La comparsa di costituzione sottoscritta dal praticante avvocato non è soggetta a sanatoria

La sanatoria delle irregolarità della costituzione delle parti di cui all’art. 182, comma 2, c.p.c. non è applicabile nel caso in cui gli atti siano stati sottoscritti da un praticante avvocato non iscritto all’albo, in quanto, difettando il presupposto dell’iscrizione all’albo professionale dell’avvocato per l’esercizio della professione forense, sono da considerarsi giuridicamente inesistenti e come tali insuscettibili di sanatoria.

La III Sezione della Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 18047/19, depositata in cancelleria il 5 luglio, si è occupata della sanabilità degli atti affetti da difetto di procura originaria, nella particolare ipotesi di sottoscrizione apposta da praticante avvocato non iscritto all’albo. In materia è opportuno richiamare il secondo comma dell’art. 182 c.p.c Il citato disposto, come noto, prevede che il Giudice, quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore, assegna alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l'assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa. Con sanatoria dei vizi avente efficacia retroattiva. Il fatto. Un praticante avvocato aveva redatto e sottoscritto, nell’interesse di un proprio cliente, una comparsa di costituzione ed un successivo atto di citazione giudiziale, di valore superiore a quello consentito dalla norma sul patrocinio dei praticanti, con il quale chiamava in causa la compagnia di assicurazioni al fine di chiedere la manleva del proprio assistito dai pregiudizi derivanti dall’eventuale sua condanna al risarcimento del danno patito dagli attori. Tanto la comparsa quanto la chiamata in causa erano considerate inammissibili, i Giudici di prime cure avevano infatti rilevato il difetto di procura del praticante avvocato non abilitato e la sua insanabilità. Nei fatti era accaduto che nel giudizio si fosse poi costituito un avvocato abilitato, circostanza questa che non era servita a superare l’eccezione di giuridica inesistenza della procura alle liti e, quindi, della conseguente giuridica inesistenza degli atti di costituzione. Il soccombente chiedeva quindi che la Corte di Cassazione accertasse, tra le altre cose, l’avvenuta sanatoria del difetto di rappresentanza originario con conseguenti effetti sananti ex tunc degli atti antecedentemente compiuti. Il difetto originario dello ius postulandi . Analizzando il merito della questione la Corte di Cassazione ha avuto occasione di specificare come nell’ipotesi di atto redatto da avvocato privo dello ius postulandi , poiché non abilitato all’esercizio della professione forense, il principio di cui all’art. 182, comma 2, c.p.c. non risulta applicabile allorquando la regolarizzazione della procura non sia eseguita nei confronti del soggetto o del procuratore originariamente costituitosi, bensì in favore di altro e diverso soggetto iscritto all’albo cui è stato rilasciato mandato speciale. comporta la giuridica inesistenza della procura e degli atti sottoscritti. Infatti, la sanatoria di cui al comma 2 dell’articolo 182 c.p.c. si applica nelle sole ipotesi di nullità originaria della procura e non anche in quelle di giuridica ed originaria inesistenza, con ciò confermando l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite con la pronuncia n. 10414/17 . per la violazione delle norme di ordine pubblico. Sotto altra angolatura la sottoscrizione dell’atto da parte di un praticante avvocato non iscritto all’albo degli avvocati, rende il medesimo atto giuridicamente inesistente poiché l’iscrizione all’albo professionale ai sensi dell’art. 24 r.d.l. n. 1578/1933 costituisce il presupposto per l’esercizio della professione dinanzi agli organi della giurisdizione di conseguenza la nullità che vulnera l’atto sottoscritto dal praticante avvocato è rilevabile di ufficio in qualsiasi fase e grado del processo da parte del giudice, attenendo la stessa alla violazione di norme di ordine pubblico concernenti la stessa regolare costituzione del rapporto processuale in tal senso esprimendo opinione conforme a quella di Cass. Civ. n. 26898/14 . Concludendo. Pertanto, la norma di cui all’art. 182, comma 2, c.p.c. e la sanabilità della nullità non si attaglia al caso di specie trattandosi non di costituzione meramente irregolare bensì giuridicamente inesistente, insuscettibile come tale di sanatoria.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 20 novembre 2018 – 5 luglio 2019, n. 18047 Presidente Amendola – Relatore Scarano Svolgimento del processo Con sentenza del 7/6/2016 la Corte d’Appello di Lecce ha - per quanto ancora d’interesse in questa sede - respinto i gravami interposti dal sig. C.S. - titolare dell’omonima impresa individuale -, in via principale, e dai sigg. E.M.P. e B.C. , in via incidentale, in relazione alla pronunzia Trib. Brindisi 31/12/2012, di a accoglimento, della domanda da questi ultimi nei confronti del primo - nella qualità - proposta di risarcimento dei danni subiti dal fabbricato di loro proprietà in conseguenza di lavori di demolizione e ricostruzione dell’edificio limitrofo di proprietà del N. eseguiti nel marzo del 2003 b inammissibilità della domanda di manleva proposta dal C. nei confronti di Lloyd Adriatico Ass.ni s.p.a., per difetto di ius postulandi, trattandosi di praticante avvocato abilitato al patrocinio esclusivamente nelle cause di valore non superiore ad Euro 25.822,24 - mentre il valore del procedimento era stato dichiarato ex art. 10 c.p.c. in Euro 50.000,00 - . Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il C. , nella qualità, propone ora ricorso per cassazione, affidato a 5 motivi, illustrati da memoria. Resistono con controricorso l’E. e la B. , solamente in relazione ai motivi 2, 3 e 5 del ricorso avversario. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva. Motivi della decisione Con il 1 motivo il ricorrente denunzia violazione o falsa applicazione degli artt. 82 e 182 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Si duole che la corte di merito abbia ritenuto atti giuridicamente inesistenti, per difetto di ius postulandi ex art. 82 c.p.c., u.c., tanto la iniziale comparsa di costituzione, quanto l’atto di chiamata in causa, della ditta C. , e ne abbia predicato, in ragione di un tanto, la insanabilità, qualificando la successiva costituzione ad opera dell’avv. D’Urso ai sensi dell’art. 293 c.p.c. , erroneamente ritenendo non possibile estendere la sanatoria, e comunque la modifica dell’art. 182 c.p.c., neppure in via interpretativa, agli atti de quibus, in ragione della loro asserita inesistenza, non tenendo invero conto della possibilità, sancita dalla giurisprudenza di legittimità, seguita da quella di merito, di estendere la sanatoria anche alle ipotesi di inesistenza del negozio rappresentativo . Lamenta non essersi dalla corte di merito considerato come nella giurisprudenza di legittimità si sia sottolineato doversi interpretare la vecchia formulazione dell’art. 182 c.p.c., comma 2 alla luce della riforma del 2009 , secondo le modifiche apportate dalla L. n. 69 del 2009, art. 46, comma 2 , sicché alla successiva costituzione in giudizio dell’avv. D’Urso devono obbligatoriamente ricondursi effetti sananti ex tunc degli atti antecedentemente compiuti . Con il 2, il 3 subordinato , il 4 subordinato e il 5 subordinato motivo denunzia omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Si duole che la corte di merito abbia omesso di esaminare la censura concernente la assoluta inefficacia ed inammissibilità dell’accertamento tecnico preventivo esperito, siccome avvenuto in violazione del principio del contraddittorio, per essere stato svolto in assenza della ditta C. , falsamente motivando tale omissione sull’erroneo presupposto che la decisione del Giudice di prime cure non sarebbe stata fondata sulle risultanze del suddetto ATP . Lamenta che la sentenza ha omesso di esaminare le specifiche censure sulla derivazione causale e sulle quantificazioni dei danni svolte in appello dall’odierno ricorrente, falsamente motivando tale omissione sull’erroneo presupposto che la derivazione causale dei danni subiti sia stata adeguatamente provata da parte attrice . Lamenta, ancora, che la sentenza ha omesso di esaminare le specifiche censure sulla responsabilità dell’ente assicurativo chiamato in garanzia, svolte in appello dall’odierno ricorrente, falsamente motivando tale omissione sull’erroneo rigetto del primo motivo di appello . I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati. Va anzitutto osservato che i motivi risultano formulati in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che il ricorrente fa riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito es., all’ atto di citazione notificato in data 23.6.2004 , al ricorso del 6.7.2004 , all’ accertamento tecnico preventivo espletato dal CTU ing. F.L. con relazione tecnica depositata il 25.01.2005 , alla chiamata in causa della compagnia assicurativa Lloyd Adriatico Assicurazioni s.p.a., poi divenuta Allianz s.p.a., alla stipulata apposita polizza volta a tenerla indenne dal rischio per la responsabilità civile derivante dall’attività svolta , alla comparsa del 14.10.2005 , alla CTU del 20/2/2007, alle richieste istruttorie formulate dalle parti , alla sentenza del giudice di prime cure, all’atto di appello dell’8/272013, alla CTP, alla comparsa di costituzione e risposata con appello incidentale di controparte, alla comparsa di risposta del 24.6.2013 della società Allianz s.p.a., alla comparsa di costituzione dell’11.4.2013 del N. , alla successiva costituzione ad opera dell’avv. D’Urso all’udienza del 27.4.2006 ai sensi dell’art. 293 c.p.c. , alla stipulata polizza assicurativa n. XXXXXXXX , all’ art. 15 della polizza assicurativa , alle specifiche censure sulla responsabilità del convenuto originario N. limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente per la parte strettamente d’interesse in questa sede riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte Suprema di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220 , con precisazione anche dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti anche in sede di giudizio di legittimità v. Cass., 23/3/2010, n. 6937 Cass., 12/6/2008, n. 15808 Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157 , la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701 . A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento v. Cass., 18/4/2006, n. 8932 Cass., 20/1/2006, n. 1108 Cass., 8/11/2005, n. 21659 Cass., 2/81/2005, n. 16132 Cass., 25/2/2004, n. 3803 Cass., 28/10/2002, n. 15177 Cass., 12/5/1998 n. 4777 sulla base delle deduzioni contenute nel medesimo v. Cass., 24/3/2003, n. 3158 Cass., 25/8/2003, n. 12444 Cass., 1/2/1995, n. 1161 . Non sono infatti sufficienti affermazioni -come nel caso apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione v. Cass., 21/8/1997, n. 7851 . È al riguardo appena il caso di osservare che i requisiti di formazione del ricorso per cassazione ex art. 366 c.p.c., vanno indefettibilmente osservati, a pena di inammissibilità del medesimo. Essi rilevano ai fini della giuridica esistenza e conseguente ammissibilità del ricorso, assumendo pregiudiziale e prodromica rilevanza ai fini del vaglio della relativa fondatezza nel merito, che in loro difetto rimane invero al giudice imprescindibilmente precluso cfr. Cass., 6/7/2015, n. 13827 Cass., 18/3/2015, n. 5424 Cass., 12/11/2014, n. 24135 Cass., 18/10/2014, n. 21519 Cass., 30/9/2014, n. 20594 Cass., 5 19/6/2014, n. 13984 Cass., 20/1/2014, n. 987 Cass., 28/5/2013, n. 13190 Cass., 20/3/2013, n. 6990 Cass., 20/7/2012, n. 12664 Cass., 23/7/2009, n. 17253 Cass., 19/4/2006, n. 9076 Cass., 23/1/2006, n. 1221 . Va per altro verso posto in rilievo che, al di là della formale intestazione dei motivi, i ricorrenti prospettano in realtà doglianze di vizio di motivazione al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053 , nel caso ratione temporis applicabile, sostanziantesi nel mero omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche come nella specie la falsità della motivazione ovvero l’omessa e a fortiori l’erronea valutazione di determinate emergenze probatorie cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e, conformemente, Cass., 29/9/2016, n. 19312 . Quanto al merito, va posto in rilievo che come da questa Corte - anche a sezioni Unite affermato, l’atto giudiziale nella specie la citazione di chiamata in causa della compagnia assicurativa Lloyd Adriatico Assicurazioni s.p.a., poi divenuta Allianz s.p.a. di avvocato privo di ius postulandi in quanto abilitato all’esercizio della professione non è applicabile l’art. 182 c.p.c., comma 2, come modificato dalla L. n. 69 del 2009, art. 46, comma 2 allorquando come nella specie la regolarizzazione non avvenga in favore del soggetto o del procuratore già costituito ma si abbia la costituzione in giudizio di soggetto diverso, iscritto all’albo, previo rilascio di mandato speciale cfr. Cass., Sez. Un., 27/4/2017, 10414 , giacché la sanatoria ivi prevista si applica nelle ipotesi di nullità e non anche, come nella specie, viceversa di originaria inesistenza cfr. Cass., 4/10/2018, n. 24257. Cfr. altresì, con riferimento all’ipotesi della cancellazione dall’albo, Cass., 13/5/2005, n. 10049 Cass., 6/3/2003, n. 3299 Cass., 17/7/1999, n. 7577 Cass., 26/11/1998, n. 12002 Cass., Sez. Un., 21/11/1996, n. 10284 ovvero di nullità assoluta ed insanabile v. Cass., 19/12/2014, n. 26898 Cass., 23/9/2009, n. 20436 dell’atto. Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, l’iscrizione all’albo professionale di cui al R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 24, ha natura costitutiva ai fini dell’esercizio della libera professione forense davanti ai tribunali o alle corti di appello, con la conseguenza che nella vigenza della citata normativa l’atto sottoscritto da un praticante non ancora iscritto all’albo professionale degli avvocati è affetto da nullità assoluta ed insanabile, rilevabile anche d’ufficio in qualsiasi stato e grado del processo, riguardando la violazione di norme di ordine pubblico attinenti alla regolare costituzione del rapporto processuale v. Cass., 19/12/2014, n. 26898 , attesa la stretta attinenza alla costituzione del rapporto processuale v., con riferimento a praticante abilitato a svolgere soltanto l’attività indicata al R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 8, Cass., 23/9/2009, n. 20436 . A tale stregua non viene pertanto in rilievo, difettandone i presupposti, il principio affermato da questa Corte in base al quale l’art. 182 c.p.c., comma 2, come modificato dalla L. n. 69 del 2009, art. 46, comma 2, ma anche nel testo anteriore alle introdotte modifiche v. Cass., 20/6/2017, n. 15156, e, conformemente, Cass. 14/11/2017, n. 26948 deve essere interpretato nel senso che ove rilevi un difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione il giudice deve promuovere la sanatoria, in qualsiasi fase e grado del giudizio ed indipendentemente dalle cause del predetto difetto, assegnando un termine alla parte che non vi abbia già provveduto di sua iniziativa, con effetti ex tunc, senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali v. Cass., 20/6/2017, n. 15156, e, conformemente, Cass. 14/11/2017, n. 26948 . Orbene, dei suindicati principi la corte di merito ha nell’impugnata sentenza fatto invero piena e corretta applicazione. In particolare là dove ha affermato che la modifica dell’art. 182 c.p.c., disposta con la L. n. 69 del 2009, che al comma 2, ha introdotto l’obbligatorietà dell’intervento del giudice nel rilievo e nella concessione di un termine per la sanatoria delle irregolarità della costituzione delle parti, non è applicabile al caso di specie neppure quale canone interpretativo della norma nel testo precedentemente vigente, in quanto - come esattamente rilevato dal giudice di prime cure - gli atti de quibus non sono viziati da nullità ma sono da considerarsi giuridicamente inesistenti e come tali insuscettibili di sanatoria . Si evince, a tale stregua, come le restanti censure rimangano logicamente assorbite. Emerge dunque evidente come, lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni degli odierni ricorrenti, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., n. 4, si risolvono in realtà nella mera doglianza circa l’asseritamente erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle loro aspettative v. Cass., 20/10/2005, n. 20322 , e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932 . Per tale via in realtà sollecitano, contra ius e cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443 . All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso. Le ragioni della decisione costituiscono giusti motivi per disporsi la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione. Non è viceversa a farsi luogo a provvedimento in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore degli altri intimati, non avendo i medesimi svolto attività difensiva. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.