La liquidazione delle spese processuali non è connessa soltanto alle attività difensive

Le attività cui il giudice deve fare riferimento, ai sensi del d.m. n. 55/2014, nella fase di liquidazione delle spese processuali sono puramente esemplificative e non riguardano esclusivamente le attività difensive svolte dalla parte vittoriosa.

Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 9046/18, depositata il 12 aprile. Il caso. La Corte d’Appello di Catania nel rigettare il gravame proposto dall’appellante ne disponeva la condanna al pagamento, in favore dell’appellato, delle spese del grado, originato da una citazione in giudizio volta all’accertamento di una condotta diffamatoria ex art. 595 c.p Avverso la sentenza della Corte distrettuale l’appellante ricorre per cassazione denunciando l’errata liquidazione delle spese ai sensi del d.m. n. 55/2014, in particolar modo per aver il Giudice d’Appello computato una somma relativa alla fase decisoria, in considerazione del valore della controversia e dell’attività difensiva svolta, nonostante tale fase non fosse stata svolta dall’appellato, non avendo lo stesso né preso parte all’udienza di precisazione delle conclusioni né depositato memoria conclusionale e di replica. Pertanto, secondo il ricorrente, la somma liquidata per la fase decisoria sarebbe illegittima. Liquidazione delle spese e attività difensiva. Il Supremo Collegio evidenzia come le attività di cui alle fasi del d.m. n. 55/2014, cui il giudice deve far riferimento per la liquidazione delle spese processuali, sono puramente esemplificative e non hanno esclusivo riguardo alle attività difensive svolte dalla parte vittoriosa a cui favore sono liquidate le spese di lite . Difatti, precisa la Suprema Corte, nel concetto di fase decisoria, oltre alla precisazione delle conclusioni, alla redazione e deposito di comparse conclusionali o di replica, devono ricomprendersi anche l’esame delle conclusioni di controparte, le memorie illustrative, conclusionali o in replica della controparte, l’esame e la registrazione del provvedimento conclusivo del giudizio, comprese le richieste di copie al cancelliere, il ritiro del fascicolo, ecc. . In ogni caso, il sopracitato decreto prevede che nella liquidazione delle spese il giudice consideri tutte le attività successive alla decisione e che non rientrano nella fase di cui alla lettera e . La Corte dunque rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 14 dicembre 2017 – 12 aprile 2018, n. 9046 Presidente Vivaldi – Relatore Moscarini Fatti di causa M.S. ricorre per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Catania del 2/2/2015 n. 190 che, rigettando l’appello, lo ha condannato a pagare in favore di Mi.Lu. le spese del grado liquidate in complessivi Euro 3.777,00 comprensivi di Euro 1.820 per la fase decisoria , a seguito di esito vittorioso per la Mi. di una lite. All’origine del giudizio vi fu una citazione volta a far constare una diffamazione ai sensi dell’art. 595 c.p., le cui vicende sono irrilevanti ai fini del presente giudizio di cassazione nel quale è in discussione unicamente la statuizione del giudice di appello relativa alle spese del grado. Avverso la sentenza e, in particolare, avverso il capo relativo alla condanna di esso appellante alle spese di lite, il M. propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, illustrato da memoria. Resiste con controricorso Mi.Lu. . Ragioni della decisione Con l’unico motivo denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c., l. 31/12/2012 n. 247, Decr. Min. della Giustizia del 10/03/2014 n. 55, art. 132 n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c Il ricorrente censura l’impugnata sentenza nella parte in cui ha liquidato, ai sensi del D.M. 2014/55, le spese del grado d’appello ed in particolare nella parte in cui ha computato, nella somma complessiva delle spese, l’importo di Euro 1.820 per la fase decisoria in applicazione del D.M. n. 55/2014, tenuto conto del valore della controversia e dell’attività difensiva effettivamente svolta. Sulla base di queste premesse, la Corte d’Appello avrebbe errato nel liquidare un importo per la fase decisoria che non sarebbe stata svolta dall’appellata, non avendo la medesima né preso parte all’udienza di precisazione delle conclusioni del 17/11/2014, né depositato la comparsa conclusionale né la memoria di replica. Da quanto premesso discende che la condanna al pagamento dell’importo per la fase decisoria non corrisponderebbe ad una attività difensiva effettivamente espletata, dando luogo ad una illegittima statuizione da parte del giudice d’appello. Il motivo è infondato in quanto le attività di cui alle fasi del DM n. 55/2014, cui il giudice deve far riferimento per la liquidazione delle spese processuali, sono puramente esemplificative e non hanno esclusivo riguardo alle attività difensive svolte dalla parte vittoriosa a cui favore sono liquidate le spese di lite. Nel concetto di fase decisoria deve infatti essere ricompreso, non solo la precisazione delle conclusioni o la redazione e il deposito di comparse conclusionali o di replica ma anche l’esame delle conclusioni di controparte, le memorie illustrative, conclusionali o in replica della controparte, l’esame e la registrazione del provvedimento conclusivo del giudizio, comprese le richieste di copie al cancelliere, il ritiro del fascicolo, etc. In ogni caso il DM n. 55/2014 sancisce che nella liquidazione delle spese il Giudice tiene conto di tutte le attività successive alla decisione e che non rientrano nella fase di cui alla lettera e . Da quanto precede consegue la palese infondatezza del ricorso, che deve essere rigettato, con le conseguenze sulle spese, liquidate come in dispositivo, e sul raddoppio del contributo unificato. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio, liquidate in Euro 1.100 oltre Euro 200 per esborsi , oltre accessori di legge e spese generali al 15%. Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.