L’avvocato della parte ammessa al gratuito patrocinio può chiedere la liquidazione del compenso dopo la sentenza?

Il Tribunale di Reggio Emilia si esprime su una questione controversa in merito all’interpretazione dell’art. 83, comma 3-bis , d.P.R. n. 115/2002 che disciplina la possibilità per l’avvocato difensore di parte ammessa al gratuito patrocinio di chiedere la liquidazione del compenso spettante nell’ambito di un procedimento.

Sulla questione il Tribunale di Reggio Emilia con ordinanza ex art. 702- ter c.p.c., depositata il 6 dicembre 2017. La vicenda. Durante un giudizio di separazione giudiziale, un avvocato aveva difeso la parte ammessa al gratuito patrocinio a spese dello Stato. Dopo la definizione del giudizio con sentenza l’avvocato ha depositato istanza di liquidazione del compenso, ma il Collegio ha dichiarato il non luogo a provvedere sull’istanza in quanto depositata dopo il termine posto dall’art. 83, comma 3- bis, d.P.R. n. 115/2002 Testo unico in materia di spese di giustizia . In particolare, secondo il Collegio, il decreto di liquidazione era un atto endoprocessuale e il legale avrebbe dovuto, dopo il giudizio, fare ricorso ad un giudizio ordinario per ottenere il compenso. Avverso il provvedimento del Collegio ha proposto reclamo l’avvocato davanti al Tribunale. Due tesi differenti I Giudici di merito hanno osservato che in riferimento all’interpretazione della norma oggetto di contestazione vi sono due tesi differenti. L’art. 83, comma 3- bis, d.P.R. n. 115/2002 prevede che il decreto di pagamento per gli onorari del difensore di parte ammessa al gratuito patrocinio è emesso dal giudice contestualmente alla pronuncia del provvedimento che chiude la fase cui si riferisce la relativa richiesta . Ciò premesso, secondo una prima tesi, fatta propria dal provvedimento impugnato, la disposizione preclude al Giudice dopo la definizione del procedimento di emettere il decreto di pagamento dei compensi spettanti al difensore della parte ammessa al beneficio, avendo il Giudice perso la necessaria potestas decidendi . La tesi opposta, invece, ritiene che la norma non abbia introdotto un termine di decadenza per il difensore in quanto non esplicitamente formulata in tal senso. Per questo motivo è necessario considerare la norma come meramente indicativa, ai fini di maggiore razionalizzazione del sistema, del termine preferibile per la pronuncia, senza però sanzioni in caso di violazione . La soluzione del Tribunale ragioni giuridiche. Il Tribunale di Reggio Emilia ha aderito alla seconda tesi prospettata. Secondi i Giudici, in primo luogo, la disposizione non prevede espressamente un onere al difensore di depositare l’istanza di liquidazione entro la chiusura del procedimento a pena di inammissibilità o di decadenza. Per questo motivo in mancanza dell’espressa menzione di conseguenze processuali anche per l’istanza di liquidazione del compenso dell’avvocato, deve ritenersi che, con la norma sopra citata, il legislatore abbia semplicemente inteso raccomandare la liquidazione del compenso, al fine di accelerare le procedure di erogazione a favore dei difensori delle parti ammesse al patrocinio a spese dello Stato . Ragioni di natura pratica, sistematica, logica. Inoltre, a sostegno di questa tesi, secondo il tribunale, dal punto vista pratico vi potrebbero essere alcune situazioni in cui non può sapersi se il provvedimento definirà o meno il giudizio come in caso di questioni preliminari . Altra affermazione, a sostegno del secondo orientamento, riguarda l’interesse sistematico della norma che non può essere altro che la volontà del difensore ad una possibile celerità nella liquidazione, rendendo insensata la sanzione delle decadenza in caso di mancato esercizio tempestivo della richiesta di liquidazione. Infine, dal punto di vista logico, è opportuno che lo stesso Giudice, che ha deciso la causa nel merito, si occupi anche della liquidazione del compenso al difensore. Infine osserva il Tribunale che il decreto di liquidazione del compenso non può essere trasformato in un atto endoprocessuale, come avverrebbe se venisse accolta la prima tesi, in quanto si porrebbe in contrasto con le altre disposizioni che regolano l’istituto del patrocinio a spese dello Stato. Per le ragioni esposte il Tribunale ha ritenuto fondato il reclamo dell’avvocato disponendo altresì la liquidazione del patrocinio a spese dello Stato.

Tribunale di Reggio Emilia, sez. II Civile, ordinanza 6 dicembre 2017 Giudice Morlini Fatto e diritto Il Giudice, - rilevato che, l’avvocato V.B., nell’ambito di un giudizio di separazione personale, ha difeso una parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato con apposita delibera del COA di Reggio Emilia. Solo dopo la definizione del giudizio con sentenza depositata il 4/5/2016, il 23/6/2016 l’avvocato ha depositato l’istanza di liquidazione del compenso, ritualmente corredata da tutti i necessari documenti ma il Collegio, con decreto del 27/6/2016, ha dichiarato il non luogo a provvedere sull’istanza, in quanto depositata dopo il termine posto dall’articolo 83 comma 3 bis DPR n. 115/2002, e cioè dopo la pronuncia del provvedimento che chiude la fase cui si riferisce la relativa richiesta”. In particolare, il Collegio ha evidenziato che la modifica normativa ha inciso sulla natura del decreto di liquidazione, trasformandolo in atto endoprocessuale, con la conseguenza che il Collegio stesso, dopo la definizione del giudizio, ha perso la potestas iudicandi e non può più provvedere sulla richiesta di liquidazione, ferma restando la possibilità del legale di fare ricorso ad un giudizio ordinario, ad un giudizio sommario ovvero alla procedura monitoria, per ottenere dal Ministero della Giustizia il pagamento del compenso. Averso il provvedimento del Collegio, l’avvocato B. propone reclamo, ritualmente agendo con il procedimento sommario ricognizione ex art. 702 bis c.p.c., ai sensi degli articoli 84 e 170 DPR n. 115/2002. Resiste il Ministero della Giustizia, sul presupposto della correttezza dell’impugnato provvedimento - ritenuto che, come noto, il comma 3 bis introdotto nell’art. 83 del DPR n. 115/2002 dall’art. 1 comma 783 della L. n. 208/2015, prevede che il decreto di pagamento con il quale devono essere liquidati gli onorari e le spese spettanti al difensore ed al consulente tecnico della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nonché all’ausiliario del giudice nel processo in cui una delle parti sia stata ammessa a tale beneficio, è emesso dal giudice contestualmente alla pronuncia del provvedimento che chiude la fase cui si riferisce la relativa richiesta”. Ciò posto, secondo una tesi, fatta propria anche dal provvedimento qui gravato, la disposizione in parola preclude al giudice che abbia già pronunziato il provvedimento che ha definito la fase od il grado del processo in relazione al quale la parte era stata ammessa al patrocinio, l’emissione del decreto di pagamento dei compensi e delle spese spettanti al difensore della parte ammessa a tale beneficio, essendo ciò una conseguenza della perdita da parte del giudice della necessaria potestas decidendi, ferma restando per la parte la possibilità di richiedere il compenso con un giudizio ordinario, un giudizio sommario od un procedimento monitorio non constano infatti provvedimenti editi che abbiamo ritenuto inammissibile la domanda di pagamento anche in un nuovo giudizio, ciò che invece era stato paventato da alcuni interpreti al momento di entrata in vigore della norma . Altra tesi, invece, ritiene che la norma non abbia introdotto un termine di decadenza per il difensore, né un termine invalicabile per il giudice, essendo al riguardo necessario, stante il carattere restrittivo di una simile esegesi, una formulazione esplicita, che all’evidenza manca, ed essendo quindi necessario considerare la norma come meramente indicativa, ai fini di maggiore razionalizzazione del sistema, del termine preferibile per la pronuncia, senza però sanzioni in caso di violazione - considerato che, questo Giudice, anche a seguito di apposita riunione ex art. 47 quater O.G. recentemente tenuta sul punto dalle due sezioni del Tribunale, e pur dando atto dell’oggettiva opinabilità della questione, ritiene di aderire a quest’ultima tesi. Non pare infatti di potersi argomentare che l’art. 83 comma 3 bis DPR n. 115/2002 abbia introdotto un onere per il difensore della parte ammessa al patrocinio erariale di depositare la richiesta di liquidazione entro la chiusura della fase, a pena di inammissibilità o di decadenza. Tali conseguenze non sono infatti espressamente previste, risultando quindi palese la differenza rispetto all’istanza di liquidazione del compenso per l’ausiliario del giudice, per la quale l’art. 71 dello stesso DPR dispone che vada presentata a pena di decadenza” entro il termine di cento giorni dal compimento delle operazioni. Né può operarsi una applicazione analogica di quest’ultima previsione, atteso che la stessa, prevedendo una ipotesi di decadenza, va interpretata restrittivamente in ragione del disposto di cui all’articolo 14 disp. prel. c.comma e stante il pacifico principio della tassatività delle decadenze. Pertanto, in mancanza dell’espressa menzione di conseguenze processuali anche per l’istanza di liquidazione del compenso dell’avvocato, deve ritenersi che, con la norma sopra citata, il legislatore abbia semplicemente inteso raccomandare la liquidazione del compenso, al fine di accelerare le procedure di erogazione a favore dei difensori delle parti ammesse al patrocinio a spese dello Stato. Oltre che le evidenziate ragioni strettamente giuridiche e di natura processualcivilistica, militano poi a favore della soluzione prescelta anche ragioni di natura pratica, di natura sistematica e di natura logica. Infatti, dal punto di vista pratico, in alcune situazioni può non sapersi se il provvedimento definirà o meno il giudizio, ad esempio nel caso di decisione su questioni preliminari, ciò che rende non sempre agevole sapere se è necessario o meno presentare la domanda di liquidazione così Trib. Milano, est. Consolandi, ord. 12/10/2017 . Per altro verso e dal punto di vista sistematico, l’unico interesse tutelato dalla norma non può che essere quello del difensore ad una possibile maggiore celerità nella liquidazione, ciò che rende incongrua la sanzione della decadenza nel caso di mancato esercizio della possibilità di ottenere una tale tempestiva liquidazione. Da un punto di vista logico, poi, non pare revocabile in dubbio che sia più coerente con il sistema che la liquidazione del compenso sia posta in essere dal giudice che ha trattato e deciso la controversia nella quale il patrocinio è stato esercitato, e non già da un giudice diverso e distinto, e ciò anche al fine di meglio calibrare tale liquidazione in relazione alla qualità e quantità dell’attività svolta. Infine, deve osservarsi che la ricostruzione qui avversata, e cioè quella per cui la liquidazione deve necessariamente essere fatta prima della decisione della controversia, così come evidenziato da acuta Dottrina, comporterebbe la sostanziale trasformazione del decreto in un atto endoprocessuale, mentre difetta qualsivoglia dato letterale che supporti una siffatta mutazione e la collocazione di un simile evento sul piano logico-sistematico si porrebbe in un contrasto con le altre disposizioni che regolano l’istituto del patrocinio a spese dello Stato. Infatti, sotto il profilo della carenza di qualsiasi elemento letterale, basta considerare che la norma in esame esige sempre un atto distinto dal provvedimento che definisce il giudizio il decreto di liquidazione è emesso contestualmente al provvedimento che chiude la fase cui si riferisce la relativa richiesta” mentre sotto il profilo della collocazione logico sistematica, non è stata apportata alcuna modifica delle altre disposizioni che riguardano il decreto di liquidazione artt. 83 comma 2, 84-170, 116 e 118 , dalle quali si evince che detto provvedimento conserva autonoma esistenza e non risente della disciplina tipica degli atti realmente endoprocessuali - osservato che, sulla base di quanto sopra, deve concludersi nel senso della possibilità per il difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, di domandare la liquidazione della parcella al giudice del procedimento, anche dopo la definizione dello stesso così Trib. Verona est. Vaccari decomma 4/10/2017, Trib. Milano est. Consolandi ord. 12/10/2017, Trib. Arezzo ord. 23/2/2017, Trib. Gorizia ord. 10/11/2016, Trib. Paola decomma 14/10/2016, Trib. Mantova decomma 29/9/2016 . Discende allora la fondatezza del reclamo, con liquidazione del patrocinio a spese dello Stato così come da dispositivo, non essendovi contestazione in ordine alla nota presentata ed essendo la stessa conforme ai parametri normativi. L’assoluta novità della questione trattata, nonché il mutamento di giurisprudenza operato da questo Tribunale a seguito della già citata riunione ex articolo 47 quater O.G., integrano i motivi di quell’articolo 92 comma 2 c.p.comma per compensare integralmente tra le parti le spese di lite del presente giudizio. P.Q.M. visto l’articolo 702 ter c.p.comma - in accoglimento del reclamo ed in relazione all’attività prestata nella causa RG n. 5726/2012, liquida a carico dell’Erario ed a favore dell’avvocato V.B. € 2.780,13, somma già comprensiva di rimborso forfettario, oltre IVA e CPA ed oltre interessi legali dalla domanda del 23/6/2016 al saldo - compensa tra le parti le spese di lite.