L’avvocato non può accettare contemporaneamente la cessione del credito e la procura per l’azione di recupero

La Corte ha dunque confermato la sentenza di seconde cure che dichiarava invalida la cessione del credito da parte dell’assistito interpretando estensivamente l’art. 1261 c.c. in virtù della ratio volta ad impedire la speculazione sulle liti da parte dei soggetti coinvolti.

Così l’ordinanza n. 29834/18 depositata il 20 novembre. Il fatto. A seguito del danneggiamento subito dalla propria auto a causa di una grandinata, il danneggiato presentava denuncia di sinistro alla propria compagnia assicurativa. A causa della mancata tempestività nella liquidazione dell’indennizzo, cedeva il proprio credito al suo avvocato conferendogli contestualmente mandato a provvedere alla riparazione dei danni subiti. L’avvocato chiamava dunque in giudizio la compagnia assicurativa per l’accertamento del diritto di credito del proprio cliente e dell’efficacia della cessione, oltre che per la condanna della convenuta al pagamento del dovuto. Quest’ultima eccepiva l’invalidità dell’atto di cessione del credito stante la sua natura litigiosa. Il Tribunale accoglieva la domanda attorea ma la Corte d’Appello ribaltava la decisione ritenendo non cedibile il credito. La questione giunge dunque all’attenzione della Suprema Corte. Cessione del credito. L’avvocato ricorrente si duole per la ritenuta erronea applicazione dell’art. 1261 c.c. per aver la Corte territoriale qualificato il credito come di natura litigiosa – dichiarandone dunque invalida la cessione -, laddove invece la controversia era già stata incardinata. La doglianza non trova condivisione da parte dei Supremi Giudici secondo cui la sentenza impugnata si è correttamente ispirata alla ratio dell’art. 1261 c.c. che consiste nell’evitare che tramite la cessione di un credito per cui sia sorta contestazione in giudizio si possa creare un conflitto di interessi tra cedente e cessionario. Nel caso di specie, avendo l’avvocato accettato contemporaneamente la cessione del credito ed una specifica procura alle liti per avviare l’azione di recupero del credito stesso presso la compagnia assicurativa, sussiste una situazione di conflitto di interessi contrario alla ratio della norma diretta ad impedire la speculazione sulle liti da parte dei soggetti in esse coinvolti. Correttamente dunque la Corte d’Appello ha interpretato in senso estensivo la norma e, nello specifico, il sintagma diritti sui quali è sorta contestazione” con riferimento al cumulo sulla stessa persona della qualità di cessionario del credito e di legale incaricato del recupero del medesimo. La Corte rigetta dunque il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 19 giugno – 20 novembre 2018, n. 29834 Presidente Travaglino – Relatore Moscarini Fatti di causa Ca.Ma. , a seguito del danneggiamento della propria autovettura causata da una grandinata verificatasi in omissis in data omissis , presentò denuncia di sinistro alla compagnia di assicurazioni Zurich Insurance Public Limited Company, a seguito della quale i danni vennero quantificati in Euro 7.886,65. A causa della mancata tempestività della compagnia nel liquidare il danno, il Ca. cedette il proprio credito all’avv. C. conferendogli contestuale mandato a provvedere alla riparazione dei danni subiti. L’avv. C. citò la Zurich davanti al Tribunale di Como per sentir accertare l’esistenza del diritto di credito del Ca. nei confronti della convenuta e l’efficacia della cessione, con condanna della compagnia a pagare l’importo dovuto. La compagnia, costituendosi in giudizio, eccepì l’invalidità dell’atto di cessione ai sensi dell’art. 1261 c.c. stante la natura litigiosa del credito, chiese il rigetto della domanda o, in via subordinata, l’accoglimento in misura ridotta. Il Tribunale di Como, con sentenza del 2014, condannò la Zurich a pagare l’importo di Euro 6.737,09, oltre interessi legali e spese del grado. La Corte d’Appello di Milano, adita da Zurich, con sentenza n. 2281 del 7/6/2016, per quel che ancora rileva in questa sede, ha accolto l’appello ritenendo che il credito ceduto fosse qualificabile quale credito litigioso e non cedibile ai sensi dell’art. 1261 c.c., da estendersi a tutti i crediti sui quali fosse insorta una qualunque controversia anche se non ancora sfociata in controversia giudiziale. Nel caso di specie il Ca. aveva sia operato una cessione del credito al C. , sia conferito al medesimo un mandato professionale di consulenza ed assistenza legale, con procura alle liti, perché lo rappresentasse in giudizio nei confronti di Zurich. Sulla base di questi presupposti il giudice ha ritenuto essere più confacente alla ratio dell’art. 1261 c.c. un’interpretazione estensiva della disciplina travalicante il dato testuale che ne limita l’efficacia ai soli crediti sui quali sia già sorta una contestazione davanti l’autorità giudiziaria. Dichiarata la nullità dell’atto di cessione, ha pertanto rigettato la domanda di C. nei confronti di Zurich, con le conseguenze sulle spese del doppio grado del giudizio. Avverso la sentenza l’avv. C. propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. La Zurich Insurance Public Limited Company resiste con controricorso, illustrato da memoria. Ragioni della decisione 1. Con l’unico motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1261 comma 1 c.c., 12 e 14 disp. prel. c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. nella parte in cui la sentenza ha interpretato estensivamente l’art. 1261 c.c. affermando la natura litigiosa del credito ceduto, anche in assenza di una controversia già incardinata davanti all’autorità giudiziaria. L’interpretazione estensiva della norma ai crediti per i quali non sia ancora insorta controversia avanti all’autorità giudiziaria sarebbe illegittima, sia per contrasto con la lettera e la ratio dell’art. 1261 c.c., sia per contrasto con il divieto di analogia delle norme eccezionali di cui all’art. 14 disp. prel. c.c. quale quella, contenuta nell’art. 1261 c.c., relativa alla incedibilità dei crediti. 1.1 Il motivo è infondato. La sentenza appare pienamente conforme alla ratio dell’art. 1261 c.c. che consiste nell’evitare che, attraverso la cessione del credito per il quale è sorta contestazione davanti all’autorità giudiziaria, si possa creare una situazione di conflitto di interessi tra il cedente ed il cessionario. È vero che la giurisprudenza di questa Corte richiede che sia sorta una specifica controversia davanti all’autorità giudiziaria con riguardo a quel credito Cass., 3, n. 11144 del 16/7/2003 ma è altresì del tutto coerente con la ratio della disposizione che il caso in esame sia sussunto nella fattispecie dell’art. 1261 c.c. Come evidenziato dalla Corte territoriale l’avv. C. si è reso cessionario di un credito litigioso avendo accettato, oltre alla cessione del credito, anche una specifica procura alle liti per avviare l’azione di recupero di detto credito presso la compagnia di assicurazioni morosa. Ne consegue che l’interpretazione del sintagma diritti sui quali è sorta contestazione disposta dalla Corte d’Appello di Milano in modo estensivo, è coerente con il cumulo, nella stessa persona, della qualità di cessionario del credito e di legale incaricato del recupero del medesimo in sede giudiziaria e con la ratio legis dell’art. 1261 c.c. diretta ad impedire la speculazione sulle liti da parte dei soggetti in essa contemplati. La Corte d’Appello ha correttamente utilizzato il criterio dell’interpretazione estensiva che, lungi dal determinare l’applicazione analogica della disciplina di un caso regolato ad un caso non regolato connotato da una somiglianza rilevante, resta nei limiti dell’interpretazione secondo la ratio legis, cioè secondo l’intenzione del legislatore che può essere estesa o ristretta dall’interprete sulla base della peculiarità del caso sussunto. È noto che l’interpretazione della ratio legis, o dello scopo della disposizione o dell’intenzione del legislatore è criterio previsto dall’art. 12 disp. prel. c.c. quale complemento indefettibile dell’interpretazione letterale o secondo il significato delle parole, non essendo l’interprete libero di fermarsi al solo criterio dell’interpretazione letterale ma essendo vincolato ad attribuire, alle parole utilizzate dal testo della disposizione, il senso che risulta dall’intenzione del legislatore, tra i due criteri non sussistendo alcuna gerarchia ma piena osmosi. 2. Conclusivamente il ricorso va rigettato ricorrono particolari ragioni per compensare tra le parti le spese del giudizio di cassazione. Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e ritiene sussistere particolari ragioni per compensare tra le parti le spese del giudizio di cassazione. Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.