L’obbligo di dissuasione dell’avvocato nei confronti del cliente

La sentenza del Tribunale di Treviso del 12 marzo 2018 consente di fare il punto circa un aspetto molto importante degli obblighi che incombono sull’avvocato con riferimento al consiglio di intentare, o no, una certa controversia, ma estensibile, ovviamente, anche a tutte le attività stragiudiziali.

Ed infatti, il caso deciso riguardava una controversia promossa da un avvocato per ottenere il pagamento del compenso da parte del proprio cliente il quale, però, in sede di domanda riconovenzionale chiedeva la condanna del legale per averlo male consigliato nel procedere in una certa controversia. L’esito del processo vede l’avvocato perdere su tutta la linea nei confronti del cliente niente diritto al compenso e obbligo di risarcire il danno. Obbligo di dissuasione. Ebbene, non vi è dubbio che l’attività dell’avvocato si sostanzi nell’assunzione di una obbligazione di mezzi senza nessuna garanzia del risultato che potrebbe derivare dall’intraprendere una certa azione. Ma è altrettanto vero che, come per tutte le obbligazioni, l’avvocato deve adempiere nel rispetto dei canoni generali di diligenza del professionista e di buona fede e correttezza. Secondo la Cassazione, infatti, incombe sull’avvocato il dovere di prospettare al cliente tutti gli elementi contrari, ipotizzabili in virtù di quella preparazione tecnica e di quell'esperienza medie caratterizzanti l'attività professionale alla luce degli evidenziati parametri normativi per i quali, nonostante il regolare svolgimento di tale attività, gli effetti a questa conseguenti possano essere inferiori a quelli previsti, oppure in concreto nulli o persino sfavorevoli, determinando in tal modo un pregiudizio rispetto alla situazione antecedente il professionista, infatti, deve porre in grado il cliente di decidere consapevolmente, sulla base di una adeguata valutazione di tutti gli elementi favorevoli ed anche di quelli eventualmente contrari ragionevolmente prevedibili, se affrontare o meno i rischi connessi all'attività richiesta al professionista medesimo . Ed è proprio nel momento in cui decliniamo questi obblighi generali nello specifico della professione dell’avvocato e della scelta se intentare, o no, una certa controversia che la giurisprudenza enuclea e mette in evidenza l’obbligo di dissuasione che assume particolare rilievo per quelle che solitamente si definiscono cause perse”. Ed infatti, per la giurisprudenza il professionista che agisca diligentemente ha il dovere di informare, dissuadere, sollecitare il cliente, rappresentandogli tutte le questioni di fatto o diritto ostative al raggiungimento dell'obiettivo e produttive di potenziali effetti dannosi, sconsigliandolo di intraprendere o proseguire giudizi dall'esito probabilmente sfavorevole. E se non adempie a questa specifica declinazione dell’obbligo di diligenza ne deriva una sua responsabilità professionale, oltre che deontologica. Sicuramente agisce diligentemente – secondo il Tribunale – quel professionista che non dissuade il cliente quando mancano le allegazioni e prove circa i fatti costitutivi del diritto che viene fatto valere. E ciò vieppiù quando l’avvocato trova davanti a sé le manifestate perplessità del ricorrente nel proseguire un giudizio rivelatosi più lungo e dispendioso del previsto e il desiderio di abbandonare ogni attività processuale e, invece, di dissuaderlo dal proseguire ha sollecitato il cliente a proseguire il percorso intrapreso, paventandone il felice esito . E trattandosi di adempimento di un’obbligazione, secondo i principi generali in materia di onere della prova, precisa il Tribunale che l’onere della prova di una tale condotta incombe sul professionista, essendo peraltro insufficiente a questo fine il rilascio da parte del cliente della procura ad agire . Le informative da parte dell’avvocato. Peraltro, l’obbligo di dissuasione rientra nell’obbligo di informare il cliente dal quale ottenere un consenso informato circa le azioni da intraprendere che si colora ancor di più quando il cliente dell’avvocato è un consumatore. Alla luce di tutto quanto abbiamo sin qui riferito, ecco che sarà buona norma quantomeno che l’avvocato renda le informative previste dalla legge come, ad esempio, quelle sulla mediazione e sulla negoziazione assistita e, in generale, su tutti gli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, l’informativa sulla privacy e sui costi prevedibili dell’attività. Ma sarà obbligo dell’avvocato rendere anche informative più specifiche come, ad esempio, quella relativa alla necessità, in materia di famiglia, che il minore trascorra tempi adeguati con entrambi i genitori o più dettagliate o, meglio , strategiche sull’inopportunità di intentare una certa azione come quella che avrebbe dovuto esserci nel caso deciso . Informative che l’avvocato sarà meglio che documenti per iscritto e che non potranno essere risultare dal semplice conferimento della procura come ci ha ricordato questa sentenza del Tribunale di Treviso. Ma v’è di più. Ed infatti, quell’informativa sulle prospettive dell’azione intrapresa dovrà essere, per così dire, aggiornata perché dovrà essere il frutto dell’esame costante della posizione del cliente alla luce dell’andamento di tutti i fattori che possono influenzare l’esito della controversia specificandosi così l’obbligo di aggiornare il cliente sull’andamento della causa non limitato alle informazioni ma alla rivalutazione, se ve ne sono i presupposti, della posizione . In fondo è questo il principio che era stato affermato già dalla Cassazione con la sentenza n. 14597 del 2004 e poi ribadito in successive pronunce. Pronunce dalle quali emerge come ulteriori elementi di responsabilità possono essere individuati nel fatto che un avvocato respinga un’offerta transattiva della controparte che avrebbe coperto quasi l’intero ammontare chiesto in risarcimento dei danni quando l’esame dell’andamento della causa avrebbe dovuto consigliarne l’accettazione cfr. Cass. n. 8312/11 .

Tribunale di Treviso, sez. I Civile, sentenza 12 marzo 2018, numero 527 Giudice Ronzani Motivi della decisione ex articolo 132 c.p.comma così come modificato dalla L. numero 69 del 18.6.2009 Con ricorso per decreto ingiuntivo datato omissis l'avv. omissis chiedeva all'intestato Tribunale di ingiungere a omissis il pagamento della somma di Euro 16.556,30, oltre interessi di legge e spese del procedimento monitorio, al fine di saldare per intero quanto dovutogli a titolo di compenso per l'attività professionale svolta in due procedimenti distinti promossi dal omissis contro la società omissis S.r.l., l'uno avanti la Sezione Lavoro del Tribunale di Treviso, l'altro avanti la Sezione Proprietà industriale ed intellettuale del Tribunale di Venezia. Il Tribunale di Treviso ingiungeva, pertanto, al omissis di pagare la somma complessiva suindicata con provvedimento numero omissis 2014 del omissis , notificato unitamente al ricorso in data omissis . L'attore spiegava allora opposizione mediante ricorso ex artt. 702 bis c.p.comma e 14 D.Lgs. 1.09.2011 a 150. Successivamente alla prima udienza di comparizione, rilevato che l'opposizione si sarebbe dovuta proporre mediante atto di citazione, questo giudice disponeva il mutamento del rito, rigettava la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto e autorizzava la chiamata in causa del terzo, rinviando la causa per i medesimi incombenti. In via pregiudiziale, alla luce di quanto sopra e richiamando in toto l'ordinanza del omissis , si deve respingere l'eccezione di parte convenuta circa l'inammissibilità dell'opposizione attorea poiché tardiva nonostante sia certamente vero che la corretta forma dell'opposizione era quella dell'atto di citazione, detta irregolarità non osta all'ammissibilità dell'atto introduttivo dei giudizio, né tanto meno ne determina l'inammissibilità per tardività dell'opposizione ex articolo 4 D.Lgs. numero omissis come più estensivamente colà argomentato. Preliminarmente, è da accogliere la domanda attorea di revoca del decreto ingiuntivo numero omissis poiché esso è carente del presupposto costituito dal parere di congruità emesso dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati, in quanto annullato in autotutela docomma 1 attoreo . Tale parere, infatti, costituiva presupposto indefettibile ai sensi dell'art 636 c.p.comma per l'emissione del decreto ingiuntivo nei confronti del omissis , ed il suo annullamento in autotutela, poiché efficace ex tunc, ha determinato il venir meno di detto presupposto ab origine. A nulla rileva, perciò, che al parere di congruità annullato ne sia succeduto uno ulteriore, dal momento che il ricorso e pedissequo decreto sono stati notificati all'ingiunto mentre pendeva istanza di annullamento in autotutela del primo parere del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati. Ne consegue che il decreto ingiuntivo va revocato, con spese della procedura monitoria e tassa di opinamento a carico dell'avv. omissis cfr. Cass. civ. seni numero 11765/1992 ord. a 27509/2011 . Nel merito, l'opposizione va accolta per le ragioni di cui appresso. A mente dell'articolo 1176 c.c., co. 2, nell'adempimento dell'obbligazione nascente da attività professionale, il professionista deve usare il criterio della diligenza professionale parametrato alla natura dell'attività esercitata. Pertanto, trattandosi di obbligazioni di mezzi e non di risultato, l'avvocato si impegna con diligenza a raggiungere il risultato desiderato dal cliente, ma non ne garantisce il conseguimento, perciò il solo fatto che il cliente o risulti vincente in giudizio, non determina l'insorgere della responsabilità professionale in capo all'avvocato cfr. ex multis Cass. civ. numero 2836/2002 numero 16023/2002 numero 20869/2004 . La valutazione circa la diligenza della condotta del professionista spetta al giudicante, il quale, mediante criteri necessariamente probabilistici nello specifico grazie ad un giudizio prognostico sull'operato dell'avvocato , dovrà svolgere un'indagine focalizzata, da un lato, ad analizzare l'approccio processuale del procuratore, dall'altro ad esaminare il rapporto avvocato - cliente, evidenziando le azioni e le omissioni che abbiano determinato l'esito nefasto del giudizio, al fine di verificare se quest'ultimo sia concretamente ascrivibile all'operato professionale cfr. Cass. civ. numero 2836/2002 e numero 7309/2017 . Nel caso di cui è processo un siffatto esame presenta numerosi rilievi dai quali evincere l'esistenza di una responsabilità professionale dell'avv. omissis . Innanzitutto, si osserva come nel ricorso introduttivo ex articolo 414 c.p.comma del 2010 il mandato sia stato conferito al procuratore da omissis in qualità di legale rappresentante della omissis S.a.s., mentre, nel rassegnare le conclusioni l'avv. omissis . ha proposto domanda di corrispettivo indennitario da corrispondersi al omissis persona fisica. Tale discrepanza non può passare inosservata, in primis perché si tratta di due soggetti giuridici distinti tra loro, in secundis poiché il omissis persona fisica non era in alcun modo legittimato ad agire in giudizio per recuperare somme asseritamente dovutegli. omissis in proprio, al momento della proposizione del ricorso risultava sprovvisto di partita iva, essendo stata la ditta individuale cancellata nel 2004 cfr. doc 42 attoreo egli perciò non avrebbe potuto svolgere attività personale di consulenza verso la omissis s.r.l., in quanto sarebbe stato impossibile fatturare tale prestazione in assenza di partita iva. Si deve parimenti sconfessare la contestazione di parte convenuta in base alla quale la società del omissis non avrebbe potuto svolgere analoga attività di consulenza perché non rientrante né nell'oggetto sociale, né nel contratto di agenzia intercorrente tra la omissis s.r.l. e la omissis s.a.s. tale possibilità appare evidente dalla documentazione allegata, nello specifico il docomma 41 attoreo mostra come sia inclusa nell'oggetto sociale l'attività a supporto dell'area produttiva il docomma 31 attoreo mostra quale causale per le fatture emesse dalla omissis s.a.s. nel 2005 l'attività di consulenza infine il docomma 32 attoreo indica quale contenuto del contratto di agenzia l'offerta di svolgimento dell'attività di consulenza. Alla luce di quanto sopra, se il omissis avesse avuto qualcosa a che pretendere dalla omissis s.r.l. avrebbe potuto azionare in giudizio detta pretesa solo come legale rappresentante della propria società e non come persona fisica tuttavia, l'attività svolta dal 2005 al 2008 mediante la omissis s.a.s. era stata già integralmente ed adeguatamente remunerata per un totale di Euro 311.414,00 doccomma 31 e 35 e sarebbe stato decisamente impossibile differenziarla da quella eventualmente prestata come persona fisica. Tutto ciò premesso in ordine all'approccio processuale - che di per sé sarebbe stato sufficiente a indurre l'avv. omissis a dissuadere il proprio cliente dall'agire in giudizio - si deve rilevare come anche nel rapporto avvocato - cliente il professionista abbia strutturato un atto dalle caratteristiche esorbitanti rispetto alla effettiva volontà del B, il quale avrebbe semplicemente voluto ottenere da parte della omissis s.r.l. una remunerazione per la propria attività prestata personalmente, oltre a quella già remunerata svolta a mezzo della propria società, come si evince dalla corrispondenza, mai contestata, intercorsa tra il omissis e il omissis , e tra quest'ultimo e l'avv. omissis , collaboratrice dell'avv. omissis doccomma 45 e 54 attorei . Se è vero che è compito esclusivo del legale la scelta della linea tecnica da seguire nella prestazione dell'attività professionale, al punto che nemmeno la diretta sollecitazione da parte del cliente dell'adozione di taluni mezzi solleva il professionista dalla propria eventuale responsabilità Cass. civ. numero 20869/2004 , è a fortiori vero che la scelta di un approccio processuale che si discosti, oltrepassando, le richieste formulate dall'assistito determina l'insorgere di responsabilità professionale in capo all'avvocato laddove esso si riveli pregiudizievole per il cliente, nel caso di specie per carenza di allegazioni. L'avv. omissis infatti, ha formulato una richiesta di indennizzo nei confronti di omissis s.r.l. per asserita creazione industriale o per asserita cessione del know how da parte di B dal tenore letterale del ricorso introduttivo ex articolo 414 c.p.comma docomma 11 attoreo , nel quale figurano termini come invenzione , inventore , creazione , proprietà individuale , si evince in maniera univoca - a dispetto del successivo tentativo di sconfessare tale assunto - l'intenzione del procuratore di dimostrare l'esistenza di una nuova creazione o di un modello di utilità da parte dell'odierno attore. Tale intenzione, tuttavia, non prendeva corpo, manifestandosi totalmente carente di qualsivoglia allegazione, ad eccezione di una lettera di encomio inoltrata dalla omissis s.r.l. al omissis docomma 29 attoreo , di per sé sola inidonea a fondare la pretesa del ricorrente. Detta circostanza veniva correttamente rilevata dal giudice della Sezione Specializzata del Tribunale di Venezia, il quale, nella propria sentenza numero i/2012, ha dato atto che l'onere di allegazione di cui è gravato il ricorrente era stato totalmente disatteso, rendendo di fatto impossibile esaminare nel merito le domande formulate dall'avv. omissis , le quali sono state perciò necessariamente rigettate docomma 28 attoreo . L'assenza di allegazioni ha di conseguenza reso i capitoli di prova svolti valutativi e generici e la CTU meramente esplorativa. Preme, inoltre, evidenziare, che nella prospettazione dell'avv.to omissis l'indennizzo economico cui il omissis avrebbe dovuto avere diritto si ancorava agli importi netti ricavati dalla omissis s.r.l. nella misura del 50% fino al 2008, tuttavia, il convenuto ha allegato al ricorso ex articolo 414 c.p.c, solo i bilanci relativi agli esercizi per gli anni 2004-2007 doccomma 35-38 attorei , omettendo di produrre quello rispondente al 2008, dal quale sarebbe subito emersa la perdita di Euro 1.787.509,00 docomma 39 attoreo , della quale il cliente non era mai stato informato e che ragionevolmente lo avrebbe dissuaso dall'agire in giudizio. Si rileva, poi, come l'avv. omissis si sia dimostrato fin da subito contrario alla declaratoria di incompetenza da parte del giudice del Lavoro nonostante sia proprio il tenore letterale del suo ricorso ex articolo 414 c.p.comma a individuare come giudice naturale le Sezioni Specializzate , in tal caso un coerente comportamento processuale avrebbe dovuto suggerire la proposizione di apposito gravame avverso la suddetta decisione, anziché il ricorso in riassunzione dinanzi ai giudice dichiarato competente, peraltro con le medesime argomentazioni già svolte di fronte al Tribunale di Treviso - Sezione Lavoro. L'avv. omissis ha infatti sostenuto che l'uso di termini riconducibili al Codice della Proprietà industriale fosse giustificato dalla peculiarità dell'attività di consulenza prestata da omissis e che, pertanto, tale uso non avrebbe dovuto giustificare la traslazione del giudizio dinanzi le Sezioni specializzate. Secondo la prospettazione del convenuto, in ogni caso, anche in assenza di un riconoscimento dell'esistenza di un'invenzione e/o di un modello di utilità, il B avrebbe avuto diritto al riconoscimento di un indennizzo per le ore di lavoro prestato in proprio e tale richiesta il giudice della Sezione specializzata del Tribunale di Venezia avrebbe dovuto soddisfare attraverso la valorizzazione delle domande proposte in via subordinata nel ricorso ex articolo 414 c.p.comma E’ bene rilevare come ciò non sarebbe stato possibile, infatti, la prima e la seconda domanda proposte in via subordinata concernevano rispettivamente resistenza di un modello di utilità creato dal omissis e la cessione di un know how in entrambi i casi, esattamente come per la domanda principale, non vi era alcuna allegazione comprovante qualsivoglia invenzione, modello di utilità o cessione di know how . Con la terza domanda proposta in via subordinata il professionista azionava il rimedio residuale ex articolo 2041 c.c., chiaramente non esperibile a mente dell'articolo 2042 c.c. infine, l'ultima domanda in ogni caso proposta risultava anch'essa sguarnita di allegazioni il calcolo di Euro 158.000,00 basato sulla retribuzione oraria di Euro 50,00 per 4 ore al giorno per 36 mesi era frutto di un calcolo opinabile per stessa ammissione del B. di tale opinabilità era inoltre a conoscenza anche l'avv. omissis cfr. doc 54 attoreo . Ne consegue che nessuna domanda così come dedotta, avrebbe potuto sortire esito positivo per il omissis a titolo di lavoro prestato in proprio a favore di omissis s.r.l. Un approccio processuale di questo tipo non può che integrare una condotta professionale negligente, che determina responsabilità professionale in capo all'avvocato Cass. civ. numero 10068/1996 , il quale ha intrapreso un giudizio che non si sarebbe nemmeno dovuto intentare perché foriero, ab origine, di soccombenza. A ciò si aggiungano le manifeste perplessità del ricorrente nel proseguire un giudizio rivelatosi più lungo e dispendioso del previsto e il desiderio di abbandonare ogni attività processuale, desiderio rimasto inattuato solo grazie alla pronta dissuasione operata dall'avv. omissis , che ha invece sollecitato il cliente a proseguire il percorso intrapreso, paventandone il felice esito docomma 54 attoreo . Secondo costante giurisprudenza ex multis Cass. civ numero 14597/2004 il professionista che agisca diligentemente ha il dovere di informare, dissuadere, sollecitare il cliente, rappresentandogli tutte le questioni di fatto o diritto ostative al raggiungimento dell'obiettivo e produttive di potenziali effetti dannosi, sconsigliandolo di intraprendere o proseguire giudizi dall'esito probabilmente sfavorevole. L'onere della prova di una tale condotta incombe sul professionista, essendo peraltro insufficiente a questo fine il rilascio da parte del cliente della procura ad agire. Per tutto quanto esposto ut supra nel caso so di cui è processo, il dovere del professionista non può ritenersi adempiuto, né l'avv.to omissis ha soddisfatto l'onere probatorio su di lui gravante. Ne consegue, previo rigetto della pretesa creditoria per compenso professionale azionata dal convenuto, l'accoglimento della domanda riconvenzionale dedotta dall'attore e. per l'effetto, l'avv. omissis va condannato al pagamento della somma totale di Euro 21.297,12, oltre interessi legale dalla data di tale domanda al saldo, così conteggiata a. omissis Euro 3.011,11 per acconti versati all'avv. omissis . nella causa promossa verso omissis s.r.l. b. omissis Euro 15.114,01 per spese e competenze professionali liquidate nella sentenza numero omissis /2012 della Sezione specializzata in materia di proprietà industriale del Tribunale di Venezia comma Euro 3.172,00 per competenze professionali relative alla procedura promossa con l'istanza di annullamento in autotutela del parere di congruità del COA. Va poi accolta la domanda di manleva dedotta dal professionista nei confronti di omissis infatti, quest'ultima nell'associarsi in toto alle difese del proprio assicurato, nulla ha eccepito sulla operatività della copertura assicurativa, tuttavia, in conformità alle considerazioni espresse dalla medesima la manleva va pronunciata limitatamente ai punti b e c non rientrando il punto a nella copertura assicurativa riguardando tale voce l'anticipazione del compenso corrisposto dal cliente. Va poi detratta la franchigia contrattuale del 10%, come previsto negozialmente, estendendosi la manleva anche alle spese di lite che il convenuto dovrà rifondere all'attore, come indicato in contratto. Va invece rigettata la domanda atto rea di accertamento della responsabilità dell'avv. omissis per colpa grave ex articolo 96 c.p.comma con conseguente condanna al pagamento della somma di Euro 5.000,00 perché la condotta del convenuto non integra i requisiti della gravità della colpa, posto che al parere di congruità annullato è seguito uno di pari importo. L'esito del giudizio esclude poi una responsabilità ex articolo 96 c.p.comma a carico dell'attore. Le spese seguono il principio della soccombenza per quanto attiene al rapporto processuale principale, vanno invece integralmente compensate per quanto riguarda quello generato dalla chiamata in causa del terzo. P.Q.M. 1 ln accoglimento, per quanto di ragione della proposta opposizione, revoca il decreto ingiuntivo numero ./2014 emesso dal Tribunale di Treviso, con spese per la procedura monitoria e tassa di opinamento a carico del convenuto. 2 ln accoglimento della domanda riconvenzionale dedotta dall'attore, condanna l'avv.to omissis a pagare a omissis la somma di Euro 21.297,12 oltre interessi ai tasso legale dalla data di tale domanda al saldo effettivo. 3 Rigetta le domande ex articolo 96 c.p.comma dedotte da entrambe le parti. 4 Condanna il convenuto a rifondere all'attore le spese di lite che liquida nella somma complessiva di Euro.6.000,00 oltre spese generali Iva e epa se dovuti per legge. 5 ln accoglimento della domanda dedotta dal convenuto nei confronti della terza chiamata, condanna omissis in persona del suo legale rappresentante pro tempore, a manlevare l'avv.to. omissis limitatamente all'importo di Euro.18.286,01, oltre interessi dalla domanda riconvenzionale al saldo effettivo che il medesimo dovrà corrispondere all'attore, detratta la franchigia contrattuale del 10%, nonché per quanto attiene alle spese di lite di cui al punto 4 . Rigetta per il resto. 6 Dispone l'integrale compensazione delle spese di lite nel rapporto processuale tra il convenuto e la terza chiamata.