Criteri per liquidazione dell’onorario dell’avvocato nelle cause di divisione ereditaria

Gli Ermellini hanno l’occasione per ripercorre i criteri che devono essere applicati dal giudice di merito ai fini della liquidazione del compenso dell’avvocato che abbia prestato il proprio patrocinio in una causa di divisione ereditaria.

Sul tema è intervenuta l’ordinanza n. 21495/18, depositata il 31 agosto. Il caso. Un avvocato chiedeva agli eredi dalla parte a cui aveva prestato i propri servizi professionali in un giudizio d’appello - relativo all’impugnazione di un testamento - il pagamento del relativo compenso. La Corte d’Appello riteneva applicabile la tariffa forense di cui al d.m. n. 127 dell’8 aprile 2004 e affermava che il valore della causa di divisione dovesse essere rapportato non al valore dell’intera massa attiva ma al valore della quota in contestazione ma, non potendo determinare quest’ultimo, applicava la tariffa prevista dal succitato d.m. per le causa di valore indeterminabile di particolare importanza. L’avvocato ricorre in Cassazione dolendosi per i criteri di liquidazione adottati dal giudice di merito. Criteri per la liquidazione del compenso. Ai fini della liquidazione, il Collegio ricorda che il valore della causa di divisione non è quello della massa attiva ex art. 12 c.p.c. ma quello della quota in contestazione posto che l’art. 6 del d.m. n. 127/2004 pur rinviando in generale al codice di procedura civile per la determinazione del valore della causa ai fini della liquidazione degli onorari a carico del soccombente, deroga a tale rinvio in materia di giudizi divisori, per i quali stabilisce che il valore è determinato in relazione alla quota o ai supplementi di quota in contestazione” . La norma collega in tal modo il valore della causa all’interesse concretamente perseguito dalla parte ed è analogicamente applicabile anche per la liquidazione degli onorari nell’azione di riduzione. Tale valore deve dunque essere determinato secondo i criteri di cui agli artt. 14 e 15 c.p.c. in base alla natura - mobiliare o meno – dei beni che costituiscono il patrimonio ereditario. Aggiunge infatti l’ordinanza in commento che il valore della causa di petizione dell’eredità e di annullamento del testamento deve determinarsi – anche ai fini del calcolo degli onorari di avvocato e procuratore – in applicazione analogica dell’art. 12, comma 3, c.p.c. in base al valore dei beni controversi secondo il disposto, rispettivamente, dell’art. 14 per i mobili e 15 per gli immobili, al lordo delle passività . Inoltre, qualora sia stata proposta domanda riconvenzionale, il valore della causa, ai fini della determinazione del compenso non si cumula con la domanda principale dell’attore, ma, se di valore eccedente a quest’ultima, può comportare l’applicazione dello scaglione superiore . In merito all’esclusione della maggiorazione dell’onorario prevista in caso di pluralità delle parti, la Corte ricorda che il d.m. n. 123/2004 consente al giudice, in caso di assistenza e difesa di una parte avverso più controparte, di prevedere una maggiorazione del 20% del compenso laddove la prestazione comporti l’esame di particolari situazioni di fatto o di diritto. Si tratta dunque di una valutazione rimessa alla discrezionalità del giudice di merito sulla base delle concrete circostanze del caso. In conclusione, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso limitatamente alla prima censura e cassa la decisione impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 23 febbraio – 31 agosto 2018, n. 21495 Presidente Matera – Relatore Giannaccari Svolgimento del processo Con ricorso depositato il 31.5.2012 l’avv. Pi.Pa. chiedeva condannarsi P.G. e P.L.G.M. , quali eredi di D.N.A. , al pagamento della somma di Euro 242.612,43, oltre interessi e rivalutazione monetaria, a titolo di compenso per l’attività professionale svolta in favore della predetta dante causa nei giudizi civili d’appello innanzi alla Corte distrettuale iscritti ai nn. 156/2009 e 207/2009 R.G., successivamente riuniti, aventi ad oggetto una complessa controversia in materia di impugnativa di testamento e divisione ereditaria. A fondamento della domanda, l’avv. Pi. deduceva che il valore della controversia era quello dell’asse ereditario, ammontante ad Euro 6.615.670,33 come risultava dalla relazione del Ctu ing. Pe. redatta nel corso del giudizio di primo grado nella redazione delle note spese aveva applicalo la maggiorazione di cui all’articolo 5, n. 4, della tariffa professionale forense, avendo assistito la D.N. nei confronti di 16 parti gli onorari erano stati calcolati secondo i massimi, in considerazione della complessità delle questioni trattate l’attività difensiva si era conclusa in data anteriore all’entrata in vigore del d.l. 1/2012, con il quale sono state abrogate le tariffe professionali. I resistenti si costituivano, chiedendo il rigetto dell’avversa domanda o, in subordine, la riduzione del quantum. La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza del 13.2.2014, ha condannato i P. al pagamento, in favore dell’avv. Pi. , in proporzione delle rispettive quote ereditarie, della somma di Euro 20.326,00, oltre accessori, sulla base, per quanto qui ancora rileva, delle seguenti considerazioni 1 nella specie trovava applicazione la tariffa forense approvata con il Decreto del Ministero della Giustizia 8 aprile 2004 n. 127 perché l’attività professionale si era completamente esaurita sotto il vigore di tale disciplina 2 in particolare, considerato che la cliente D.N.A. era deceduta l’1.1.2011 e che l’avv. Pi. aveva concluso l’attività difensiva all’udienza del 26.1.2011, nella quale aveva dichiarato l’evento ed il processo era stato interrotto, la normativa di riferimento era quella dettata dai d.m. 127/2004 3 agli atti non vi era prova che il valore dell’asse ereditario fosse quello indicato dal ricorrente, perché risultava prodotto soltanto il supplemento della consulenza tecnica d’ufficio redatto dall’ing. Pe.Gi. , dal quale non si evinceva tale stima 4 doveva altresì ritenersi che, anche ai fini della liquidazione degli onorari dovuti dai cliente, il valore della causa di divisione dovesse essere rapportato non già al valore della intera massa attiva come previsto dall’articolo 12, ultimo comma, c.p.c. , ma al valore della quota in contestazione, secondo il criterio dettato dall’articolo 6, comma 1, d.m. 127/2004 per la liquidazione degli onorari a carico del soccombente 5 nella specie, non potendo determinarsi siffatto valore, doveva applicarsi lo scaglione tariffario previsto per le cause di valore indeterminabile di particolare importanza , e ciò in considerazione dell’oggetto della controversia, della sua rilevanza economica e della natura delle questioni giuridiche trattate 6 non poteva trovare applicazione la maggiorazione prevista dall’articolo 5, comma 4, ultima parte, d.m. 127/2004, perché difettava il presupposto dell’esame, da parte del difensore, di particolari situazioni di fatto o di diritto. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso P.P. , sulla base di tre motivi. P.G. ha resistito con controricorso. P.L.G.M. non ha svolto difese in prossimità dell’udienza le parti hanno depositato memorie illustrative ai sensi dell’articolo 378 c.p.c. Motivi della decisione Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 6, comma 1, d.m. 8.4.2004, n. 127, e 12 c.p.c. con riferimento all’articolo 360, co. 1, n. 3, c.p.c. , per aver la corte d’appello ritenuto che il valore della causa in oggetto dovesse essere rapportato al valore della quota in contestazione e che, in assenza di prova di quest’ultima, dovesse farsi riferimento allo scaglione per la liquidazione dei compensi professionali utilizzato per le cause di valore indeterminabile di particolare importanza, laddove, allorquando è contestato non solo l’ammontare delle quote dei condividenti, ma anche la capacità del testatore, il valore della causa dovrebbe essere calcolato secondo l’intero valore dell’asse ereditario. Il motivo è fondato. Ai fini della liquidazione degli onorari di avvocato, il valore della causa di divisione non è quello della massa attiva ex articolo 12 cod. proc. civ., ma quello della quota in contestazione, poiché l’articolo 6 del d.m. n. 127 del 2004, pur rinviando in generale al codice di procedura civile per la determinazione del valore della causa ai fini della liquidazione degli onorari a carico del soccombente, deroga a tale rinvio in materia di giudizi divisori, per i quali stabilisce che il valore è determinato in relazione alla quota o ai supplementi di quota in contestazione . In particolare, l’articolo 6 del D.M. n. 127 del 2004 nella specie applicabile ratione temporis , pur rinviando in generale al codice di procedura civile per la determinazione del valore della causa ai fini della liquidazione degli onorari a carico del soccombente, deroga a tale rinvio in materia di giudizi divisori, per i quali stabilisce che il valore è determinato in relazione alla quota o ai supplementi di quota in contestazione Cass. Sez. 2, 04/05/2012, n. 6765 . Tale norma, inoltre, in quanto diretta a collegare il valore della causa all’interesse in concreto perseguito dalla parte, è applicabile analogicamente anche per la liquidazione degli onorari dovuti dal cliente in relazione all’azione di riduzione Cassazione civile, sez. II, 30/08/2017, n. 20554 Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 6765 del 04/05/2012 . Ed invero, le cause di riduzione per lesione di legittima sono assimilabili a quelle di divisione ai fini della competenza per valore della domanda cfr. Cass. Civ. n. 3970/75 ma v. anche Cass. Civ. n. 2978/81 e Cass. Civ. n. 2776/78 questo perché, evidentemente,. anche le cause di divisione richiedono l’accertamento della consistenza dell’intero asse ereditario. Dal punto di vista delle norme da applicare il valore deve essere, pertanto, determinato ai sensi dei criteri stabiliti dagli artt. 14 e 15 c.p.c., secondo la natura, mobiliare oppure immobiliare, dei beni che costituiscono il patrimonio ereditario. Il valore della causa di petizione dell’eredità e di annullamento del testamento deve determinarsi - anche ai fini del calcolo degli onorari di avvocato e procuratore - in applicazione analogica dell’articolo 12 terzo comma cod. proc. civ. in base al valore dei beni controversi secondo il disposto, rispettivamente, dell’articolo 14 per i mobili e 15 per gli immobili, al lordo delle passività Sez. 2, Sentenza n. 5579 del 17/05/1991 . Qualora sia stata proposta domanda riconvenzionale, il valore della causa, ai fini della determinazione del compenso non si cumula con la domanda principale dell’attore, ma, se di valore eccedente a quest’ultima, può comportare l’applicazione dello scaglione superiore poiché la proposizione di una riconvenzionale amplia il thema decidendum ed impone all’avvocato una maggiore attività difensiva, sì da giustificare l’utilizzazione del parametro correttivo del valore effettivo della controversia sulla base dei diversi interessi perseguiti dalle parti, ovvero del criterio suppletivo previsto per le cause di valore indeterminabile Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 14691 del 14/07/2015 . La corte territoriale non ha fatto corretta applicazione dei principi affermati da questa Corte, avendo parametrato il valore della causa, ai fini della liquidazione del compenso professionale, unitamente al valore della quota, omettendo di considerare che la causa non era limitata alla divisione della massa ereditaria. Nel caso di specie, nella causa patrocinata dall’avv. Pi. , si discuteva, oltre che della divisione dell’asse ereditario, della validità o meno del testamento olografo della de cuius sostenendosi essere stato redatto da soggetto che versava in abituale e grave stato di confusione mentale , nonché in una causa poi riunita alla originaria della genericità ed imprecisione del rendiconto della gestione dei beni comuni reso dall’amministratore identificabile proprio nell’allora assistito dell’avv. Pi. della comunione ereditaria cfr. pagg. 2-3 del ricorso . Èerrato pertanto ritenere che l’attività del difensore sia stata limitata al solo giudizio di divisione, poiché nel giudizio de quo era controversa la capacità del testatore, D.V.B. , essendo stata chiesta la dichiarazione di invalidità del testamento olografo della medesima. Conseguentemente, l’attività del difensore non è stata limitata al giudizio di divisione ed alla determinazione della quota, ma ha investito l’intero asse ereditario che era oggetto delle disposizioni testamentarie di D.V.B. , di cui facevano parte beni mobili ed immobili infine l’attività difensiva è stata estesa anche all’impugnativa della delibera assembleare della Cassazione del 21.12.1994 con cui veniva impugnato il rendiconto della gestione dei beni ereditari amministrati dall’assistito dell’Avv. Pi. . Resta assorbito il secondo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti con riferimento all’articolo 360, co. 1, n. 5, c.p.c. , per aver ritenuto che non fosse stato provato il valore di quest’ultimo, laddove lo stesso era desumibile dal supplemento della consulenza tecnica del ctu prodotta nel giudizio ex articolo 702 bis c.p.c. e, quanto ai beni mobili, dai verbali di inventario del 29.10.1984 e del 12.11.1984. Con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione o falsa applicazione dell’articolo 5, co. 4, d.m. 8.4.2004, n. 127 con riferimento all’articolo 360, co. 1, n. 3, c.p.c. , per aver la corte locale escluso l’applicabilità della maggiorazione dell’onorario prevista in caso di pluralità di parti, nonostante la stessa in siffatta evenienza fosse obbligatoria. Il motivo è infondato. Il principio secondo il quale, nell’ipotesi in cui più parti abbiano agito o siano state convenute nello stesso processo in cause connesse, il valore di ogni causa connessa deve essere separatamente considerato anche ai fini della liquidazione degli onorari di avvocato e dei diritti di procuratore, trova un temperamento nella particolare ipotesi di difesa di più parti aventi una identica posizione processuale nei commi 4 e 5 dell’articolo 5 d.m. 26 settembre 1979, nel senso che può essere liquidato un compenso base unico, aumentato del 20% per ogni parte sino ad un massimo di 6, oppure un compenso autonomo per ogni parte ridotto del 30% quando, pur nell’identità di posizioni processuali, la prestazione professionale ha comportato l’esame di situazioni particolari in fatto e in diritto rispetto all’oggetto della causa, costituendo l’anzidetto aumento del 20%, una volta esposto dall’interessato, minimo inderogabile che non può essere disconosciuto dal giudice Cassazione civile, sez. II, 10/11/1988, n. 6056 . Il quarto comma dell’articolo 5 della tariffa forense approvata con il d.m. 26 settembre 1979 - statuente che nei casi di assistenza e difesa di più parti aventi la stessa posizione processuale, la parcella unica potrà essere aumentata, per ogni parte, fino ad un massimo di sei, del 20 % - è diretto a regolare il rapporto tra difensore e cliente, sicché esclusivamente al difensore, è riconosciuta la facoltà di apportare l’indicato aumento quando le cause, nonostante l’identità del loro contenuto giuridico, abbiano comportato un’attività difensionale non meramente ripetitiva Cassazione civile, sez. II, 29/04/1983, n. 2961 . Nell’argomentare il motivo, del resto, il ricorrente non distingue il piano della facoltatività dell’aumento con quello della obbligatorietà dell’aumento minimo del 20% per l’eventualità in cui le particolari situazioni di fatto o di diritto dovessero indurre il giudice a riconoscere la maggiorazione. In tema di liquidazione degli onorari di avvocato, la disposizione dell’articolo 5, comma 4, della tariffa professionale approvata con d.m. 8 aprile 2004 n. 123, che consente al giudice, nell’ipotesi di assistenza e difesa di una parte avverso più controparti di liquidare un compenso unico maggiorato per ciascuna parte del 20% e sempre che la prestazione comporti l’esame di particolari situazioni di fatto o di diritto - come nel caso speculare, previsto dallo stesso comma, in cui più parti con identica posizione processuale siano state assistite e difese dallo stesso avvocato - prevede una mera facoltà rientrante nel potere discrezionale del giudice, il cui mancato esercizio non è denunciabile in sede di legittimità, se motivato Cassazione civile, sez. I, 21/07/2011, n. 16040 conf. Cassazione civile 26 agosto 2015 n. 17147 sez. II . In tema di liquidazione degli onorari di avvocato, è demandato al potere discrezionale del giudice di merito stabilire, di volta in volta, l’aumento dell’unico onorario nella specie a norma dell’articolo 5, comma 4, della tariffa professionale approvata con d.m. 5 ottobre 1994 n. 585 , in caso di assistenza e difesa di più parti aventi la stessa posizione processuale, ed anche ove, trattandosi di più processi distinti, sia mancato un provvedimento di riunione Cassazione civile, sez. III, 02/09/2009, n. 19089 in senso conforme cfr. Cass. 6 dicembre 2002 n. 17354 . La sentenza va, pertanto, cassata in relazione al primo motivo di ricorso, rinviata innanzi alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese del giudizio d legittimità. Va dichiarato assorbito il secondo motivo e rigettato il terzo. P.Q.M. Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, rigetta il terzo motivo, cassa in relazione al motivo accolto e rinvia innanzi alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.