Sospeso l’avvocato che si appropria indebitamente del risarcimento ottenuto per il cliente

L’appropriazione indebita di somme di denaro di spettanza del cliente oltre ad integrare gravissima violazione art. 31 codice deontologico , che pregiudica l’affidamento generale che il professionista deve coltivare in ragione del suo ministero, compromettere anche la credibilità dell’intero ceto forense.

Così il Consiglio Nazionale Forense con sentenza n. 188, depositata il 24 novembre 2017. La vicenda. Il COA di Cremona infliggeva la sanzione disciplinare delle sospensione dall’esercizio della professione per sei mesi ad un avvocato, ai sensi dell’art. 41 e 44 del codice deontologico, per aver incassato ed indebitamente trattenuto, nonostante le sollecitazioni e le contestazioni ricevute dal cliente , la somma di € 26.100, liquidata dalla compagnia assicuratrice in favore del cliente stesso sul conto corrente dell’avvocato. Avverso la decisione del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Cremona ricorre davanti al CNF l’avvocato sanzionato. Il ricorrente lamenta che la decisione del COA non prendeva in considerazione il fatto che lo stesso non aveva restituito la somma liquidata dall’assicuratrice al cliente perché temeva di essere coinvolto in una truffa che lo stesso cliente aveva perpetrato ai danni dell’assicuratrice, nella specie chiedendo il risarcimento derivante dal sinistro stradale anche ad un'altra assicurazione. Tesi difensiva non credibile e sanzione adeguata. Di conseguenza il ricorrente aveva conservato il denaro in attesa di capire la verità o meno dell’ operazione truffaldina e, nel caso, per restituire all’assicuratrice la somma ingiustamente liquidata. Dalla valutazione del Consiglio Nazionale Forense emerge la non credibilità della tesi difensiva dando conferma di quanto già rilevato dal COA. Infatti dalla cronologia dei fatti deve desumersi come l’avvocato fosse nella disponibilità delle somme contestate da molto tempo e solo recentemente lamentava davanti al COA la possibile truffa sopra descritta. Il CNF ha quindi ritenuto incensurabile l’istruttoria del COA ottenuta attraverso acquisizione di una serie di risultanze che forniscono prova certa circa la responsabilità deontologica dell’avvocato per l’illecito disciplinare di trattenimento indebito di somme del cliente. Inoltre il Consiglio ha ritenuto pienamente congrua e adeguata la sanzione disciplinare aggravata di 6 mesi di sospensione inflitta dal COA, stante il fatto che l’apprensione indebita di somme di denaro di spettanza del cliente integra gravissima violazione, che pregiudica l’affidamento generale che il professionista deve coltivare in ragione del suo ministero, compromettendo, conseguentemente, la credibilità dell’intero ceto forense . Per queste ragioni il CNF ha rigettato il ricorso.

Consiglio Nazionale Forense, sentenza 27 aprile – 24 novembre 2017, numero 188 Presidente Picchioni – Segretario Sorbi Fatto L’Avv. [ ricorrente ] impugna la decisione del COA di Cremona con la quale gli è stata inflitta la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione per mesi sei per aver incassato ed indebitamente trattenuto, nonostante le sollecitazioni e le contestazioni ricevute dal Cliente, la somma di € 26.100,00 liquidata dalla Compagnia [ assicurazione ] in favore del Sig. [ esponente ] sul c/c dello stesso Avv. [ ricorrente ]”. Ciò in violazione degli artt. 41 e 44 del previgente Codice Deontologico. La notizia di illecito, che ha originato il procedimento disciplinare, era contenuta nella copia della denuncia/querela inviata al COA di Cremona in data 18 maggio 2005 dal difensore di fiducia del Sig. [ esponente ], denuncia/querela presentata presso la Procura della Repubblica di Cremona sempre in data 18 maggio 2005 da esso [ esponente ] contro l’Avv. [ ricorrente ]. A sostegno dell’impugnazione il ricorrente ripropone innanzi al CNF la tesi difensiva già prospettata davanti al COA di Cremona e da quest’ultimo ritenuta, nella decisione impugnata, non credibile. L’Avv. [ ricorrente ] asserisce, in particolare, di non aver restituito all’esponente [ esponente ] la somma di € 26.100,00, liquidata in favore di detto suo cliente dalla Compagnia [ assicurazione ]”, poiché temeva di essere coinvolto quale vittima in una truffa che lo stesso [ esponente ] avrebbe perpetrato ai danni della Compagnia assicurativa il ricorrente, invero, era venuto a conoscenza del fatto che il Sig. [ esponente ] aveva denunciato ad altra Compagnia [ assicurazione -2]” , con la quale era assicurato contro il rischio infortuni, una caduta accidentale da cui era derivata 2 la medesima lesione al ginocchio sinistro che lo stesso [ esponente ] avrebbe successivamente denunciato come conseguenza dell’incidente stradale che aveva visto nella veste di danneggiante l’Avv. [ ricorrente ]. Il ricorrente ribadisce, dunque, dinanzi al CNF di non aver provveduto a rimettere al cliente la somma incassata per conto dello stesso poiché tale somma, in caso si fosse rivelata veritiera la suddetta operazione truffaldina, non sarebbe spettata al Sig. [ esponente ] ma avrebbe dovuto essere restituita alla Compagnia [ assicurazione ]”. L’Avv. [ ricorrente ] contesta, inoltre, l’attendibilità, in qualità di testimone, dell’esponente [ esponente ], in quanto lo stesso avrebbe subito in passato una condanna penale per detenzione di droga a fini di spaccio e sarebbe, quindi, un pregiudicato”. Il ricorrente si duole, altresì, del fatto che il COA procedente non abbia tenuto in alcun conto alcune circostanze rilevanti ai fini del decidere a nel periodo immediatamente successivo all’incasso dell’assegno de quo febbraio/marzo 2004 l’avv. [ ricorrente ] era stato affetto da ernie discali che lo costrinsero ad assentarsi dallo studio b l’avv. [ ricorrente ] inviò un telegramma e una missiva per convocare il Sig. [ esponente ], il quale non si presentò agli appuntamenti c il sig. [ esponente ] era stato in passato agente assicurativo e sarebbe, dunque, stato difficile, se non impossibile, ingannarlo circa le modalità di gestione di un sinistro stradale. Con le sopra sintetizzate doglianze, l’Avv. [ ricorrente ] censura sostanzialmente la decisione del COA per erronea interpretazione/ricostruzione dei fatti del giudizio e delle prove acquisite nel corso dello stesso e ne chiede l’annullamento. Domanda quindi in via principale l’assoluzione dal capo di incolpazione e in subordine la riduzione del periodo di sospensione o l’applicazione di un provvedimento sanzionatorio meno gravoso. In sede di discussione solleva eccezione di prescrizione dell’azione disciplinare. Il COA di Cremona resiste con memoria del 03.03.2015 e, in sede di discussione, contesta l’eccezione di prescrizione sollevata in udienza dal ricorrente, concludendo per il rigetto del ricorso. Diritto Deve essere esaminata con priorità l’eccezione di prescrizione dell’azione disciplinare sollevata dal ricorrente all’udienza di discussione del 27 aprile 2017. Assume al riguardo quest’ultimo che dall’epoca dei fatti oggetto dell’incolpazione, accaduti nel febbraio 2004,3alla data di conclusione del procedimento disciplinare 22.12.2014 è abbondantemente decorso il termine di prescrizione di cinque anni, previsto dall’art. 51 del RDL numero 1578/1933.L’eccezione è priva di fondamento. Dal provvedimento impugnato e dal fascicolo processuale risulta che il procedimento disciplinare è stato aperto con deliberazione del COA numero 64 del 28.06.2005, per fatti accaduti nel febbraio 2004, e che il capo di incolpazione è stato comunicato all’avv. [ ricorrente ] e al P.M. il 07.07.2005. Risulta inoltre che, con deliberazione del 18.11.2005, depositata il 01.12.2005 e notificata all’incolpato e al P.M. il 06.12.2005, il procedimento disciplinare è stato sospeso in attesa dell’esito del procedimento penale a cui l’avv. [ ricorrente ] era stato sottoposto per gli stessi fatti e che il procedimento stesso è stato riaperto, a distanza di circa due anni, con deliberazione numero 151 del 12.10.2007, e nuovamente sospeso in attesa della conclusione del processo penale con deliberazione numero 176 del 09.11.2007, per essere riaperto con deliberazione 13.01.2009, numero 9, di cui è stata data comunicazione all’avv. [ ricorrente ]il 20.01.2009 e ancora una volta sospeso il 03.03.2009, in attesa dell’esito del giudizio di appello. Conclusosi detto giudizio con sentenza della Corte d’Appello penale di Brescia del03 aprile 2012, il COA ha deliberato in data 12.11.2013, e quindi entro cinque anni dal passaggio in giudicato della sentenza emessa dalla suddetta Corte, l’apertura del procedimento disciplinare a carico dell’avv. [ ricorrente ], allo stesso comunicata il18.12.2013.Tutti gli atti sopra indicati – riguardanti il procedimento amministrativo davanti al COA -hanno valore interruttivo della prescrizione, il cui termine iniziale – dopo ciascun periodo di interruzione - ha ripreso di volta in volta a decorrere ab initio senza mai superare il quinquennio. Nel procedimento davanti al CNF che ha natura giurisdizionale l’interruzione della prescrizione ha effetto permanente art. 2943 c.c. per consolidata giurisprudenza CNF, 12.07.2016, numero 182 02.05.2016, numero 105 02.05.2016, numero 101 22.07.2011, numero 125 .Deve aggiungersi, per completezza, che il nuovo regime della prescrizione art. 56 L. numero 242/2017 non trova applicazione nel caso in esame, regolato dal principio tempus regitactum. Ha statuito, infatti, la Corte di Cassazione che in materia di sanzioni disciplinari a carico degli avvocati, l’art. 65, comma 3, della L. 3 dicembre 2012, numero 247, nel prevedere, con riferimento alla nuova disciplina della professione forense, che le norme contenute nel nuovo codice deontologico si applicano anche ai procedimenti disciplinari in corso al momento della sua entrata in vigore, se più favorevoli all’incolpato, riguarda esclusivamente la successione nel tempo delle norme del previgente e del nuovo codice4deontologico. Ne consegue che per l’istituto della prescrizione, la cui fonte è legale e non deontologica, resta operante il criterio generale dell’irretroattività delle norme in tema di sanzioni amministrative, sicché è inapplicabile lo jus superveniens introdotto con l’art. 56,comma 3, della L. numero 247 cit. sentenze 07.12.2016, numero 25054 25.07.2016, numero 15287 27.07.2016, numero 15543 . In senso conforme si veda la giurisprudenza di questo Consiglio sentenze 29.07.2016, numero 214 25.07.2016, numero 236 08.04.2016, numero 66 31.12.2015, numero 268 30.11.2015, numero 185 .Nel merito il ricorso non ha fondamento. Il COA di Cremona ha, infatti, ritenuto, come già detto, non credibile la tesi alternativa ”fornita dal ricorrente fondando tale convincimento sull’analitico esame della cronologia dei fatti di causa cfr. pag. 16 della decisione , cronologia dalla quale può in particolare desumersi come l’avv. [ ricorrente ] fosse nella disponibilità del denaro di spettanza del [ esponente ] sin dal 19 febbraio 2004 e che alla data del 10 agosto 2004 ovvero quando il [ esponente ], non avendo saputo più nulla della sorte della richiesta di risarcimento danni per sinistro stradale, scrisse all’Assitalia per avere informazioni non lo aveva ancora messo a disposizione dell’esponente. Solo nella successiva data del 30 settembre 2004 il ricorrente ha, infatti, secondo la ricostruzione del COA, contestato per la prima volta al [ esponente ] di aver denunciatolo stesso danno due volte a due diverse compagnie. Per circa sei mesi, quindi, come evidenzia il COA, il ricorrente ha trattenuto le somme spettanti al cliente in assenza di alcuna plausibile ragione giustificativa. Il COA attribuisce, inoltre, rilievo, sempre al fine di confutare la tesi difensiva della temuta truffa, alla missiva di denuncia del sinistro stradale nella quale l’Avv. [ ricorrente ]rendeva noto alla propria Compagnia assicurativa di aver cagionato, in data 02/04/2002,un danno con la propria autovettura al Sig. [ esponente ]” e alla quale allegava la lettera di richiesta del risarcimento danni ricevuta da parte del [ esponente ], della quale confermava espressamente il contenuto Allego alla presente lettera inviatami dallo stesso [ esponente ] confermandone il contenuto” . In conclusione, il COA ha correttamente valutato i fatti e le prove affermando la responsabilità disciplinare dell’incolpato in applicazione del principio del libero convincimento. Va qui ricordato che, in virtù di detto principio, per giurisprudenza costante di questo Consiglio il giudice della deontologia ha ampio margine discrezionale nel valutare la conferenza e la rilevanza delle prove dedotte, con la conseguenza che la decisione assunta in base alle testimonianze e agli atti acquisiti deve ritenersi legittima allorquando risulti coerente con le risultanze documentali acquisite al procedimento, né determina nullità del procedimento stesso la5mancata valutazione di circostanze ininfluenti ai fini del giudizio quali, nel caso in esame, le asserite ernie discali del ricorrente, o il telegramma e la lettera da lui inviati al[ esponente ], o la qualità di ex agente assicurativo di quest’ultimo per essere il Collegio già pervenuto all’accertamento completo dei fatti da giudicare attraverso la valutazione delle risultanze acquisite in sede istruttoria CNF 28 dicembre 2015, nnumero 206 e 226 24dicembre 2015, numero 192 30 novembre 2015, numero 180 24 settembre 2015, numero 151 .Le risultanze acquisite dal COA in sede di istruttoria forniscono prova certa della responsabilità deontologica dell’avv. [ ricorrente ] per avere lo stesso trattenuto per lungo periodo sul proprio conto corrente somme del cliente. L’attività istruttoria deve ritenersi quindi puntualmente espletata dal COA sulla base dei riscontri documentali acquisiti la denunzia del sinistro stradale presentata dall’avv. [ ricorrente ], la conferma da parte sua alla società [ assicurazione ]” della richiesta risarcitoria del[ esponente ], il versamento delle suddette somme sul conto corrente del legale e la loro lunga giacenza in detto conto e delle testimonianze escusse. Quanto emerso dall’istruttoria è stato correttamente valutato dall’organo giudicante non già con esclusivo riferimento alle dichiarazioni dell’esponente [ esponente ], ma anche con riguardo ai dati acquisiti al procedimento a seguito dell’esposto, tra cui le dichiarazioni dello stesso incolpato, e il comportamento da quest’ultimo tenuto nella intera vicenda sia nei con fronti del cliente, sia, soprattutto, nei confronti della Compagnia [ assicurazione ]”. La valutazione del COA deriva, in definitiva, da una pluralità di elementi di prova cfr. CNF20.03.2014, numero 43 18.03.2014, numero 25 20.02.2013, numero 3 , sulla base dei quali con motivazione congrua e condivisibile l’avv. [ ricorrente ] è stato ritenuto responsabile dell’illecito disciplinare contestato trattenimento indebito di somme del cliente . Su detto illecito va richiamata la costante giurisprudenza di questo CNF 17.07.2013, numero 98 23.01.2017, numero 2 16.07.2015, numero 101 03.05.2016, numero 110 23.03.2016, numero 52 23.07.2013,numero 134 28.04.2015, numero 67 12.12.2013, numero 206 , ai sensi della quale il professionista che trattenga indebitamente somme di spettanza del cliente pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante perché lesivo del dovere di correttezza e probità proprio della classe forense. Per quanto riguarda la sanzione sospensione per mesi sei deve rilevarsi che la stessa è stata correttamente applicata dal COA ai sensi dell’ordinamento previgente art. 40, comma 1,numero 3 L. 1578/1933 tenuto conto della natura e della gravità del fatto addebitato. Detta sanzione va confermata anche con riferimento al nuovo codice deontologico, le cui disposizioni sono applicabili, in virtù dell’art. 65, comma 5, della Legge 247/2012, ai procedimenti disciplinari in corso al momento della sua entrata in vigore 15 dicembre62014 se più favorevoli per l’incolpato. Al riguardo va osservato che le norme violate, indicate nel capo di incolpazione artt. 41 e 44 trovano corrispondenza, nel codice vigente, negli articoli 30 e 31. L’art. 30, comma 2, prevede come sanzione edittale la sospensione da sei a 12 mesi, mentre l’art. 31 prevede, per la violazione dei commi 3 e 4,come sanzione edittale la censura e come sanzione aggravata la sospensione non superiore a un anno. In conclusione, la sanzione della sospensione è prevista dal nuovo codice in entrambi gli articoli testè indicati 30, comma 2 e 31, ccomma 3 e 4 nel primo come sanzione edittale e nel secondo come sanzione aggravata. Ne discende che, anche con riferimento al nuovo codice, la sanzione inflitta dal COA al ricorrente mesi sei di sospensione rientra comunque nella previsione normativa e ciò è sufficiente ad affermarne la congruità stante la sua adeguatezza alla natura e alla gravità del fatto cfr., sulla misura della sanzione, CNF sent. 18 luglio 2011, numero 105 . P.Q.M. visti gli artt. 50 e 54 RDL 27 novembre 1933, numero 1578 e RD numero 37/1934 Il Consiglio Nazionale Forense, rigetta il ricorso.