Irregolare e sanabile l'iscrizione a ruolo dell'atto di citazione senza prova della notifica

L'iscrizione a ruolo con deposito di copia dell'atto di citazione e non dell'originale, priva della data della notifica, è irregolare e non rende improcedibile la domanda anche ove si tratti di opposizione a decreto ingiuntivo , in quanto non sono lesi i diritti della controparte, nè rientra tra le ipotesi tassative di improcedibilità l'irregolarità è sanata con il deposito dell'originale notificato.

Non è insanabilmente nulla l'iscrizione a ruolo effettuata prima dalla notifica e dunque senza che si dìa prova della stessa, dal momento che sebbene le due fasi siano invertite rispetto a quanto prescritto dalla legge, è comunque possibile rincodurle allo stesso, unico procedimento. Il ricorso in Cassazione deve contenere motivi specifici, completi e riferibili alla sentenza impugnata ne consegue che il ricorso che contesti la valutazione di un documento deve indicare specificamente in quale fase del processo ed in quale fascicolo esso è reperibile e riportarne il contenuto la violazione di anche uno solo dei detti oneri rende il ricorso inammissibile. Ai fini della determinazione degli onorari di avvocato, va considerata come causa di valore indeterminabile la causa introdotta presso il giudice amministrativo per l'annullamento di un atto, se la causa petendi della domanda è la legittimità dell'atto e il petitum l'eliminazione dello stesso, senza che rilevino i risvolti patrimoniali. Qualora in ricorso in cassazione si contesti la mancata ammissione istruttoria, devono indicarsi con specificità le richieste istruttorie non ammesse nonchè il nesso tra il rigetto della richiesta istruttoria e l'errore in sentenza, ed il diverso esito che la stessa avrebbe avuto ove l'istanza istruttoria fosse stata accolta. La sentenza di appello, ove riformi la sentenza impugnata, deve contenere un nuovo regolamento delle spese secondo una valutazione della soccombenza che segua un criterio unitario e globale mentre il sindacato della Corte di Cassazione circa il regolamento delle spese deve limitarsi a verificare il rispetto del principio per cui le spese non devono essere messe a carico della parte vittoriosa. Tali in sintesi i principi ribaditi nell'ordinanza della Corte di Cassazione numero 28411/18, depositata il 7 novembre, che ora andiamo ad analizzare più da vicino. I fatti di causa. Un Comune vede dichiarata l'improcedibilità dell'opposizione a decreto ingiuntivo per compensi professionali di un avvocato per attività giudiziale, con la motivazione che l'iscrizione a ruolo con deposito di velina non recante il timbro del cronologico dell'ufficiale giudiziario attestante il deposito per la notifica, unita al mancato deposito nei 10 giorni dalla notifica dell'originale ex art. 165 c.p.c. , integrava una mancata costituzione nei termini dunque veniva dichiarata l'improcedibilità della domanda ex art. 647 e 165 c.p.c Proposto appello contro la decisione, il comune lo vince, e come vedremo, vincerà anche il grado di Cassazione. Vediamo più da vicino le più importanti questioni trattate nell'ordinanza. Irregolare e non nulla l'iscrizione ruolo della citazione senza la prova della data della notifica. La Corte d’Appello motiva che il deposito nel termine di 10 giorni, in assenza dell'originale dell'atto notificato, della velina, va ascritto ad un caso di irregolarità in quanto non viene leso alcun diritto della controparte inoltre, il deposito dell'originale, seppure oltre i 10 giorni, risulta comunque avvenuto entro un tempo utile a non pregiudicare gli interessi della controparte. Infine, il deposito tardivo non costituisce ipotesi di nullità ex art. 156 c.p.c., trattandosi di una preclusione non prevista dalla legge. Il Tribunale aveva rilevato l'assenza del numero del cronologico dell'ufficiale giudiziario ai sensi dell'art. 71 disp. att. c.p.c. mentre la Corte d'Appello aveva evidenziato che l'iscrizione a ruolo costituisce un atto burocratioco interno all'ufficio e che l'irregolarità in parola non è prevista tra le ipotesi, tassative, di nullità di cui all'art. 156 c.p.c., nè incide sulla regolarità della costituzione in giudizio, per la quale è sufficiente il deposito della velina. Il motivo di ricorso sul punto attiene dunque alla costituzione in giudizio dell'opponente senza la prova dell'avvenuta notifica e all'iscrizione a ruolo effettuata prima della notifica , quindi alla violazione degli articoli citati cioè 165 c.p.c. che per quanto qui interessa, prescrive che l'attore deve costituirsi in giudizio entro 10 giorni dalla notifica , 647 c.p.c. che, sempre per quanto qui interessa, prevede l'esecutorietà del decreto ingiuntivo non opposto nei termini e l'improcedibilità dell'opposizione e 71-74 disp. att. c.p.c. che riguardano la nota d'iscrizione a ruolo, il deposito del fascicolo di parte e l'iscrizione a ruolo, la copia degli atti di parte e il contenuto del fascicolo di parte . L'art. 156 c.p.c., altra norma all'esame dell'ordinanza, prevede Non può essere pronunciata la nullità per inosservanza di forme di alcun atto del processo, se la nullità non è comminata dalla legge. Può tuttavia essere pronunciata quando l'atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo. La nullità non può mai essere pronunciata, se l'atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato . La S.C. si associa a quanto deciso dalla Corte territoriale essa specifica che la giurisprudenza di legittimità, sia a Sezioni Semplici sin dalla numero 15777/2004 che a Sezioni Unite numero 10864/2011 , ha più volte ritenuto la mera irregolarità della costituzione in giudizio entro i 10 giorni disposti dall'art. 165 c.p.c. a mezzo di copia dell'atto di citazione, non ledendo i diritti di controparte e venendo la stessa sanata con il deposito successivo dell'originale con riferimento all'appello si è affermato che la tempestiva costituzione con la velina non integra improcedibilità, ma nullità ex art. 165 c.p.c., sanabile entro l'udienza di comparizione, con la possibilità di chiedere la rimessione in termini Cass. SS.UU. numero 16598/2016 . Giurisprudenza che, sebbene riferita ai giudizio di contraddittorio ordinario, è per la Corte applicabile senza dubbio anche ai giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo dove il contraddittorio è differito al momento dell'opposizione anche in tale giudizio, il deposito della sola velina non lede alcun diritto e, in difetto di espressa previsione di improcedibilità, è mera irregolarità, sanata dal successivo deposito dell'originale. Va peraltro ricordato che la stessa Corte Costituzionale ha affermato le legittimità costituzionale dell'art. 647 c.p.c., ove interpretata nel senso di ammettere la costituzione tempestiva a mezzo di velina Cost. numero 107/04 inoltre la Corte Costituzionale ha anche detto che l'applicazione del principio del momento perfezionativo della notifica consente una tempestiva costituzione in giudizio Cost. numero 154/05 . Anche l'inversione dell'ordine temporale previsto dalle norme e cioè l'iscrizione a ruolo prima della notifica – e dunque come nel caso di specie, senza prova della notifica medesima - non può essere considerato motivo di nullità della costituzione, non venendo meno la possibilità di collegare le due attività processuali e ricondurle ad un unico procedimento Cass. numero 8003/2012 . Dal punto di vista delle valutazione delle prove, la Corte d'Appello aveva ritenuto non rilevanti le dichiarazioni rese dal comune da cui si evincerebbe il riconoscimento del debito, in quanto non ufficiali. Sicchè il ricorrente impugna la sentenza ai sensi degli artt. 2697, comma 1, c.c. e 2725 c.c., ma il motivo è ritenuto infondato dalla Corte l'art. 372 c.p.c. vieta la produzione in Cassazione di nuovi documenti mentre l'art. 366, numero 4, c.p.c. prescrive la specificità, completezza e riferibilità dei motivi alla sentenza, mentre il successivo numero 6 prescrive la specifica indicazione dei documenti su cui il ricorso si fonda per cui già la giurisprudenza di legittimità ha affermato che il ricorrente in cassazione che lamenti la valutazione di un documento è tenuto a specificare in quale fase del processo e in quale fascicolo esso è reperibile e riportarne il contenuto nel ricorso la violazione di anche uno solo dei detti oneri, come nel caso di specie, rende il ricorso inammissibile. Impugnazione di atto amministrativo, individuazione del valore del giudizio e onorari di avvocato. Ulteriore motivo di contestazione è la differente posizione circa il criterio di valutazione del valore della causa nel quale l'avvocato aveva prestato la propria opera per il comune, con conseguente disaccordo in merito allo scaglione dei compensi di riferimento. La Corte d'Appello ha considerato la causa di valore indeterminabile, viceversa, per il ricorrente, avendo avuto la causa ad oggetto la contestazione di provvedimenti relativi alla regolarità di alcuni locali, con effetto sulla tutela del diritto di proprietà di immobili, il relativo valore si sarebbe dovuto conteggiare ai sensi dell'art. 10 c.p.c. ex art. 6, comma 3, della tariffa . Nè, afferma il professionista, può considerarsi rilevante la mancata indicazione da parte sua della quantificazione dei costi delle demolizioni dei fabbricati oggetto di causa nonchè di un parametro di riferimento utile a confutare il criterio del valore indeterminabile, dal momento che la Corte d'Appello non aveva ammesso le parti all'attività istruttoria. Anche sul punto in questione la Corte di Cassazione conferma la decisione dell'appello secondo un principio già enunciato dalla stessa Corte, per la determinazione degli onorari di avvocato, va considerata come causa di valore indeterminabile la causa introdotta presso il giudice amministrativo per l'annullamento di un atto, se la causa petendi della domanda è la legittimità dell'atto e il petitum l'eliminazione dello stesso, senza che rilevino i risvolti patrimoniali. Sulla base di tale principio, la corte territoriale, in applicazione del d.m. numero 127/2004, il testo normativo allora ritenuto applicabile, dopo avere escluso la determinazione del valore della causa sulla base del valore degli immobili coinvolti, cioè dell'interesse sostanziale dedotto, o dei costi delle demolizioni, cioè degli interessi perseguiti dalle parti, ha conseguentemente applicato l'art. 6, comma 5, che indica lo scaglione per la cause di valore indeterminabile. Anche la censura circa il mancato espletamento della fase istruttoria è dichiarata inammissibile, in quanto non indicante con specificità, come prescritto dalla giurisprudenza, le richieste istruttorie in questione nonchè il nesso tra il rigetto della richiesta istruttoria e l'errore in sentenza, nonchè il diverso esito che la stessa avrebbe avuto ove l'istanza istruttoria fosse stata accolta. Sulla compensazione delle spese. L'ultimo motivo di ricorso attiene alla compensazione per due terzi delle spese di lite in grado di appello in violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e 111 Cost. osserva il ricorrente che la compensazione per due terzi, per non meglio specificati giusti motivi posto che il tribunale aveva compensato le spese integralmente e l'appello incidentale era fondato, mentre contesta le motivazioni per cui la corte territoriale giustifica il detto nuovo regolamento di spese disputabilità delle questioni e divergenza circa il quantum . Premesso che la Corte d'Appello, ove riformi la sentenza impugnata, ha il dovere di procedere d'ufficio ad un nuovo regolamento delle spese secondo una valutazione della soccombenza che segua un criterio unitario e globale per altro verso, la Corte ricorda che il suo sindacato circa le spese deve limitarsi a verificare il rispetto del principio per cui le spese non devono essere messe a carico della parte vittoriosa.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 15 giugno– 7 novembre 2018, n. 28411 Presidente Matera – Relatore Dongiacomo Fatti di causa Il tribunale di Latina, con sentenza del 28/6/2010, ha dichiarato l’improcedibilità per la mancata costituzione nei termini, ai sensi degli artt. 647 e 165 c.p.c., dell’opposizione proposta dal Comune di Gaeta al decreto con il quale, nel 2007, gli era stato ingiunto di pagare all’avv. G.G. , a titolo di compensi professionali, la somma complessiva di comma 155.799,04, oltre accessori di legge. Il tribunale ha ritenuto che l’iscrizione a ruolo della causa con velina , da parte del Comune, in data 20/12/2007, non recante l’annotazione cronologica dell’ufficiale giudiziario, che attesti il passaggio per la notifica dell’atto di citazione all’UNEP in pari data, unitamente al mancato deposito dell’originale atto nel termine di cui all’art. 165 c.p.c. di dieci giorni dal perfezionamento della notificazione, eseguita il 28/12/2007, dovesse essere equiparata all’omessa costituzione dell’opponente, posto che l’originale dell’atto notificato era stato depositato solo in data 11/1/2008, con la conseguente declaratoria di improcedibilità dell’atto di opposizione ai sensi dell’art. 647 c.p.c Il Comune di Gaeta ha proposto appello al quale ha resistito il G. . La corte d’appello di Roma, con sentenza del 17/10/2013, ha accolto l’appello ed ha, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiarato procedibile ed accolto l’opposizione proposta dal Comune, ha, quindi, revocato il decreto ingiuntivo opposto e condannato il Comune di Gaeta al pagamento, in favore della controparte, della somma di Euro 6.317,87, oltre interessi legali, IVA, CP e spese legali. La corte, in particolare, dopo aver evidenziato, in fatto, che l’opponente, in un caso nel quale l’opposizione doveva essere notificata solo al ricorrente, aveva rispettato il termine perentorio di dieci giorni per la costituzione in giudizio, con l’iscrizione della causa al ruolo a mezzo di velina , ha ritenuto che la costituzione in giudizio mediante deposito in cancelleria della nota di iscrizione a ruolo e del proprio fascicolo, contenente la copia cd. velina , anziché l’originale, dell’atto di citazione, costituisce una mera irregolarità rispetto alle modalità stabilite dalla legge, non arrecando alcuna lesione sostanziale al contraddittorio processuale ed ai diritti di controparte. Nel caso di specie, peraltro, ha aggiunto la corte, l’originale dell’atto di citazione in opposizione, pacificamente conforme alla cd. velina, è stato depositato dal Comune di Gaeta in data 11/1/2008, e cioè ben sei mesi prima dell’udienza di comparizione del 30/5/2008, e, quindi, senza alcuna lesione, anche solo potenziale, del diritto di difesa dell’opponente. Il tardivo deposito dell’originale dell’atto notificato - ha proseguito la corte - non costituisce una nullità ai sensi dell’art. 156 c.p.c., trattandosi di una preclusione non prevista dalla legge, e da tale irregolarità non poteva, quindi, farsi discendere, come erroneamente ritenuto dal tribunale, l’improcedibilità dell’opposizione. Né, ha osservato ancora la corte, rileva il fatto, ulteriormente evidenziato del tribunale per dichiarare l’improcedibilità dell’opposizione, che, ai sensi dell’art. 71 disp.att. c.p.c., la velina dell’atto, depositata nel fascicolo di parte, al momento dell’iscrizione della causa a ruolo, dovesse essere accompagnata dall’attestazione dell’avvenuto passaggio dell’atto all’UNEP, con l’annotazione cronologica dell’ufficiale giudiziario, laddove, nel caso in esame, l’espletamento di tale incombente non risultava dagli atto del fascicolo dell’opponente la nota di iscrizione a ruolo, ai sensi dell’art. 71 disp.att. c.p.c., infatti, ha rilevato la corte, costituisce un atto burocratico interno all’ufficio e l’irregolarità riscontrata dal tribunale non rientra tra le ipotesi tassative di nullità ai sensi dell’art. 156 c.p.c., né incide in alcun modo sulla legittimità e validità della costituzione in giudizio che può essere eseguita tempestivamente dall’opponente mediante la velina . La corte, quindi, in riforma della sentenza impugnata, ha dichiarato la procedibilità dell’opposizione proposta dal Comune. Quanto al merito, per quanto ancora interessa, la corte d’appello - dopo aver premesso che non era in discussione l’incarico professionale conferito all’avv. G. quanto solo la determinazione del compenso spettante all’appellato per le prestazioni svolte - ha osservato, per un verso, che la controversia, svoltasi innanzi al TAR del Lazio e conclusasi con sentenza di improcedibilità del ricorso proposto dal Comune avverso la nomina di un commissario ad acta deliberata dal difensore civico della Regione Lazio, per ottenerne l’annullamento, dovesse essere considerata di valore indeterminabile, non potendosi certamente determinare in base al valore degli immobili realizzati nella zona di rispetto cimiteriale del Comune di Gaeta, astrattamente a rischio di revoca della concessione edilizia stante l’iniziativa del Difensore Civico di verificare la legittimità delle costruzioni dovendosi, se del caso, fare riferimento ai costi delle eventuali demolizioni dei fabbricati abusivi, gravanti sul Comune, ma per cui non è stato offerto alcun parametro di riferimento economico, da parte dell’Avv. G. , per contestare il criterio di valore indeterminabile della controversia, suggerito dal Comune e condiviso dal Collegio e, per altro verso, che, come si evince dalla missiva del 9/3/2006, con la quale l’avv. G. ha inviato al Comune la sua parcella, il professionista aveva testualmente ammesso che, come richiesto nelle delibere di incarico , fosse stato convenzionalmente pattuito di applicare gli onorari minimi, senza che possa essere attribuito valore confessorio o di ricognizione di maggio debito fuori bilancio alle dichiarazioni unilaterali, non ufficiali e, quindi, non impegnative per l’amministrazione, di organi comunali, risalenti a marzo/maggio del 2006. Ne consegue, ha concluso la corte, che, dovendo trovare applicazione, ai sensi del d.m. n. 127 del 2004, la tariffa forense corrispondente al valore indeterminabile della controversia, gli onorari minimi pattuiti dalle parti sono quelli previsti per le cause di valore tra comma 25.900,01 ed Euro 51.700,00, per cui il credito dell’avv. G. nei confronti del Comune, per onorari, diritti e spese generali, ammonta esattamente, come ben calcolato da quest’ultimo con riferimento, peraltro, al valore medio e non a quello minimo per le cause di valore indeterminato - alla somma complessiva di Euro 6.317,87, oltre accessori. La corte, infine, nella rivalutazione complessiva della controversia, ha ravvisato la sussistenza di giusti motivi per compensare per 2/3 le spese di lite non solo di primo ma anche di secondo grado, tenendo conto della disputabilità della questione della procedibilità o meno dell’opposizione del Comune di Gaeta al decreto ingiuntivo impugnato nonché della notevole divergenza tra l’iniziale petitum dell’avv. G. ed il decisum finale. Per il residuo terzo, ha aggiunto la corte, le spese di lite seguono la prevalente soccombenza del Comune che non risulta aver saldato, nelle more del giudizio, la somma da esso stesso riconosciuta come dovuta alla controparte. G.G. , con ricorso notificato in data 1/10/2014, ha chiesto, per quattro motivi, la cassazione della sentenza della corte d’appello, dichiaratamente non notificata. Ha resistito il Comune di Gaeta con controricorso notificato in data 14.18/11/2014. Le parti hanno depositato memorie. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 165 e 647 c.p.c. e 71-74 disp.att. c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto procedibile l’opposizione al decreto ingiuntivo proposta laddove, al contrario, come eccepito nella comparsa di risposta e poi alla prima udienza, l’opposizione era improcedibile posto che l’opponente, da un lato, ha iscritto la causa a ruolo senza la preventiva richiesta di notifica dell’atto di citazione in opposizione e, dall’altro lato, ha depositato l’originale dell’atto notificato solo in data 11/1/2008, ben oltre, quindi, il termine di dieci giorni previsto dal comb.disp. artt. 165 e 647 c.p.c. per la sua valida costituzione in giudizio. Tali norme, infatti, ha aggiunto il ricorrente, impongono all’attore di iscrivere la causa a ruolo con il deposito dell’originale della citazione o, almeno, di una copia o velina contenente la prova dell’avvenuta notifica, indipendentemente dal suo perfezionamento, nonché, una volta che l’atto di citazione sia stato notificato, l’ulteriore adempimento, e cioè il deposito dell’originale entro il termine perentorio dell’ultima notificazione. Ne consegue, ha concluso il ricorrente, che, in difetto di tali requisiti, l’opposizione proposta dal Comune era inammissibile. 2. Il motivo, in tutte e due le censure in cui è articolato, è infondato. La corte d’appello, come visto, ha affermato, innanzitutto, che la costituzione in giudizio dell’opponente mediante deposito in cancelleria della nota di iscrizione a ruolo e del proprio fascicolo, contenente la copia cd. velina , anziché l’originale, dell’atto di citazione, costituisce una mera irregolarità rispetto alle modalità stabilite dalla legge, non arrecando alcuna lesione sostanziale al contraddittorio processuale ed ai diritti di controparte, tanto più se si considera che, nel caso di specie, l’originale dell’atto di citazione in opposizione, pacificamente conforme alla velina già prodotta, è stato depositato in giudizio in data 11/1/2008, e cioè ben sei mesi prima dell’udienza di comparizione del 30/5/2008, e, quindi, senza alcuna lesione, anche solo potenziale, del diritto di difesa dell’opponente. La corte, inoltre, ha affermato che, ai fini predetti, la copia dell’atto di citazione, depositata nel fascicolo di parte, non deve necessariamente recare, al momento dell’iscrizione della causa a ruolo, l’attestazione dell’avvenuta consegna dell’originale all’ufficiale giudiziario per la relativa notificazione, rilevando che la nota di iscrizione a ruolo, ai sensi dell’art. 71 disp.att. c.p.c., costituisce un atto burocratico interno all’ufficio e che tale irregolarità non rientra tra le ipotesi tassative di nullità ai sensi dell’art. 156 c.p.c., né incide in alcun modo sulla legittimità e validità della costituzione in giudizio, che può essere eseguita tempestivamente dall’opponente mediante la velina . 2.1. La prima affermazione è senz’altro corretta. In effetti, già con la sentenza n. 15777 del 2004, questa Corte ha rilevato che la costituzione in giudizio dell’attore mediante deposito in cancelleria, oltre che della nota di iscrizione a ruolo, del proprio fascicolo contenente, tuttavia, copia dell’atto di citazione, anziché - come previsto dall’art. 165 c.p.c. l’originale dello stesso in quel caso, come in quello di specie, depositato solo una volta scaduto il termine prescritto , costituisce mera irregolarità rispetto alla modalità stabilita dalla legge che non arreca alcuna lesione sostanziale ai diritti della parte convenuta ed è sanata dal successivo deposito dell’originale medesimo. Tale orientamento è stato successivamente ribadito in numerose pronunce di questa Corte, tanto a Sezioni semplici cfr., tra le altre, Cass. n. 4525 del 2016 Cass. n. 17666 del 2009 Cass. n. 23192 del 2010 Cass. n. 6912 del 2012 Cass. n. 8003 del 2012 Cass. n, 6861 del 2014 conf., più di recente, Cass. n. 21692 del 2017, in motiv. , quanto a Sezioni unite Cass. SU n. 10864 del 2011, per cui, tanto nel giudizio di primo grado, quanto nel giudizio d’appello, il termine per la costituzione in giudizio dell’attore è di dieci giorni decorrenti dalla prima notificazione e che tale adempimento, ove entro tale termine l’attore non sia ancora rientrato in possesso dell’originale dell’atto notificato, può avvenire depositandone in cancelleria una semplice copia cd. velina , posto che il perfezionamento della notificazione non è necessario ai fini della costituzione in giudizio , al più chiarendosi, sempre con riferimento al giudizio di appello, che la tempestiva costituzione dell’appellante con la copia dell’atto di citazione velina in luogo dell’originale non determina l’improcedibilità del gravame ai sensi dell’art. 348, comma 1, c.p.c., ma integra una nullità per inosservanza delle forme indicate dall’art. 165 c.p.c., sanabile, anche su rilievo del giudice, entro l’udienza di comparizione di cui all’art. 350, comma 2, c.p.c., mediante deposito dell’originale da parte dell’appellante, salva la possibilità per l’appellante di chiedere la remissione in termini per la regolarizzazione della costituzione nulla, dovendosi ritenere, in mancanza, consolidato il vizio ed improcedibile l’appello Cass. SU n. 16598 del 2016 . Questa giurisprudenza, sebbene dettata per i giudizi di primo grado e di appello a contraddittorio ordinario, cioè non differito, è applicabile anche in relazione alla procedura di opposizione a decreto ingiuntivo. Anche in tale giudizio, quindi, la costituzione in giudizio dell’opponente mediante deposito in cancelleria, oltre che della nota di iscrizione a ruolo, del proprio fascicolo contenente, tuttavia, copia dell’atto di citazione cd. velina , anziché, come previsto dall’art. 165 c.p.c., l’originale di essa, non arreca alcuna lesione sostanziale ai diritti della parte opposta ed, in difetto di una specifica previsione di improcedibilità dell’opposizione, costituisce mera irregolarità, che resta sanata dal successivo deposito dell’originale medesimo Cass. n. 15130 del 2015 . Con riferimento a tale procedimento, del resto, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 107 del 2004, scrutinando la legittimità costituzionale dell’art. 647 c.p.c., ha affrontato proprio il problema dell’impossibilità di iscrivere tempestivamente a ruolo l’atto di opposizione per mancata tempestiva restituzione all’opponente dell’atto di citazione da parte dell’ufficiale giudiziario. In quell’occasione la Corte costituzionale ha chiarito che la norma in questione è suscettibile di ricevere un’interpretazione conforme a Costituzione, nel senso di ritenere possibile appunto l’iscrizione a ruolo del giudizio di opposizione tramite la cd. velina, cioè prima di essere a conoscenza del perfezionamento della notifica per il destinatario. Tali principi sono stati poi ribaditi nell’ordinanza della Corte costituzionale n. 154 del 2005, ove si è detto, tra l’altro, che l’applicazione del principio relativo al momento perfezionativo delle notificazioni, affermato con la sentenza n. 477 del 2002 e riferibile ad ogni tipo di notificazione, consente all’opponente una tempestiva costituzione in giudizio, impedendo il verificarsi dell’effetto pregiudizievole della improcedibilità dell’opposizione. In definitiva, nessun ostacolo può trarsi dalla disposizione dell’art. 165 c.p.c. ad una iscrizione a ruolo della causa di opposizione a decreto ingiuntivo mediante il deposito in cancelleria, oltre che della nota di iscrizione a ruolo, del proprio fascicolo contenente la copia dell’atto di citazione cd. velina , anziché del suo originale, trattandosi di una nullità, per inosservanza delle forme indicate dall’art. 165 c.p.c., che, però, come nel caso dell’appello Cass. n. 1063 del 2018 , è sanabile, anche su rilievo del giudice, entro la prima udienza di comparizione art. 182 c.p.c. , mediante deposito dell’originale, purché conforme alla copia già depositata, da parte dell’opponente, come, in effetti, è incontestatamente accaduto nel caso di specie. 2.2. Anche la seconda affermazione è corretta. Questa Corte, infatti, ha già avuto modo di affermare che deve escludersi che sia inesistente o inefficace un’iscrizione a ruolo eseguita dall’attore prima della notificazione della citazione introduttiva della lite e, quindi, come nel caso in esame, con il deposito di una copia dell’atto di citazione che non rechi l’attestazione dell’avvenuta consegna dell’originale all’ufficiale giudiziario per la relativa notificazione , e, conseguentemente, che sia affetta da nullità insanabile la costituzione dello stesso attore, perché, nonostante l’inversione dell’ordine temporale stabilito dalla legge per le due attività processuali, non viene meno la possibilità di collegarle e ricondurle entrambe al medesimo ed unico procedimento cfr. Cass. n. 8003 del 2012 . 3. Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2697, comma 1, e 2735 c.c. e 116, comma 1, c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello non ha considerato come decisive, nel senso della fondatezza della pretesa azionata, le comunicazioni dell’Amministrazione dalle quali era inferibile il riconoscimento, mediante confessione stragiudiziale, dell’ammontare del credito per mancata contestazione della parcella vistata dall’Ordine professionale di appartenenza, considerandole come dichiarazioni non ufficiali di organi interni del Comune e, quindi, non impegnative per l’Amministrazione, laddove, in realtà, il Comune di Gaeta, come previsto dagli artt. 65, 66 e 67 dello statuto e dall’art. 107 del d.lgs. n. 267 del 2000, a mezzo di due distinte note formulate in esito alla richiesta di pagamento dell’odierno ricorrente, una del Sindaco in data 15/3/2006, l’altra del Dirigente del Settore LL.PP. in data 23/5/2006, aveva rilevato che si trattava di debiti fuori bilancio, avanzando una proposta di rateizzo fino a tre annualità, senza sollevare alcuna obiezione in ordine al quantum indicato in parcella, così da riconoscere implicitamente non soltanto il credito del professionista, ma anche l’importo dello stesso, così come, nelle more del giudizio, il Comune, con la deliberazione n. 58 assunta nella seduta consiliare del 5/10/2010, ha riconosciuto quale debito fuori bilancio la spesa di comma 186.951,56 in favore dell’Avv. G. . 4. Il motivo è infondato. Escluso, invero, ogni rilievo, alla delibera consiliare n. 58 del 2010, che il ricorrente ha allegato alla memoria depositata, in ragione del divieto previsto dall’art. 372 c.p.c., al pari degli altri documenti prodotti, la Corte osserva che, in generale, con riferimento al n. 4 dell’art. 366 c.p.c., il quale stabilisce che il ricorso deve contenere i motivi per i quali si chiede la cassazione, i motivi devono avere carattere di specificità, completezza e riferibilità alla sentenza impugnata il che comporta l’esatta individuazione del capo di decisione gravata e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto ovvero le carenze della motivazione Cass. n. 3654 del 2006 Cass. n. 17125 del 2007 Cass. n. 4036 del 2011 . Perciò, il motivo di ricorso deve necessariamente articolarsi nell’enunciazione di tutti i fatti e di tutte le circostanze idonee a evidenziarne la fondatezza Cass. n. 7455 del 2013 in ciò si risolve il principio dell’autosufficienza del ricorso, il quale comporta che il ricorso debba contenere in sé tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità nella condizione di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, nonché di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa Cass. n. 5478 del 2018 in motiv. . Perciò, il ricorrente per cassazione, ove si dolga dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., il duplice onere, imposto a pena di inammissibilità del ricorso, di indicare esattamente nell’atto introduttivo in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione, e di evidenziarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nei suoi esatti termini, al fine di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo, senza dover procedere all’esame dei fascicoli d’ufficio o di parte Cass. n. 26174 del 2014 , con la conseguenza che la violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile Cass. n. 19048 del 2016 Cass. n. 5478 del 2018 . Nel caso in esame, il ricorrente non ha provveduto né a trascrivere né a riassumere in ricorso - nei loro esatti termini o comunque nei termini minimamente necessari per comprenderne l’esatto significato e, specie a fronte dei rilievi svolti dalla corte d’appello, l’esatta provenienza - il contenuto dei documenti che la corte d’appello avrebbe erroneamente valutato, in tal modo impendendo alla Corte di scrutinare la decisività e la fondatezza delle censure spiegate. 5. Con il terzo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell’art. 6, comma 3, del d.m. n. 585 del 1994, in relazione all’art. 10 c.p.c., e la violazione e la falsa applicazione degli artt. 114 e 183 c.p.c. nonché degli artt. 24 e 111 Cost., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha considerato di valore indeterminato la prestazione professionale, applicando il diverso e corrispondente scaglione tariffario, laddove, in realtà, la controversia introdotta innanzi al TAR del Lazio ha avuto ad oggetto l’impugnazione di una serie di provvedimenti inerenti la verifica della regolarità dei locali ricadenti nella fascia di rispetto cimiteriale ed ha avuto come effetto la tutela dei diritti soggettivi di proprietà uso e locazione commerciale di quanti avevano ricevuto dal Comune di Gaeta l’assenso a costruire, con la conseguenza che, a norma dell’art. 6, comma 3, della tariffa, il valore della controversia è determinabile in base ai criteri dettati dall’art. 10 c.p.c. e, quindi, avendo riguardo alla domanda, vale a dire alla stregua del valore degli immobili che rischiavano di essere destinatari di un provvedimento di revoca della concessione edilizia ed oggetto dei diritti soggettivi di cui era stata invocata la tutela. Né, ha aggiunto il ricorrente, può valere il rilievo, contenuto nella sentenza, secondo cui il professionista non aveva quantificato i costi delle eventuali demolizioni dei fabbricati abusivi e non aveva offerto alcun parametro di riferimento economico che confutasse il criterio del valore indeterminabile la corte d’appello, infatti, non ha ammesso le parti all’espletamento dei fondamentali mezzi istruttori, così precludendo al ricorrente la possibilità di provare l’esatta quantificazione del petitum. 6. Il motivo è infondato. La corte d’appello si è, infatti, attenuta al principio, già enunciato da questa Corte, per cui ai fini della determinazione degli onorari di avvocato, in base alla tariffa approvata con D.M. 24 novembre 1990, n. 392, va considerata di valore indeterminabile la controversia introdotta innanzi al giudice amministrativo per l’annullamento di un atto, qualora la causa petendi della domanda è la illegittimità dell’atto e petitum la sua eliminazione, senza che rilevino eventuali risvolti patrimoniali della vicenda Cass. n. 12178 del 2003 Cass. n. 1754 del 2013 Cass. n. 932 del 1997 . Le censure contenute nel ricorso, del resto, non appaiono idonee ad inficiare la soluzione adottata dalla corte territoriale la quale, infatti, con espresso riguardo alle disposizioni contenute nel d.m. n. 127 del 2004 che ha ritenuto applicabile ratione temporis senza che alcuna contestazione specifica il ricorrente abbia sollevato sul punto , dopo aver escluso la determinabilità del valore della controversia amministrativa sulla base del valore degli immobili realizzati nella zona di rispetto cimiteriale del Comune di Gaeta, astrattamente a rischio di revoca della concessione edilizia , vale a dire dell’interesse sostanziale che riceve tutela attraverso la sentenza art. 6, comma 3 , ovvero dei costi delle eventuali demolizioni dei fabbricati abusivi, gravanti sul Comune , vale a dire del valore dei diversi interessi perseguiti dalle parti comma 4 , ha correttamente - sia pur implicitamente - fatto applicazione della disposizione di cui al medesimo art. 6, comma 5, il quale stabiliva che, per le cause di valore indeterminabile , e cioè per le cause nelle quali il valore della controversia non sia suscettibile di determinazione secondo i criteri previsti dai commi precedenti, gli onorari minimi sono quelli previsti per le cause di valore da Euro 25.900,00 ad Euro 51.700,00. La controversia amministrativa nella quale il ricorrente ha difeso il Comune di Gaeta, come esattamente rilevato dalla corte d’appello, aveva, in effetti, quale causa petendi, la asserita illegittimità della nomina di un commissario ad acta da parte del difensore civico della Regione, e, quale petitum, la richiesta di annullamento di tale nomina, mentre il possibile risvolto economico del giudizio amministrativo è stato ritenuto dalla corte d’appello, con apprezzamento in sé corretto e non adeguatamente censurato dal ricorrente, non determinabile per la dichiarata impossibilità di fare riferimento tanto al valore degli immobili realizzati nella zona di rispetto cimiteriale, quanto ai costi delle eventuali demolizioni dei fabbricati. Né, infine, rileva la circostanza che la corte d’appello non ha ammesso i mezzi di prova ed ha così impedito al ricorrente la esatta quantificazione di tali costi. La Corte, sul punto, si limita ad osservare che se, con il ricorso per cassazione, siano denunciati la mancata ammissione di mezzi istruttori e vizi della sentenza derivanti dal rifiuto del giudice di merito di dare ingresso a mezzi istruttori ritualmente richiesti, il ricorrente ha l’onere di indicare specificamente i mezzi istruttori, trascrivendo le circostanze che costituiscono oggetto di prova, nonché di dimostrare sia l’esistenza di un nesso eziologico tra l’omesso accoglimento dell’istanza e l’errore addebitato al giudice, sia che la pronuncia, senza quell’errore, sarebbe stata diversa, così da consentire al giudice di legittimità un controllo sulla decisività delle prove Cass. n. 4178 del 2007 Cass. n. 23194 del 2017 Cass. n. 8204 del 2018 . Nel caso in esame, invece, il ricorrente non ha provveduto a indicare le prove di cui aveva chiesto l’ammissione né ha trascritto in ricorso i fatti sui quali le stesse avrebbero dovuto essere assunte, né ha dimostrato l’esistenza di un nesso eziologico tra l’omesso accoglimento delle istanze istruttorie proposte e l’errore addebitato al giudice e che la pronuncia impugnata, senza quell’errore, sarebbe stata diversa, in tal modo pregiudicando l’ammissibilità della censura svolta. 7. Con il quarto motivo, il ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e 111 Cost., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello, in accoglimento parziale dell’appello incidentale proposto, ha compensato per i 2/3 tra le parti le spese di lite ravvisando la sussistenza di non meglio precisati giusti motivi, laddove, in realtà, posto che il tribunale aveva integralmente compensato le spese di lite ed in mancanza dell’espressa indicazione delle gravi ed eccezionali ragioni che potessero giustificare una tale decisione, l’appello incidentale proposto sul punto era del tutto fondato e suscettibile di pieno accoglimento. La corte d’appello, invece, ha proseguito il ricorrente, ha illegittimamente ed immotivatamente operato una parziale compensazione delle spese di giudizio, non potendosi ravvisare la ricorrenza delle gravi ed eccezionali ragioni nella disputabilità della questione relativa alla procedibilità dell’opposizione o nella notevole divergenza tra l’iniziale petitum del professionista ed il decisum finale. 8. Il motivo è infondato. Intanto, occorre ricordare che la corte d’appello, allorché riformi, in tutto o in parte, la sentenza impugnata, deve procedere d’ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale Cass. n. 9064 del 2018 . Quanto al resto, bisogna ribadire il principio per cui, in tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi Cass. n. 24502 del 2017 Cass. n. 27871 del 2017 . 9. Il ricorso, per l’infondatezza di tutti i motivi nei quali è stato articolato, è, quindi, infondato. 10. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. 11. La Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per l’applicabilità dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012. P.Q.M. la Corte così provvede rigetta il ricorso condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese di lite che liquida nella somma di comma 4.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e SG nella misura del 15/0 dà atto della sussistenza dei presupposti per l’applicabilità dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012.