Deluso l’avvocato che chiede a Poste Italiane un indennizzo per i ripetuti ritardi

L’avvocato che intenta un’azione legale nei confronti di Poste Italiane s.p.a. chiedendo un indennizzo per i diversi ritardi nel recapito degli avvisi di ricevimento delle raccomandate con cui aveva notificato a mezzo posta altrettanti atti giudiziari, rimane a bocca asciutta poiché Poste Italiane non è il legittimato passivo dell’azione.

Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 28344/17, depositata il 28 novembre. Il caso. Un avvocato conveniva in giudizio Poste Italiane s.p.a. chiedendo un indennizzo nella misura prevista dalla Carta Qualità della società per i ritardi nell’esecuzione di alcuni servizi per aver notificato diversi atti giudiziari a mezzo raccomandata e per averne ricevuto l’avviso di ricevimento dopo oltre 10 giorni dalla spedizione. Il Giudice di Pace riconosceva l’inadempimento contrattuale di Poste, ma il Tribunale ribaltava la decisione per difetto di legittimazione passiva in capo a Poste Italiane s.p.a L’avvocato ricorre dunque dinanzi ai Giudici di legittimità deducendo la violazione del d.lgs. n. 259/2003, c.d. codice delle comunicazioni elettroniche. Avvocato vs Poste Italiane Non è la prima volta che la Corte di Cassazione si trova a dover esaminare una controversia intentata da un avvocato nei confronti di Poste Italiane per i ritardi nel recapito degli avvisi di ricevimento di atti giudiziari. La giurisprudenza ha così avuto modo di consolidarsi nel ritenere che l’agente postale deve essere considerato quale ausiliario dell’Ufficiale Giudiziario. In particolare, la Corte Costituzionale sentenza n. 477/2002 , dopo aver dichiarato l’illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 149 c.p.c. e 4, comma 3, l. n. 890/1982 secondo cui la notificazione si perfeziona per il notificante alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario, anziché nel momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, ha specificato che gli effetti della notifica sono collegati all’adempimento delle formalità imposte dalla legge in capo al notificante stesso con la consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario. La sua successiva attività, così come quella degli ausiliari, e dunque dell’agente postale, resta infatti estranea alla sfera di controllo del notificante. Conseguenza ovvia di tali principi è che il rapporto obbligatorio che si instaura vede protagonisti il notificante e l’Ufficiale Giudiziario, sarà poi quest’ultimo a presentare all’ufficio postale le copie degli atti da notificare. E dunque, prosegue il Collegio, è fra l’Ufficiale Giudiziario e l’agente postale che intercorre il rapporto sulla cui base l’agente, in qualità di ausiliario, adempie al suo incarico, ed è all’Ufficiale Giudiziario che l’agente postale dovrà rispondere . ma il soggetto passivo è un altro. A conferma di tale conclusione, l’ordinanza richiama l’art. 6 l. n. 890/1982 secondo cui il pagamento delle indennità per lo smarrimento dei pieghi è effettuato all’Ufficiale Giudiziario, il quale ne corrisponde l’importo alla parte che ha richiesto la notificazione dell’atto, facendosene rilasciare ricevuta” . In conclusione dunque, nel caso di ritardo nella spedizione o nel recapito dell’atto notificato a mezzo del servizio postale, risponde solo l’Ufficiale Giudiziario che si è avvalso dell’agente postale come ausiliario. Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 27 settembre – 28 novembre 2017, n. 28344 Presidente Armano – Relatore Rubino Ragioni in fatto e in diritto della decisione L’Avv. I.M. propone un unico motivo di ricorso per cassazione, avverso la sentenza n. 1369/2016, resa dal Tribunale di Avellino in data 1.6. 2016, con la quale il medesimo Tribunale in sede di appello ha ribaltato l’esito del giudizio di primo grado, da lui introdotto nei confronti di Poste italiane s.p.a., che resiste con controricorso contenente anche ricorso incidentale condizionato. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., su proposta del relatore, in quanto ritenuto manifestamente infondato. Non sono state depositate memorie. Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, ritiene di condividere la soluzione proposta dal relatore. Questa la vicenda per quanto ancora interessa l’avv. I. conveniva in giudizio Poste italiane s.p.a., chiedendone la condanna alla corresponsione di Euro 3,90 importo pari all’indennizzo previsto dalla Carta Qualità di Poste italiane per il ritardo nella esecuzione di alcuni servizi , avendo notificato vari atti giudiziari a mezzo del servizio postale, per ogni raccomandata inviata a mezzo Poste e della quale aveva ricevuto l’avviso di ricevimento oltre dieci giorni dopo la spedizione. Sosteneva trattarsi di inadempimento contrattuale di Poste, che con la carta dei servizi formulava una promessa di pagamento nei confronti dei clienti. La sua domanda veniva accolta dal giudice di pace, ma rigettata dal tribunale quale giudice d’appello, che dichiarava il difetto di legittimazione passiva di Poste. Il ricorrente con l’unico motivo denuncia la violazione del decreto legislativo n. 259 del 1.8.2003 codice delle comunicazioni elettroniche affermando che l’inadempimento sarebbe incontestato, in quanto Poste non ha neppure negato il ritardo con il quale aveva proceduto al recapito, e che Poste, e non l’Unep sarebbe la controparte contrattuale del rapporto. Il ricorso appare manifestamente infondato, perché la sentenza impugnata si è conformata a diversi e concordanti precedenti di legittimità v. Cass. n. 2363 del 2015 ed altre, in fattispecie aventi ad oggetto anch’esse un’azione risarcitoria proposta da un avvocato per il ritardato recapito degli avvisi di ricevimento di atti giudiziari inviati a mezzo posta , come è ben noto al ricorrente, che espressamente li richiama ma non introduce alcuna valida argomentazione idonea a giustificare l’adozione di una diversa soluzione della questione. L’eccezione di difetto di legittimazione passiva, sollevata dall’attuale controricorrente, convenuta nel giudizio di merito, è stata correttamente accolta dalla sentenza impugnata. Come ha già affermato Cass. n. 3263 del 2015, è pacifico che l’agente postale sia un ausiliario dell’Ufficiale Giudiziario. Lo ha detto esplicitamente la Corte costituzionale con le sentenza n. 477 del 2002, il cui principio è stato poi esteso, con la sentenza n. 28 del 2004, a tutte le forme di notificazione, a mezzo posta e non. Nel dichiarare l’illegittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 149 c.p.c. e della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 4, comma 3 notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari - nella parte in cui prevede che la notificazione si perfeziona, per il notificante, alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario anziché a quella, antecedente, di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario la Corte costituzionale ha affermato appunto che gli effetti della notificazione a mezzo posta devono essere ricollegati - per quanto riguarda il notificante - al solo compimento delle formalità a lui direttamente imposte dalla legge, ossia alla consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario, essendo la successiva attività di quest’ultimo e dei suoi ausiliari - quale appunto l’agente postale sottratta in toto al controllo ed alla sfera di disponibilità del notificante medesimo il principio è ormai patrimonio indiscusso della giurisprudenza di legittimità fra le varie Cass. 2.9.2004 n. 17714 Cass. 14.7.2004 n. 13065 . Ora, il rapporto obbligatorio s’instaura fra il richiedente la notificazione e l’Ufficiale Giudiziario, mentre l’agente postale è un semplice ausiliario cui può - anzi deve nel caso di notificazione da eseguirsi fuori del comune ove ha sede l’ufficio - far ricorso l’Ufficiale Giudiziario incaricato della notificazione. La L. n. 890 del 1982, art. 1 e segg., infatti, prevede che l’Ufficiale Giudiziario può avvalersi del servizio postale per la notificazione degli atti che è lo stesso a procurarsi buste ed avvisi di ricevimento per effettuare le notificazioni a mezzo posta che è sempre l’Ufficiale Giudiziario a presentare all’ufficio postale la copia dell’atto da notificare ed a conservare la ricevuta di spedizione. Di qui balza evidente che è fra l’Ufficiale giudiziario e l’agente postale che intercorre il rapporto sulla cui base l’agente, in qualità di ausiliario, adempie al suo incarico, ed è all’Ufficiale giudiziario che l’agente postale dovrà rispondere. La riprova di quanto si è detto la si coglie nell’art. 6 della stessa legge citata, il quale prevede che il pagamento della indennità per lo smarrimento dei pieghi è effettuato all’Ufficiale giudiziario, il quale ne corrisponde l’importo alla parte che ha richiesto la notificazione dell’atto, facendosene rilasciare ricevuta . Nei confronti dei terzi - tra i quali è compreso, ovviamente, il richiedente la notificazione -, quindi, nel caso di ritardo nella spedizione o nel recapito dell’atto notificato a mezzo del servizio postale - risponderà, ai sensi dell’art. 1228 c.c., soltanto l’Ufficiale giudiziario Ufficio Notifiche che dell’agente postale si è avvalso quale ausiliario. In sostanza, la chiara dizione contenuta nelle norme di cui alla L. n. 890 del 1982, consente di dare questa spiegazione il servizio di notificazione si basa su di un mandato ex lege tra l’avvocato che richiede la notificazione e l’Ufficio Notifiche che il servizio presta. In tal modo, si giustifica perché il pagamento del servizio di notifica avviene a mani dell’Ufficiale giudiziario che la responsabilità di effettuare la notificazione ha assunto nei confronti del notificante. Correttamente, quindi, il giudice del merito ha riconosciuto il difetto di titolarità passiva del rapporto in capo a Poste Italiane. L’esame del ricorso incidentale condizionato resta assorbito dalle conclusioni di rigetto del principale. Conclusivamente, il ricorso principale è rigettato, l’incidentale condizionato dichiarato assorbito. Le spese seguono la soccombenza. Sussistono le condizioni per l’applicazione del disposto del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale. Dichiara assorbito l’incidentale condizionato. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in complessivi Euro 900,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.