L’avvocato incolpato che non risponde al Consiglio non può essere sanzionato per il suo silenzio

La sentenza emessa dal CNF in sede disciplinare n. 178/17 consente di richiamare l’attenzione principalmente su due questioni che riguardano la vita dell’avvocato una prima di natura procedimentale e una seconda che possiamo definire comportamentale.

La prima questione riguarda la scelta dell’avvocato sottoposto a procedimento disciplinare di non rispondere alle richieste provenienti dal Consiglio ebbene, quel comportamento può essere autonomamente sanzionato oppure no? La seconda questione riguarda il comportamento dell’avvocato che, dopo una prima richiesta di parcella, ne invia un’altra più alta lo può fare o no? E se sì, a quali condizioni? Il silenzio dell’incolpato Ebbene, tra i vari capi di incolpazione che il Consiglio di Milano aveva contestato all’avvocato e valutato ai fini della sanzione vi erano, oltre a quelli di merito, quelli consistiti nell’essere venuto meno al dovere di diligenza per aver omesso di riscontrare le richieste di osservazioni e controdeduzioni avanzate da questo Consiglio dell’Ordine . non può essere sanzionato. Tuttavia per il Consiglio Nazionale giustamente il mancato riscontro alle richieste di chiarimenti, sui contenuti di un esposto, per fatti disciplinarmente rilevanti, di cui il professionista è stato destinatario, ben può costituire l’estrinsecazione di una scelta difensiva, scelta che non può essere sindacata dal COA giudicante . Del resto, ciò che anche il nuovo codice deontologico prevede come illecito all’art. 71 è quel silenzio che si traduce in una ipotesi di mancata collaborazione del professionista a fronte di una richiesta del COA per fatti diversi da quelli che possono avere rilievo disciplinare sul punto vengono richiamate le decisioni CNF 28.07.2016 n. 255 , CNF 24.09.2015 n. 151 e Cass. Civ. SU 28.02.2011 n. 4773 . La maggiorazione dell’importo della parcella. La seconda questione maggiormente rilevante riguarda il comportamento dell’avvocato che, dopo una prima richiesta di parcella inviata al cliente, ne invia un’altra più alta lo può fare o no? E se sì, a quali condizioni? Ed infatti, tra i capi di incolpazione vi era anche quello di aver provveduto ad inviare alla sig.ra [ omissis ] in data 2/12/2008 nota pro forma di Euro 3.585,08 e dopo tre anni altra nota pro forma sempre relativa al medesimo procedimento e per i medesimi incombenti per Euro 6.670,00 indicando altre attività svolte successivamente alla revoca del mandato da parte della cliente . Sul punto il CNF richiama la propria giurisprudenza sottolineano la rilevanza disciplinare della condotta in quanto costituisce certamente violazione del disposto dell’art. dell’art. 32 canone III del CDF che vieta all’avvocato di chiedere un compenso maggiore di quello già indicato, salvo che ne abbia fatto riserva . Riserva che, nel caso di specie, non risulta essere stata mai effettuata dall’avvocato che si era limitato ad invocare come possibile causa giustificativa che dato il tempo trascorso avevo dimenticato i contenuti della prima richiesta una giustificazione ritenuta risibile” dal CNF. Determinazione della sanzione. Infine, merita particolare attenzione il passaggio motivazionale con il quale il CNF esamina la dosimetria della sanzione irrogata dal COA in un caso, come quello oggetto di giudizio, in cui sono molteplici con la conseguenza che deve essere operata una valutazione unica e complessiva della condotta dell’avvocato incolpato. Ebbene, per il CNF a fronte della molteplicità degli addebiti per i quali è stata ritenuta la responsabilità dell’[incolpato] deve essere ribadito che in tema di procedimento disciplinare la sanzione è determinata sulla base dei fatti complessivamente valutati e non già per effetto di un computo matematico ovvero in base ai principi codicistici in tema di concorso di reati, per i quali la pena per il reato più grave andrebbe aumentata per effetto della continuazione formale ritenuta, cosicché si dovrebbe determinare quantitativamente l'aumento operato sulla pena base per ogni violazione . Non vi è, quindi, nessun obbligo in capo al giudice disciplinare di collegare le violazioni deontologiche a singole pene, dovendosi, invece, determinare la sanzione e la sua misura nel complesso idonea in base alla valutazione complessiva dei fatti, dei comportamenti, delle qualità e soprattutto del disvalore che gli stessi comportamenti determinano nella classe forense . Ed è proprio sulla base di questo passaggio – oltre che sul proscioglimento da alcuni capi di incolpazione – che il CNF ha rideterminato la sanzione della sospensione in due mesi anziché nei sei già irrogati.

Consiglio Nazionale Forense, sentenza 25 maggio – 21 novembre 2017, numero 178 Presidente Picchioni – Segretario Capria Fatto Il COA di Milano tra il 2010 ed il 2013 apriva sette procedimenti disciplinari nei confronti dell’Avv. [ricorrente]. Venivano contestati all’incolpato numerosi comportamenti disciplinarmente ritenuti rilevanti. In particolare veniva contestato all’incolpato 1. P rocomma numero 999/10-RG numero 206/10 Essere venuto meno ai doveri di diligenza, lealtà e correttezza a Per aver inoltrato tardivamente al Tribunale di Milano un ricorso per accertamento tecnico preventivo in ordine a vizi afferenti l’immobile di proprietà della Signora [Mevia] da cui aveva ricevuto mandato, e in particolare per aver depositato l’atto in epoca successiva alla cessione, a lui nota, dell’immobile in questione provocando così la declaratoria di inammissibilità del ricorso con conseguente grave pregiudizio economico per la sua assistita. In Milano, dal febbraio 2010 b Per non aver dato riscontro alle richieste di osservazioni e controdeduzioni avanzate da questo Consiglio dell’Ordine. In Milano, il 03/11/2010”. 2. Procomma numero 1214/10 - R.G. numero 45/11 Essere venuto meno ai prìncipi di correttezza e probità a per aver provveduto a costituirsi in giudizio per conto dei Sig.ri [omissis] e [omissis] nel giudizio di appello promosso da [omissis] S.p.A. pendente avanti la Corte d’Appello di Milano, utilizzando una delega rilasciatagli in precedenza dagli stessi senza informarli dell’esistenza del giudizio e della loro costituzione in causa b per non aver informato i Sig.ri [omissis] e [omissis] dell’esito del giudizio se non alcuni mesi dopo il deposito della sentenza. In Milano, dal 25/01/2007 al marzo 2010”. 3. Procomma numero 745/10-R.G. numero 110/11 Essere venuto meno ai doveri di lealtà e correttezza a per aver promosso un giudizio avanti il Giudice di Pace di Verbania numero 174/10 P.O. nei confronti di [omissis], praticante avvocato e sua ex collaboratrice, senza dargliene preventiva comunicazione per iscritto e senza che ciò potesse pregiudicare il diritto da tutelare. In Verbania nel Marzo 2010 b per aver offeso la controparte [omissis] nel corso dell’udienza tenutasi avanti il GdP di Verbania Dott. [omissis] in data 22/06/2010 proferendo le seguenti parole ‘bugiarda’ ‘è un’[omissis] approfittatrice’ ‘il fax è falso e lo ha scritto la [omissis]’ è una povera matta’ ‘ha dei seri problemi mentali’ ‘ha lasciato un sacco dì debiti in giro’ ‘è piena di debiti e per questo è scappata ’. In Verbania il 22/06/2010”. 4. Procomma numero 1163/09 - R.G. numero 112/11 a Essere venuto meno ai doveri di correttezza e diligenza per non aver informato il cliente Studio [tizio] — Condominio Via [omissis] sullo stato delle pratiche di recupero crediti affidategli e ciò nonostante le numerose richieste avanzate dal cliente. a Essere venuto meno ai doveri di correttezza, diligenza e colleganza per non avere, a seguito di revoca del mandato, restituito al cliente Studio [tizio] ed al suo nuovo legale avv. [omissis] le pratiche affidategli, e ciò nonostante i continui solleciti, causando al cliente gravi danni in particolare in relazione alla pratica [omissis] S.r.L, per la quale era fissata udienza il 6/10/2009, ove il Condominio fu impedito di costituirsi con altro legale a causa della mancanza della documentazione, pur tempestivamente richiesta all’avv. [ricorrente] in data 25/09/2009. a Essere venuto meno al dovere di diligenza per aver omesso di riscontrare le richieste di osservazioni e controdeduzioni avanzate da questo Consiglio dell’Ordine. b Essere venuto meno al dovere di aggiornamento professionale per non avere adempiuto agli obblighi di formazione di cui al regolamento del Consiglio Nazionale Forense. In Milano fino al 30/4/2011 ”. 5. Procomma numero 235/08-PG. numero 113/11 a Essere venuto meno ai doveri di correttezza e probità per aver rivolto al legale di controparte avv. [mevia], nel corso dell'udienza tenutasi avanti il Giudice di Pace di Verbania il 14/1/2008, la seguente frase 'come puoi parlare tu che sei piena di procedimenti disciplinari in tutta Italia non ho paura a dirlo’ b Essere venuto meno al dovere dì diligenza per aver omesso di riscontrare le richieste di osservazioni e controdeduzioni avanzate da questo Consiglio dell'Ordine. In Milano e Verbania fino a luglio 2011”. 6. Proc numero 375/12 - R.G. numero 50/12 Essere venuto meno ai doveri di probità e correttezza per a Aver provveduto ad inviare alla sig.ra [omissis] in data 2/12/2008 nota pro forma di Euro 3.585,08 e dopo tre anni altra nota pro forma sempre relativa al medesimo procedimento e per i medesimi incombenti per Euro 6.670,00 indicando altre attività svolte successivamente alla revoca del mandato da parte della cliente b non aver maturato i crediti formativi così come previsto dalla normativa del C.N.F.- In Milano, dal 2/12/2008 . 7 Procomma numero 267/13 -R.G. numero 98/13 Essere venuto meno ai principi di correttezza e diligenza per non aver provveduto a depositare nel giudizio di appello R.G. numero [omissis]/2009 pendente avanti la Corte di Appello di Milano, nell’interesse della propria assistita Sig.ra [omissis], il fascicolo d’ufficio, la comparsa conclusionale, la memoria di replica così come risulta dalla sentenza numero 632/12 resa a definizione del giudizio. In Milano, dal 06/11/2010”. A - I singoli procedimenti disciplinari e le relative contestazioni 1. Procomma 999/10 – RG 206/10 [mevia] Fatti La dott.ssa [mevia], con esposto 13/10/10, lamentava che l’Avv. [ricorrente], incaricato nel giugno 2009 di promuovere un accertamento tecnico preventivo in ordine ai vizi afferenti un immobile di sua proprietà causati da vicini di casa, non adempieva tempestivamente al mandato ricevuto, nonostante le rassicurazioni date alla cliente. L’azione veniva promossa dal legale con grave ritardo, solo nel marzo 2010, successivamente alla cessione dell’immobile, avvenuta a febbraio 2010 ed a lui nota. Di conseguenza ne derivava l’inammissibilità del ricorso ed un grave danno economico alla proprietaria, cui il legale chiedeva il pagamento di una onerosa parcella. L’Avv. [ricorrente] si è difeso sostenendo che la cliente era stata edotta della tempistica della sua attività difensiva, che non aveva mai eccepito nulla, né subìto alcun danno o corrisposto alcun fondo spese. I sig.ri [omissis] e [omissis], con ricorso in prevenzione 13/12/10, contestavano la fondatezza della nota proforma ricevuta dall’Avv. [ricorrente], che prevedeva compensi per un giudizio di appello di cui ignoravano l’esistenza promosso dalla società [omissis] SpA e per il quale non avrebbero mai conferito alcuna procura evidenziavano di non aver mai ricevuto copia della sentenza, nonostante la richiesta al difensore. L’Avv. [ricorrente] richiedeva la liquidazione dei compensi con parcella, depositando deduzioni. Il COA non riteneva di liquidare la parcella e disponeva l’apertura di procedimento disciplinare. 3.Procomma 745/2010 – RG 110/2011 [omissis] Con esposto 26/07/10 la dott.ssa [omissis], praticante avvocato, lamentava la condotta scorretta del suo dominus, l’Avv. [ricorrente], con cui aveva collaborato dal novembre 2006 al dicembre 2009, poiché non era stata informata preventivamente dell’instaurazione di un giudizio nei suoi confronti, con conseguente violazione dell’art. 22, canone II CDF, nel corso del quale aveva ricevuto numerose offese bugiarda”, [omissis] approfittatrice”, povera matta”, persona con seri problemi mentali” ed un sacco di debiti in giro” , circostanza confermata dal difensore dell’esponente si trattava di ricorso per decreto ingiuntivo, relativo ad una penale che l’incolpato aveva dovuto corrispondere ad una società assicuratrice per un sinistro stradale, mentre alla guida del mezzo era la sig.ra [omissis]. L’Avv. [ricorrente] nel difendersi entrava nel merito del procedimento civile e dei rapporti burrascosi con l’esponente, sostenendo che non sussisteva alcuna violazione dell’art. 22 CDF, poiché vi era stata una copiosa corrispondenza tra le parti prima del deposito del decreto ingiuntivo negava poi di aver proferito le frasi ingiuriose nel corso dell’udienza. Procomma 1163/09 – RG 112/11 [tizio] Il sig. [tizio], amministratore del Condominio di via [omissis] a Milano, lamentava la condotta dell’Avv. [ricorrente] in relazione alla gestione di tre pratiche affidategli dal precedente amministratore. Riferiva di aver interpellato numerose volte lo studio del professionista sin dal 13/07/09 , ma solo in data 11/09/09 riceveva aggiornamenti su due pratiche, mentre nulla riusciva a sapere sulla terza pratica, nonostante i solleciti di un condomino diretto interessato. Il Condominio dopo ulteriori solleciti, comunicava in data 25/09/09 all’Avv. [ricorrente] la revoca del mandato conferendo contestualmente incarico ad altro professionista . Il nuovo legale, dello studio [omissis], avanzava in data 02/10/09, la richiesta di restituzione di tutta la documentazione, anche in considerazione di un’udienza fissata per il 06/10/09. La richiesta rimaneva senza esito, rendendo impossibile la costituzione del nuovo legale in udienza. Ad ulteriori solleciti facevano eco risposte offensive fino alla data dell’esposto, il 29/10/09. Nell’esplicitare la propria difesa, l’incolpato, con memoria 12/07/12 riferiva di non aver risposto alle prime richieste del Condominio poiché fuori sede precisava che all’udienza del 06/10/09 aveva presenziato un suo collaboratore di studio riferisce di aver offerto sempre una pronta collaborazione al collega [omissis] e negava di aver mai ricevuto incarichi direttamente da condomini relativamente a pratiche di loro interesse. 4. Procomma 235/08 – RG 113/11 [mevia] Fatti Con esposto 07/03/08 l’Avv. [mevia] lamentava la condotta dell’Avv. [ricorrente] perché nel corso dell’udienza del 14/01/08 davanti al Giudice di Pace di Verbania si era rivolto a lei in maniera offensiva pronunciando le seguenti parole come puoi parlare tu che sei piena di procedimenti disciplinari in tutta Italia non ho paura a dirlo . Il Giudice aveva consentito la verbalizzazione di quanto accaduto. L’incolpato riconosceva di aver proferito tale espressione, precisando di essere stato provocato dalla collega, ma di non aver mai avuto alcun intento offensivo. Procomma 375/12 – RG 50/12 [omissis] Con esposto 16/04/12 la sig.ra [omissis] contestava all’Avv. [ricorrente] di averle inviato due note proforma di diverso importo, in tempi successivi, per attività professionale svolta in suo favore, benché non vi fosse stata nuova attività tra l’invio della prima nota e l’invio della seconda nota, stante, medio tempore, l’intervenuta revoca del mandato. L’Avv. [ricorrente] si difendeva facendo rilevare che si era trattato di un mero disguido dovuto al tempo che era intercorso, nel senso che aveva dimenticato di aver formulato la prima richiesta. Procomma 267/13 – RG 98/13 [omissis] La sig.ra [omissis], con esposto 25/03/13, contestava all’Avv. [ricorrente] il mancato deposito nel suo interesse della comparsa conclusionale e della replica nel giudizio pendente davanti alla corte d’Appello di Milano. L’Avv. [ricorrente] allegava le ricevute dell’invio telematico degli atti a propria discolpa, dalle quali tuttavia non emergeva l’accettazione dell’invio dell’atto e quindi il perfezionamento del suo deposito, come evidenziato nella sentenza emessa a definizione del giudizio. L’avv. [ricorrente] si difende contestando la fondatezza dell’addebito. All’udienza del 27/01/2014 all’esito della audizione dei vari esponenti, il COA disponeva la riunione dei procedimenti. L’incolpato depositava memoria formulando richiesta di ammissione di prove in relazione a ciascuna incolpazione la richiesta veniva disattesa dal COA che la riteneva ininfluente ai fini del decidere di talchè veniva fissata udienza per la discussione all’esito della quale veniva riconosciuta la responsabilità dell’Avv. [ricorrente] per gli addebiti contestati Il professionista veniva riconosciuto anche responsabile per l’omesso riscontro alle richieste di osservazioni formulate dal COA, così come veniva ritenuto responsabile pe ril mancato esatto adempimento degli obblighi formativi. Dava atto il COA che gli esponenti avevano confermato il contenuto degli esposti fatti pervenire. B In particolare Procomma 999/10 – RG 206/10 [mevia] La dott.ssa [mevia] aveva confermato i contenuti dell’esposto, precisando che l’Avv. [ricorrente] non l’aveva mai risarcita, inviandole al contrario più citazioni per il pagamento delle parcelle. Il COA riteneva accertata la responsabilità dell’incolpato per il tardivo esperimento del mandato, con conseguente danno per l’esponente che non si era resa conto del tergiversare e del tanto ritardo per il pagamento delle spese legali della controparte, mancato risarcimento e spese per il proprio legale. Riteneva altresì responsabile l’incolpato per non aver riscontrato la richiesta di chiarimenti se non dopo l’apertura del procedimento disciplinare. Procomma 1214/10 – RG 45/11 [omissis] I sig.ri [omissis] e [omissis] confermavano il contenuto del ricorso in prevenzione, riferendo di essersi recati presso lo studio dell’Avv. [ricorrente] solo per ritirare un assegno e precisando che la sentenza conclusiva del giudizio di appello, di cui non erano a conoscenza, li aveva condannati anche al pagamento delle spese legali per entrambi i gradi di giudizio. L’incolpato contestava la ricostruzione fornita, sostenendo di aver incontrato i propri assistiti in concomitanza dell’appello, lamentando l’indisponibilità dell’assegno in tempi così ridotti pag. 12 decisione . Il COA, tuttavia, non accoglieva la prospettazione dell’incolpato ritenendolo responsabile della violazione dell’art. 40 CDF, per non aver informato i propri clienti sullo svolgimento del mandato, rilevando l’assenza di qualsivoglia documentazione che attestasse che l’incolpato aveva provveduto in tal senso. Procomma 745/10 – RG 110/11 [omissis] La dott.ssa [omissis] ed il suo difensore confermavano il contenuto dell’esposto, precisando che le espressioni offensive erano state pronunciate in una pausa dell’udienza, in assenza del giudice. Il COA riteneva fondate le accuse e considerava le espressioni di portata offensiva non giustificabili sotto il profilo deontologico. Procomma 1163/09 – RG 112/11 [tizio] Il sig. [tizio] confermava il contenuto dell’esposto, precisando di non essere più l’amministratore del Condominio dal 2012, ma che fino a quell’epoca non gli risultava che le pratiche fossero state restituite dall’incolpato. Il COA riconosceva la responsabilità dell’Avv. [ricorrente] per i fatti contestati, perché l’incolpato non aveva fornito la prova di una corretta gestione delle pratiche e dell’adempimento del dovere di informazione, omettendo di consegnare con sollecitudine la documentazione al nuovo legale. Riconosceva altresì la responsabilità per l’omesso riscontro alla richiesta di osservazioni formulata dal COA nonché per il mancato adempimento degli obblighi formativi 20 crediti su 50 richiesti , giustificati con problemi familiari mai rappresentati tempestivamente. 1. Procomma 235/08 – RG 113/11 [mevia] L’Avv. [mevia] confermava il contenuto dell’esposto, precisando che non era in corso alcun procedimento disciplinare nei suoi confronti. Il COA riteneva responsabile l’Avv. [ricorrente], poiché la provocazione non esclude comunque la responsabilità disciplinare di chi pone in essere condotte offensive. Stigmatizzava al tempo stesso anche il mancato riscontro alla richiesta di osservazioni formulata dal COA prima dell’apertura del procedimento. Procomma 375/12 – RG 50/12 [omissis] La sig.ra [omissis] confermava il contenuto dell’esposto e riferiva che nella seconda nota i compensi risultavano maggiorati, rispetto alla prima nota nella quale l’ipotesi di compenso risultava già raddoppiata per il particolare impegno profuso dal professionista. Evidenziava che la sentenza di primo grado aveva rigettato la domanda di risarcimento formulata nel suo interesse revocato il mandato nel settembre 2008, riceveva nel 2012 ulteriore nota dell’Avv. [ricorrente] comprensiva di attività svolta dopo la revoca del mandato. Precisava di aver offerto l’opportunità all’incolpato di definire bonariamente la questione, ma senza alcun esito. L’incolpato riteneva trattarsi di un modesto errore scusabile, dovuto al lungo tempo trascorso rispetto all’invio della prima nota. Il COA riconosceva la responsabilità dell’incolpato, poiché l’avvocato non può richiedere un compenso maggiore di quello preteso in precedenza, in caso di mancato spontaneo pagamento, salvo ne abbia fatto espressa riserva art. 43, canone III CDF . Prot. 267/13 – RG 98/13 [omissis] La sig.ra [omissis] confermava il contenuto dell’esposto, precisando che l’Avv. [ricorrente] non le aveva fornito informazioni sull’andamento del giudizio. L’incolpato precisava di aver depositato la documentazione telematicamente, e le ricevute avevano fornito esito positivo Aveva provveduto anche al deposito cartaceo e successivamente era emerso trattarsi di errore del giudice, che non ha provveduto ad esaminare gli atti depositati. L’esponente, peraltro, non subiva alcun danno, ottenendo un risarcimento più consistente di quello liquidato in primo grado. Il COA riteneva l’Avv. [ricorrente] responsabile degli addebiti contestati e comminava la sanzione della sospensione dall’esercizio dell’attività forense per mesi sei. In verità nella parte motiva della decisione, con riferimento all’ultimo dei capi di incolpazione quello sortito dall’esposto della sig.ra [omissis] può leggersi di una condivisione del COA delle argomentazioni difensive. C - Avverso la decisione del COA ha proposto tempestivo ricorso l’Avv. [ricorrente] affidandolo ai seguenti motivi -Errata qualificazione dell’illecito disciplinare poiché le contestazioni disciplinari non sono riportate ad alcuna specifica violazione di norme deontologiche -violazione del diritto di difesa dell’incolpato poiché non gli è stato consentito di difendersi -eccepisce poi un vizio di motivazione della decisione, poiché fondata unicamente sul contenuto degli esposti, senza il supporto di alcuna argomentazione giuridica Si indicano di seguito in sintesi tutti i motivi di ricorso In particolare Nell’ambito del primo motivo l’Avv. [ricorrente] formula una nutrita serie di censure specifiche in relazione ai singoli procedimenti disciplinari, effettuando peraltro numerose precisazioni relative al merito della vicenda. Lamenta la violazione del diritto di difesa in ordine alla mancata ammissione delle prove testimoniali. Lamenta ancora che il COA non ha dato rilievo alla situazione personale il cui l’incolpato versava lamenta altresi che il COA non ha approfondito le problematiche legate all’elemento psicologico che ha permeato della condotta di esso. 9 Censura la decisione del COA in relazione ai singoli procedimenti, formulando specifici rilievi Ancora in maniera più particolareggiata 1. Procomma RG 206/10 [mevia]  erronea valutazione delle risultanze istruttorie  assenza di responsabilità deontologica e diligenza  richiesta testimoni sig. [omissis] e la sig.ra [omissis] 2. Procomma RG 45/11 [omissis]  vizio di motivazione e carenza di prove decisione fondata sulle sole dichiarazioni degli esponenti  assenza di responsabilità deontologica avrebbe informato gli esponenti, che sottoscrivevano procura specifica per l’appello  richiesta testimone avv. [omissis], nuovo difensore degli esponenti, al quale ha sempre fornito pronta collaborazione 3. Procomma RG 110/11 [omissis]  motivazione assente ed assenza di responsabilità deontologica sulla prima contestazione  motivazione contraddittoria, difetto di prova ed assenza di responsabilità deontologica per l’espressione offensiva  richiesta testimoni avv. [omissis] suo difensore in quel procedimento , Avv. [omissis] suo sostituto processuale , Giudice di Pace [omissis], i quali avevano negato di aver udito le espressioni addebitate 4. Procomma RG 112/11 [tizio]  gravi problemi strettamente personali malattia e repentino decesso del coniuge hanno causato il mancato riscontro alle richieste informative confida nella comprensione dell’organo giudicante  vizio di istruttoria ed assenza di danni  richiesta testimoni la sig.ra [omissis] precedente amministratore , dott.sa [omissis] collaboratrice  vizio motivazione per la mancata considerazione della sua particolare situazione personale, seppur non rappresentata nel momento di difficoltà 5. Procomma RG 113/11 [mevia]  assenza di responsabilità deontologica e di volontà di offendere  difetto di prova  richiesta testimone sig.ra [omissis], presente ai fatti 6. Procomma RG 50/12 [omissis]  motivazione assente o apodittica  mancata contestazione di violazioni disciplinari assenza di responsabilità deontologica e difetto di prova 7. Procomma RG 98/13 [omissis]  Sebbene il COA concordi con le difese dell’incolpato, tuttavia non lo proscioglie formalmente da tale incolpazione. Richiede pertanto che sia espressamente esclusa la propria responsabilità deontologica in ordine a tale capo di incolpazione. Motivi della decisione Nel corso della discussione, per la prima volta, è stato messo in rilievo che nel fascicolo a disposizione dell’Ufficio è rinvenibile unicamente la copia delle decisione disciplinare, emessa dal COA di Milano , dichiarata conforme all’originale dal dirigente dell’Ordine degli Avvocati di Milano, in calce alla quale non è dato rilevare la presenza di firma da parte del Presidente del Collegio Giudicante, né quella del Segretario, ma solo l’indicazione dei soggetti Presidente e Segretario il cui nominativo è preceduto dalla sigla F.to” abbreviazione comunemente utilizzata per evidenziare che l’atto originale sia stato firmato dai soggetti indicati. La censura oltre che tardiva, è anche priva di pregio. La attestazione di conformità della atto sentenza all’originale accompagnata dalla specifica indicazione dei soggetti ai quali viene attribuito di aver sottoscritto la sentenza, porta ad escludere ogni ipotesi di assenza delle sottoscrizioni da parte dei soggetti legittimati, di talchè non si può assolutamente argomentare di mancanza dei requisiti essenziali della decisione. Ed infatti la mancanza, nella decisione disciplinare, della sottoscrizione del presidente e del segretario non è motivo di nullità quando essa riguarda la copia e non l’originale del provvedimento CNF, sentenza del 30 dicembre 2016, numero 376 e ancora CNF 10 marzo 2015, numero 13. . Miglior sorte non può avere la censura proposta dall’Avv. [RICORRENTE], nella parte in cui lamenta che ad integrare le contestazioni disciplinari sarebbe stata necessaria l’indicazione specifica delle norme deontologiche violate, per cui in carenza di specifica indicazione sarebbe stato violato il diritto di difesa. Appare essere jus receptum che la contestazione dell’addebito disciplinare non deve necessariamente indicare la norma violata, essendo necessario ai fini di garantire il diritto di difesa dell’incolpato, una chiara contestazione dei fatti addebitati, non assumendo alcun rilievo la mancata indicazione delle norme volate, spettando all’organo giudicante, la definizione giuridica dei fatti contestati. Cnf 29.07.2016 numero 287 nello stesso senso CNF 236 2016, 164/2015, 134/14 ed altre . Anche le altre doglianze che possono condensarsi nella dedotta violazione del diritto, di difesa, nel difetto di prova a supporto della decisione di condanna, nel dedotto travisamento dei fatti, nella dedotta insussistenza dei fatti addebitati e nella dedotta contraddittorietà della decisione, non colgono nel segno. L’istruttoria di ciascun procedimento si è in effetti basato sui contributi della propalazioni accusatorie, che sono apparse non solo coerenti, ma quasi sempre accompagnate dal supporto documentale. Ed infatti Procedimento sub . numero 1 [mevia] Il postulato accusatorio è accompagnato da supporto documentale, costituito dalla corrispondenza intercorsa tra la stessa [mevia] e l’Avv. [ricorrente], dal cui contenuto emerge in maniera inequivoca la fondatezza della doglianza Di tanto danno conto i 15 documenti proposti a supporto dell’esposto, il cui contenuto conferma in maniera inequivoca l’intervenuta violazione dei doveri di diligenza, lealtà e correttezza, per aver il professionista proposto tardivamente l’azione giudiziaria, rispetto al tempo in cui l’incarico ebbe ad essergli conferito, tanto da farne dichiarare l’inammissibilità, per intervenuta carenza di interesse. Di contro, a parere di questo Collegio, la decisione del COA di Milano, merita di essere riformata nella parte in cui viene addebitato all’Avv. [ricorrente] di non aver dato riscontro alle richieste di chiarimenti formulate dal COA di Milano. Ed infatti, il mancato riscontro alle richiesta di chiarimenti, sui contenuti di un esposto, per fatti disciplinarmente rilevanti, di cui il professionista è stato destinatario, ben può costituire l’estrinsecazione di una scelta difensiva, scelta che non può essere sindacata dl COA giudicante. Ed infatti l’ evenienza stigmatizzata dall’art. 24 canone II del CDF all’epoca vigente ed oggi dall’art. 71 del Nuovo Codice Deontologico forense, prefigura l’ipotesi di illecito, solo allorché la mancata risposta si sia estrinsecata in una ipotesi di mancata collaborazione del professionista a fronte di una richiesta del COA per fatti diversi da quelli che possono avere rilievo disciplinare. CNF 28.07.2016 numero 255 , CNF 24.09.2015 numero 151 e Cass. Civ. SS UU 28.02.2011 numero 4773 . Quanto innanzi evidenziato vale altresì per i procedimenti a carico dell’Avv. [ricorrente] numero 112/11, esposto [tizio] e RG 113/11 esposto [mevia]. Procedimento sub. 2 [omissis] e [omissis] Il postulato accusatorio anche in questo caso è supportato da documentazione vedasi tra le tante, lettera del 18.11.2010 inviata dallo studio legale [omissis] all’Avv. [ricorrente]. . Di contro sarebbe stato onere dell’Avv. [ricorrente] dare la prova di aver informato i clienti sia della proposizione del giudizio che dell’andamento dello stesso, così come sarebbe stato onere dell’Avv. [ricorrente], dimostrare , di fronte alla contestazione mossa dai sigg.ri [omissis] e [omissis] di averli informati, sia della intervenuta proposizione dell’appello che dell’esito del giudizio davanti alla Corte di Appello Procedimento sub numero 3 [omissis] Per gli addebiti da cui è stato chiamato a difendersi l’Avv. [ricorrente] deve essere prosciolto. In effetti non pare pertinente il richiamo all’art. 22 del CdF, oggi art. 39 di detto, in quanto l’azione giudiziaria mossa della [omissis] e non preceduta dalla lettera di avvertimento, pare essere un’azione scollegata a fatti/pretese attinenti l’esercizio della professione forense. In effetti l’Avv. [ricorrente] chiedeva alla collega, già praticante dello studio, il ristoro di danni subiti, per un illecito civile, posto in essere alla [omissis]. Per quanto riguarda l’incolpazione di aver usato espressioni sconvenienti ed offensive nei confronti della collega, questo Consiglio Nazionale Forense, ritiene che nessuna prova al riguardo sia stata fornita, salvo quanto denunciato dalla [omissis]. Assume la donna che le espressioni ingiuriose erano state profferite nel corso di un udienza civile, salvo aggiungere, in seguito, che questa sarebbe state adoperate in un diverso contesto al di fuori dell’udienza ed in assenza del Giudice . Né possono essere considerate come valido supporto al postulato accusatorio i contenuti di quella che, da parte del COA di Milano viene ritenuta essere la deposizione della teste [omissis], di cui nel fascicolo non si rinviene traccia. Tra l’altro agli atti si rileva che gli Avv.ti [omissis], [omissis] e [omissis], presenti in occasione dell’udienza del 22 giugno 2010, hanno all’unisono escluso che l’Avv. [ricorrente] abbia pronunciato nei confronti della [omissis] espressioni sconvenienti ed offensive. L’incoerenza del contenuto accusatorio, non può che risolversi in favore dell’incolpato, per cui costui andava prosciolto per tutti gli a addebiti contenuti nell’esposto a firma della [omissis]. Procedimento sub. 4 [tizio] Il carteggio acquisito agli atti corrobora il contenuto dell’esposto. Da esso ben si può enucleare che lo Studio [tizio] srl aveva richiesto all’Avv. [ricorrente] una relazione sulla gestione di tre pratiche di recupero credito, che erano state affidate al professionista dal precedente amministratore del condominio Risulta ancora dalla documentazione 13 allegata all’esposto che pur che dopo la reiterazione della richiesta lo Studio [ricorrente], si era limitato a relazionare su due delle tre pratiche affidate, senza nulla riferire in ordine alla terza pratica, tanto da indurre lo Studio [tizio] a revocare il mandato al professionista e a nominare un nuovo difensore, il quale ebbe ad invitare inutilmente l’Avv. [ricorrente] a mettere a disposizione il carteggio. L’inerzia dell’Avv. [ricorrente] nel dare riscontro alle richieste, così come quella di non mettere disposizione del nuovo difensore il carteggio richiesto sostanziano certamente la violazione del dovere di corretta e completa informazione, così come quella di omessa restituzione di documenti. Ed infatti la violazione dei doveri d'informazione sull'attività posta in essere in adempimento del mandato, nonostante le reiterate richieste rivolte dal cliente, denota una particolare disattenzione e disinteresse del professionista nei confronti delle esigenze del proprio assistito, così come assume rilievo deontologico l’omessa restituzione al cliente della documentazione ricevuta dal professionista per l'espletamento del mandato. Fondato appare essere anche l’addebito di non aver assolto agli obblighi formativi. La prova di aver adempiuto all’obbligo formativo incombeva sul professionista, che al riguardo si è limitato a dedurre di aver frequentato corsi on line, corroborando la deduzione con la produzione di scarna documentazione non idonea a sconfessare i contenuti del postulato accusatorio. Di contro il professionista va prosciolto per quanto riguarda l’addebito di non aver dato riscontro alle richieste di chiarimenti formulate dal COA, così come già innanzi evidenziato, in riferimento al procedimento sub numero 1 [mevia] Procedimento numero 5 [mevia] Risulta provato dal contenuto del verbale di causa, che nel corso dell’udienza del 14.02.20188 davanti al Giudice di Pace di Verbania l’avv. [ricorrente] si era rivolto nei confronti della Collega Avv. [mevia] con l’utilizzo della espressione riportata nel capo di incolpazione Risulta ancora che l’Avv. [ricorrente] ha riconosciuto di aver profferito quella che è stata ritenuta essere una frase sconveniente ed offensiva, limitandosi a invocare a propria discolpa di essere stato indotto a tanto perché provocato dalla collega. Orbene la giustificazione addotta dall’Avv. [ricorrente] non ha pregio, in quanto l’avvenuta provocazione, da parte dell’Avv. [mevia], tra l’altro rimasta indimostrata, non avrebbe certamente scriminato la condotta dell’incolpato, in quanto la provocazione, così come la ritorsione e fin’anche la reciprocità delle offese, non escludono la rilevanza disciplinare della condotta del professionista nell’uso di espressioni sconvenienti ed offensive. L’avvocato infatti ha il dovere di comportarsi in ogni situazione, con la dignità ed il decoro imposti dalla funzione , dovendosi in ogni caso astenere dal pronunciare espressioni sconvenienti ed offensive. Né a giustificare il comportamento dell’Avv. [ricorrente] può valere il richiamo alla buona fede, in quanto per la imputabilità dell’infrazione disciplinare è sufficiente la volontarietà dell’azione, a nulla rilevando la buona fede dell’incolpato, di cui al limite si può tenere da conto nella determinazione concreta della sanzione. Sotto tale profilo non può non condividersi il contenuto della decisione del COA di Milano. Va riformata la decisione del COA nella parte in cui ritiene di addebitare l’Avv. [ricorrente] la mancata risposta alla richiesta di informazioni provenienti dallo stesso COA. Vale al riguardo quanto già evidenziato con riferimento ai procedimenti [mevia] e [tizio]. Procedimento numero 6 [omissis] L’accusa nei confronti del professionista ha trovato riscontro documentale in quanto l’Avv. [ricorrente] dopo una iniziale richiesta di corrispettivi per euro 3.585,08, avanzata dal professionista in data 2 dicembre 2008 ha ricevuto, per le stesse causali di cui alla prima richiesta, una nuova richiesta di corrispettivi, nel febbraio 2012, per euro 6.670. Il comportamento dell’Avv. [ricorrente], al di là delle risibili giustificazioni, del tipo dato il tempo trascorso avevo dimenticato i contenuti della prima richiesta” ha costituito certamente violazione del disposto dell’art. dell’art. 32 canone III del CDF che vieta all’avvocato di chiedere un compenso maggiore di quello già indicato, salvo che ne abbia fatto riserva, riserva che nella fattispecie, non risulta essere stata mai effettuata dall’Avv. [ricorrente]. Procedimento numero 6 [omissis] Il COA di Milano nella decisione impugnata risulta aver condiviso le argomentazioni della difesa ed esclusa la rilevanza dell’addebito. Di tanto si trova evidenza nella decisione impugnata. Tuttavia nel dispositivo della decisione del proscioglimento per il procedimento in questione non si rinviene traccia. Per quanto riguarda la dosimetria della sanzione applicabile al [ricorrente], ritiene il Consiglio Nazionale Forense, di discostarsi dal decisum del COA di Milano. In effetti rispetto alla decisione del COA, il CNF ha ritenuto di prosciogliere l’Avv. [ricorrente], sia dagli addebiti di cui al procedimento seguito all’esposto dell’Avv. [omissis] , che da quelli di cui al procedimento, nato a seguito dell’esposto della sig.ra [omissis], così come ha deciso di prosciogliere il professionista dagli addebiti di non aver dato riscontro alle richieste di chiarimenti da parte del COA di appartenenza, con riferimento ai procedimenti sorti a seguito degli esposti [mevia], [tizio] e [MEVIA]. A fronte della molteplicità degli addebiti per i quali è stata ritenuta la responsabilità dell’Avv. [ricorrente] deve essere ribadito che in tema di procedimento disciplinare la sanzione è determinata sulla base dei fatti complessivamente valutati e non già per effetto di un computo matematico ovvero in base ai principi codicistici in tema di concorso di reati, per i quali la pena per il reato più grave andrebbe aumentata per effetto della continuazione formale ritenuta, cosicché si dovrebbe determinare quantitativamente l'aumento operato sulla pena base per ogni violazione. Va, pertanto, escluso l'obbligo dell’organo giudicante di collegare le violazioni deontologiche a singole pene, dovendosi, invece, determinare la sanzione e la sua misura nel complesso idonea in base alla valutazione complessiva dei fatti, dei comportamenti, delle qualità e soprattutto del disvalore che gli stessi comportamenti determinano nella classe forense CNF 24-11- 2014, numero 157 - Pres. f.f. PERFETTI - Rel. FLORIO - P.M. APICE conf. - avv. G.V. Alla luce di quanto innanzi, rispetto alla sanzione applicata dal COA, tenuto conto che il professionista è stata prosciolto dagli addebiti di cui ai procedimenti [OMISSIS] e [omissis], cosi come è stato prosciolto dagli addebiti di non aver dato riscontro alle richieste di chiarimenti da parte del COA, si ritiene, conforme a giustizia, determinare la sanzione in mesi due di sospensione dall’esercizio della professione. P.Q.M. visti gli artt. 50 e 54 del R.D.L. 27.11.1933 numero 1578 e gli artt. 59 e segg. del R.D. 22 gennaio 1934 numero 37 il Consiglio Nazionale Forense, in parziale accoglimento ridetermina la sanzione a carico dell’Avv. [ricorrente] in quella interdittiva della sospensione dall’esercizio della professione forense per la durata di mesi due. Dispone che in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma per finalità di informazione su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati nella sentenza.