato nei confronti dell’avvocato B.M.M.L. , ha inflitto al professionista la sanzione della cancellazione, in quanto ha ritenuto fondati i capi d’incolpazione consistenti nell’essersi appropriato, con più azioni e omissioni esecutive del medesimo disegno criminoso, di un’ingente somma di danaro pari a Euro 5.677.200,00 destinata alla società Italfondiario, di cui aveva il possesso in quanto collaboratore dello studio legale associato Pirovano-Buttironi-Khouzam-Tivelli, nell’aver formato in tutto o in parte scritture false delle quali ha fatto uso per procurarsi un vantaggio, nonché nell’aver esercitato abusivamente la professione di avvocato in più occasioni anche mediante l’illegittima sostituzione di un avvocato, in tal modo inducendo in errore una parte, che ha indotto a conferirgli delega e a farsi difendere in una causa civile. Contro questa decisione l’avv. B. ha proposto ricorso al Consiglio nazionale forense che, con sentenza n. 160 del 2018, l’ha dichiarato inammissibile per tardività. Il Consiglio nazionale forense ha rilevato che la decisione impugnata era stata notificata al professionista in data 24 febbraio 2015, ma che il ricorso era stato depositato dinanzi al COA di Milano soltanto in data 23 marzo 2015, oltre, cioè, il termine di venti giorni previsto dal R.D. n. 1578 del 1933, art. 50. Contro questa sentenza l’avv. B. propone ricorso per ottenerne la cassazione, che affida a quattro motivi, e correda d’istanza volta a ottenere la sospensione dell’esecutorietà della sentenza impugnata, nonché di memoria illustrativa. Non v’è stata alcuna replica. Ragioni della decisione 1.- Va dichiarato inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Consiglio nazionale forense, che, in quanto soggetto terzo rispetto alla controversia e autore della impugnata decisione, è privo di legittimazione nel presente giudizio, le parti del quale vanno individuate nel soggetto destinatario del provvedimento impugnato, nel COA locale che, in sede amministrativa, ha deciso in primo grado e nel pubblico ministero presso la Corte di Cassazione tra varie, si vedano Cass., sez. un., 27 dicembre 2016, n. 26996 e 18 aprile 2018, n. 9558 . 2.- Col primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione degli artt. 61 e 65 della legge professionale forense, nonché dell’art. 33 del regolamento sul procedimento disciplinare, là dove il Consiglio nazionale forense ha seguitato ad applicare, benché abrogato, il R.D. n. 1578 del 1933, art. 50. Il motivo è fondato. Erronea è sul punto la statuizione contenuta in sentenza che esclude l’applicabilità della L. n. 247 del 2012, art. 61, perché la norma si riferirebbe alle sole impugnazioni delle decisioni del consiglio distrettuale di disciplina, e non già a quelle assunte dal consiglio dell’ordine. A norma della L. 31 dicembre 2012, n. 247, art. 65, fino all’entrata in vigore dei regolamenti previsti nella presente legge, si applicano se necessario ed in quanto compatibili, le disposizioni vigenti non abrogate, anche se non richiamate . La disposizione transitoria fissa dunque una regola particolare, che inibisce l’entrata in vigore della novella e che, quanto alle disposizioni processuali, ne impedisce l’immediata applicazione, che si sarebbe altrimenti prodotta, sino a quando, appunto, non si verifichi l’evento assunto come rilevante, ossia l’entrata in vigore dei regolamenti previsti in termini, Cass., sez. un., 13 dicembre 2018, n. 32360 e 31 ottobre 2018, nn. 27757 e 27756 . Il che spoglia di significato la considerazione su cui si regge la sentenza impugnata, che discrimina il regime processuale delle impugnazioni, a seconda dell’organo dal quale provenga la decisione da impugnare. 2.1.- Orbene, posto che il regolamento sul procedimento disciplinare n. 2 del 21 febbraio 2014 è entrato in vigore il 1 gennaio 2015, al momento della proposizione del ricorso al CNF, risalente al 17 marzo 2015, era ormai applicabile la L. n. 247 del 2012, art. 61, comma 1, secondo cui avverso le decisioni del consiglio distrettuale di disciplina è ammesso ricorso, entro trenta giorni dal deposito della sentenza, avanti ad apposita sezione disciplinare del CNF da parte dell’incolpato, nel caso di affermazione di responsabilità vedi, sui presupposti di applicabilità della L. n. 247 del 2012, art. 61, Cass., sez. un., 27 dicembre 2017, n. 30999 12 settembre 2017, n. 21113 ord. 22 marzo 2017, n. 7298 . 3.- Il motivo va quindi accolto il che determina l’assorbimento dei restanti, che concernono la rimessione nei termini. 4.- Ne segue la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al Consiglio nazionale forense perché esamini nel merito l’impugnazione. 4.1.- La cassazione della sentenza impugnata comporta altresì l’assorbimento della richiesta di sospensione dell’esecutorietà della decisione, alla luce di quanto previsto dall’art. 34, comma 2 del regolamento 21 febbraio 2014, n. 2, a norma del quale Gli effetti delle sospensioni e delle radiazioni decorrono dalla scadenza del termine previsto per la impugnazione della decisione del Consiglio distrettuale di disciplina, se non proposta, ovvero dal giorno successivo alla notifica all’incolpato della sentenza del Consiglio nazionale forense che decide sull’impugnazione . E ciò perché cassando la sentenza si determina la caducazione del presupposto al quale è ancorata la produzione degli effetti della sospensione. 4.2.- Le spese del giudizio di legittimità vanno compensate, in ragione della natura del procedimento e della mancata costituzione del COA. P.Q.M. accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, nonché l’istanza di sospensione e rinvia per nuovo esame al Consiglio nazionale forense in diversa composizione. Dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Consiglio nazionale forense. Compensa le spese del giudizio di legittimità.